giurisprudenza sui concorsi

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    discussione dedicata alle procedure concorsuali

    Edited by giskard - 20/10/2005, 16:21
     
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    giustizia al TAR Lazio


    T.A.R. LAZIO - ROMA - SEZIONE III TER - Sentenza 12 agosto 2005 n. 6171
    Pres. Corsaro, Rel. Russo


    1. Ai fini della sussistenza del requisito della pubblicità degli esami non basta predicare che in astratto sussista anche una possibilità per il pubblico d’accedere nei luoghi di svolgimento delle predette prove e d'assistervi, occorrendo piuttosto predisporre per tempo e con serietà (wow, n.d.r.) aule idonee a dar effettività al principio di pubblicità, rendendo materialmente fruibile il luogo del relativo svolgimento a chiunque ne abbia interesse.


    2. Il verbale redatto dalla Commissione di esame non fa piena prova sulla permanenza del plenum dei membri dell’organo giudicante durante tutta la durata dello svolgimento dell’esame a meno ché non ne faccia espressa menzione (nel caso di specie il Giudice ha ritenuto superflua la proposizione della querela di falso avverso il verbale di esame per provare l’allontanamento di una commissaria durante lo svolgimento della prova orale del ricorrente).

    *****

    REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    il Tribunale amministrativo regionale del Lazio
    sede di Roma, sez. 3°-ter

    composto dai signori Magistrati: Francesco CORSARO, Presidente, - Silvestro Maria RUSSO, Consigliere, relatore, - Stefano FANTINI, Primo Referendario, ha pronunciato la seguente


    SENTENZA


    sul ricorso n. 14759/99, proposto dal


    dott. XXXX, rappresentato e difeso dall’avv. Paolo GIOVANNELLI ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via della Balduina n. 114,


    CONTRO


    l’ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE – INPS, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Valerio MERCANTI, Giovanna BIONDI, Elisabetta LANZETTA ed Alessandro RICCIO ed elettivamente domiciliato in Roma, alla via della Frezza n. 17


    E NEI CONFRONTI


    dei sigg. XXX, controinteressati, non costituiti in giudizio,


    PER L’ANNULLAMENTO
    A) – del giudizio di non idoneità del ricorrente nella procedura del concorso pubblico a 79 posti di dirigente per l’area amministrativa presso l’INPS, pubblicato in G.U., IV s. spec. n. 58 del 25 luglio 1997; B) – della graduatoria degli idonei; C) – dell’art. 6 del bando del predetto concorso, nella parte in cui prescrive la presentazione della documentazione attestante il possesso dei titoli di preferenza all’atto della prova orale; D) – nonché d’ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale e, in particolare, del verbale della Commissione in data 1° luglio 1999, della nota INPS prot. n. 23000905 del 4 agosto 1999 e dei criteri e procedure stabiliti dalla Commissione stessa nelle sedute del 13 maggio e del 23 giugno 1999;



    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l’atto di costituzione in giudizio del solo ente intimato;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore all’udienza pubblica del 14 luglio 2005 il Cons. Silvestro Maria RUSSO e uditi altresì, per le parti costituite, gli avvocati GIOVANNELLI e TADRIS (per delega dell’avv. MERCANTI);
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:


    FATTO


    Con bando pubblicato in G.U., IV s. spec. n. 58 del 25 luglio 1997, l’INPS indisse un concorso pubblico, per esami, a 79 posti di dirigente per l’area amministrativa presso di sé. Il dott. XX, funzionario INPS, assume d’aver partecipato a detto concorso e d’averne superato le prove scritte.
    Convocato insieme ad altri candidati a sostenere la prova orale nella tornata del 1° luglio 1999, il dott.X dichiara che, all’ultimo momento, egli e gli altri esaminandi furono spostati, da quella ove erano stati chiamati, in un’altra e più piccola aula, tale da non consentire alcuna effettiva pubblicità dell’esame, tant’è che i candidati furono ammessi solo uno per volta dentro detta stanza e senza consentire a nessuno d’assistervi. Il dott. X rende altresì noto che il proprio esame durò pochi minuti e si ridusse alle due sole domande che la Commissione esaminatrice ritenne di formulargli, avendo essa così a suo tempo stabilito, fermo, però, restando che, prima dell’inizio della prova, la commissaria dott. Alfonsina XX s’allontanò dal plenum per rispondere ad una telefonata, protrattasi per tutta la durata dell’esame stesso. Il dott. XX fa ancora presente che, prima della prova orale, gli fu chiesta la documentazione comprovante il possesso dei titoli di preferenza e, al termine dell’esame, la Commissione omise d’affiggere i risultati delle prove, dandone mera comunicazione orale.
    Acquisito il verbale della predetta Commissione di concorso, il dott. XX poi apprese che, in esito a siffatta prova orale, egli non fu giudicato idoneo. Pertanto, il dott. XX si grava innanzi a questo Giudice, con il ricorso in epigrafe, avverso tale giudizio di non idoneità, nonché la graduatoria degli idonei, il bando di concorso (nella parte in cui prescrive la presentazione della documentazione attestante il possesso dei titoli di preferenza all’atto della prova orale), il verbale della Commissione in data 1° luglio 1999, la nota INPS prot. n. 23000905 del 4 agosto 1999 ed i criteri e procedure stabiliti dalla Commissione stessa nelle sedute del 13 maggio e del 23 giugno 1999, deducendo in punto di diritto un complesso articolato di doglianze. Con motivi aggiunti depositati il 7 gennaio 2000, il ricorrente impugna altresì la graduatoria definitiva del concorso per cui è causa, deducendo censure d’illegittimità propria e derivata. S’è costituito nel presente giudizio l’ente intimato, il quale eccepisce articolatamente l’infondatezza della pretesa attorea.
    All’udienza pubblica del 14 luglio 2005, su conforme richiesta delle parti costituite, il ricorso in epigrafe è assunto in decisione dal Collegio.


    DIRITTO


    1. – Come già accennato in epigrafe e nelle premesse in fatto, il dott. Il dott. Benedetto XX, funzionario INPS, assume d’aver partecipato al concorso, per esami, a 79 posti di dirigente per l’area amministrativa, indetto dall’INPS con il bando pubblicato in G.U., IV s. spec. n. 58 del 25 luglio 1997.
    Il ricorrente non ha superato la prova orale, onde si grava innanzi a questo Giudice avverso tal risultato, la graduatoria finale ed altri atti meglio indicati in premessa, assumendo l’illegittimità, sotto vari profili dello svolgimento di tale prova. In particolare, il ricorrente lamenta: A) – l’illegittima riduzione della prova orale a sole due domande, invece che al numero corrispondente alle materie oggetto d’esame; B) – l’assenza della doverosa pubblicità dell’esame stesso; C) – l’illegittimità della norma del bando che stabilisce l’esibizione della documentazione predetta prima della prova orale; D) – l'eccessiva brevità dell’esame sostenuto; E) - l’assenza del plenum della Commissione esaminatrice al momento del suo esame, essendosene allontanata la commissaria dott. Alfonsina XX per rispondere ad una telefonata, protrattasi per tutta la durata dell’esame stesso.


