Tracce marzo 2012

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    Civile
    Il diritto di proprietà: limiti legali e forme di tutela, anche con riferimento al diritto alla salute.

    Assegno per aprile: responsabilità extracontrattuale.

    Amministrativo
    Delineati i caratteri della influenza delle scienze economiche nel diritto amministrativo, si soffermi il candidato sulla analisi della evoluzione del pubblico impiego, anche con riferimento al principio di buon andamento ed al sistema dei controlli.

    Assegno: servizi pubblici

    Penale
    Concorso di persone, connivenza e favoreggiamento personale durante la permanenza del reato: configurabilità e differenze.


    Assegno per aprile:
    Tentativo, Concorso di norme e concorso di reati

    Edited by togasana - 8/3/2012, 17:00
     
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    tema diritto amministrativo
    Delineati i caratteri della influenza delle scienze economiche nel diritto amministrativo, si soffermi il candidato sulla analisi della evoluzione del pubblico impiego, anche con riferimento al principio di buon andamento ed al sistema dei controlli.


    Il diritto, inteso quale sistema di interrelazioni fra soggetti regolate da una normazione di natura prescrittiva, non va considerato come scienza a se stante.
    Sia che lo si qualifichi in rapporto con le altre scienze (sociali od economiche), sia che lo si analizzi nelle sue differenti ramificazioni (civili, penali, amministrative fra tutte), occorre sottolineare come sussista sempre più una compenetrazione di settori dai quali non è ormai possibile prescindere, e che anzi connota e qualifica il sistema come un unicum eterogeneo in cui le varie scienze si influenzano vicendevolmente.
    E’ chiaro che anche il diritto amministrativo, in questo contesto di mutua influenza, risenta necessariamente di tale interconnessione reciproca. D’altronde, per esaustività del discorso, non può nemmeno sottacersi come sia ad oggi impossibile – laddove non anacronistico – effettuare rigide partizioni tassative perfino nelle branche stesse del diritto: basti pensare all’ormai venir meno del binomio ulpinianeo diritto privato-diritto pubblico, a fronte di un riconoscimento, in capo alla p.a., delle facoltà di concludere accordi (ex art. 11 L. 241/1990), nonché di esercitare le proprie facoltà e poteri anche mediante il ricorso a strumenti prettamente privatistici.
    Da questa prospettiva occorre dunque prendere le mosse per comprendere il particolare ruolo che nell’ambito dell’agere pubblico ha rivestito la scienza economica. In un contesto come quello contemporaneo, in cui il peso dell’economia è sempre più presente nella vita dei cittadini come nelle attività degli organismi pubblici, sono inevitabilmente emerse esigenze di carattere pratico che hanno spinto a ricercare modalità che permettessero l’utilizzo di strumenti economici anche in settori pubblici. Tale ricerca ha rivestito carattere continuativo in tutto l’ambito amministrativo, atteso che occorreva trovare modalità di attuazione valide a conciliare le finalità preminenti dell’attività amministrativa con gli obiettivi ed i principi regolatori di una libera economia di mercato. Da una parte infatti la p.a. svolge funzioni di interesse collettivo, con finalità naturalmente pubblicistiche che mirano ad una imparzialità effettiva nel rispetto dei parametri costituzionali e delle riserve che la stessa Costituzione pone in materia (artt. 95 e 97 Cost.); dall’altro canto il mercato postula e richiede un’attenzione alle singole esigenze dei singoli partecipanti (investitori, imprenditori), si muove dunque su binari volti al particolarismo improntati ad una libera concorrenza senza vincoli né corsie preferenziali, si sottopone ed accetta rischi economici (nonché ipotesi di fallimenti –impensabili per una p.a.) e richiede una parità delle parti senza finalità di natura collettiva o diffusa. Lo stato stesso può porsi come interventore diretto o come osservatore imparziale, ma è evidente che in un contesto di mercato aperto le esigenze in rilievo sono molteplici, sfaccettate e differenziate: laddove lo stato persegue finalità strettamente pubbliche di tutela della collettività complessiva, l’economia libera mira ad ottenere profitti, a regolamentare con sistematicità, secondo canoni improntati a criteri di natura lucrativa, con un utilizzo di risorse meditato ed efficiente, che ridistribuisca equamente il carico lavorativo del singolo nella collettività professionale e persegua finalità di elevati ricavi e guadagni mediante politiche mirate all’efficacia economica.
    Sono diverse le discipline amministrative in cui è verificabile un riscontro di scelte legislative improntate a regolamentazioni influenzate dall’impatto economico, e seppure in modo sintetico vanno analizzate separatamente: le ipotesi più emblematiche sono quelle inerenti le autorità amministrative indipendenti e le discipline relative gli enti pubblici economici, gli organismi di diritto pubblico e le imprese pubbliche.
