Ancora vigenti i limiti di età?

Gli effetti della Manovra-bis

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  1. L.M.D.N.
     
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    Doverosa premessa:
    Dovrei ulteriormente enucleare alcune conseguenze prodotte dal decreto-legge 30 agosto 2011, n. 138, convertito con legge 14 settembre 2011, n. 148, sull' attuale regime dell'accesso alle professioni; tuttavia, una di queste è senz'altro quella che ho cercato di cogliere ed evidenziare su un altro forum(Romolo Romani) in ordine ai requisiti per l'accesso al notariato.
    Mi corre l'obbligo di premettere che si tratta di valutazioni di ordine esclusivamente giuridico . Ritengo che alcuni utenti potranno trarre, se interessati, spunti per ulteriori approfondimenti.
    Ecco il mio contributo(ripeto ancora: mi sono limitato a valutazioni di ordine strettamente giuridico. Niente sociologia o considerazioni meta-giuridiche di vario tenore...):

    Quaestio: se, dopo la definitiva approvazione della c.d. “Manovra d'estate 2011”, possa ancora ritenersi vigente il limite dei 50 anni d'età per poter accedere al notariato.


    Vogliamo parlare degli "anacronistici" e, secondo chi scrive, non più vigenti limiti di età per accedere al Notariato?
    Il nuovo decreto sulle c.d. liberalizzazioni (ora convertito in legge...), con a dir poco “atipica delega”, sancisce all'art. 3, co.5, lett. a) che l'accesso (N.B.: da intendersi, nella fattispecie ed in limine, come “libero” accesso al concorso; diverso è il profilo legato alla nomina. Trattandosi di esame-concorso per un numero di posti predeterminato, risulta evidente che, nel nostro caso, libertà nell'accesso può intendersi esclusivamente come libertà di poter partecipare al concorso ed in caso di vittoria, di ottenere una delle sedi disponibili e di potersi iscrivere al Ruolo) alla professione è libero e che le eventuali limitazioni trovano giustificazione solo ove esse rispondano a ragioni di "interesse pubblico".
    Molto bene.
    Entrando in medias res e volendo procedere con un esempio, si chiede: può rivestire i tratti dell' interesse pubblico (alla luce delle nuove disposizioni introdotte con la c.d. Manovra-bis...) escludere un professore ordinario di diritto civile o di diritto commerciale dal concorso per notaio per il sol fatto di aver compiuto 50 anni d'età alla data del decreto che indice il concorso (oggi questo è il limite massimo di età previsto per la ammissione al concorso)?
    Nel notariato si va in pensione a 75 anni. Il suddetto professore, qualora superasse il concorso di ammissione, potrebbe esercitare la professione, salute permettendo, per 25 anni circa. Qual è l'interesse pubblico ad escluderlo? Qual è il rilevante interesse di natura pubblicistica ad escludere siffatti potenziali candidati? Si porrebbe così un limite alla “pletora” di potenziali e molto qualificati candidati? Suvvia... poche decine di candidati in più di certo non potranno condizionare il buon andamento delle procedure concorsuali (attesa la vigenza del limite delle tre consegne...). Ma il dato tranchant è un altro: essi (non solo professori ...s'intende; si trattava di un mero esempio per esasperare il discorso) hanno il "diritto" di partecipare.
    Lo stesso discorso può e deve valere per i magistrati (nel cui concorso non sono ormai più previsti limiti di età; qui si richiede, come noto, solo un titolo ulteriore rispetto alla laurea: es. Diploma SSPL...) o per gli avvocati. Se costoro, avvocati e magistrati, desiderassero a 50 anni (avendone il carattere e la grinta...) accedere al concorso per notaio, sarebbe (sempre alla luce delle nuove disposizioni...) ragionevole escluderli?

    Certo che no. Così come non sarebbe lecito escludere qualunque altro candidato in possesso dei requisiti attualmente richiesti per l'ammissione all'esame-concorso.
    Chiariamo. E' pur vero che i notai sono pubblici ufficiali... ma è altrettanto vero che si tratta di liberi professionisti assoggettati alle leggi sulla libera concorrenza ( come diremo fra breve e numero chiuso a parte...).

