giurisprudenza sui concorsi

raccolta

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. giskard
     
    .
    Avatar

    pilota di tradizione. dal 2009

    Group
    Administrator
    Posts
    22,021

    Status
    Anonymous
    in questa sentenza si affrontano i temi della composizione della commissione e della (solita) valutazione in forma numerica




    CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE VI - Sentenza 14 settembre 2006 n. 5325
    C. Riviello ed altri (Avv. V. Cerulli Irelli) c. Falcone F. ed altri (Avv. M. Sanino)


    1. E’ legittima la composizione della commissione esaminatrice di un concorso pubblico per l’accesso alla qualifica dirigenziale, qualora sia chiamato a farne parte un esperto delle materie oggetto del concorso avente la qualifica di ricercatore.
    Il termine “esperto” utilizzato nel disposto dell’art. 4, comma 3, del D.P.R. n. 324/2000 (recante la disciplina della composizione delle commissioni esaminatrici di pubblici concorsi di accesso alla qualifica dirigenziale) indica, infatti, una categoria autonoma di soggetti nominabili, e non una qualità delle ulteriori figure professionali individuate (dirigenti e professori universitari), considerato anche che la ratio della disposizione mira ad assicurare la più agevole composizione delle commissioni.


    2. Anche dopo l’entrata in vigore della legge n. 241/1990, il voto numerico è sufficiente a dare conto della valutazione delle commissioni di pubblici concorsi, là dove i criteri di massima siano stati rigidamente predeterminati; non è necessario, quindi, in tali casi, che l’attribuzione dei punteggi sia assistita da una motivazione sulle ragioni che hanno indotto la commissione a formulare il giudizio che il voto esprime.


    REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
    (Sezione Sesta)


    ha pronunciato la seguente

    DECISIONE

    sui ricorsi in appello nn. 9550/2005 e 9816/2005 proposti rispettivamente:

    1) ric. n. 9550/2005 da:

    xxx, rappresentati e difesi dall’Avv. Vincenzo Cerulli Irelli, con domicilio eletto in Roma via Dora n. 1;

    contro

    xxx, rappresentati e difesi dall’Avv. Mario Sanino con domicilio eletto in Roma, viale Parioli n. 180;

    xxx, non costituite;

    e nei confronti di

    ISTITUTO NAZIONALE PER LA PREVIDENZA SOCIALE (INPS), non costituito;

    2) ricorso n. 9816/2005 da:

    ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, rappresentato e difeso dall’Avv. Elisabetta Lanzetta e dall’Avv. Valerio Mercanti con domicilio eletto in Roma, via della Frezza n. 17, presso l’Avvocatura Centrale INPS;

    contro

    xxx, rappresentati e difesi dall’Avv. Mario Sanino con domicilio eletto in Roma viale Parioli n. 180;

    xx, non costituita;

    e nei confronti di

    xx, non costituiti;

    Interveniente ad Adiuvandum

    xxxx, rappresentati e difesi dall’Avv. Francesco Castiello con domicilio eletto in Roma, via Cerbara n. 64;

    per l'annullamento

    della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio sede di Roma Sez. III quater n. 9028/2005;

    Visti i ricorsi con i relativi allegati;
    Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Alla pubblica udienza del 4 aprile 2006 relatore il Consigliere Giancarlo Montedoro. Uditi gli avv.ti Cerulli Irelli, Sanino, Mercanti e Castiello;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


    FATTO

    Con il ricorso di primo grado gli attuali appellati hanno impugnato i provvedimenti con i quali sono stati dichiarati non idonei a seguito del mancato superamento della prova orale del concorso pubblico per esami a quindici posti di dirigente del ruolo del personale dell’INPS per l’area amministrativa.