    2. – Con ordinanza n. 2/2005 dell’8 gennaio 2005, la Sezione ha ordinato l'integrazione del contraddittorio processuale nei confronti di tutti i candidati utilmente collocati nell’impugnata graduatoria, cui il ricorrente ha adempiuto con deposito in Segreteria della prova delle avvenute notificazioni.
    Pertanto, integro essendo nella specie il contraddittorio processuale, la questione di merito, posta dalla domanda attorea, s’appalesa fondata, sia pur nei limiti e con le precisazioni di cui appresso.


    3. – Circa la prima censura, inerente al numero delle domande che la Commissione esaminatrice avrebbe dovuto porre a ciascun candidato, giova rammentare che, come evincesi dal suo verbale del 13 maggio 1999, «… la prova orale verterà sulle materie oggetto delle due prove scritte come definite al punto 2 dell'art. 5 stesso bando di concorso, nonché sulla conoscenza delle seguenti materie: 1) organizzazione del lavoro nei sistemi complessi; 2) sistema di pianificazione e controllo direzionale; 3) bilancio di gestione; 4) budget; 5) principi e tecniche di gestione del personale; 6) processi di comunicazione e gestione dei sistemi informativi; 7) marketing dei servizi nelle aziende pubbliche…».
    Ebbene, in linea di mero principio, parrebbe che la Commissione avesse dato esecuzione scrupolosa all’art. 12, c. 1, II per. del DPR 9 maggio 1994 n. 487, laddove impone alle Commissioni esaminatrici di predeterminare «…immediatamente prima dell'inizio di ciascuna prova orale di ogni candidato i quesiti da porre ai candidati per ciascuna delle materie d'esame...».
    In realtà, così non è, in quanto nella specie la Commissione ha stabilito «... che ad ogni candidato vengano poste due domande che rispondono alle materie oggetto della prova scritta... (da estrarre a sorte anche con l’ausilio di sistemi automatizzati) … la Commissione ritiene, in ossequio al sopra enunciato principio della celerità, che in tal modo sia possibile pervenire ad una esauriente e definitiva valutazione del candidato…». Così facendo, la Commissione ha disatteso l' art. 5, § 8 del bando, che, invece, prescriveva come l’esame orale si sarebbe dovuto tenere «…sulle materie oggetto delle prove scritte sia sulla conoscenza delle … materie…» dianzi elencate. La violazione del bando, lex specialis del concorso di cui trattasi, si manifesta non già o non solo per lo scostamento meramente numerico tra quanto indicato nella fonte regolatrice e quanto attuato in concreto fatto, questo, già di per sé arbitrario, bensì per la scelta, per vero singolare se rapportata ad un concorso preordinato al reclutamento del personale apicale dell'organizzazione dell’ente, di subordinare sic et simpliciter l’accertamento delle abilità dei candidati a ragioni di mera celerità. E ciò s’appalesa vieppiù illegittimo, se si considera, per un verso, che il bando non fissò criteri di preferenza per una o l’altra materia e, per altro verso, che la Commissione non fornì alcuna contezza né delle ragioni in sé di siffatta esigenza acceleratoria, né tampoco di come due sole domande avrebbero mai potuto surrogare o condensare una pluralità di saperi ictu oculi afferenti a discipline talora interrelate, ma il più delle volte ontologicamente distinte.
    Né vale obiettare, come fa l’ente intimato, che, in fondo, le materie indicate nel bando non sarebbero se non argomenti o temi di specificazione delle materie delle prove scritte, diritto amministrativo ed organizzazione aziendale. In disparte lo stridente contrasto tra la scelta della Commissione ed il dato testuale della lex specialis, l’elenco delle materie della prova orale, per espressa volizione di quest’ultima, s’ aggiunge e non specifica quelle delle prove scritte. Inoltre, detto elenco solo in parte interseca le due materie delle prove scritte, senza ovviamente esaurirne i contenuti, né corrispondervi esattamente, tant’è che gran parte delle materie orali in realtà riguarda il management della gestione delle politiche pubbliche.



    4. – Da accogliere è pure la doglianza attorea sull’assenza d’effettiva pubblicità degli esami orali, a causa dell’angustia dell’aula deputata al relativo svolgimento.
    In punto di fatto, l’ente intimato non contesta le minori dimensioni della sala utilizzata in concreto, ma si limita ad affermarne l’idoneità a garantire la possibilità per gli estranei d’assistere alle prove orali.
    Sennonché non basta predicare che in astratto sussista anche una possibilità per il pubblico d’accedere nei luoghi di svolgimento delle predette prove e d'assistervi, occorrendo piuttosto predisporre per tempo e con serietà aule idonee a dar effettività al principio di pubblicità, rendendo materialmente fruibile il luogo del relativo svolgimento a chiunque ne abbia interesse. Consta dal verbale della Commissione esaminatrice in data 1° luglio 1999, che «…i candidati presentatisi vengono introdotti ad uno ad uno in aula, dopo accertamento dell'identità personale…». Il dato testuale è chiarissimo ed inequivocabile: il verbale descrive non già la mera chiamata di ciascun singolo candidato innanzi alla Commissione, come vorrebbe far intendere l’ente intimato attribuendo alla frase un significato a dir poco inesistente, essendo notorio che la Commissione esamina un candidato alla volta e superflua una siffatta precisazione in verbale, bensì la circostanza dell’impossibilità di far restare più d’un candidato all’interno della sala. In tal caso, aperte o chiuse le porte di detta aula poco importa, giacché, nell’un caso come nell’altro, le prove d’ esame furono svolte in materiale assenza della doverosa pubblicità, non avendo l’ ente intimato curato d’approntare i mezzi a garanzia del relativo principio.



    5. – Meritevole d’accoglimento è pure il motivo d’impugnazione relativo all'eccessiva brevità del tempo entro cui si svolse la prova orale del ricorrente.
    Al riguardo, l’ente intimato non smentisce l’accaduto in sé, ma ne minimizza l’ efficacia lesiva, essendo la durata della valutazione dei candidati rimessa al prudente apprezzamento della Commissione esaminatrice. Osserva invece il Collegio che, come i modi, così i tempi di tale valutazione, afferendo a poteri tecnico-discrezionali della P.A., non attengono al merito dell'azione amministrativa, né tampoco sfuggono di per sé soli al giudizio di legittimità di questo Giudice, ove inficiati da manifesta irrazionalità o arbitrarietà.
    Non è in contestazione in questa sede né il tempo complessivo d’attività della Commissione per la seduta in cui il ricorrente fu esaminato, né il numero dei candidati esaminati insieme a lui. In relazione a tali dati, non sfugge certo al Collegio che non si possano sindacare i tempi dedicati dalla Commissione d’un concorso a pubblici impieghi all’esame dei candidati, laddove tali tempi siano calcolati in base ad un computo presuntivo discendente dalla suddivisione della durata complessiva delle prove per il numero dei candidati esaminati. Sennonché, dai dati stessi ben può il Collegio ricavare un indizio sulla brevità in concreto, o meno della valutazione, se questo s’accompagna ad altri elementi che, se assunti contestualmente, viziano il procedimento valutativo: è questo il caso di specie, ove la presunzione meramente fattuale di brevità si correla al numero ridotto di domande poste dalla Commissione al ricorrente, tali da non comportare necessariamente un lungo arco di tempo per rispondervi. Nella specie v’è, dunque, un complesso interrelato di indizi concordanti sull’eccessiva brevità, in termini di tempo e di domande poste, della valutazione dei saperi del ricorrente, vicenda, questa, tanto più nociva, se si considera la peculiarità della procedura selettiva in cui s’è verificata. Si tratta, com’è noto, del reclutamento di 79 dirigenti dell'area amministrativa dell’INPS, ossia d’un concorso preordinato a selezionare le posizioni di vertice dei servizi e degli uffici dell'ente, per la scelta dei quali la Commissione avrebbe dovuto operare di conseguenza, cioè con quell'attenzione e quell’accuratezza che, sempre necessarie in concorsi a pubblici impieghi, di più rilevano quando l’esame sia rivolto all’assunzione di personale dirigente.