    Il limite d'età in parola, come ci ricorda G. CASU (in La legge notarile commentata, Torino, UTET, 2010, pp.87 ss.) venne introdotto nel lontano 1875(!!!).
    Diverse le ragioni (aspettative di vita, scelta dei più preparati e motivati, riduzione del numero dei partecipanti con particolare riferimento a quelle categorie di candidati “che inutilmente avevano tentato il superamento delle prove d'esame e che, come tali, ormai denotavano non più freschezza di preparazione. Nella sostanza questa limitazione dell'età di partecipazione si poneva sulla stessa linea delle motivazioni che avevano indotto a prevedere la prova di preselezione informatica: intento di ridurre il numero dei candidati allo scopo da una parte di ultimare in tempi congrui l'espletamento del concorso e, da un'altra parte, di consentire una correzione dei temi scritti in grado di garantire la valutazione di una preparazione completa del candidato...”: sono le parole di G.CASU, op.loc.ult.cit. Il quale prosegue osservando che “...l'esigenza di rendere più rapide le prove d'esame, che stava alla base dell'abbassamento dell'età da 50 a 40 anni, non aveva più ragion d'essere dopo aver introdotto modifiche sostanziali nella composizione della commissione esaminatrice (che opera, adesso, con tre sottocommissioni), tutte tese a garantire procedimenti rapidi di correzione delle prove d'esame....” . Il limite d'età è stato ricondotto, quindi, a quello di 50 anni). Oggi tale restrizione risulta anacronistica ed ingiustificata. ATTENZIONE: E ciò anche alla luce della introduzione del limite delle TRE INIDONEITA'.