    Il ricorso introduttivo è affidato alla denuncia di quattro rubriche di gravame relative all’illegittimità della nomina della Commissione ed alle modalità di svolgimento della prova orale.
    Con l’atto aggiunto notificato il 9 giugno 2005 sono stati introdotti ulteriori tre capi di doglianza relativi alla denuncia della violazione degli artt. 4 e 5 del d.p.r. 8 settembre 2000 n. 324; della legge n. 241 del 1990; dell’art. 5 del bando di concorso nonché dell’eccesso di potere sotto diversi profili.
    L’INPS si è costituito nel giudizio di primo grado analiticamente confutando le argomentazioni di controparte, concludendo per il rigetto.
    Su disposizione del Presidente del Tar veniva autorizzata l’integrazione del contraddittorio per pubblici proclami.
    Con due separati atti di costituzione in giudizio i controinteressati confutavano le prospettazioni di parte ricorrente e, con due identici ricorsi incidentali , condizionati all’eventuale accoglimento della prima censura del ricorso, chiedevano l’eventuale annullamento dell’art. 4 del d.p.r. n. 324 del 2000.
    Il Tar del Lazio con la sentenza impugnata accoglieva il ricorso annullando tutti i verbali delle prove orali.
    Impugnano con separati appelli l’INPS ed i controinteressati.
    Resistono gli originari ricorrenti che propongono, a loro volta, appelli incidentali condizionati.

    DIRITTO

    Gli appelli, proposti in relazione alla medesima sentenza, vanno riuniti per connessione oggettiva e soggettiva, e , nel merito, sono fondati.
    Il Tar del Lazio, con la sentenza impugnata, ha dichiarato inammissibili i motivi aggiunti del 9 giugno 2005 per tardività e difetto di contraddittorio, giacché notificati solo ai controinteressati costituiti.
    Nel merito degli originari quattro motivi ha respinto il primo relativo all’illegittima composizione della Commissione esaminatrice ed il quarto, relativo alla mancata richiesta del parere della Scuola Superiore della Pubblica amministrazione quanto all’individuazione delle materie oggetto di esame.
    Il Tar ha invece accolto il secondo ed il terzo motivo rispettivamente alla presunta mancata valutazione dei curricula e quindi dell’esperienza professionale posseduta nell’espletamento delle funzioni dirigenziali ed al difettoso accertamento della lingua straniera e dell’uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse.
    Il Tar, in relazione al secondo motivo di ricorso, ritiene che i criteri di massima per la valutazione dei concorrenti approvati dalla Commissione nella 48^ riunione, del 30 aprile 2004, appaiono estremamente sintetici e generici, ed oggettivamente indeterminati inidonei a differenziare i livelli di competenze tra i candidati, a far emergere le differenze fra le professionalità ritenute preferibili, a far comprendere l’iter logico complessivo che darebbe seguito nella comparativa valutazione dei singoli concorrenti.
    Inoltre – secondo il Tar – sarebbe del tutto mancata una specifica valutazione nell’ambito della prova orale , delle esperienze professionali dei candidati.
    In ultimo le motivazioni dei giudizi sulle prove orali sarebbero state date esclusivamente con punteggio numerico in assenza dei criteri generali di valutazione.
    In ordine al terzo motivo di ricorso il Tar ha osservato che i verbali della commissione non riferiscono assolutamente nulla né sulle modalità di effettuazione della prova di lingua straniera e neppure della verifica applicativa richiesta dall’art.5 del d.p.r. n. 324 del 2000 concernente le conoscenze informatiche.
    In sostanza non vi sarebbe alcun elemento che possa suffragare, anche indiziariamente, il convincimento che, nella valutazione della prova orale, siano stati tenuti in qualche considerazione gli elementi previsti dal bando.

    Rileva il Collegio che, al di là della questione relativa alla integrazione dei motivi originari proposti dai ricorrenti da parte del giudice di prime cure, che, dopo aver rigettato per tardività e difetto di contraddittorio i motivi aggiunti, ha, contraddittoriamente, riletto gli atti di causa alla luce delle deduzioni in essi contenuti, integrando ex officio e supportando motivi insanabilmente generici e non circostanziati, il ricorso è infondato nel merito.