    6. – Non a diversa conclusione reputa il Collegio di pervenire con riguardo alla censura sull’allontanamento della commissaria dott. DE FELICE dal plenum della Commissione durante lo svolgimento della prova orale del ricorrente.
    Sul punto il Collegio ritiene che non vi sia effettiva contestazione, nella misura in cui l’ente intimato, pur ribadendo la fede privilegiata del verbale di concorso e, quindi, la necessità d’impugnarlo con querela di falso, in realtà ammette tale allontanamento, pur definendolo "breve".
    Ma, appunto per questa “brevità”, il Collegio non può non stigmatizzarne l'illegittimità, perché, essendo stato breve di per sé l'esame del ricorrente, l'allontanamento della dott. DE FELICE ha determinato la non integrità del plenum della Commissione proprio durante lo svolgimento della prova del dott. SPADARO. È jus receptum che, se non in tutte la fasi del procedimento concorsuale occorre detto plenum, la regola del collegio perfetto dev’essere però scrupolosamente osservata, tra l'altro, in tutti i momenti in cui, come nella specie, sono adottate determinazioni rilevanti ai fini della valutazione dei candidati (cfr., da ultimo, Cons. St., VI, 1° marzo 2005 n. 815). Sicché siffatto allontanamento, lungo o breve non importa, avrebbe dovuto implicare l’ovvia sospensione della prova fino al momento in cui non ne fosse cessata la causa e si fosse ricostituita l’integrità della Commissione esaminatrice. Né vale obiettare che occorrerebbe anzitutto querelarsi di falso avverso il verbale d'esame, per l’evidente ragione che quest’ultimo non afferma espressamente la presenza di tutti i membri della Commissione per tutta la durata dello svolgimento dell' esame orale, di talché ne è superflua la confutazione con siffatto strumento.



    7. – Viceversa, non ha pregio e va disattesa la doglianza attorea relativa alla conoscenza dei titoli, prima dello svolgimento della prova orale, da parte della Commissione esaminatrice.
    Al riguardo, l’art. 16, c. 1 del DPR 487/1994, nello stabilire la presentazione dei titoli preferenziali dei concorrenti dopo il superamento della prova orale, non fissa una regola a garanzia della par condicio dei candidati. La norma si limita solo ad indicare il termine essenziale per la produzione dei titoli medesimi, la cui valutazione in sé nulla aggiunge o toglie al giudizio di merito sulle relative prove. Sfugge, pertanto, al Collegio in che cosa mai la norma del bando del concorso in questione, nell’anticipare l’adempimento d’un onere ad esclusivo carico dei singoli candidati interessati, possa condizionare, in un senso o nell’altro, il giudizio della Commissione sul contenuto delle prove sostenute da costoro.



    8. – In definitiva, il ricorso in epigrafe va sì accolto, però nei limiti fin qui esaminati, onde giusti motivi suggeriscono la compensazione a metà delle spese del presente giudizio.



    P.Q.M.


    il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, sez. 3°-ter, accoglie in parte il ricorso n. 14759/99 in epigrafe e per l’effetto annulla, per quanto di ragione e nei soli sensi di cui in motivazione, gli atti impugnati e meglio indicati in premessa, con salvezza dell’attività di riesame del candidato a cura dell’INPS.
    Condanna l’INPS stesso al pagamento, a favore del ricorrente, di metà delle spese del presente giudizio, che sono complessivamente liquidate in € 1000,00 (Euro mille/00), oltre IVA e CPA come per legge.
    Ordina all’Autorità amministrativa d’eseguire la presente sentenza.


    Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 14 luglio 2005.

    Edited by giskard - 20/10/2005, 16:18
     
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    ricordate sempre la decorrenza del termine per impugnare.

    buoni ricorsi a tutti.

    (parenteticamente: al CDS non hanno mai visto in che modo vengono affissi i risultati delle prove concorsuali..)

    *****

    REPUBBLICA ITALIANA N. 5507/05 REG.DEC
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO N. 10259 REG.RIC.

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta ANNO 2004

    ha pronunciato la seguente

    DECISIONE

    sul ricorso in appello proposto dall’AZIENDA UNITA’ SANITARIA LOCALE LE/1 con sede in Lecce, in persona del direttore generale, dottor Ambrogio Francone, difesa dall’avvocato Vito Aurelio Pappalepore e domiciliata in Roma, via Portuense 104, presso la signora Antonia de Angelis;

    contro

    la signora Maria Rosa GRASSO, nata a Hainé Saint Paul (Belgio) il 23 maggio 1961 e residente in Collepasso, (LE) non costituita in giudizio;

    e nei confronti

    della signora Vincenza Anna MANTA, nata ad Aradeo il 15 dicembre 1961 ed ivi residente, non costituita in giudizio;

    per la riforma

    della sentenza 2 ottobre 2004 n. 6837, con la quale il tribunale amministrativo regionale per la Puglia, seconda sezione interna della sezione staccata di Lecce, ha annullato gli atti della selezione interna per la copertura di quarantotto posti di coadiutore amministrativo, indetta con provvedimento 27 maggio 2002 n. 2459 e la cui graduatoria è stata approvata con provvedimento 20 aprile 2004 n. 1614 del direttore generale dell’azienda sanitaria locale LE/1.

    Visto il ricorso in appello, notificato il 17 e 19 e depositato il 23 novembre 2004;

    vista la memoria difensiva presentata dall’amministrazione appellante il 31 marzo 2004;

    vista la propria ordinanza 21 dicembre 2004 n. 6037, con la quale è stata sospesa l’esecutività della sentenza impugnata;

    visti gli atti tutti della causa;

    relatore, all’udienza del 12 aprile 2005, il consigliere Raffaele Carboni, e udito altresì l’avvocato Pappalepore;

    ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

    FATTO

    L’azienda sanitaria locale LE/1 con l’atto del 2002 sopra indicato ha indetto una serie di procedure di selezione interna per l’attribuzione di posti di varie qualifiche, fra cui quella, per titoli ed esami, per quarantotto posti di coadiutore amministrativo. Era previsto che l’ordine di graduatoria sarebbe stato determinato dai titoli, mentre la prova avrebbe avuto come esito il solo giudizio di idoneità o non idoneità, e sarebbe consistita «nello svolgimento di prove pratiche attitudinali ovvero in sperimentazioni lavorative i cui contenuti sono determinati con riferimento a quelli previsti nella declaratoria delle mansioni del profilo professionale di coadiutore amministrativo». La commissione giudicatrice ha poi stabilito (verbale n. 1 del 15 marzo 2004) che la prova sarebbe consistita in un colloquio su nozioni di contabilità e di diritto sanitario.

