Corte Costituzionale sui requisiti d'accesso

non più necessaria l'iscrizione all'albo

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  1. perasperaadastra
     
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    SENTENZA N. 296

    ANNO 2010



    REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
    LA CORTE COSTITUZIONALE

    composta dai signori: Presidente: Francesco AMIRANTE; Giudici : Ugo DE SIERVO, Paolo MADDALENA, Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI,
    ha pronunciato la seguente
    SENTENZA

    nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, recante «Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150», come sostituito dall’art. 1, comma 3, lettera b), della legge 30 luglio 2007, n. 111 (Modifiche alle norme sull’ordinamento giudiziario), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, nel procedimento vertente tra T. E. ed altri e il Ministero della Giustizia con ordinanza dell’11 novembre 2008, iscritta al n. 20 del registro ordinanze 2009 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5, prima serie speciale, dell’anno 2009.
    Visto l’atto di costituzione di M. M.;
    udito nell’udienza pubblica del 21 settembre 2010 il Giudice relatore Alfonso Quaranta;
    udito l’avvocato Carmelo Giurdanella per M. M.

    Ritenuto in fatto

    1.— Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, ha sollevato – in riferimento agli articoli 3, 51 e 104, primo comma, della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, recante «Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150», come sostituito dall’articolo 1, comma 3, lettera b), della legge 30 luglio 2007, n. 111 (Modifiche alle norme sull’ordinamento giudiziario).
    1.1.— Il remittente premette, in punto di fatto, di essere investito della domanda di annullamento, previa sospensione, del bando di concorso per esami a 500 posti di magistrato ordinario, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale, n. 23, del 21 marzo 2008. Deduce, inoltre, che l’articolo 2, lettera g), punto 6, del bando individua, quale requisito di ammissione al concorso, l’iscrizione del candidato all’albo degli avvocati.
    Il giudice a quo ritiene che tale prescrizione realizzi una «ingiusta discriminazione» nei confronti di quei candidati che – come le ricorrenti nel giudizio principale – risultino aver conseguito l’abilitazione allo svolgimento della professione forense, ma che non vogliono o non possono iscriversi nel suddetto albo.
    Ritenuta la citata previsione del bando una «pedissequa riproduzione» dell’art. 2, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 160 del 2006, nel testo sostituito dall’art. 1, comma 3, lettera b), della legge n. 111 del 2007, il TAR del Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale di tale norma, disponendo nel contempo l’ammissione delle ricorrenti, con riserva, al concorso, in attesa di «pronunzia definitiva sull’istanza cautelare», oltre che «della decisione di merito».
    1.2.— Tanto premesso, il giudice a quo osserva che il sistema configurato dal d.lgs. n. 160 del 2006, pur a seguito delle modifiche operate dalla legge n. 111 del 2007, ha mantenuto il suo impianto di fondo, «ed in particolare l’opzione in favore del concorso di secondo grado, riservato quindi a soggetti aventi requisiti culturali e/o professionali specifici».
    Rileva, inoltre, che tale opzione «non costituisce un’assoluta novità, bensì l’approdo di un travagliato progetto di riforma», alle cui origini si pone l’articolo 17, comma 113, della legge 5 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo). Tale norma delegava il Governo ad emanare una nuova disciplina del concorso per l’accesso alla magistratura ordinaria, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi: «semplificazione delle modalità di svolgimento del concorso e introduzione graduale, come condizione per l’ammissione al concorso, dell’obbligo di conseguire un diploma biennale esclusivamente presso scuole di specializzazione istituite nelle università, sedi delle facoltà di giurisprudenza».
    In attuazione della delega – prosegue il remittente, nel ricostruire analiticamente l’evoluzione normativa intervenuta in materia – venne emanato il decreto legislativo 17 novembre 1997, n. 398, recante «Modifica alla disciplina del concorso per uditore giudiziario e norme sulle scuole di specializzazione per le professioni legali, a norma dell’articolo 17, commi 113 e 114, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo)». In particolare, ai sensi dell’art. 6 di tale decreto legislativo (che ebbe a sostituire il testo dell’art. 124 del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12, recante «Ordinamento giudiziario»), si scelse di condizionare l’ammissione al concorso – relativamente agli iscritti al corso di laurea in giurisprudenza, a decorrere dall’anno accademico 1998/1999 – al possesso del diploma di specializzazione per le professioni legali, stabilendosi soltanto in via residuale la possibilità di ammissione dei candidati muniti della sola laurea in giurisprudenza. Infatti, unicamente nell’ipotesi in cui le domande di partecipazione al concorso presentate dai candidati fossero risultate «inferiori a cinque volte il numero dei posti per i quali il concorso è bandito», era previsto che fossero ammessi – previo, peraltro, superamento della prova preliminare ed in misura pari al numero necessario per raggiungere il rapporto anzidetto – «anche i candidati in possesso della sola laurea in giurisprudenza».
    Successivamente, tuttavia, la citata disposizione – rammenta il TAR remittente – venne modificata, optando il legislatore per la eliminazione della prova preliminare, in forza di quanto previsto dall’articolo 9, comma 9, della legge 13 febbraio 2001, n. 48 (Aumento del ruolo organico e disciplina dell’accesso in magistratura).
    Su questo sistema si è innestato, innovandolo profondamente, il già citato d.lgs. n. 160 del 2006, come modificato dalla successiva legge n. 111 del 2007, la cui disciplina si caratterizza sia per il venir meno della «preferenza accordata, quale canale privilegiato di accesso alla selezione, alla frequenza delle scuole di specializzazione nelle professioni legali» (concepite, in origine, quale «quale strumento di formazione» comune «a tutti gli operatori del diritto»), sia per la riconosciuta «eterogeneità dei titoli di ammissione al concorso rispetto alla qualificazione tecnico-professionale propria del magistrato».
    In particolare, come detto, il legislatore ha individuato nell’iscrizione all’albo forense una delle condizioni per l’ammissione al concorso, disattendendo «l’originario progetto governativo» che, invece, «richiedeva l’esercizio della professione per almeno tre anni», in conformità alle indicazioni fornite dal Consiglio superiore della magistratura nel parere reso il 31 maggio 2007.
    1.3.— Orbene, della scelta compiuta dal legislatore con la norma censurata risulterebbe, secondo il remittente, «arduo comprendere la finalità», avendo l’iscrizione all’albo «valenza puramente formale». Essa nulla aggiungerebbe «alla particolare qualificazione e/o esperienza richiesta agli aspiranti magistrati ordinari che hanno conseguito l’abilitazione, atteso che l’iscrizione medesima non è subordinata all’effettivo esercizio della professione di avvocato e non postula, quindi, nemmeno l’attualità dell’esperienza dalla stessa derivante».