    Le autorità amministrative indipendenti sono funzionali ad esprimere l’impatto del settore economico sull’agere pubblico, in quanto nate specificamente da quella cd “crisi della legge” che ha necessitato la sottrazione allo Stato di settori sensibili altamente tecnici (comunicazioni, credito, risparmio, privacy, concorrenza e mercato) molto rilevanti a livello economico, che richiedevano una precipua disciplina autonoma e – con certe modalità – libera da vincoli burocratici. Non a caso uno dei caratteri fondamentali delle authorities è proprio la neutralità, quell’indifferenza finalistica che permette di distinguerle dalla natura imparziale di una p.a. “pura”, che è sì equidistante dalle esigenze di parte in gioco ma sempre perseguente l’interesse pubblico. Altro ambito in cui è dato riscontrare l’impatto delle scienze economiche è quello del ricorso a società esterne alla p.a., mediante la previsione di enti pubblici economici, categoria che ha animato il dibattito dottrinale e giurisprudenziale circa la portata delle loro effettiva operatività, nonchè degli organismi di diritto pubblico o il ricorso alle imprese pubbliche. A titolo esemplificativo ed in un’ottica di analisi sistematica – e ferme restando le inevitabili differenze di disciplina che regolano le tipologie nominate – appare opportuno rilevare come queste siano esempi di una inevitabile commistione fra Stato ed economia. Se da un lato infatti lo Stato è determinante nella creazione, sovvenzione, partecipazione ed orientamento pubblicistico degli obiettivi di queste strutture, d’altro canto le stesse operano in un contesto economico aperto che le rende partecipi di esigenze di mercato sempre più pressanti. I requisiti che le qualificano a livello generale come soggetti di diritto pubblico sono al contempo limitativi di fette del mercato cui non possono rivolgersi, proprio in virtù dell’influenza statale (rinvenibile ad esempio nella partecipazione maggioritaria del capitale sociale). L’impossibilità di rendersi competitivi per questi organismi è peraltro alla base del sempre maggior ricorso all’istituto dell’affidamento in house, col quale si mira ad affidare la gestione di determinati servizi predeterminati legislativamente a società “interne” alla p.a. stessa, connotate da una compenetrazione talmente pregnante da rendere assimilabili ad organi effettivi dell’amministrazione.
    Tutto quanto esposto crea evidentemente un vulnus a livello centrale dell’apparato amministrativo. La difficoltà di inserirsi nel mercato a parità di condizioni e le limitazioni pubbliche implicano infatti la rinuncia ai vantaggi del libero mercato concorrenziale, nel quale un totale uso di strumenti privatistici postulerebbe un abbassamento dei costi, un innalzamento dei livelli minimi garantiti, una maggiore convenienza delle prestazioni e finanche un complessivo eventuale ritorno d’immagine positivo per la stessa p.a. Tali vantaggi permetterebbero a loro volta – paradossalmente, se vogliamo – in un’ottica di buone pratiche inserite in un circolo virtuoso, di rispettare con maggiore forza i principi stessi dell’amministrazione, primo fra tutti quello di buon andamento di cui all’articolo 97 della Costituzione (ed i suoi postulati in termini di efficacia, efficienza ed economicità), su cui si avrà occasione di approfondire in seguito. Naturalmente una simile scelta comporterebbe come contro partita il venir meno della forte tutela garantista che l’influenza statale opera sui suoi organismi.
    La portata esplicativa dell’influenza economica nel settore amministrativo si evince in particolare dall’analisi della disciplina in materia di pubblico impiego. E’ proprio in quest’ambito infatti che si è assistito ad una pregnante e progressiva privatizzazione, volta ad ottenere una sempre maggiore sottoposizione della normativa esistente alla disciplina privatistica, con un evidente ottica di apertura al mercato ed alle sue precipue connotazioni concorrenziali.
    La riforma del pubblico impiego, che è stato progressivamente inglobato in una concezione privatistica ( non a caso lo si definisce privatizzato), ha attraversato varie fasi, subito ribaltamenti ed inversioni di rotta e virato con sempre più decisione verso derive privatistiche. Prima di esaminarne i passaggi occorre tuttavia specificare come la c.d. “privatizzazione” del pubblico impiego (intesa come sottrazione alle prerogative, agli obblighi ad ai benefici del settore pubblico di parte dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni) non comprende indistintamente tutte le categorie di lavoratori delle amministrazioni, in quanto nel rispetto del principio di specialità e del ruolo preponderante che la sussistenza di dinamiche di gerarchia svolge in tali contesti è prevista la sottrazione di alcune categorie (si pensi agli organi della magistratura ordinaria o alle forze militari): la natura precipua delle loro funzioni e le particolari connotazioni che regolano la loro organizzazione hanno indotto a ritenere che la loro disciplina dovesse continuare ad essere regolata dalle norme strettamente pubblicistiche, con conseguente devoluzione delle controversie in materia all’autorità giudiziaria amministrativa.
    Per quanto concerne invece l’evoluzione dei rimanenti settori, si è assistito come si accennava ad una devoluzione sempre più rilevante di categorie di lavoratori alla sottoposizione alla normativa privatistica (fermo restando che questa scelta del legislatore non postula un incondizionato uso delle disposizioni civilistiche senza puntuale previsione ed in un’ottica di generale armonizzazione e possibilità di applicazione), con tutte le conseguenze del caso anche in materia di giurisdizione (devoluzione delle controversie al giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro).