    La signora Grasso, giudicata non idonea nel colloquio sostenuto il 17 marzo 2004, con ricorso al tribunale amministrativo regionale per la Puglia notificato il 27 maggio 2004 all’amministrazione nonché a una controinteressata, e poi a tutti gli altri controinteressati in seguito a ordine d’integrazione del contraddittorio impartito dal tribunale amministrativo, ha impugnato la propria esclusione e la graduatoria, deducendo i motivi d’inesistente motivazione del giudizio d’inidoneità e di genericità del criterio di valutazione stabilito dalla commissione giudicatrice.

    Il tribunale amministrativo regionale con la sentenza indicata in epigrafe ha accolto il ricorso, giudicandone fondato il secondo motivo.
    Appella l’amministrazione, deducendo come primo motivo la tardività del ricorso di primo grado e censurando poi la motivazione della sentenza.

    DIRITTO

    La signora Grasso ha sostenuto, in una procedura concorsuale, una prova che era prevista come prova pratica attitudinale, e che è stata invece trasformata in un colloquio, ossia in una prova orale. È stata giudicata non idonea nella seduta del 17 marzo 2003, al termine della quale l’elenco dei candidati esaminati, con il risultato da ciascuno conseguito, è stato affisso nella sede dell’esame, come è prescritto dall’articolo 6 del regolamento sui concorsi pubblici emanato con decreto del presidente della repubblica 9 maggio 1994 n. 487, e com’era già prescritto dall’articolo 6 del testo unico sugl’impiegati civili dello Stato emanato con decreto del presidente della repubblica 10 gennaio 1957 n. 3. La disposizione, che assolve a una funzione di trasparenza dell’azione amministrativa, istituisce altresì, inscindibilmente, una conoscenza legale delle decisioni adottate dalla commissione giudicatrice, creando per i concorrenti l’onere, per la verità minimo, di attendere l’affissione o d’informarsi dell’esito della prova. D’altro canto il giudizio negativo della prova orale, che esclude il candidato dalla possibilità di utile inserimento in graduatoria, costituisce, per l’interessato, l’atto conclusivo e lesivo, che egli ha l’onere d’impugnare; con la conseguenza che il termine per l’impugnazione decorre dalla data della seduta d’esame e dell’affissione dei risultati (sesta Sezione, 8 maggio 2001 n. 2573).

    Il ricorso proposto il 27 maggio 2003 è perciò tardivo, e l’appello, che come primo motivo ha dedotto appunto la tardività del ricorso, va accolto.

    Il Collegio stima equo, data la materia del contendere, compensare tra le parti le spese di giudizio dei due gradi.

    Per questi motivi

    il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione quinta accoglie l’appello indicato in epigrafe, e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara irricevibile, per tardività, il ricorso di primo grado. Compensa tra le parti le spese di giudizio.

    Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 12 aprile 2005, dal collegio costituito dai signori:

    Agostino Elefante presidente
    Raffaele Carboni componente, estensore
    Chiarenza Millemaggi Cogliani componente
    Paolo Buonvino componente
    Goffredo Zaccardi componente

     
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    sentenza, non esattamente cristallina, in tema di requisiti di accesso alla dirigenza.


    TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    PER LA PUGLIA
    LECCE
    SECONDA SEZIONE

    Registro Decis.: 4450/05


    Visto il ricorso proposto da:

    contro

    ISTITUTO AUTONOMO CASE POPOLARI - I.A.C.P. - DI TARANTO

    e nei confronti di

    per l'annullamento, previa sospensione dell'esecuzione,
    - del provvedimento, di estremi non conosciuti, con il quale il Commissario Straordinario dello IACP di Taranto ha preso atto, approvato e reso esecutiva la graduatoria dei concorrenti al concorso pubblico del 14.12.2004 indetto dal medesimo Istituto per la copertura di n. 1 posto da Dirigente Settore Affari Generali;
    - ove occorra, della relativa graduatoria di merito limitatamente alla posizione del primo classificato;
    - della comunicazione con la quale il medesimo Commissario ha reso noto al primo classificato l’esito del concorso pubblico in questione, nonché dell’eventuale provvedimento di assunzione del primo classificato;
    - del bando di concorso pubblico, pubblicato per estratto in G.U. n. 99 del 14.12.2004;
    - ove occorra, del Regolamento per la disciplina dei concorsi e delle procedure di assunzione e successive modifiche adottato dallo IACP di Taranto;

    Visti gli atti e i documenti depositati con il ricorso;
    Visti i motivi aggiunti;
    Visto il ricorso incidentale proposto dal controinteressato
    Vista la domanda di sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dal ricorrente;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio di:

    XX


    - Considerato quanto segue.
    Va preliminarmente esaminata l’eccezione di tardività del ricorso diretto contro la previsione del bando che ha ammesso alla partecipazione al concorso gli avvocati iscritti all’albo professionale, sollevata dalla difesa del controinteressato, il quale ha rilevato che le gravate previsioni contenute nel bando relativo alla procedura selettiva in questione- in quanto disponenti i requisiti soggettivi di partecipazione, solo da ultimo contestati- già al momento della loro pubblicazione sulla G.U. n.99/04 risultavano lesive.
    L’assunto non coglie nel segno non sussistendo, al contrario, al momento della indizione del concorso, un interesse personale, attuale e concreto del ricorrente alla sua immediata impugnativa .
    Difatti, la legittimazione a ricorrere presuppone la titolarità di un interesse protetto attuale, oltre che personale, e una lesione diretta, oltre che attuale, della sfera giuridica dell'interessato, in quanto il soggetto che promuove il processo amministrativo non mira al soddisfacimento del pubblico interesse compresso da un uso scorretto del potere da parte della pubblica amministrazione, ma piuttosto tende ad assicurarsi l’effetto favorevole al quale aspira: il bene della vita il cui mantenimento risulta pregiudicato dal provvedimento amministrativo e nei cui confronti la corretta reiterazione del potere è strumentale per rimuovere la lesione arrecata alla propria sfera giuridica.
    In materia di concorsi, lo scopo dell’impugnazione dovrà quindi essere volto ad ottenere la demolizione della clausola del bando, che impedisce la partecipazione alla procedura selettiva e la conseguente possibilità di risultare vincitore del posto messo a concorso; non potrà certamente ammettersi un interesse tendente ad ottenere un vantaggio incerto, futuro ed evanescente.
    In materia, può farsi piena applicazione dell’oramai acquisito orientamento giurisprudenziale, condiviso dal Collegio, secondo il quale l'onere dell'immediata impugnazione di un bando di concorso sussiste solo in relazione a:
    a) clausole che limitino la partecipazione ad una procedura concorsuale, in quanto solo esse, incidendo in modo diretto ed immediato sull'interesse alla partecipazione, sono immediatamente lesive, producendo un danno immediato ed irreversibile per l'interessato;
    b) eventuali provvedimenti assunti nel corso della selezione che impediscano la partecipazione alle ulteriori fasi della stessa da parte del concorrente;
    c) nei casi in cui gli oneri imposti all’interessato ai fini della partecipazione risultino manifestatamene incomprensibili od implicanti oneri per la partecipazione del tutto sproporzionati per eccesso rispetto ai contenuti della procedura concorsuale.(cfr., per tutte, Cons. Stato, Ad. pl., 29 gennaio 2003 n. 1).
    Al contrario le prescrizioni dei bandi di gara non riguardanti i requisiti di partecipazione alla selezione, manifestano la loro efficacia lesiva solo nel momento in cui spiegano concreto effetto nei confronti dei partecipanti, con la conseguenza che esse non devono essere impugnate nel termine di decadenza decorrente dalla loro legale conoscenza, ma possono esserlo successivamente, unitamente al provvedimento conclusivo della procedura stessa.
    Applicando tali principi consolidati al problema riguardante l'identificazione del momento della tempestiva impugnazione degli atti generali, è stato così affermato che i bandi di gara e di concorso e le lettere di invito vanno, normalmente, impugnati unitamente agli atti che di essi fanno applicazione, dal momento che sono questi ultimi ad identificare in concreto il soggetto leso dal provvedimento, ed a rendere attuale e concreta la lesione della situazione soggettiva dell'interessato,poiché a fronte della clausola illegittima del bando di gara o del concorso, il partecipante alla procedura concorsuale non è ancora titolare di un interesse attuale all'impugnazione, dal momento che egli non sa ancora se l'astratta e potenziale illegittimità della predetta clausola si risolverà in un esito negativo della sua partecipazione alla procedura concorsuale, e quindi in una effettiva lesione della situazione soggettiva, che solo da tale esito può derivare. D'altra parte, ove la procedura dovesse concludersi negativamente per il ricorrente, l’atto conclusivo della procedura, “facendo applicazione della clausola o della disposizione del bando di gara o di concorso, non opererà nel senso di rinnovare (con l'atto applicativo) una lesione già effettivamente prodottasi, ma renderà concreta ed attuale (ed in questo senso, la provocherà per la prima volta) una lesione che solo astrattamente e potenzialmente si era manifestata, ma che non aveva ancora attitudine (per mancanza del provvedimento conclusivo del procedimento) a trasformarsi in una lesione concreta ed effettiva” (Ad Plen.CDS n.1/2003)