    In particolare circa la presunta mancata valutazione dei curricula conviene partire dall’art. 5 del bando di concorso – letteralmente identico all’art. 5 del d.p.r. n. 324 del 2000 – per poter rilevare che esso stabilisce che la prova orale “ consiste in un colloquio interdisciplinare sulle materie oggetto delle prove scritte e mira ad accertare la preparazione e la professionalità del candidato, nonché l’attitudine, anche valutando l’esperienza professionale posseduta, all’espletamento delle funzioni dirigenziali.”
    In sostanza nel corso dell’interrogazione orale, su ciascuna delle materie oggetto della prova scritta, la Commissione valuta, tra gli altri profili, l’esperienza professionale del candidato, che deve dimostrarla nella discussione dei diversi temi oggetto del colloquio.
    L’esperienza professionale non è una ulteriore materia di esame, né un oggetto autonomo di valutazione e giudizio, ma solo uno dei criteri e parametri che debbono orientare le valutazioni della Commissione nell’espletamento della prova orale.
    Il Tar ha preteso che la Commissione individuasse i diversi professionali preferenziali o ritenuti più rilevanti per la ricostruzione del profilo professionale del candidato (ad es. servizi presso l’Istituto; reggenza di uffici dirigenziali temporaneamente vacanti ecc.) con ciò trasformando i compiti della Commissione, chiamata a valutare ed apprezzare l’esperienza professionale nel corso dell’esame orale, da condursi in modo tale da valutare anche l’esperienza professionale, in compiti di valutazione autonoma di requisiti professionali da condursi con apprezzamento tipico del concorso per titoli.

    Il fatto che l’art. 5 del bando di concorso consentisse ed imponesse alla Commissione di apprezzare anche l’esperienza professionale dei candidati non ha trasformato certo il concorso per esami in concorso per titoli.
    La presentazione dei curricula, in questa prospettiva, è un modo per agevolare un giudizio complessivo da rendersi a seguito del colloquio interdisciplinare.
    Né la richiesta dei curricula, pur non prevista espressamente dal bando, può essere vista come viziante, atteso che essa non ha inciso sull’imparzialità dell’azione amministrativa avendo riguardato, pacificamente, tutti i candidati.
    Quanto poi alla genericità dei criteri di massima per la valutazione della prova orale ed alla conseguente illegittimità del giudizio espresso in forma numerica anche sotto tale profilo le doglianze degli originari ricorrenti sono infondate.
    La giurisprudenza di questo Consiglio è sostanzialmente consolidata nel ribadire, anche dopo l'entrata in vigore della legge n. 241 del 1990, che il voto numerico è sufficiente a dare conto della valutazione delle Commissioni di pubblici concorsi, senza la necessità che la sua attribuzione sia assistita da una motivazione sulle ragioni che hanno indotto la Commissione a formulare il giudizio che il voto esprime (Cons. Stato, V, 20 marzo 2000, 1504).