    L’irragionevolezza della previsione, inoltre, risulterebbe confermata dal fatto che «la peculiare formazione degli abilitati all’esercizio della professione forense è omogenea o comunque affine a quella richiesta al magistrato, laddove, viceversa, l’accesso al concorso è consentito anche ai possessori di titoli che non necessariamente denotano il possesso di peculiari competenze tecniche (come i funzionari e dirigenti amministrativi aventi l’anzianità prescritta) ovvero ancora hanno natura prettamente scientifica (come i dottori di ricerca)».
    Inoltre, essendo «il criterio ispiratore della riforma» di «stampo pluralistico», giacché il legislatore ha scelto di valorizzare pregresse esperienze «eterogenee rispetto alla professione di magistrato», l’esclusione degli abilitati alla professione forense non iscritti all’albo degli avvocati appare al remittente «irrazionale ed arbitraria».
    Significativo, al riguardo, risulterebbe – secondo il TAR del Lazio – «il raffronto con l’accesso consentito ai diplomati presso le scuole di specializzazione delle professioni legali», giacché il diploma da essi conseguito è valutato ai fini del compimento della pratica per l’accesso alla professione forense (e notarile) per il periodo di un anno (secondo quanto previsto del Decreto del Ministro della giustizia 11 dicembre 2001, n. 475, recante «Regolamento concernente la valutazione del diploma conseguito presso le scuole di specializzazione per le professioni legali ai fini della pratica forense e notarile, ai sensi dell'articolo 17, comma 114, della legge 15 maggio 1997, n. 127»).
    Orbene, la circostanza che i diplomati presso le suddette scuole di specializzazione, mentre accedono, per ciò solo, al concorso per magistrato ordinario «sono comunque tenuti a compiere un anno di tirocinio per l’ammissione all’esame di avvocato» dovrebbe essere intesa, secondo il giudice a quo, nel senso che «il superamento dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato costituisca un quid pluris rispetto al diploma», conseguentemente, sarebbe del tutto irrazionale ammettere costoro al concorso «e che lo stesso non sia previsto per coloro che abbiano conseguito l’abilitazione alla professione di avvocato».
    Infine, osserva il TAR del Lazio, non deve essere dimenticato che «la disciplina dell’accesso in magistratura ordinaria ha incidenza diretta sui valori costituzionali dell’autonomia e dell’indipendenza», sanciti per l’ordine giudiziario dall’art. 104, primo comma, Cost.
    Se, dunque, il legislatore può legittimamente porsi alla ricerca di un «punto di equilibrio tra il perseguimento di una composizione pluralistica e paritaria del potere giudiziario e la creazione di un corpo magistratuale altamente qualificato e professionale», a tale obiettivo non sembra, tuttavia, rispondere la norma censurata. Essa subordina la partecipazione al concorso ad «un requisito di ordine meramente formale il quale viene in definitiva a costituire soltanto una incomprensibile, e ingiusta, barriera frapposta a soggetti i quali posseggono una formazione tecnica omogenea a quella richiesta per l’esercizio della funzione cui aspirano». A costoro, infatti, viene preclusa «la chance di pianificare un nuovo percorso di vita e professionale sol perché, allo stato, si trovano ad esercitare attività per le quali è stabilita l’incompatibilità con l’esercizio della professione di avvocato», secondo quanto previsto dall’articolo 3 del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore).
    1.4.— Non conferente, invece, appare – secondo il TAR rimettente – la comparazione stabilita dalle ricorrenti, sempre in ordine alla ragionevolezza della norma censurata, con la disposizione transitoria di cui all’art. 2, comma 5, del d.lgs. n. 160 del 2006, che contempla l’accesso diretto al concorso dei laureati iscrittisi all’università prima dell’anno accademico 1998-1999.
    Nel premettere che «il legislatore gode di ampia discrezionalità nel collocare nel tempo le innovazioni normative», il TAR del Lazio osserva che la disposizione suddetta non appare «manifestamente discriminatoria o irragionevole», giacché essa tende ad un obbiettivo «di tutela delle aspettative di quanti abbiano iniziato il proprio percorso formativo, e correlativamente pianificato la propria esistenza, in epoca anteriore all’avvio del travagliato iter di riforma» della disciplina dell’accesso in magistratura.
    1.5.— In forza delle considerazioni sopra illustrate il TAR del Lazio ha, dunque, sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 51 e 104, primo comma, Cost., dell’articolo 2, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 150 del 2006, come sostituito dall’art. 1, comma 3, lettera b), della legge n. 111 del 2007, «nella parte in cui richiede, ai fini dell’ammissione al concorso per magistrato ordinario, che gli abilitati all’esercizio della professione forense siano anche iscritti al relativo albo professionale».
    2.— Con atto depositato in cancelleria il 18 febbraio 2009 è intervenuta in giudizio M. M., parte ricorrente nel giudizio a quo, insistendo per la declaratoria di illegittimità costituzionale – per violazione degli artt. 3 e 51 Cost. – della norma censurata e dell’art. 2, lettera g), del bando di concorso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale, n. 23 del 21 marzo 2008.
    2.1.— Ribadisce la parte privata che «la previsione del requisito meramente formale dell’iscrizione all’albo degli avvocati», quale condizione per l’ammissione al concorso in magistratura, «costituisce soltanto una incomprensibile e ingiusta barriera frapposta a soggetti che, pur possedendo una formazione tecnica omogenea a quella richiesta per l’esercizio delle funzioni di magistrato, esercitano attività ritenute incompatibili con la professione di avvocato».
    Ricorrerebbe, dunque, un primo vizio di costituzionalità per «palese violazione del principio di eguaglianza per disparità di trattamento», atteso che l’esclusione di soggetti comunque abilitati all’esercizio della professione forense integrerebbe una limitazione non fondata «su finalità o interessi coerenti e conformi alla Costituzione».
    Difatti, i titoli di ammissione al concorso dovrebbero essere individuati dal legislatore «nel rispetto dei canoni di ragionevolezza e coerenza», in modo da garantire l’osservanza «dei principi costituzionali di non discriminazione e di accesso ai pubblici uffici in condizioni di eguaglianza».
    Nel caso di specie, per contro, tali condizioni non risultano soddisfatte, sicché la Corte costituzionale – nel vagliare la ragionevolezza della censurata disposizione legislativa (scrutinio che implica «un apprezzamento di conformità tra la regola introdotta e la causa normativa che la deve assistere»; sentenza n. 89 del 1996) – non potrà che pervenire alla declaratoria di illegittimità della stessa.
    2.2.— Ripropone, per il resto, la parte privata le ragioni – già fatte valere nel giudizio principale – volte a contestare la legittimità dell’impugnato bando di concorso nella parte in cui detta una previsione analoga a quella di cui all’articolo 2, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 160 del 2006.