    Può pertanto passarsi ad esaminare il ricorso ed in particolare, per motivi di ordine logico, la censura espressa nei motivi aggiunti depositati il 22.5.2005 con la quale si deduce la illegittimità del regolamento organico del personale adottato dallo IACP di Taranto con delibera n.489 del 29.8.1989, nella parte in cui lo stesso non è stato adeguato ai principi di cui al capo II del D.legs. n.165/2005, in tema di accesso alla dirigenza ed in particolare all’art.28.
    Recita, in particolare, l’art. 28 del D.legs.165/2001:


    L'accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non economici avviene per concorso per esami indetto dalle singole amministrazioni ovvero per corso-concorso selettivo di formazione bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione. Al concorso per esami possono essere ammessi i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio o, se in possesso del diploma di specializzazione conseguito presso le scuole di specializzazione individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, almeno tre anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea. Per i dipendenti delle amministrazioni statali reclutati a seguito di corso-concorso, il periodo di servizio è ridotto a quattro anni. Sono, altresì, ammessi soggetti in possesso della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche non ricomprese nel campo di applicazione dell'articolo 1, comma 2, muniti del diploma di laurea, che hanno svolto per almeno due anni le funzioni dirigenziali. Sono, inoltre, ammessi coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni, purché muniti di diploma di laurea. Sono altresì ammessi i cittadini italiani, forniti di idoneo titolo di studio universitario, che hanno maturato, con servizio continuativo per almeno quattro anni presso enti od organismi internazionali, esperienze lavorative in posizioni funzionali apicali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea.

    Con riferimento ai criteri di adeguamento ai suindicati principi, il precedente art 27 chiarisce che “le Amm.. le regioni a statuto ordinario, nell'esercizio della propria potestà statutaria, legislativa e regolamentare, e le altre pubbliche amministrazioni, adeguano ai princìpi dell'articolo 4 e del presente capo i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità.
    Gli enti pubblici non economici nazionali si adeguano, anche in deroga alle speciali disposizioni di legge che li disciplinano, adottando appositi regolamenti di organizzazione”.
    Il Collegio ritiene che tale disposizione, lungi dall’imporre agli enti locali, la disciplina statale, ne riconosca implicitamente l’autonomia statutaria e regolamentare, in perfetta sintonia con le disposizioni di cui all’art.114 comma 2 della Costituzione il quale consacra l’autonomia degli enti locali con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla costituzione, prevedendo la necessità che i medesimi adeguino i propri statuti, nel pieno rispetto della propria autonomia e delle proprie peculiarità , ai principi fondamentali stabiliti del D. Lgs. 165/2001.
    Tale interpretazione trova conforto nella previsione di cui all’art.1 del D. Lgs. 165/2001 ove viene espressamente previsto che “Le disposizioni del presente decreto disciplinano l'organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, tenuto conto delle autonomie locali e di quelle delle regioni e delle province autonome, nel rispetto dell'articolo 97, comma primo, della Costituzione.”
    Il comma 3 recita: ” 3. Le disposizioni del presente decreto costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Le Regioni a statuto ordinario si attengono ad esse tenendo conto delle peculiarità dei rispettivi ordinamenti.
    Ne discende che il D. Lgs. 165/2001 non impone alle amministrazioni autonome il rispetto integrale delle disposizioni concernenti l’organizzazione del personale e le modalità di accesso ivi contenute, ma prevede la possibilità che le stesse risultino adeguate e modulate dai rispettivi ordinamenti i quali dovranno però seguirne i principi fondamentali.
    Pertanto la legittimità, o meno, del regolamento dei concorsi dell’istituto resistente, dovrà essere verificata in considerazione della rispondenza del medesimo ai principi di carattere generale desumibili dalla legislazione statale.

    In particolare, l’art.10 del regolamento dei concorsi dello IACP di Taranto, pubblicato sul Bollettino della regione Puglia n.96 dell1.6.1990 prevede espressamente quanto segue:
    L’accesso alla 1° qualifica dirigenziale avviene per concorso pubblico ovvero per corso concorso pubblico aperto ai candidati in possesso del prescritto diploma di laurea e di esperienza di servizio adeguatamente documentata di cinque anni cumulabili nella pubblica amministrazione, enti di diritto pubblico o assimilabili, in posizioni di lavoro corrispondenti, per contenuto, alle funzioni della qualifica funzionale immediatamente inferiore al posto messo a concorso, ovvero di cinque anni di comprovato esercizio professionale correlato al titolo di studio richiesto con relativa iscrizione all’albo ove necessaria”

    Deve riconoscersi la legittimità del suindicato regolamento concorsuale il quale è conforme ai principi desumibili dal D. Lgs.165/2001 citato nella parte in cui ha previsto che l’accesso alla qualifica dirigenziale avvenga a mezzo pubblico concorso, consentendo la partecipazione a soggetti dotati di particolare professionalità ed esperienza lavorativa quinquennale, garantite, nel caso di attività professionali implicanti l’iscrizione in appositi albi, mediante la produzione di documenti comprovanti l’effettivo esercizio professionale per tale periodo.
    Vanno invece accolte le censure espresse rispettivamente nel secondo motivo del ricorso principale e dei motivi aggiunti, con le quali si deduce la illegittimità del bando di concorso il quale ha ammesso alla selezione due distinte categorie di soggetti:
    a) laureati in giurisprudenza iscritti nell’albo degli avvocati da almeno cinque anni;
    b) laureati in giurisprudenza o con altro titolo equipollente in possesso di una esperienza lavorativa di almeno cinque anni quali funzionari direttivi presso aziende pubbliche o private o P.A., documentabili a mezzo dei versamenti contributivi.