    Ad esempio con riferimento all'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato, la Sezione IV ha ribadito che non occorre riportare il voto assegnato da ciascun membro della Commissione, in caso di valutazione negativa di un candidato (Cons. Stato, IV, 17 ottobre 2000, n. 5249).
    In sede di giudizio amministrativo di legittimità non sono, inoltre, sindacabili i criteri stabiliti dall'Amministrazione ai fini dell'attribuzione dei punteggi e della valutazione dei titoli in un pubblico concorso o in un esame di abilitazione, salvo il caso di manifesta irrazionalità . E questo anche dopo l'entrata in vigore della l. 7 agosto 1990 n. 241: considerato che l'onere di motivazione delle prove scritte e orali di un concorso pubblico o di un esame è sufficientemente adempiuto con l'attribuzione di un punteggio numerico, configurandosi quest'ultimo come formula sintetica, ma eloquente, che esterna la valutazione tecnica compiuta dalla Commissione.
    Del resto, il punteggio attribuito mediante un numero esprime già di per sé una valutazione tecnica della Commissione d'esame: una ulteriore motivazione si tradurrebbe in un’inutile duplicazione, non solo con riferimento alla valutazione degli elaborati costituenti le prove di esame, ma anche in relazione a qualunque altra procedura comportante l’attribuzione di punteggi ove la valutazione sia preceduta dalla preventiva predisposizione di criteri di massima.
    Nel caso di specie la Commissione ha curato sia la predisposizione dei predetti criteri di massima sia che la valutazione espressa avesse il fondamento in un giudizio numerico basato su regole tecniche riflettenti tali criteri, sicchè una motivazione esplicita non potrebbe aggiungere nulla di più a quanto è stato già espresso dal punteggio attribuito.
    L’ orientamento secondo cui la valutazione – anche negativa – delle prove di concorso può essere legittimamente espressa in forma numerica è prevalente nella giurisprudenza del Consiglio ( v. per tutte Cons. Stato, Sez. V, 20 marzo 2000, n. 1504 e, con, riferimento all'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato, Cons. Stato, Sez. IV, 17 ottobre 2000, n. 5249, secondo cui, in particolare, non occorre riportare il voto assegnato da ciascun membro della Commissione, nel caso di valutazione negativa di un candidato ) anche se in un recente decisum della Sezione (CdS VI 30 aprile 2003 n. 2331) si è deciso diversamente, richiedendo un maggior grado di dettaglio motivazionale.
    Quest’ultima sentenza è particolarmente innovativa nella parte in cui, richiamando l’ineludibile principio della trasparenza cui l’attività amministrativa deve conformarsi (art.22 l.n.241/1990), afferma che, al fine di adempiere l’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi, ex art.3 l.n.241/1990, deve essere "… imposto alle Commissione esaminatrici di rendere percepibile l’iter logico seguito nell’attribuzione del punteggio…"; e ciò "… se non attraverso diffuse esternazioni verbali relative al contenuto delle prove, quanto meno quanto meno mediante taluni elementi che concorrano ad integrare e chiarire la valenza del punteggio, esternando le ragioni dell’apprezzamento sinteticamente espresso con l’indicazione numerica".
    Con tale affermazione, infatti, l’Organo giurisdizionale limita, sostanzialmente, la portata degli "interna corporis" delle commissioni giudicatrici di pubblici concorsi, nel senso che impone alle stesse, da un lato, di predeterminare correttamente, rigidamente e specificamente, dettagliati criteri di valutazione, e, dall’altro, di esternare gli accertamenti effettuati nel segmento procedimentale di correzione degli elaborati, in ordine alla puntuale attinenza ed effettiva rispondenza della valutazione delle prove effettuata ai criteri stessi. E ciò, evidentemente, a garanzia della tutela non soltanto del principio di trasparenza, ma anche e soprattutto del principio di imparzialità ex art.97 Cost.
    La Sezione , in tale decisum, inoltre, facendo, per un verso, specifico riferimento al principio di rango costituzionale, della ragionevolezza, coerenza e logicità cui le valutazioni effettuate nei pubblici concorsi devono ispirarsi, e non tralasciando, per altro verso, di preoccuparsi delle esigenze di speditezza e/o snellezza delle operazioni concorsuali - specie quando si tratta di procedure con elevato numero di candidati – ha tentato di offrire una soluzione concreta alla vexata questio.
    Indica, infatti, che l’obbligo motivazionale di cui all’art.3 della legge n.241/1990, potrebbe verosimilmente ritenersi adempiuto dalla Commissione, corroborando il punteggio numerico con ulteriori elementi alla cui stregua poter agevolmente ricostruire, dall’esterno, l’iter del giudizio valutativo (ad es. apposizione di note a margine dell’elaborato, uso di segni grafici per indicare aspetti della prova considerati negativamente dalla Commissione, sottolineatura dei brani censurati, indicazione sommaria delle parti dell’elaborato ove sono stati ravvisati, lacune, errori o inesattezze).
    Ma il principio affermato nel decisum, valido per la motivazione relativa alle prove scritte, non è sic et simpliciter trasponibile alle valutazioni delle prove orali se non a pena di rallentamenti delle attività che comprometterebbero, oltre ogni limite di ragionevolezza, l’efficienza dell’azione amministrativa , imponendo dettagliate illustrazioni e resoconti delle interrogazioni orali con connessa esposizione delle ragioni di attribuzione dei punteggi numerici.
    Aderendo a tale orientamento “temperato” di recente la Sezione V ha rilevato che secondo la più recente giurisprudenza (cfr. C.d.S., Sez. IV, 30.4.2003 n. 2331 e 13.2.2004 n. 558) la questione relativa alla idoneità della motivazione va risolta, non in astratto, ma in concreto, con riguardo ad una serie di aspetti, tra cui la tipologia dei criteri di massima fissati dalla commissione, potendosi ritenere sufficiente il punteggio laddove i criteri sono rigidamente predeterminati e insufficiente nel caso in cui si risolvano in espressioni generiche.
    Nella specie, nel caso esaminato dalla Sezione V, (CdS V 16 dicembre 2004 n. 8095) la commissione esaminatrice aveva predisposto una griglia di valutazioni, per la prova scritta, che imponeva la considerazione di ogni elaborato alla luce dei seguenti criteri:
    A. conoscenza dell’argomento - punti 5;
    B. precisione dei riferimenti - punti 3;
    C. competenza terminologica e chiarezza espositiva - punti 2;
    D. capacità di sintesi - punti 1,
    in relazione ai quali sarebbero stati espressi i voti parziali, compresi entro il punteggio massimo, per ciascuna delle nove domande in cui la prova era articolata.
    Si tratta, come è evidente, per la Sezione V, di canoni valutativi puntuali e pertinenti e, quindi, tali da consentire la verifica dell’iter logico seguito dalla commissione nell’attribuzione dei voti numerici o, in altri termini, di ricostruire quali fossero gli aspetti della prova non valutati del tutto positivamente e che hanno determinato il giudizio negativo.