    Tutto quanto sopra precede premesso e richiamato

    Ad avviso di chi scrive, il disposto dell'art.3, co. 5, lett. a) cit. è già bastante per eliminare (leggi: abrogare) tale anacronistico ed ormai ingiustificato limite d'età.
    Certamente rappresentano limitazioni all'accesso rispondenti a (vere!!!) ragioni di interesse pubblico quelle di cui all'art.5 numeri 1), 2), 3), 4), 5) della legge 16 febbraio 1913, n. 89, ma non certo il limite d'età. Non per l'accesso ad una libera professione (per quanto opportunamente caratterizzata da “tratti pubblicistici”).
    Decidendo sei ricorsi della Commissione (appoggiata dal Regno Unito) per inadempimento nei confronti di vari Stati membri (Belgio causa C-47/08, Francia causa C-50/08, Lussemburgo causa C-51/08, Austria causa C-53/08, Germania causa C-54/08, Grecia causa C-61/08 e Portogallo causa C-52/08) che riservavano ai loro cittadini l'esercizio della professione notarile, la Corte di giustizia, con sentenza depositata il 24 maggio 2011, ha stabilito che la professione di notaio, anche se è certo che persegue obiettivi di interesse generale, non è per ciò solo partecipe dell’esercizio di poteri pubblici (così M.PERELLI in http://www.avvocati-part-time.it/index.php...otizie&Itemid=2).
    Ed ancora (secondo quanto riportato da M. PERELLI) la Corte di giustizia, con riguardo all'attività del notaio pubblico ufficiale che autentica atti, ha sancito che: "Mediante tale intervento – obbligatorio o facoltativo in funzione della natura dell’atto – il notaio constata il ricorrere di tutti i requisiti stabiliti dalla legge per la realizzazione dell’atto, nonché la capacità giuridica e la capacità di agire delle parti. L’atto pubblico gode inoltre di un’efficacia probatoria qualificata nonché di efficacia esecutiva. Sono oggetto di autenticazione gli atti o le convenzioni alle quali le parti hanno liberamente aderito. Sono infatti le parti stesse a decidere, nei limiti posti dalla legge, la portata dei loro diritti e obblighi e a scegliere liberamente le pattuizioni alle quali vogliono assoggettarsi allorché presentano un atto o una convenzione al notaio per l’autenticazione. L’intervento del notaio presuppone quindi la previa esistenza di un consenso o di un accordo di volontà delle parti. Inoltre, il notaio non può modificare unilateralmente la convenzione che è chiamato ad autenticare senza avere preliminarmente ottenuto il consenso delle parti. L’attività di autenticazione affidata ai notai non comporta quindi una partecipazione diretta e specifica all’esercizio dei pubblici poteri. La circostanza che determinati atti o determinate convenzioni debbano essere obbligatoriamente oggetto di autenticazione a pena di nullità non è idonea ad inficiare tale conclusione, in quanto è usuale che la validità di atti diversi sia assoggettata a requisiti di forma o ancora a procedure obbligatorie di convalida.
    Quanto alla rilevanza dell'essere il notaio in concorrenza, su un determinato territorio, con suoi colleghi, aggiunge la Corte di giustizia: "Inoltre, nei limiti delle rispettive competenze territoriali, i notai esercitano la loro professione in condizioni di concorrenza, circostanza che non è caratteristica dell’esercizio dei pubblici poteri".
    Pure rilevanza attribuisce la Corte di giustizia alla responsabilità professionale del notaio, affermando: "Del pari, essi sono direttamente e personalmente responsabili, nei confronti dei loro clienti, dei danni risultanti da qualsiasi errore commesso nell’esercizio delle loro attività, a differenza delle pubbliche autorità, per i cui errori assume responsabilità lo Stato”.
    DUNQUE ANCHE IN ITALIA LA PROFESSIONE DI NOTAIO NON PARTECIPA DEL POTERE PUBBLICO, SECONDO IL SIGNIFICATO CHE A DETTA PARTECIPAZIONE ATTRIBUISCONO LE SENTENZE DELLA CORTE DI GIUSTIZIA. QUINDI IL NOTARIATO ITALIANO (CHE HA EVITATO DI INCAPPARE DIRETTAMENTE NELLE SENTENZE IN QUESTIONE, AVENDO ABOLITO NEL 2003 IL REQUISITO DELLA CITTADINANZA ITALIANA) NON PUO' RITENERSI ESTRANEO ALLE RICHIAMATE CONSEGUENZE DELLE SETTE DECISIONI DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DEL 24 MAGGIO 2011. RIBADISCO: ormai gli Stati dell'Unione, compresa l'Italia, potranno introdurre e mantenere in vigore regole in tema di notariato (ad es. riguardo a indipendenza, incompatibilità, inamovibilità dei notai, oppure riguardo a selezione dei notai, limitazione del loro numero, limitazione delle loro competenze territoriali, loro remunerazione) derogatorie rispetto a quelle valide per tutte le professioni in tema di concorrenza, stabilimento e prestazione di servizi, solo se si tratti di regole rispettose del principio di proporzionalità e cioè efficaci e non limitatrici della libertà in misura superiore al necessario” (M. PERELLI).
    Ora, il limite d'età può ritenersi rispettoso del principio di proporzionalità e non limitante la libertà all'accesso ad una professione in misura superiore al necessario?
    “L'accesso alla professione è libero e la limitazione, in forza di una disposizione di legge, del numero di persone che sono titolate ad esercitare una certa professione in tutto il territorio dello Stato... è consentita unicamente laddove essa risponda a ragioni di interesse pubblico...” (sic!). Questo il voluto del legislatore della Manovra...
    L'unico limite consentito (come, peraltro, ribadito dal Presidente Giancarlo Laurini in una dichiarazione rilasciata al Sole24Ore lunedì 19 settembre 2011, p.7) è quello del numero predeterminato dei posti disponibili e per il quale l'esame-concorso viene bandito. Quest'ultima caratteristica non può, però, trasformarsi in ingiustificato limite alla partecipazione al concorso.
    In conclusione, per dare seguito al “nitido” disposto normativo non è necessario attendere alcun riordino delle professioni .
    Errano, a mio sommesso avviso, A.M. Candidi e A. Cherchi che sul già cit. Sole24Ore di lunedì 19 settembre 2011, a pag. 6, ritengono che occorra far ricorso a leggi ad hoc per introdurre le novità negli ordinamenti delle categorie professionali. Ciò è vero per gran parte delle disposizioni ma non per il profilo oggetto del nostro commento. Tale disposizione (art. 3, co. 5, lett. a) del testo della Manovra) può ben abrogare tutte le norme precedenti (in particolare l'art. 8 del R.D. 14 novembre 1926, n. 1953 succ. mod. e l'art.3 del R.D. 22 dicembre 1932, n. 1728) che si pongano in evidente contrasto con i nuovi principi. Trattasi, infatti, di c.d. abrogazione tacita .