    Tale previsione, nella parte in cui consente agli avvocati iscritti nel relativo albo professionale, indipendentemente dalla dimostrazione dell’effettivo e comprovato esercizio professionale, di partecipare al concorso, risulta contraria ai principi di imparzialità e buon andamento della P.A. ex art.97 cost, ed alle stesse norme regolamentari adottate dall’istituto resistente .

    Nella fattispecie, lo IACP di Taranto ha previsto, con proprio atto regolamentare, che l’accesso alla qualifica dirigenziale avvenga a mezzo pubblico concorso mediante il confronto di soggetti dotati di particolari requisiti tendenti a dimostrare la quinquennale e comprovata esperienza professionale, esperienza da dimostrarsi non solo dai candidati in servizio presso pubbliche amministrazioni o aziende pubbliche e private, ma anche dai candidati iscritti in appositi albi professionali.
    Risulta, difatti, nel regolamento organico del personale adottato dallo IACP di Taranto con delibera n.489 del 29.8.1989 che :”l’accesso alla qualifica dirigenziale avviene per pubblico concorso o corso-concorso aperto ai candidati in possesso del prescritto diploma di laurea e di esperienza di servizio adeguatamente documentata di cinque anni cumulabili nella pubblica amministrazione, enti di diritto pubblico o assimilabili in posizione di lavoro corrispondenti, per contenuto alle funzioni della qualifica funzionale immediatamente inferiore al posto messo a concorso,ovvero di cinque anni di comprovato esercizio professionale correlato al titolo di studio richiesto con relativa iscrizione all’albo ove necessaria”.
    Del resto anche il successivo regolamento dei concorsi, del quale comunque non vi è in atti prova dell’avvenuta pubblicazione e quindi dell’effettiva entrata in vigore, recita all’art.51-Norme transitorie- quanto segue:”sino all’entrata in vigore del presente regolamento s’applicano le disposizioni del precedente regolamento in quanto non in contrasto con le leggi dello Stato vigenti. Con l’entrata in vigore del nuovo ordinamento professionale, che fissa la categoria A,B,C.DD3, i concorsi esterni e le selezioni avvengono alla posizione di base di tali categorie, i cui titoli di studio sono così stabiliti: ….categ.dirigenziale) diploma di laurea oppure titoli pluriprofessionali e esperienze di servizio e/o di lavoro o titoli particolari.
    Anche in tale regolamento, pertanto, risultano imprescindibili le c.d. esperienze di servizio o di lavoro documentate.
    Né potrebbe ritenersi che la iscrizione nell’albo degli avvocati possa configurare il “comprovato esercizio professionale” previsto negli atti indicati e tanto per le seguenti circostanze:
    -dal tenore del R.D.1578/1933 , recante l’ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore il quale all’art.1 prescrive che “nessuno possa esercitare le funzioni di avvocato o procuratore se non è iscritto nell’ albo professionale”, si desume che l’iscrizione all’albo suindicato abiliti unicamente il professionista all’esercizio della professione forense ;
    - non risulta comminata alcuna decadenza o cancellazione dal suindicato albo in caso di mancato o sporadico esercizio della professione forense, né risulta esercitato alcun controllo in ordine all’effettivo e continuativo esercizio della professione medesima;
    -solo la relativa iscrizione nella cassa previdenziale di appartenenza comporta il versamento dei contributi previdenziali rapportati all’effettivo volume d’affari.

    Tali considerazioni permettono al Collegio di ritenere la illegittimità del bando di concorso oggetto di gravame con conseguente illegittimità degli atti ad esso consequenziali, ivi compresi quelli riguardanti l’approvazione della graduatoria di merito, la nomina del vincitore e la relativa assunzione in servizio, disponendone l’annullamento.

    Deve, altresì essere respinto il ricorso incidentale proposto dal controinteressato avv. XX, diretto ad annullare il provvedimento di approvazione della graduatoria finale del concorso di che trattasi, nella parte in cui ha dichiarato idoneo il ricorrente il quale, a suo dire, avrebbe dovuto essere escluso perché non in possesso dei requisiti di partecipazione previsti dal bando e cioè la anzianità quinquennale nella qualifica di Funzionario Direttivo, atteso che l’amm.ne avrebbe inteso riferirsi ai dipendenti in possesso della qualifica D3 e non già a quelli, come il ricorrente, in possesso della qualifica D1( istruttore direttivo).
    L’assunto è infondato.
    Il bando di gara, richiedeva espressamente all’art.3, punto sub c), titolato requisiti di partecipazione quanto segue:
    “ titolo di studio del diploma di laurea in Giurisprudenza ed iscrizione documentata all’Ordine degli Avvocati da almeno 5 anni o alternativamente Diploma di laurea o equipollente e documentazione, dei versamenti previdenziali, relativa a 5 anni di esperienza di lavoro svolti da funzionario direttivo presso aziende pubbliche o private o altre pubbliche amministrazioni”.
    Tale previsione va interpretata alla luce dell’art. 10 del Regolamento dei concorsi dell’IACP di Taranto (che richiede il possesso del diploma di laurea e di cinque anni di servizio nella P.A., enti di diritto pubblico o assimilabili in posizione di lavoro corrispondente alle mansioni della qualifica funzionale immediatamente inferiore al posto messo a concorso), dell’art. 28 del D. Lgs. 165/01 (che richiede il diploma di laurea e cinque anni di servizio in posizioni funzionali per l’accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea), nonché delle modifiche all’ordinamento delle carriere introdotte dalla disciplina contrattuale.
    Secondo il sistema di qualificazione del personale delineato dall’attuale CCNL del comparto Autonomie locali, stipulato il 31 marzo 1999, non sussiste più la qualifica di funzionario direttivo ma quella corrispondente alla attuale categoria D.
    Difatti, il nuovo sistema di classificazione del personale, come delineato dall’art. 3 del suindicato CCNL, recita: “Il sistema di classificazione è articolato in quattro categorie denominate, rispettivamente A, B, C e D.
    Le categorie sono individuate mediante le declaratorie riportate nell'allegato A, che descrivono l'insieme dei requisiti professionali necessari per lo svolgimento delle mansioni pertinenti a ciascuna di esse... Nell'allegato A sono altresì indicati, per le categorie B e D, i criteri per la individuazione e collocazione, nelle posizioni economiche interne delle stesse categorie, del trattamento tabellare iniziale di particolari profili professionali ai fini di cui all'art. 13.
    In particolare l’allegato A descrive la categoria D nel modo seguente:
    “Appartengono a questa categoria i lavoratori che svolgono attività caratterizzate da:
    - Elevate conoscenze pluri-specialistiche (la base teorica di conoscenze è acquisibile con la laurea breve o il diploma di laurea) ed un grado di esperienza pluriennale, con frequente necessità di aggiornamento;
    - Contenuto di tipo tecnico, gestionale o direttivo con responsabilità di risultati relativi ad importanti e diversi processi produttivi/amministrativi;
    - Elevata complessità dei problemi da affrontare basata su modelli teorici non immediatamente utilizzabili ed elevata ampiezza delle soluzioni possibili;
    - Relazioni organizzative interne di natura negoziale e complessa, gestite anche tra unità organizzative diverse da quella di appartenenza, relazioni esterne (con altre istituzioni) di tipo diretto anche con rappresentanza istituzionale. Relazioni con gli utenti di natura diretta, anche complesse, e negoziale.
    I profili descrivono il contenuto professionale delle attribuzioni proprie di ciascuna categoria. Per le categorie B e D è previsto che il personale in possesso di particolari profili professionali (individuati in base al criterio dettato dall'allegato A) possa collocarsi nelle posizioni economiche di cui all'art. 13. L'art. 13, nel fissare la regola per cui il trattamento tabellare iniziale corrisponde alla posizione economica di partenza della categoria, fa salvo il personale delle categorie B e D che si trovi in detti particolari profili professionali, cui spetta invece il trattamento corrispondente alle posizioni B3 e D3.