    Venendo all’esame del caso di specie, la Commissione ha stabilito, per la valutazione della prova orale, che i parametri sarebbero stati i seguenti:
    -Completezza delle risposte fornite per ciascun quesito rivolto;
    -Modo di esposizione dei concetti in termini giuridici;
    -Proprietà di linguaggio nell’esposizione complessiva;
    -Esperienza professionale posseduta;
    -Accertamento della conoscenza della lingua straniera prescelta;
    -Dimostrazione della conoscenza delle problematiche e delle potenzialità organizzative connesse all’uso degli strumenti informatici.
    La giurisprudenza ha ritenuto che la genericità dei criteri si possa affermare nel caso in cui la Commissione esaminatrice si limiti a stabilire, per la valutazione delle prove scritte, che “ai fini dell’attribuzione dei punteggi, terrà conto in maniera prevalente degli elementi che possono contraddistinguere una personale elaborazione delle materie da trattare” (in tal senso Tar Umbria 12 maggio 2005 n. 274) ma, nel caso in esame, si tratta di parametri più stringenti e stabiliti per lo svolgimento delle prove orali sicché il Collegio ritiene che non sussista l’illegittimità lamentata.
    Non può poi dirsi che sarebbe mancata l’indicazione dei livelli minimi cui agganciare la sufficienza delle singole valutazioni poiché in tal modo si richiede alla Commissione esaminatrice , nel corso di una prova orale, di individuare criteri così stringenti ed aggredibili da rendere possibili sconfinamenti del controllo giudiziario nel merito delle valutazioni tecnico-discrezionali dell’amministrazione.
    Ne deriva l’infondatezza del secondo motivo di ricorso, invece accolto dal Tar, e la riforma sul punto dell’impugnata sentenza.