    In questa forma di abrogazione l'effetto "distruttivo" non viene disposto dal legislatore, non lo si ritrova in una disposizione ad hoc. Quindi, spetterà al giudice (e, più in generale, all'interprete) di dover "disattendere" norme tacitamente abrogate (es. giudice amm.vo competente a giudicare sulla "illegittima" esclusione dalla partecipazione al concorso del candidato aspirante-notaio ultracinquantenne: provvedimento che verrà impugnato perché viziato da "violazione di legge"!!). Pertanto il giudice, qualora il Ministero non accolga la tesi della abrogazione tacita, posto di fronte ad una tale "antinomia" <<deve ritenere che prevalga la norma successiva perché questa è la conseguenza di un principio fondamentale in un sistema rappresentativo, quello per cui la volontà di un Parlamento...non può vincolare la volontà dei parlamenti (e delle generazioni) futuri. Ma il giudice non può eliminare le disposizioni, perché esse appartengono al mondo dei testi, della legislazione: può operare solo con gli strumenti dell'interpretazione, e questi gli dicono (come le "Preleggi" ribadiscono) di preferire la norma più recente e di considerare la vecchia come abrogata...>> (BIN-PITRUZZELLA, Diritto Costituzionale, Torino, Giappichelli; ad abundantiam, sulla stessa linea di pensiero, PALADIN, Diritto costituzionale, Padova, CEDAM; LAVAGNA, Istituzioni di diritto pubblico, Torino, UTET; AMATO-BARBERA, Manuale di diritto pubblico, Bologna, Il Mulino; MARTINES, Diritto costituzionale, Milano, Giuffrè).

    Il limite di età è da ritenersi, ormai, “indebita restrizione” alla partecipazione al concorso che non può più trovare spazio nel nostro ordinamento in quanto non è da considerarsi emanazione di un “interesse pubblico “rilevante.
    Disposizioni illiberali. Ormai abrogate. Questa è la ragionevole interpretazione da accogliere.

    Non c'è che da augurarsi che il Ministero e il CNN (onde evitare prevedibili ricorsi che andrebbero a gravare con ulteriori ritardi il già malandato timing concorsuale...) ne prendano atto e provvedano ad ammettere, fin dal prossimo concorso, anche coloro che, in possesso degli altri requisiti, si trovino ad aver compiuto, alla data del bando, il 50° anno di età.
    Si inizi ad offrire un segnale di cambiamento in linea con quanto indicato in sede europea e nazionale. Sarebbe, invero, deleterio “arroccarsi” su posizioni di “difesa” inutili, controproducenti e, francamente, antistoriche. Proviamo a ripartire da qui, un piccolo passo... per il bene della categoria. Ma, probabilmente,è... “voce di uno che grida nel deserto...”. Contro le vocazioni alla autodistruzione... son quasi sempre battaglie perse. “Chi ha orecchie per intendere...”
    Tanto dovevo. The edge, L.M.D. N.(Sinceritatis Defensor)

    PS- Si tratta di un semplice contributo al dibattito sul futuro del concorso. Pertanto, nessuno si senta messo in discussione o, ancor meno, avverta il bisogno di ricoprire di improperi chi fa della verità una regola di vita. Tali considerazioni sono già state messe a disposizione di senatori e deputati di buona volontà che hanno a cuore la professione notarile e, soprattutto, le sue alte funzioni. Tuttavia, la tutela della categoria e di ciò che essa rappresenta non può costituire il pretesto per impedire di dare corso a quanto le istituzioni sovranazionali ci richiedono.

    Prima che sia troppo tardi...

    PPS- Un caro amico(su Romolo Romani), nel leggere la bozza di questa mia, si è rivolto a me dicendomi:<<tra l'ironia e l'amarezza... spero capiscano quel che scrivi >>. Intendendo riferirsi, chiaramente, all'intento costruttivo con il quale ho inteso offrire i miei umili spunti di riflessione.
     
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