    La disciplina normativa citata, nel contemplare le declaratorie delle categorie, ha riguardo esclusivamente ai requisiti professionali dell'attività globalmente considerati senza distinzione alcuna all'interno della categoria.

    L’ordinamento delle carriere, dato con la disciplina contrattuale, non permette di identificare all’interno della categoria D le qualifiche di istruttore direttivo e di funzionario direttivo, sicchè la previsione del bando relativa al servizio svolto della posizione di funzionario direttivo va riferita sic et simpliciter alla categoria D.

    La validità di tale conclusione è confermata:
    a) dalla necessità di individuare un termine di riferimento (una posizione funzionale) comune all’impiego pubblico e all’impiego privato (dato che il bando prevede l’utilità ai fini della ammissione al concorso del servizio prestato nelle imprese private), termine di riferimento comune individuato nella posizione funzionale per l’accesso alla quale è richiesto il diploma di laurea;
    b) dalla conformità della stessa al dettato dell’art. 28 del D. lgs. N. 165/01 (che richiede cinque anni di servizio in posizioni funzionali per l’accesso alle quali è richiesto il diploma di laurea).

    Conclusivamente il ricorso incidentale deve essere respinto.

    Sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

    Sentiti i difensori in ordine alla definizione nel merito del giudizio, ai sensi dell’art. 9 della Legge n. 205 del 2000;


    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo regionale per la Puglia sez.II di Lecce:

    1) accoglie il ricorso indicato in epigrafe nei sensi e limiti di cui in motivazione annullando gli atti ivi indicati.
    2) Respinge il ricorso incidentale
    Spese compensate.
    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità Amministrativa.
     
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    se avete letto la sentenza del CDS in tema di dies a quo per l'impugnazione di graduatoria di concorso che si trova poco sopra, e l'argomento vi appassiona, leggete anche questa

    T.A.R. ABRUZZO - PESCARA - Sentenza 17 ottobre 2005 n. 571

    Comunicazione individuale della graduatoria concorsuale ai fini della decorrenza del termine per il ricorso. – graduatoria – termine per impugnare – dies a quo – comunicazione individuale
    .



    Ai soggetti compresi nella graduatoria di un concorso non è applicabile l’articolo 2 del r.d. 17 agosto 1907, n. 642, il quale ricollega alla pubblicazione il “dies a quo” del termine di impugnazione per i soli soggetti non direttamente contemplati dal provvedimento lesivo, pertanto l’amministrazione che sia interessata al tempestivo consolidamento dei suoi provvedimenti ha l’onere di dare individuale comunicazione agli interessati della formazione della graduatoria nella quale sono inseriti.

    REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    SENTENZA

    XXXXXXXXX

    FATTO


    La ricorrente con un unico motivo di ricorso, le cui argomentazioni sono meglio specificate nelle considerazioni in diritto, impugna l’atto di nomina del controinteressato a dirigente dopo l’espletamento di un concorso nel quale ella si è collocata al secondo posto.Censura anche la graduatoria del concorso sostenendo che il contro interessato è stato illegittimamente ammesso a sostenere il concorso stesso, non avendone i titoli.
    Sono costituiti sia l’amministrazione sia il contro interessato.
    Entrambe le parti hanno rilevato in primo luogo il difetto di giurisdizione di questo giudice e, poi, hanno anche eccepito la tardività del gravame, contestando, quindi, nel merito le argomentazioni avversarie.
    In sede di discussione della istanza cautelare avanzata dalla ricorrente, il 12 maggio 2005, le parti hanno rilevato la necessità di una immediata decisione nel merito, condivisa dal collegio che ha fissato l’udienza del 6 ottobre 2005 per la discussione dello stesso, nella quale, dopo aver ascoltato i difensori delle parti costituite, ha trattenuto la causa in decisione.

    DIRITTO


    Preliminarmente il collegio deve occuparsi della eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione sollevata da entrambe le parti resistenti.
    Queste osservano che, nella specie, sì è in presenza di una impugnativa che riguarda un provvedimento di immissione in servizio che è specificatamente rimesso alla competenza del giudice ordinario.
    Non vi è dubbio alcuno che tali provvedimenti sono sottratti, di regola, alla giurisdizione del giudice amministrativo, ma nel caso in esame, la censura che investe l’atto di nomina del contro interessato riguarda in particolare la sua posizione in graduatoria, rectius la possibilità di essere validamente inserito in questa, mancandogli, come sostiene la ricorrente, un titolo specifico per poter partecipare al concorso.
    Tanto è vero che la ricorrente necessariamente impugna anche la graduatoria del concorso rispetto alla quale non si può revocare in dubbio che la giurisdizione appartenga al giudice degli interessi.
    Quindi, la censura rivolta all’atto di nomina contiene certamente la denuncia dì un vizio di illegittimità derivata il quale, se fondato, provocherebbe la caducazione automatica del provvedimento di nomina che non sarebbe, perciò, necessario impugnare secondo il più accreditato indirizzo giurisprudenziale.
    D’altro canto, il vizio dedotto contro la nomina dell’interessato è identico a quello rivolto alla graduatoria che si ritiene illegittima in virtù della non valida ammissione al concorso del controinteressato.
    Ne consegue che la giurisdizione nel presente ricorso è certamente del giudice amministrativo.
    Ancorandosi a questo aspetto del ricorso le parti resistenti sostengono anche che se il ricorso è in sostanza diretto contro l’approvazione della graduatoria, allora esso è certamente tardivo, dato che è stato proposto contro un atto deliberato due anni prima.
    Ma, osserva il collegio, al momento della pubblicazione della graduatoria, alla ricorrente non è stato comunicato alcun avviso, mentre della sua eventuale, piena conoscenza dovrebbe farsi carico della prova l’amministrazione resistente o il contro interessato che si limitano soltanto genericamente a sostenere la conoscenza della interessata della esistenza di questa graduatoria.
    Infatti, si deve considerare che ai soggetti compresi nella graduatoria di un concorso non è applicabile l’articolo 2 del r.d. 17 agosto 1907, n. 642, il quale ricollega alla pubblicazione il “dies a quo” del termine di impugnazione per i soli soggetti non direttamente contemplati dal provvedimento lesivo, pertanto l’amministrazione che sia interessata al tempestivo consolidamento dei suoi provvedimenti ha l’onere di dare individuale comunicazione agli interessati della formazione della graduatoria nella quale sono inseriti. (Cf TAR Calabria, Catanzaro, sezione seconda, 18 gennaio 2001, n. 52)
    D’altro canto, come si legge, in questa decisione, che il collegio condivide pienamente, l’atto conclusivo della procedura concorsuale, alla cui adozione è subordinato l’insorgere dell’interesse, deve essere individuato nel provvedimento con il quale il competente organo deliberativo dell’amministrazione fa sue le conclusioni della commissione e gli attribuisce efficacia giuridica.
    Ora è vero che l’approvazione e la proclamazione del vincitore del concorso è stata disposta il 30 giugno 2003, ma la ricorrente soltanto alla metà del mese di marzo 2005, ha appreso che si stava procedendo all’assunzione e si stavano ponendo questioni sulla regolarità della posizione del primo classificato.
    Ha chiesto, quindi, copia degli atti e ha impugnato la graduatoria nel termine rituale dei 60 giorni il 26 aprile 2005.
    Il ricorso è, pertanto, tempestivo.
    Esso, poi, è fondato nel merito.