    Va ora esaminato il terzo motivo del ricorso originario, accolto dal Tar.
    Quanto all’omessa lettura di testi e traduzioni in lingua straniera va rilevato che la Commissione aveva deliberato (verbale n. 47), nella sua discrezionalità tecnica, che i candidati avrebbero sostenuto un colloquio sulla lingua straniera e, quindi la mancata lettura di testi o loro traduzione non assume carattere viziante della procedura.
    Va anche rilevato, secondo la comune esperienza, che la conversazione prova la scioltezza della lingua assai meglio dell’esercizio scolastico della lettura e della traduzione e che il personale destinato ad assumere funzioni dirigenziali e, presumibilmente ed all’occorrenza, ad operare anche in contesti di un’amministrazione europea, dovrebbe soprattutto assicurare una capacità di conveniente eloquio nella lingua straniera prescelta.
    Quanto poi alla prova informatica, si lamenta che essa abbia avuto carattere prevalentemente teorico mentre la parte applicativa si sarebbe svolta in modo fugace ed estremamente semplificato di tal che eventuali specifiche competenze e/o capacità applicative in materia non sarebbero potute emergere.
    Rileva il Collegio che la doglianza non supera il carattere della mera sensazione: la prova non si contesta sia stata svolta, il giudizio sulla sua fugacità non è ancorabile ad alcun parametro oggettivo e non può determinare alcun vizio della procedura.
    Quanto alla mancata estrazione a sorte delle domande relative allo svolgimento della lingua straniera e delle prove informatiche essa era stata stabilita nel verbale della seduta n. 46, non impugnato, con scelta che trova riscontro nelle usuali prassi concorsuali in cui l’estrazione a sorte riguarda le domande delle materie oggetto dell’esame, mentre lo speciale carattere del colloquio in lingua straniera e delle prove applicative informatiche rende superflua la predeterminazione delle domande.
    Quanto poi alla mancata conoscenza delle procedure di inserimento delle domande estratte a sorte nel computer della Commissione, rileva il Collegio che la Commissione ha analiticamente disciplinato tale procedura di inserimento delle domande, al fine di garantire segretezza ed imparzialità nelle valutazioni.
    La mancata comunicazione del dettaglio di tali operazioni ai candidati non inficia la legittimità della procedura.
    Né vi è alcuna concreta prova che la Commissione nella valutazione delle prove orali non abbia tenuto adeguato conto delle risultanze del colloquio nella lingua straniera o delle prove informatiche.
    La commissione aveva deciso di attribuire il punteggio della prova espresso in trentesimi, mediante il calcolo della media aritmetica della votazione conseguita per ogni singola materia oggetto della prove orali e tenendo conto del giudizio conclusivo della verifica applicativa. La conoscenza della lingua straniera era oggetto di accertamento e di tanto si doveva tener conto nella valutazione complessiva.
    L’andamento delle prove orali, in conclusione, rispetta le predeterminazioni della Commissione e non è affetto da illegittimità alcuna.