    Esaminando l’excursus normativo che ha interessato il pubblico impiego, la normativa di riferimento prende le mosse dal 1957, con l’emanazione del D.P.R. n. 3, contenente lo statuto degli impiegati civili dello stato (fermo restando il riferimento fondamentale all’articolo 28 della Costituzione ), che sancisce anche i casi di incompatibilità (artt. 60 e ss).
    Su un primo impianto approntato dal D. Lgs. 29/1993 si sono poi innestate le modifiche di cui al D. Lgs. 80/1998, per poi infine approdare all’emanazione del D. Lgs. 165/2001, che costituisce oramai il fulcro principale circa il rapporto di pubblico impiego. Tale qualifica di referente privilegiato per rinvenire la normativa non deve ad ogni modo indurre a ritenere che il settore si configuri ormai come definitivo: come si avrà modo di approfondire infatti anche di recente il legislatore ha ritenuto opportuno apportare ulteriori modifiche intervenendo incisivamente, soprattutto in un’ottica di miglioramento degli standards e delle performances (D. Lgs. 150/2009, di cui si dirà in seguito).
    Per quanto concerne specificamente le previsioni del D. Lgs. 165/2001, occorre chiarire come abbia rappresentato un momento fondamentale nella rielaborazione sistematica del settore, contribuendo ad incrementare quel percorso di privatizzazione che aveva già iniziato a manifestarsi. La regolamentazione ribadisce i principi base in materia come già aveva sancito il D. Lgs. 29/1993 (su cui si innesta e che innova), prevedendo dunque la sottrazione della categoria all’ambito strettamente pubblicistico in relazione all’esplicazione dell’attività lavorativa: se l’ambito dell’accesso e delle procedure di reclutamento rimane sottoposto alle regole pubblicistiche (concorso pubblico, nel rispetto anche dei parametri costituzionali, procedure basate sul merito e sulla valutazione delle capacità ed idoneità professionali puntualmente verificate in sede di accesso), il contratto di lavoro va subordinato alla disciplina privatistica. Evidenti i risvolti pratici: traslatio della normativa di riferimento, influenza (soprattutto ai fini di questa analisi espositiva) di parametri tipicamente economico-privatistici improntati ad ottiche lucrative (stretta efficacia ad esempio), sottoposizione alla giurisprudenza del giudice ordinario. Sotto questo aspetto si evidenzia ancor più il carattere fortemente orientato verso obiettivi di natura privata, in quanto tali più liberi da vincoli pubblici, a fronte del rilievo che vengono in tal modo incrementati anche i poteri del datore di lavoro, più libero nelle sue prerogative e quindi ormai forte di un ruolo maggiormente incisivo e con controlli più penetranti. Analizzando i tratti principali del decreto emerge una puntuale disciplina anche ( e proprio in quell’ottica di attenzione agli aspetti economici) di costo del lavoro e risorse finanziarie (articolo 8), di gestione delle risorse umane (art. 7), da esplicarsi con l’obiettivo della trasparenza della p.a. (art. 10).
    Tutto ciò esposto, è determinante soffermarsi sul sistema dei controlli predisposti dal decreto 165. Fin da subito è altresì decisivo premettere che la puntuale previsione di sistemi di monitoraggio e verifica denota l’intento di evitare ogni possibile evasione delle prescrizioni in materia, al fine di ottemperare al meglio non solo nella fase costitutiva, ma soprattutto in quella esecutivo-gestionale del rapporto di lavoro, agli obblighi di buon andamento della p.a. così come sanciti dall’articolo 97 Costituzione.
    Circa dunque il sistema dei controlli ex D. Lgs. 165/2001, questi vengono specificamente nominati all’art. 8 (precedente art. 9 D. Lgs. 29/1993), dove si prevede un’organizzazione della spesa evidente, certa, prevedibile, sottoposta a limiti compatibili con gli obiettivi ed i vincoli di finanza pubblica (necessari per mantenere una corretta gestione dei bilanci), nonché negli articoli dal 58 al 62, inerenti il controllo della spesa. Ex articolo 18 inoltre è prevista la possibilità (comma 2) per l’Istat di essere incaricata dell’elaborazione di procedure informatiche standardizzate, col fine di evidenziare eventuali scostamenti fra costi e rendimenti rispetto ai valori medi ed agli standards (che come si vedrà hanno assunto un ruolo fondamentale con l’intervento del D. Lgs 150/2009).
    Questa disciplina è stata peraltro integrata a seguito dell’intervento legislativo del 2009, che ha ampliato il sistema dei controlli con ulteriori previsioni, e che richiede una trattazione approfondita.
    Denominato decreto “Brunetta” dal nome del ministro promotore e soprannominato dagli organi d’informazione anche “anti-fannulloni”, il D. Lgs 150/2009 ha nuovamente innovato la disciplina del pubblico impiego privatizzato.
    Con questo ultimo intervento si è assistito ad una forte impronta garantista con finalità di natura economica, alla luce dei parametri di standards di efficienza e qualità dall’attività amministrativa che hanno animato la riforma.
    Alla luce di una burocratizzazione sempre maggiore e come tale rallentante il sistema, e sulla scia di semplificazione come già iniziata ad introdurre con la L. 241/1990, la modifica ha inteso ampliare notevolmente i controlli ed i canoni di produttività della p.a., mirando – alla stregua di come si opera nei contesti di matrice strettamente economica – all’abbattimento dei costi derivanti da sprechi di tempo, risorse ed energie nell’apparato statale.
