Replica del Prof. Grassi

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    Cari utenti,
    ho chiesto al fondatore di chiudere il forum con questa mia lettera di risposta ai vostri commenti.
    Li ho letti con attenzione e nessuno di questi è da me considerato offensivo, in quanto – vista la posta in gioco – comprendo che possa esservi un certo nervosismo.
    Ho scritto la mia lettera cercando di essere il più possibile chiaro, ma anche sintetico; comprendo ora che forse desiderate qualche ulteriore delucidazione.
    Ovviamente l’affermazione che più ha impressionato riguarda il rapporto tra idonei effettivi ed idonei potenziali.
    Chiarisco. La mia stima è fatta “ad occhio” e vorrebbe avere un valore generale, non riferita ad un singolo concorso, ed è forse riferibile anche al concorso notarile. Ciò significa che lo scarto d’errore credo sia variabile, mutevole da concorso a concorso. Come si arriva a quello scarto?
    Premetto che ciò che mi colpito, quale commissario docente, è il forte senso dei ruoli mostrato dai magistrati. I componenti “togati” si attendono che siano i professori a dare le linee guida della correzione. Quindi lo dirò a chiare lettere: posto che i concorsi non sono tutti uguali, posto che non tutte le commissioni sono di eguale pregio, quando la valutazione degli scritti partorisce risultati discutibili in gran parte la colpa è dei professori.
    Il nucleo di tutto sta nella sequenza “tipo di traccia-criteri scientifici di valutazione- applicazione concreta”. Su questa sequenza incide inoltre il convincimento (la speranza?) della commissione di procedere ad una selezione omogenea, che sia il più possibile oggettiva.
    Partiamo dal tipo di prova: un tema. Non è necessario spendere molte parole per illustrare quanto sia difficile, se non impossibile, procedere ad una valutazione costante ed omogenea di migliaia e migliaia di temi. Quando inizi a correggere coltivi l’illusione che ciò sia possibile, ma non c’è una commissione che, completata la correzione, non sia colta dal dubbio di aver operato il malato non con un bisturi, ma con l’accetta. Ovviamente i criteri scientifici iniziali dovrebbero servire proprio a questo: ad azzerare il margine di errore e a rendere omogeneo il giudizio. Questo però vale sulla carta, perché è sufficiente una svista, un’omissione, o una discutibile impostazione nella relazione scientifica che quel margine di errore aumenta.
    Ovviamente io confido che la commissione di cui ho fatto parte abbia prodotto uno scollamento tra idonei reali ed idonei potenziali molto esiguo. Ma rimane il fatto che vedendo come funziona il concorso ho molti dubbi che tale sistema sia affidabile.


    Facciamo un esempio. Immaginiamo che la traccia contenga una parte generale ed un quesito specifico. Un compito con una parte generale eccellente ma privo di una adeguata trattazione del quesito specifico deve essere promosso o no? Talvolta simili compiti contengono qua e là passaggi brillanti e – a mio giudizio – dovrebbero essere promossi. Sull’altro versante si possono trovare compiti “formalmente” completi rispetto allo schema di riferimento, eppure chiaramente redatti da candidati poco brillanti. In questi casi la pretesa oggettività si trasforma in una zavorra sì da lasciar fuori il candidato arguto e sveglio e far passare quello meno dotato.
    Il punto è che l’oggettività della valutazione è una chimera quando si tratta di valutare dei temi. L’unico modo per diminuire gli errori è di non pretendere di valutare a monte col bisturi, altrimenti è sicuro che si finisce col “tagliare” anche la parte sana. A fronte di quesiti a soluzioni opinabili, tanto più si decide di serrare la valutazione, tanto più aumenta il margine d’errore. Ecco perché sostengo che preparare quelle relazioni sia un compito difficilissimo: gli autori si dovrebbero sforzare di prevedere tutte le possibili soluzioni ragionevoli. Ma è facile che qualcosa sfugga con le note conseguenze. Un lavoro condiviso diminuisce questo rischio: più è ricca, più è articolata la relazione, tanto più diminuisce il margine d'errore.
    Su un altro versante si potrebbe decidere di rendere più serrato il quesito. Tra le idee di riforma che circolano in magistratura v’è quella di sottoporre ai candidati un caso pratico, da risolvere motivando. Anche questa è una soluzione molto ragionevole che potrebbe diminuire il margine d’errore.
    Ma rimane la necessità di fondo che i professori vengano responsabilizzati circa il loro ruolo. Una relazione articolata, ragionata, completa non s’improvvisa.