    Considerato in diritto

    1.— Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, ha sollevato – in riferimento agli articoli 3, 51 e 104, primo comma, della Costituzione – questione di legittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, recante «Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150», come sostituito dall’articolo 1, comma 3, lettera b), della legge 30 luglio 2007, n. 111 (Modifiche alle norme sull’ordinamento giudiziario).
    1.1.— Il remittente premette, in punto di fatto, di essere investito della domanda di annullamento, previa sospensione, del bando di concorso per esami a 500 posti di magistrato ordinario, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale, n. 23, del 21 marzo 2008. Deduce, inoltre, che l’articolo 2, lettera g), punto 6, del suddetto bando individua, quale requisito di ammissione al concorso, l’iscrizione del candidato all’albo degli avvocati.
    Ad avviso del giudice a quo tale prescrizione realizzerebbe una «ingiusta discriminazione» nei confronti di quei candidati che – come le ricorrenti nel giudizio principale – risultano aver conseguito l’abilitazione allo svolgimento della professione forense, ma che non vogliono o non possono iscriversi nel suddetto albo.
    Orbene, poiché la citata previsione del bando costituisce una «pedissequa riproduzione» dell’art. 2, comma 1, lettera f), del d.lgs. n. 160 del 2006, nel testo sostituito dall’art. 1, comma 3, lettera b), della legge n. 111 del 2007, il TAR del Lazio ha sollevato questione di legittimità costituzionale di tale norma, disponendo nel contempo l’ammissione delle ricorrenti, con riserva, al concorso, in attesa di «pronunzia definitiva sull’istanza cautelare», oltre che «della decisione di merito».
    1.2.— Secondo il TAR remittente, la censurata disposizione legislativa violerebbe gli artt. 3, 51 e 104, primo comma, Cost., giacché subordinerebbe – in modo irragionevole – la partecipazione al concorso per magistrato ordinario ad «un requisito di ordine meramente formale», introducendo «una incomprensibile, e ingiusta, barriera frapposta a soggetti» (coloro i quali abbiano conseguito l’abilitazione allo svolgimento della professione forense, senza essere però iscritti nell’albo degli avvocati) che pure «posseggono una formazione tecnica omogenea a quella richiesta per l’esercizio della funzione cui aspirano».
    L’irragionevolezza della norma sarebbe resa evidente, innanzitutto, dal fatto che la «valenza puramente formale» dell’iscrizione all’albo nulla aggiungerebbe «alla particolare qualificazione e/o esperienza richiesta agli aspiranti magistrati ordinari che hanno conseguito l’abilitazione, atteso che l’iscrizione medesima non è subordinata all’effettivo esercizio della professione di avvocato e non postula, quindi, nemmeno l’attualità dell’esperienza dalla stessa derivante».
    Il carattere irragionevole della disposizione censurata sarebbe reso evidente, altresì, dalla circostanza che «la peculiare formazione degli abilitati all’esercizio della professione forense è omogenea o comunque affine a quella richiesta al magistrato, laddove, viceversa, l’accesso al concorso è consentito anche ai possessori di titoli che non necessariamente denotano il possesso di peculiari competenze tecniche (come i funzionari e dirigenti amministrativi aventi l’anzianità prescritta) ovvero ancora hanno natura prettamente scientifica (come i dottori di ricerca)».
    Infine, l’irragionevolezza della disciplina in esame emergerebbe dal confronto con quanto previsto per i diplomati presso le Scuole di specializzazione per le professioni legali, i quali – mentre accedono al concorso per magistrato ordinario per il solo fatto di aver conseguito tale diploma – «sono comunque tenuti a compiere un anno di tirocinio per l’ammissione all’esame di avvocato». Tale circostanza, difatti, denoterebbe come «il superamento dell’esame di abilitazione all’esercizio della professione di avvocato costituisca un quid pluris rispetto al diploma» di specializzazione, di talché sarebbe del tutto irrazionale ammettere al concorso per magistrato ordinario coloro che abbiano conseguito detto diploma, mentre analoga possibilità non è prevista, invece, «per coloro che abbiano conseguito l’abilitazione alla professione di avvocato».
    2.― È intervenuta una delle ricorrenti nel giudizio a quo, insistendo per la declaratoria di illegittimità costituzionale – per violazione degli artt. 3 e 51 Cost. – della norma censurata, oltre che dell’art. 2, lettera g), del bando di concorso pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale, n. 23 del 21 marzo 2008.
    3.― Preliminarmente, deve chiarirsi come oggetto del presente scrutinio sia la sola disposizione di legge censurata dal TAR del Lazio, non potendo il sindacato di questa Corte estendersi ad atti diversi da quelli indicati dall’art. 134 Cost., né – in ogni caso, su sollecitazione di parte – oltre i limiti del thema decidendum individuato nell’ordinanza di rimessione.
    4.— La questione è fondata.
