forumista di seconda generazione
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- comprendo, ma non sono d'accordo
- ciò per almeno due motivi
- (parto dalla fine del ragionamento)
1. il creditore della somma ha richiesto in ogni caso di utilizzare il sistema del "bonifico bancario": allora, non può essere bollato come datio in solutum (non liberatorio) solo il versamento effettuato sul suo conto corrente personale, e non esserlo, invece, pure quello richiesto sul conto corrente della moglie
- detto altrimenti, la datio in solutum era un sistema "previsto ed accettato" dal creditore, indiscutibile e di cui - oggi - non può dolersene perchè appoggiato su un conto piuttosto che in un altro, a pena di (secondo me) contraddizione
- 2. ma il nocciolo della questione, forse, si trova in quella che hai definito come "...benchè gli sia indicato di eseguire,per il pagamento,il bonifico...
- per me , se c'è stata indicazione specifica ed espressa di pagamento ai sensi dell'art. 1188,1 comma cod. civ., il pagamento doveva "esser fatto (...) alla persona indicata dal creditore"
- vero è che ,per gran parte della dottrina (cfr., ad es., C.M.Bianca, Diritto civile, L'obbligazione, n. 4, Giuffrè, 1990, pag.306 - ove alla nota 101 ampie citazioni di dottrina conforme - la doverosità di cui all'art. 1188 riguarderebbe l'atto di pagamento, non le persone dei destinatari....l'indicazione di pagamento non renderebbe l'indicato titolare del credito nè gli attribuirebbe una sua pretesa creditoria verso il debitore. Si tratterebbe ,piuttosto, di una modalità facoltativa dell'adempimento; per Basile, Indicazione di pagamento, Encicl. dir., XXI,Giuffrè,pag.129, sarebbe una facoltà alternativa), ma mi pare di capire che le circostanze di fatto, il contesto, le precise e ben espresse indicazioni ricevute potrebbero fare la differenza
- Bigliazzi Geri-Breccia- Busnelli- Natoli, ad es., (in Diritto civile, Obbligazioni e contratti, Utet, n.3, 1989,pag. 101,distinguono a seconda che l'indicazione del terzo, al quale la prestazione ha da essere effettuata, sia originaria (cioè sia avvenuta al momento in cui l'obbligazione è sorta), ovvero sia sopravvenuta
- in questo caso, mi parrebbe che la situazione possa e debba farsi rientrare nella prima ipotesi, con la conseguenza che l'indicazione è servita a precisare la sostanza della prestazione e si possa parlare di "contratto con prestazione al terzo" (da non confondere col contratto a favore di terzo di cui all'art.1411), sicchè, secondo quest'altra autorevole corrente dottrinaria, non vi sarebbe adempimento se il debitore offrisse la prestazione direttamente al creditore e non, come previsto, al terzo (cfr., così già U. Natoli, L'attuazione del rapporto obbligatorio, Tomo secondo, Il comportamento del debitore, Trattato dir. civ. e comm.le, a cura di Cicu- Messineo - Mengoni, Giuffrè, 1984, pag.138)
- secondo Fabrizio Vomero (cfr. la sua nota a Corte Cass. 13.11.2009 n.24128, Struttura trilaterale e carattere recettizio dell'indicazione di pagamento, La Nuova giur. civile commentata, 2010, parte prima, Cedam,pag.643 e segg., spec. pag.648),tale sentenza lascia intendere che, qualora l'indicazione sia stata opportunamente portata alla sua conoscenza, il debitore non può rifiutare il pagamento al terzo. Non v'è, quindi, una semplice facoltà di scelta, attribuita dall'indicante al debitore, ma un vero e proprio obbligo a carico di quest'ultimo,la cui violazione è suscettibile di valutazione ai sensi dell'art.1218 cod. civ.
- e il fondamento giuridico di tale obbligo in capo al debitore, e di riflesso, del potere del creditore, deriva, secondo quest'ultima dottrina, dall'art.1175 cod. civ. che impone alle parti di un rapporto obbligatorio di comportarsi secondo correttezza e buona fede
- in questo caso, il rapporto tra le parti deriva da una sentenza di condanna al pagamento, che è comunque un rapporto obbligatorio, dove il creditore ha dato precise indicazioni per effettuare il pagamento
- e ciò sempre che il debitore - sapendo del pignoramento del conto corrente del creditore - non abbia agito così scientemente, in mala fede ed a suo danno
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