    La riforma incrementa gli standards qualitativi delle prestazioni lavorative nel settore pubblico, combattendo il fenomeno dell’assenteismo sul posto di lavoro, introducendo rimedi di tutela calibrati sul non raggiungimento degli obiettivi prefissati dall’amministrazione, ritenendo efficacia ed efficienza fondamentali e prevedendo sistemi di responsabilità precipui per la violazione di tali livelli minimi. I rapporti con la contrattualizzazione hanno subito un’ulteriore inversione di tendenza, che ha comportato l’attribuzione di un maggior rilievo ai canoni della legalità rispetto al riferimento incondizionato alle previsioni sancite dai contratti collettivi sottoscritti in materia. L’intero intervento legislativo del 2009 è improntato dunque ai canoni della produttività e dell’ottimizzazione delle prestazioni, mediante il ricorso ad una valorizzazione del merito (art. 17 e ss), alla previsione di un premio di efficienza (art. 27), e ad una organizzazione mirata dei controlli sull’operato delle p.a. su cui si avrà occasione di ritornare.
    In seguito a simili statuizioni è peraltro stato emanato anche il D. Lgs. 198/2009, con il quale si è prevista la c.d. class action quale azione collettiva per il ricorso contro la p.a. e i servizi pubblici ritenuti inefficienti nell’espletamento delle loro funzioni: l’articolo 1 della normativa prevede specificamente fra l’elencazione dei motivi fondanti la violazione di standards stabiliti non solo a livello qualitativo ma anche economico, nel rispetto della conformità delle disposizioni sancite dallo stesso D.Lgs. 150/2009 in materia di performance.
    Inerentemente all’ambito dei controlli poi, il D. Lgs 150/2009 ha inserito nel corpus del D. Lgs 165/2001 varie integrazioni, che tagliano trasversalmente l’intera disciplina.
    L’articolo 65 bis, “misure in materia di organizzazione e razionalizzazione della spesa per il funzionamento delle p.a.”, sancisce la vigilanza operata dai collegi dei revisori dei conti e – appunto – degli organi di controllo interno della p.a. sui processi di acquisto sul mercato di servizi originariamente prodotti al proprio interno: tale controllo prevede una precipua verbalizzazione dei risparmi ottenuti, con evidenti finalità economiche di gestione ottimale dei bilanci mutuata dai regimi societari di libero mercato (e che rileva altresì ai fini della valutazione dei dirigenti di cui all’art. 5 D. Lgs. 286/1999). O ancora l’articolo 40 bis sui controlli in materia di contrattazione collettiva, affidati ex lege al collegio dei revisori dei conti (ancora una volta a riprova della struttura societaria ormai prevalentemente adottata anche nel novero dell’organizzazione amministrativa), o al collegio sindacale, agli uffici centrali del bilancio, o ad eventuali simili organi previsti dai rispettivi organismi delle singole amministrazioni. L’art. 55 septies dal conto suo introduce poi una specifica verifica delle presenze sul luogo di lavoro, andando a disciplinare le assenze per malattia, col fine di contrastare l’assenteismo nella struttura amministrativa.
    Come già in precedenza esaminato dunque l’impianto attuale del pubblico impiego si è visto fortemente influenzato da preminenti strumenti di controllo delle performances, delle presenze sul luogo del lavoro, della gestione delle voci di bilancio. Simili previsioni d’altronde, oltre ad inserirsi nell’ottica di miglioramento degli standards della p.a., sono esplicazione delle stesse esigenze sottese alla modifica della regolamentazione in materia di dirigenza statale (introdotta sempre dal D. Lgs 150/2009), che ha visto un intervento decisivo verso una maggiore responsabilizzazione dei dirigenti stessi: responsabilità dirigenziale specifica, controllo sugli obiettivi, possibilità di revoca dell’incarico a fronte della sua intrinseca natura fiduciaria (indipendentemente dalla durata della legislatura), intervento sul sistema dello spoil system.
    Tutto questo excursus normativo, come si diceva, ottempera alle esigenze di ottenere il rispetto del principio del buon andamento della pubblica amministrazione, così come sancito dalla costituzione, nelle sue estrinsecazioni (economicità, efficacia ed efficienza) ed in un’ottica di compenetrazione fra attività di stretto diritto amministrativo ed utilizzo degli strumenti del mercato e delle sue regole (concorrenza, competitività, finalità lucrative, pareggio dei bilanci).
    Sempre dal punto di vista dei controlli è stata introdotta con D.P.R. nel 2009 anche una commissione di vigilanza ad hoc (Commissione per la valutazione, trasparenza ed integrità delle amministrazioni pubbliche), volta alla verifica ed alla valutazione delle performances delle amministrazioni rispetto agli obiettivi di buon andamento prefissati che ne costituiscono al contempo stimolo, finalità e sintomo di efficace utilizzo delle risorse fornite dall’apparato amministrativo stesso.
    Alla luce della disamina effettuata si evince come il settore del pubblico impiego abbia costituito e costituisca tuttora ambito privilegiato dei rapporti fra stato ed economia. La natura delle sue prescrizioni, la molteplicità dei contesti in cui opera e la rilevanza che assume nelle relazioni costanti che l’amministrazione intesse coi cittadini ne hanno fatto e continuano a farne terreno fertile sia per la delimitazione dell’intervento statale che per il ricorso a parametri mutuati dalle scienze economiche. A tal riguardo peraltro, proprio a causa di simili commistioni, sia de iure condendo che per istanze di uniformità (e parità nel trattamento dei lavoratori, anche in un’ottica di libertà di stabilimento) promananti dall’Unione Europea, si auspica un contemperamento fra le molteplici esigenze in gioco.