    4.1.— In limine, deve osservarsi, quanto alle procedure di reclutamento degli appartenenti alla magistratura ordinaria, come le scelte compiute, negli ultimi anni, dal legislatore – sulla scorta di quanto previsto dall’articolo 17, comma 113, della legge 5 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), che delegava il Governo ad emanare una nuova disciplina del concorso per l’accesso alla magistratura ordinaria – abbiano subìto una progressiva evoluzione. In effetti, come ha esattamente precisato l’ordinanza di rimessione, ad una iniziale tendenza ad attribuire rilievo preminente ai diplomi rilasciati dalle scuole di specializzazione per le professioni legali, ha fatto seguito un’opzione del tutto diversa, incentrata sulla eterogeneità dei titoli di ammissione al concorso rispetto alla qualificazione tecnico-professionale propria del magistrato.
    Ne è scaturito un percorso non sempre lineare, come conferma proprio il contenuto della disposizione ora oggetto di scrutinio, la quale si presenta viziata da palese irragionevolezza, anche in relazione a quanto emerge dai lavori preparatori che hanno condotto alla sua approvazione.
    4.2.— Sul punto occorre rammentare che il testo del disegno di legge governativo, dal quale è scaturita la legge n. 111 del 2007, individuava, tra i titoli di ammissione al concorso, non la mera iscrizione del candidato all’albo degli avvocati, ma l’effettivo esercizio della professione forense protratto da almeno tre anni.
    Come si legge, infatti, nella relazione introduttiva al disegno di legge de quo, l’esistenza di un «comune humus culturale» con gli appartenenti all’ordine giudiziario era stata «ritenuta condizione necessaria e sufficiente» per l’inclusione – tra i soggetti legittimati a partecipare alle procedure di selezione per l’ingresso nella magistratura ordinaria – anche «degli avvocati con almeno tre anni di iscrizione all’albo professionale» (A.S. 1447, in particolare, il punto 5). L’obiettivo governativo era, dunque, di dare vita ad «una tipologia di accesso strutturata in gran parte sulla falsariga di un concorso di secondo grado tendenzialmente omogenea a quella stabilita per le altre magistrature», avendo il legislatore già individuato tra i soggetti legittimati a partecipare al concorso – per l’accesso alla magistratura sia amministrativa (articolo 14, primo comma, numero 6, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, recante «Istituzione dei tribunali amministrativi regionali») che contabile (articolo 12, primo comma, lettera d, della legge 20 dicembre 1961, n. 1345, recante «Istituzione di una quarta e una quinta Sezione speciale per i giudizi su ricorsi in materia di pensioni di guerra ed altre disposizioni relative alla Corte dei conti») – anche coloro che svolgono la professione forense da un congruo lasso di tempo, stimato, in entrambi questi casi, in non meno di cinque anni.
    4.3.— Orbene, se l’intenzione di valorizzare una pregressa esperienza professionale sarebbe stata ragionevole (nonché coerente con la configurazione, quale concorso di secondo grado, di quello previsto per l’accesso alla magistratura ordinaria), non può dirsi altrettanto della scelta, in concreto compiuta dal legislatore, di limitare la partecipazione al concorso per magistrato ordinario esclusivamente agli iscritti all’albo che non abbiano riportato sanzioni disciplinari, senza, però, alcuna individuazione di un periodo minimo di iscrizione o di esercizio professionale.
    Come, infatti, osserva correttamente il remittente, la disposizione censurata attribuisce rilievo decisivo ad «un requisito di ordine meramente formale», l’iscrizione all’albo forense, del quale non si comprende l’idoneità a rivelare il possesso, in capo all’aspirante magistrato, di una maggiore attitudine all’esercizio della funzione giudiziaria rispetto a quanti risultino “solo” abilitati a svolgere la professione di avvocato.
    Devono, inoltre, essere poste in rilievo – in aggiunta al descritto profilo di intrinseca irragionevolezza – le conseguenze paradossali che scaturiscono dalla norma censurata e che costituiscono non già evenienze puramente contingenti ed accidentali, da ricollegare ad un suo funzionamento patologico, bensì effetti diretti del suo contenuto precettivo.
    La disposizione de qua, infatti, se consente la partecipazione al concorso a chi risulti appena iscritto, al limite persino da un solo giorno, nell’albo forense, la preclude, invece, a quanti abbiano conseguito l’abilitazione, si siano iscritti all’albo ed abbiano svolto la professione addirittura per alcuni anni, per poi doversi cancellare in ragione della sopravvenienza di taluna delle cause di incompatibilità di cui all’articolo 3, secondo comma, del regio decreto-legge n. 27 novembre 1933, n. 1578 (Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore).
    4.4.— La manifesta irragionevolezza della norma censurata e la conseguente violazione dell’art. 3 Cost. ne comportano, dunque, l’illegittimità costituzionale, dovendo ritenersi assorbite le ulteriori censure formulate dal remittente.
    Pertanto, la norma censurata deve essere dichiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui non prevede, tra i soggetti ammessi a partecipare al concorso, anche coloro che abbiano soltanto conseguito l’abilitazione all’esercizio professionale. Resta peraltro, fermo che continua ad essere preclusa l’ammissione al concorso medesimo di coloro che, iscritti all’albo forense, risultino aver riportato sanzioni disciplinari nel corso del loro esercizio professionale.
    Per Questi Motivi
    LA CORTE COSTITUZIONALE

    dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 5 aprile 2006, n. 160, recante «Nuova disciplina dell’accesso in magistratura, nonché in materia di progressione economica e di funzioni dei magistrati, a norma dell’articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 25 luglio 2005, n. 150», come sostituito dall’articolo 1, comma 3, lettera b), della legge 30 luglio 2007, n. 111 (Modifiche alle norme sull’ordinamento giudiziario), nella parte in cui non prevede tra i soggetti ammessi al concorso per magistrato ordinario anche coloro che abbiano conseguito soltanto l’abilitazione all’esercizio della professione forense, anche se non siano iscritti al relativo albo degli avvocati.
    Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 ottobre 2010.
    F.to:
    Francesco AMIRANTE, Presidente
    Alfonso QUARANTA , Redattore
    Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere
    Depositata in Cancelleria il 15 ottobre 2010.
    Il Direttore della Cancelleria
    F.to: DI PAOLA
     
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  2. diana2882
     
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    Come volevasi dimostrare
     
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  3. Sarevok
     
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    Domanda: che effetto avrà la sentenza sul concorso a 500 posti ormai concluso?
    Gli abilitati non iscritti all'albo che non hanno fatto domanda di partecipazione, che l'hanno fatta ma non hanno impugnato l'esclusione, si attaccano al cosiddetto tram.
    Coloro che hanno fatto ricorso denunciando l'incosituzionalità della norma vedranno accolto il loro ricorso.
    Come darà attuazione il Ministero a tale pronuncia?
    Farà sostenere loro delle prove scritte ed eventualmente orali ad hoc?
    Se le superano verosmilmente saranno iscritti in graduatoria, con possibilità di passare avanti a coloro che sono già risultati vincitori.
    Ergo, a mio giudizio, nei ricorsi contro l'esclusione, dovrebbe integrarsi il contraddittorio nei confronti di tutti i vincitori del concorso medesimo.
    Che ne pensate?
     
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  4. Luke79.79
     
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    Questa sentenza non riguarda minimamente il concorso a 500 e rischia di essere del tutto inutile ai fini del giudizio a quo del TAR.
    Infatti, posto che, dei ricorrenti ammessi con riserva, nessuno è risultato vincitore del concorso nè è stato ammesso agli orali (e lì bocciato), il TAR non potrà accogliere il ricorso nel merito ma dovrà dichiararlo improcedibile per sopravvenuto difetto d'interesse, salve queste alternative: 1) i ricorrenti abbiano impugnato finanche le bocciature; 2) abbiano chiesto anche il risarcimento del danno da perdita di chances, anche se non si capisce che chances visto che sono stati ammessi con riserva; 3) il TAR LAzio ritenga che questo sia un caso in cui è possibile chiedere il risarcimento del danno da ineseguibilità del giudicato.
    Inoltre, le sentenze della Consulta hanno una efficacia retroattiva che tuttavia incontra il limite dei diritti quesiti!
     
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  5. Bodhidharma
     
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    il ricorso da cui è scaturita la qlc aveva fatto ammettere con riserva i ricorrenti.
    dunque non dovrebbe esserci nessuna sessione suppletiva di scritti, in quanto i ricorrenti hanno sostenuto l'esame e se promossi sono stati inseriti in graduatoria, con riserva.
    lo scioglimento della riserva non fa altro che consolidare la loro posizione in graduatoria.

    p.s. solo adesso vedo che in contemporanea con me ha scritto anche Luke, dal quale apprendo che gli ammessi con riserva sono stati tutti bocciati: in questo caso condivido completamente le sue osservazioni.
     