    Per quanto riguarda la storia delle percentuali di promossi, posso giurarvi che non c’è nessun calcolo matematico da parte delle commissioni. Io non ho mai fatto nessun calcolo e neppure i miei colleghi. Quel risultato vien fuori proprio in ragione della fedeltà della correzione ai criteri di riferimento. Un po’ come un rubinetto, basta aumentare o diminuire il margine di scollamento dalla relazione ed ecco che la percentuale varia.

    Il punto è che non si dovrebbe mai dimenticare che si ammettono in magistratura delle persone e non dei temi. Il tema deve servire a rilevare se hai davanti una persona preparata ed intelligente. Se il compito denuncia questi meriti, perché non promuoverlo, anche laddove sia atipico rispetto ai criteri? E qui, come vedete, si ritorna al tema dell’importanza delle relazioni, ed anche – aggiungo ora – a quello della personalità e del carattere del commissario docente.
    D'altra parte portare agli orali altre cento-duecento in più persone significa rallentare tutta la procedura. E non è un mistero che il Ministero stia col fiato sul collo delle commissioni.
    Alcuni anni fa una commissione (coraggiosa) di un concorso notarile decise di portare agli orali un numero di candidati pari a quasi il doppio dei posti disponibili. Apriti cielo… non sapete quante polemiche si scatenarono.


    Come vedete il problema è delicato e di non facile soluzione. Ovviamente il concorso perfetto è una chimera, ma rimane il dovere morale di impegnarsi per limare le asperità della procedura.
    Di idee se ne potrebbero formulare molte. Ad esempio si potrebbe trasformare la procedura in procedura comparativa, consentendo alle commissioni di rivalutare casi dubbi: fin quando le buste coi nomi sono chiuse tutto si potrebbe fare.
    Certamente noi professori veniamo “maltrattati”. Mentre i magistrati vengono collocati fuori ruolo noi dobbiamo continuare a far tutto (i nostri corsi, esami, ecc.). Vantaggi economici? Ridicoli…uno striminzito rimborso spese ed un paio di migliaio di euro quale “stipendio”.
    Tiriamo le somme:
    1) rendere pubbliche le relazioni scientifiche. Il fatto che siano pubblicate è uno sprono a che sia fatte bene.
    2) Introdurre delle prove fondate sulla soluzione motivata di questioni concrete
    3) Modificare la forma mentis delle commissioni e far capire loro che per inseguire la patente di commissione rigorosa non è necessario giudicare con severità (fallace) gli scritti, giacché ci sono pur sempre gli orali che ti permettono la scrematura finale.

    Io mi rendo conto che può apparire eversivo che un commissario intervenga in un forum e racconti tutta la verità.
    Il punto è che io stesso non capisco perché quando sei dall’altra parte della barricata tutto debba apparire oscuro e misterioso. La verità, se non v’è nulla da nascondere, non fa paura a nessuno.
    Io ho lavorato con una commissione di altissimo profilo umano e scientifico. Ai miei colleghi, al mio Presidente, posso rivolgere solo elogi. Ho molto da rimproverare, invece, alle regole, perché con QUESTE regole – alcune scritte, altre derivate dalla prassi – anche i migliori vengono messi in condizione di sbagliare.
    Vedete qualunque sistema complesso cui spetta il compito di fornire beni o servizi conosce delle criticità. I concorsi in Italia sono l’unico procedimento che si pretende sia perfetto. Va sempre tutto bene, vincono sempre i migliori ecc. quando è evidente che non è così. Se un controllore di volo fa un errore, cade un aereo. Ma la colpa è davvero sua o di chi non ha previsto dei sistemi di controllo in grado di gestire l’errore umano?

     
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