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    Valutato 12.
    Questo mese sono pervenuti 3 temi. Uno valutato 12, uno valutato N.I. (a causa di alcune carenze) e uno valutato N.I. in quanto frutto di un copia e incolla a tratti pedissequo di un articolo tratto da internet.
    Inviare temi copiati nuoce sia a chi redige il tema sia a chi lo legge. Nel primo caso, evidentemente, non ci si esercita in vista della prova concorsuale, durante la quale non si dispone di ausili. Nel secondo caso, invece, si fa perdere tempo a chi corregge il tema e si offende anche la intelligenza di chi legge, specie quando la copiatura (come nel caso di cui sopra) e' a dir poco imbarazzante.
    Per questa ragione, come gia preannunciato, chi ha presentato temi copiati non riceverà piu per il futuro giudizi. La sanzione e', ovviamente, limitata alla materia del diritto amministrativo di cui si discute.


    Di seguito il giudizio del miglior tema del mese.

    GIUDIZIO
    12
    MOTIVAZIONE
    Il tema, ricco di contenuti, non brilla perche non interpreta la traccia correttamente e chi legge ha la sensazione che si componga di tre blocchi: 1)influenza economia sul diritto, 2) evoluzione P.I., 3) Sistema dei controlli. Si ha così l'impressione di trovarsi al cospetto di tre parti slegate. Occorreva invece dimostrare come le scienze economiche abbiano tecnicamente influito nella evoluzione del pubblico impiego e nel sistema dei controlli. Nel tema si intuisce che chi scrive ha capito il problema, ma non riesce a scolpirlo
     
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1 replies since 7/3/2012, 08:24   378 views
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