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  6. ARANCIA.meccanica
     
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    CITAZIONE (Luke79.79 @ 16/10/2010, 16:47)
    Questa sentenza non riguarda minimamente il concorso a 500 e rischia di essere del tutto inutile ai fini del giudizio a quo del TAR.
    Infatti, posto che, dei ricorrenti ammessi con riserva, nessuno è risultato vincitore del concorso nè è stato ammesso agli orali (e lì bocciato), il TAR non potrà accogliere il ricorso nel merito ma dovrà dichiararlo improcedibile per sopravvenuto difetto d'interesse, salve queste alternative: 1) i ricorrenti abbiano impugnato finanche le bocciature; 2) abbiano chiesto anche il risarcimento del danno da perdita di chances, anche se non si capisce che chances visto che sono stati ammessi con riserva; 3) il TAR LAzio ritenga che questo sia un caso in cui è possibile chiedere il risarcimento del danno da ineseguibilità del giudicato.
    Inoltre, le sentenze della Consulta hanno una efficacia retroattiva che tuttavia incontra il limite dei diritti quesiti!

    Dimmi un pò, mi stai dicendo che ci sono stati dei candidati (che non avevano tutti i requisiti previsti dal bando) che hanno fatto ricorso e poi successivamente ammessi agli orali? :blink:
     
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  7. Luke79.79
     
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    REPUBBLICA ITALIANA

    TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    PER IL LAZIO
    ROMA

    SEZIONE PRIMA

    Registro Ordinanze:/
    Registro Generale: 6015/2008


    nelle persone dei Signori:

    GIORGIO GIOVANNINI Presidente
    ANTONINO SAVO AMODIO Cons.
    SILVIA MARTINO Cons. , relatore

    ha pronunciato la seguente

    ORDINANZA

    nella Camera di Consiglio del 22 Ottobre 2008

    Visto il ricorso 6015/2008 proposto da:
    XXXXXX

    rappresentato e difeso da:
    GIURDANELLA AVV. CARMELO
    CARUSO AVV. BENEDETTA
    con domicilio eletto in ROMA
    VIA DI MONTE GIORDANO N. 36
    presso
    SCORZA AVV. GUIDO

    contro

    MINISTERO DELLA GIUSTIZIA
    rappresentato e difeso da:
    AVVOCATURA DELLO STATO
    con domicilio eletto in ROMA
    VIA DEI PORTOGHESI, 12
    presso la sua sede;

    per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione,
    del bando di concorso, per esami per cinquecento posti di magistrato ordinario, indetto con Decreto Ministeriale del Ministro della Giustizia del 27 febbraio 2008 e pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 23 del 21 Marzo 2008, nella parte in cui, all’articolo 2, lett. g), non prevede l’ammissione al concorso per gli abilitati alla professione di avvocato, non iscritti all’albo per ragioni di incompatibilità;
    del provvedimento prot. 1917/g/1541 del 3 ottobre 2008 di non ammissione della Dott.ssa Tagliamonte al concorso a 500 posti di magistrato ordinario, indetto con DM 27 febbraio 2008;
    del provvedimento prot. 1917g/993 del 25 luglio 2008 di non ammissione della Dott.ssa Emma al concorso a 500 posti di magistrato ordinario, indetto con DM 27 febbraio 2008;
    del provvedimento prot. 1917g/946 del 24 luglio 2008 di non ammissione della Dott.ssa Marchese al concorso a 500 posti di magistrato ordinario, indetto con DM 27 febbraio 2008;
    del provvedimento prot. 1917g/969 del 24 luglio 2008 di non ammissione della Dott.ssa Zompi al concorso a 500 posti di magistrato ordinario, indetto con DM 27 febbraio 2008;

    Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
    Vista la domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dal ricorrente;
    Visti i motivi aggiunti depositati dai ricorrenti;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio di:

    MINISTERO DELLA GIUSTIZIA

    Udito il relatore Cons. SILVIA MARTINO e uditi altresì per le parti gli avvocati presenti come da verbale di udienza;
    Visti gli artt. 19 e 21, u.c., della Legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e l'art. 36 del R.D. 17 agosto 1907, n. 642;
    Considerato che l’art. 2, comma 1, lett. f) della l. n. 160/2006, così come modificata dalla l. n. 111/2007 – nella parte in cui richiede oltre all’abilitazione all’esercizio della professione forense anche l’iscrizione al relativo Albo professionale – sembra presentare profili di arbitrarietà e irragionevolezza tali da giustificare la sottoposizione della relativa questione alla Corte Costituzionale;
    Rilevata altresì l’irreparabilità del pregiudizio derivante dall’impossibilità di partecipare alle prove scritte, programmate per il prossimo mese di novembre;

    Ritenuto che sussistono le ragioni richieste dalla legge per l’accoglimento della sospensiva;
    P.Q.M.

    1) accoglie l’istanza di tutela cautelare fino alla decisione da parte della Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale (che viene rimessa con separata ordinanza), e rinvia il seguito del suo esame alla Camera di Consiglio che verrà fissata dopo la comunicazione di tale decisione;
    2) per l’effetto dispone che i ricorrenti siano ammessi, con riserva, al concorso di cui si controverte;

    La presente ordinanza sarà eseguita dalla Amministrazione ed è depositata presso la Segreteria del Tribunale che provvederà a darne comunicazione alle parti.