    Venendo ora alle doglianze riproposte con gli appelli incidentali, in disparte la questione della loro eccepita inammissibilità, va rilevato che essi sono infondati nel merito.
    Gli appelli incidentali riguardano l’illegittima composizione della Commissione.Si lamenta la violazione dell’art. 4 comma 2 del d.p.r. 8 settembre 2000 n. 324 per essere stata la Commissione presieduta da un Presidente onorario della Corte dei Conti e non da un magistrato del Consiglio di Stato o da un avvocato dello Stato o un professore universitario di prima fascia.
    Ma va considerato che il magistrato contabile nominato - in disparte la possibilità di interpretare la norma nel senso che con essa il legislatore minus dixit quam voluit nella individuazione di categorie magistratuali ed equiparate con conseguente equiparazione di consigliere della Corte dei Conti e Consigliere di Stato - è un Presidente onorario della Corte dei Conti, che, in quanto Presidente ed in quanto addetto al Segretariato Generale della Corte dei Conti, è sicuramente dotato di professionalità equiparabile a quella di un dirigente di ufficio dirigenziale generale della pubblica amministrazione.
    Anche quindi volendo ritenere , con l’interpretazione restrittiva sostenuta dagli appellanti incidentali, che il magistrato contabile non sia , in quanto tale, da semplice consigliere, legittimato a presiedere le commissioni di concorso per l’accesso alla qualifica dirigenziale, tale preclusione non si ritiene possa ragionevolmente sussistere per un Presidente onorario della Corte dei Conti che, nel corso della sua carriera, abbia anche ricoperto funzioni di addetto al Segretariato Generale della Corte.
    L’interpretazione sostenuta dagli appellanti incidentali porterebbe a concludere che sarebbe illegittima la Commissione presieduta, per avventura, dal Primo Presidente della Corte dei Conti il che è palesemente irragionevole sicchè la doglianza non può essere accolta.
    In ultimo va affrontata la questione relativa alla presenza nella commissione della dott. Galli, ricercatrice di diritto del lavoro presso l’Università di Roma la Sapienza, autrice di numerose pubblicazioni e successivamente divenuta professore associato.
    Essa , quindi, in tale qualità ben poteva essere componente della Commissione di esame quale esperta nella materia di esame oggetto del concorso.
    L’interpretazione dell’art. 4 citato secondo la quale legittimati ad essere componenti della commissione sarebbero solo dirigenti pubblici ovvero professori di ruolo esperti della materia non è sostenibile in base alla lettera ed alla ratio della disposizione.
    L’esperto menzionato nell’art. 4 del d.p.r. n. 324 del 2000 è una categoria di soggetti nominabile, e non una qualità dei soggetti prima individuati ( dirigenti e professori ).
    Tanto è rivelato dall’uso, nella norma, della congiunzione “nonché” dopo l’individuazione delle prime categorie professionali di nominabili, così rendendosi evidente che se ne crea un’altra.
    Inoltre tale interpretazione è sostenuta da una precisa ratio: è evidente infatti che la scelta di prevedere anche gli esperti è imposta da ragioni di prudenza ed efficienza dell’azione amministrativa che consigliano di prescindere se del caso - per evitare paralisi dell’attività in presenza di eventuali carenze di personale disponibile nelle categorie predeterminate in modo specifico (dirigenti e professori) - dal rigido riferimento a specifiche categorie professionali, menzionando una categoria generale di esperti compulsabili per fare i componenti, come clausola di sicurezza volta a conferire certezza applicativa alla disposizione così assicurando la più facile costituzione delle commissioni.
    Né l’inserimento della parola “tra” nel testo dell’articolo 4 comma 3 del nuovo regolamento n. 272/2004 inficia l’interpretazione accolta, potendosi dire che tale ultima norma conferma e chiarisce la disciplina precedente e non la innova.
    Così come nel vigore della precedente disciplina i professori dovevano essere esperti della materia e i componenti della commissione potevano essere scelti anche fra esperti non professori, ora la norma, pur chiarendo letteralmente che gli esperti sono un’altra autonoma categoria, non per questo contrappone gli esperti ai professori quasi che questi ultimi non debbano essere esperti delle materie di concorso.
    Infatti sia nella vigenza del d.p.r. n. 324 del 2000, sia con il successivo d.p.r. n. 272/2004, è evidente che i professori debbano essere reclutati seguendo un criterio di attinenza con le materie oggetto del concorso - poiché le norme debbono essere interpretate secundum tenorem rationis e non è ipotizzabile che un professore di fisica teorica sia componente di una commissione di esame vertente su materie giuridiche - così come non ipotizzabile che una commissione sia illegittima sol perché un apprezzato esperto delle materie del concorso, avente qualifica di ricercatore, sia stato chiamato a farne parte, al fine di consentirne la più spedita formazione.
    Ne deriva il rigetto della doglianza e con esso degli appelli incidentali.
    Le spese devono essere compensate per alterne vicende della lite e la sua complessità e, sotto alcuni profili, novità.

    P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato, Sezione Sesta, riuniti gli appelli indicati in epigrafe, per connessione oggettiva e soggettiva, accoglie gli appelli principali, rigetta gli appelli incidentali condizionati e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso di primo grado.
    Compensa integralmente le spese del giudizio.
    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Amministrazione.

    Così deciso in Roma, il 4 aprile 2006 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

    Mario Egidio Schinaia - Presidente
    Luigi Maruotti - Consigliere
    Luciano Barra Caracciolo - Consigliere
    Giuseppe Minicone - Consigliere
    Giancarlo Montedoro - Consigliere Est.
     
    .
29 replies since 12/9/2005, 08:19   5336 views
  Share  
.