    ROMA , li 22 Ottobre 2008

    IL PRESIDENTE:

    IL RELATORE:


    Questa è l'ordinanza. Ovviamente, il TAR non poteva dichiarare l'illegittimità del bando in quanto riproduttivo di una disposizione di legge e, pertanto, ha sollevato questione di legittimità. Proprio per questo, essendo la questione non manifestamente infondata, ha ammesso con riserva i ricorrenti, i cui non figurano, tuttavia, nella graduatoria finale. Ergo..questi non hanno più niente da chiedere..tale sentenza avrebbe solo radicato la loro eventuale posizone di vincitori. I non ricorrenti, non presentando ricorso, hanno manifestato l'intenzione di accettare l'eventuale provvedimento di esclusione.


    scusatemi, sono intervenuta io per tutelare la privacy mia e di chi, con me, aveva presentato il ricorso! ;-)

    Edited by Emanuela81 - 16/10/2010, 19:18
     
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  8. Nimrod1
     
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    CITAZIONE (Sarevok @ 16/10/2010, 15:39)
    Domanda: che effetto avrà la sentenza sul concorso a 500 posti ormai concluso?
    Gli abilitati non iscritti all'albo che non hanno fatto domanda di partecipazione, che l'hanno fatta ma non hanno impugnato l'esclusione, si attaccano al cosiddetto tram.
    Coloro che hanno fatto ricorso denunciando l'incosituzionalità della norma vedranno accolto il loro ricorso.
    Come darà attuazione il Ministero a tale pronuncia?
    Farà sostenere loro delle prove scritte ed eventualmente orali ad hoc?
    Se le superano verosmilmente saranno iscritti in graduatoria, con possibilità di passare avanti a coloro che sono già risultati vincitori
    .
    Ergo, a mio giudizio, nei ricorsi contro l'esclusione, dovrebbe integrarsi il contraddittorio nei confronti di tutti i vincitori del concorso medesimo.
    Che ne pensate?

    ciò che dici è possibile ma ha una probabilità di verificazione pari allo 0,5%.
    L'unico caso (sostanzialmente) in cui il Tar può accogliere nel merito il ricorso pendente è legato al fatto che i ricorrenti (ammessi con riserva al concorso) abbiano provveduto ad impugnare le loro bocciature (agli scritti o all'orale) ed abbiano ancora tali verdetti sub judice.
    E penso che questo sia proprio il caso della ricorrente che è difesa dall'avv. comparso davanti alla Consulta (non si spiegherebbe altrimenti perchè abbia speso tanti soldini per farsi patrocinare nel giudizio incidentale).
    Solo in questo caso, permane un interesse alla pronuncia nel merito.
    Se, effettivamente, la ricorrente riuscirà a trionfare contro le NI (cosa praticamente impossibile, anche se glielo auguriamo), alla fine sarà dichiarata vincitrice ed inserita in graduatoria nella posizione che le spetterà come se avesse vinto fin dal principio, senza alcuna integrazione di contraddittorio. Anche fra 10 anni.

    Aggiungo una cosa: i ricorrenti del giudizio a quo non avevano alcun obbligo di chiedere l'ammissione con riserva ma solo un concreto interesse. Avrebbero potuto benissimo non chiederla e limitarsi a domandare l'annullamento in parte qua del bando con il risarcimento del danno da perdita di chances (dato che la pa ha precluso loro di partecipare ad un concorso pur essendo stata accertata ex post la piena legittimazione a concorrere). Ovviamente, tale strategia l'avrebbe adottata solo chi era interessato a lucrare qualche spicciolo senza alcun concreto interesse a vincere il concorso.
    Tale ipotesi credo non si verificherà (dato che, a quanto risulta, tutti i ricorrenti furono ammessi con riserva a seguito della tutela cautelare) ma ho specificato giusto perchè il collega LukeLuke si è mostrato scettico circa l'attinenza del danno da perdita di chances.
     
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  9. Nimrod1
     
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    Siccome, caro Sarevok, mi sono accorto di avere omesso di rispondere al primo dei tuoi interrogativi, posso dirti che:

    per tutti i ricorrenti ammessi con riserva al concorso, la sentenza emananda del TAR è stata già eseguita dato che hanno ottenuto di partecipare. La PA non deve fare alcunchè. Il giudizio di incostituzionalità era necessario solo per legittimare ex post la loro avvenuta partecipazione. Null'altro.

    per coloro che, invece, non hanno partecipato con riserva non avendo domandato la tutela cautelare (ma abbiamo già detto che non c'è alcun caso) ma solo chiesto l'accoglimento del merito, c'è da dire che chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato.
    E' chiaro che, nei loro confronti, il giudicato è ineseguibile dato che il concorso 500 è chiuso. Niente prove scritte nè orali. Potranno solo chiedere, magari in sede di ottemperanza, il danno da ineseguibilità del giudicato sub specie di danno da perdita di chances che, a mio sommesso avviso è comunque da denegare palesemente ex art. 1227 comma II c.c., dato che, se avessero usato un minimo di diligenza nonchè di buona fede, non l'avrebbero patito.
    Come già detto, è chiaro che se c'è anche un solo ricorrente che versa in questa condizione, il TAR Lazio dovrà necessariamente accogliere nel merito, non potendo dichiarare il SDI.

    Quando 2 anni fa discutemmo nel forum del problema di incostituzionalità, ricordo che fosti l'unico a convenire circa il fatto che l'annullamento in parte qua del bando di concorso ha effetti solo inter partes e non già erga omnes.
    Oggi lo si è visto. ;)
     
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    veterano del forum

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    CITAZIONE (Nimrod1 @ 16/10/2010, 18:17)
    Quando 2 anni fa discutemmo nel forum del problema di incostituzionalità, ricordo che fosti l'unico a convenire circa il fatto che l'annullamento in parte qua del bando di concorso ha effetti solo inter partes e non già erga omnes.

    Sicuro? :rolleyes: :P
     
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  11. Nimrod1
     
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    CITAZIONE (Nicola2005 @ 16/10/2010, 19:05)
    CITAZIONE (Nimrod1 @ 16/10/2010, 18:17)
    Quando 2 anni fa discutemmo nel forum del problema di incostituzionalità, ricordo che fosti l'unico a convenire circa il fatto che l'annullamento in parte qua del bando di concorso ha effetti solo inter partes e non già erga omnes.

    Sicuro? :rolleyes: :P

    l'alzheimer incipiente...........chiedo venia illustre amico. :rolleyes:
     
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  12. Luke79.79
     
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    CITAZIONE (Nimrod1 @ 16/10/2010, 17:57)
    Tale ipotesi credo non si verificherà (dato che, a quanto risulta, tutti i ricorrenti furono ammessi con riserva a seguito della tutela cautelare) ma ho specificato giusto perchè il collega LukeLuke si è mostrato scettico circa l'attinenza del danno da perdita di chances.

    Era uno scetticismo pragmatico..anzi, al contrario, continuo ad apprezzare la tua preparazione in diritto amministrativo!
     
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  13. Zaleuco
     
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    CITAZIONE (Nimrod1 @ 16/10/2010, 19:52)
    CITAZIONE (Nicola2005 @ 16/10/2010, 19:05)
    Sicuro? :rolleyes: :P

    l'alzheimer incipiente...........chiedo venia illustre amico. :rolleyes:

    Ho aperto io quella discussione, la ricordo bene perchè ci sono stato sopra una notte intera a ricercare giurisprudenza ecc.ecc. e perchè le parole del post di apertura furono trasfuse in una interrogazione parlamentare ....è da 2 giorni che la cerco per ripristinarla e postare la chiosa conclusiva ma non riesco a scovarla.

    Chiedo l'ausilio dei potenti mezzi in forza ai nostri solerti moderatori :superman.gif:

    (Il thread mi pare si intitolasse ..."Requisiti accesso magistratura. Profili di incostituzionalità...")
     
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  14. Sarevok
     
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    CITAZIONE (Nimrod1 @ 16/10/2010, 18:17)
    Siccome, caro Sarevok, mi sono accorto di avere omesso di rispondere al primo dei tuoi interrogativi, posso dirti che:

    per tutti i ricorrenti ammessi con riserva al concorso, la sentenza emananda del TAR è stata già eseguita dato che hanno ottenuto di partecipare. La PA non deve fare alcunchè. Il giudizio di incostituzionalità era necessario solo per legittimare ex post la loro avvenuta partecipazione. Null'altro.

    per coloro che, invece, non hanno partecipato con riserva non avendo domandato la tutela cautelare (ma abbiamo già detto che non c'è alcun caso) ma solo chiesto l'accoglimento del merito, c'è da dire che chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato.
    E' chiaro che, nei loro confronti, il giudicato è ineseguibile dato che il concorso 500 è chiuso. Niente prove scritte nè orali. Potranno solo chiedere, magari in sede di ottemperanza, il danno da ineseguibilità del giudicato sub specie di danno da perdita di chances che, a mio sommesso avviso è comunque da denegare palesemente ex art. 1227 comma II c.c., dato che, se avessero usato un minimo di diligenza nonchè di buona fede, non l'avrebbero patito.
    Come già detto, è chiaro che se c'è anche un solo ricorrente che versa in questa condizione, il TAR Lazio dovrà necessariamente accogliere nel merito, non potendo dichiarare il SDI.

    Quando 2 anni fa discutemmo nel forum del problema di incostituzionalità, ricordo che fosti l'unico a convenire circa il fatto che l'annullamento in parte qua del bando di concorso ha effetti solo inter partes e non già erga omnes.
    Oggi lo si è visto. ;)

    Non sapevo che ci fossero state le ammissioni con riserva. Chi è stato ammesso in forza di ordinanza cautelare ed è stato poi bocciato ormai non potrà giovarsi della pronuncia di incostituzionalità, a meno che non impugni anche la bocciatura (i pazzi ci sono).
    Non credo che esista un escluso che abbia fatto ricorso senza istanza cautelare, ma inove mai esistesse, allorché sarà accolto il suo ricorso, credo che abbia tutto il diritto, in forza dell'effetto conformativo del giudicato, a partecipare al concorso, svolgendo le prove scritte.
    Il fatto che il concorso allo stato sia concluso non può precludere il suo giusto diritto a parteciparvi.
    Né ritengo che egli potrebbe chiedere il risarcimento del danno per perdita di chances, visto che l'accoglimento del ricorso lascia integra di per sé la possibilità di partecipare e vincere e che quindi non vi è alcuna chance persa.
     
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  15. Luke79.79
     
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    E secondo te dovrebbe sostenere le prove scritte da solo o da soli?
    In ogni caso penso che i ricorsi siano stati trattati tutti congiuntamente...
     
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100 replies since 16/10/2010, 13:54   5139 views
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