    Sostiene la ricorrente che il bando prevedeva fra gli altri requisiti di ammissione, il possesso di una specializzazione, di un dottorato di ricerca o di altro titolo post laurea rilasciato da una università o Istituto regolarmente riconosciuto secondo le modalità previste e che questa qualità non possiede il titolo presentato dal vincitore del concorso, limitato ad un solo anno di frequenza e quindi non equiparabile agli altri titoli richiesti.
    Le parti resistenti, invece, sostengono che la limitata enunciazione del bando deve far propendere per qualsiasi titolo rilasciato dall’istituzione autorizzata con una frequenza dopo il conseguimento della laurea.
    Ora, se si osservano le disposizioni relative non si può avere alcun dubbio che il titolo presentato dal ricorrente, la cui qualità di titolo post laurea non può essere posta in discussione, non ha, tuttavia, le caratteristiche che il bando di concorso e le disposizioni vigenti richiedano per la partecipazione a concorsi di dirigente negli enti pubblici.
    L’articolo 2 lettera b) del bando, esattamente modellato sulla disposizione di cui all’articolo 28 lettera b) del Decreto Legislativo 3 febbraio 1993 n. 29, come modificato dall’articolo 28 del testo unico approvato con Decreto Legislativo 30 marzo 2001 n. 165, testualmente richiede per i concorsi alla qualifica di dirigente, oltre alla laurea, il possesso di un diploma di specializzazione, dottorato di ricerca o altro titolo post laurea rilasciato da istituti universitari italiani o stranieri, ovvero da altre istituzioni formative pubbliche e o private, tenuto conto delle modalità di riconoscimento previste dalla normativa in materia di accesso alla dirigenza statale.
    Queste modalità, in base alla normativa sono disciplinate con D.P.C.M., sentiti il ministero dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica e la scuola superiore della pubblica amministrazione.
    Tale decreto non ancora esistente all’ atto del bando e dell’approvazione della graduatoria è stato emanato solo nel 2004 (n.295), ma ha previsto puntualmente che sono equiparabili al dottorato di ricerca e ai diplomi di specializzazione solo quegli altri titoli, post universitari, che prevedono la frequenza e la durata di almeno un biennio.
    Nella discussione e nelle memorie difensive le parti resistenti hanno obiettato che doveva farsi riferimento al momento della pubblicazione del bando nel quale il Decreto non era stato ancora emanato, sicché la lettera del bando non poteva che essere interpretata nel senso di ritenere ammissibili tutti i diplomi post laurea regolarmente riconosciuti..
    Sul punto, però, osserva il collegio che la mancanza del decreto configurava all’epoca una vuoto legislativo, certamente non colmabile da discrezionale interpretazione della pubblica amministrazione che bandiva il concorso e che ne stabiliva la equivalenza agli altri titoli, certamente di validità nettamente superiore e che avrebbe postulato, semmai, almeno una parità nel numero degli anni richiesti per conseguire il dottorato di ricerca o una specializzazione post laurea.
    Tanto è vero che il decreto di che trattasi ha previsto, poi, effettivamente che questi titoli abbiano almeno una durata di un biennio.
    La scelta dell’amministrazione deve ritenersi, pertanto, illegittima e formulata in assenza di previsioni legislative puntuali e viziata anche da una certa illogicità.
    Deve, perciò, concludere il collegio che il contro interessato non possedesse i requisiti per poter partecipare al concorso e che, quindi, il suo inserimento in graduatoria e la sua nomina siano illegittimi.
    Il ricorso va, pertanto, accolto ma la questione riguardante l’applicazione di disposizioni non ancora completamente disciplinate postula l’integrale compensazione delle spese ed onorari di causa.



    P.Q.M.


    Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo, sezione di Pescara, accoglie il ricorso e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.
    Spese compensate.
    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
    Cosi deciso in Pescara il 6 ottobre 2005.
    Dr. Antonio Catoni Pres. Est.

    buoni ricorsi a tutti

    Edited by giskard - 28/11/2005, 09:10
     
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    amici ricorrenti,
    capita di essere esaminati da commissari meno preparati di noi.


    il CDS ha recentemente stabilito quanto segue:

    REPUBBLICA ITALIANA
    N.5664/05 REG.DEC.

    DECISIONE

    sul ricorso in appello n. 10378/2003 proposto dalla Provincia di Taranto,

    XXXX

    per la riforma

    della sentenza n. 3626/2003 del 4 giugno 2003 pronunciata tra le parti dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sezione staccata di Lecce, Sezione seconda;

    XXX

    Relatore il cons. Goffredo Zaccardi;

    Uditi alla pubblica udienza del giorno 15/3/05 l'avv. Izzo, l’avv. Sticchi Damiani, l’avv. Lentini su delega dell’avv. Vaglia, e l’avv. Lenoci;

    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

    1) I fatti di causa possono essere dati per conosciuti così come rappresentati, con completezza e precisione, nella parte espositiva in fatto della sentenza appellata ed anche negli atti difensivi della Provincia di Taranto.

    2) Con la sentenza qui in esame è stato accolto il ricorso proposto in primo grado dalla parte attuale appellata per l’annullamento della determinazione n. 211 del 5 novembre 2002, di approvazione della graduatoria del concorso pubblico indetto per la copertura di n. 8 posti di Vigile ecologico, nonché della deliberazione della Giunta Provinciale n. 283 del 31 agosto 2000 di nomina dei componenti della Commissione esaminatrice.

    L’annullamento è stato disposto perché i componenti della Commissione non erano forniti di competenza specifica e di titoli di studio adeguati rispetto alle materie di esame ed, inoltre, perché nelle procedure aventi ad oggetto di esame discipline giuridiche dovevano essere nominati necessariamente quali componenti della Commissione il Direttore Generale o il Segretario Generale dell’Ente. E’ stata, quindi, su tale presupposto, accertata la violazione delle norme statali e dell’ordinamento di settore della Provincia di Taranto (l’articolo 36, terzo comma, lett. E) del D. Lvo n .29 del 3 febbraio 1993 come modificato dal D. Lvo n. 80 del 31 marzo 1998 e, successivamente, dall’articolo 35 del D. Lvo n.165 del 2001, l’articolo 9 del DPR n. 487 del 9 maggio 1994 e l’articolo 18 del Regolamento per la disciplina dei concorsi della Provincia di Taranto).

    3) Appare utile puntualizzare, preliminarmente all’esame del merito, alcune circostanze in fatto.

    3-1) Risulta, in effetti, dalla documentazione acquisita agli atti del giudizio (cfr. i documenti 6, 7 ed 8 della produzione in atti della Provincia di Taranto), che i componenti della Commissione esaminatrice del concorso pubblico per titoli ed esami per la copertura di posti di vigile ecologico indetto dalla Provincia di Taranto con deliberazione della Giunta Provinciale n. 101/2000, avevano i seguenti titoli e competenze: a) il Presidente, prof. Filippo Martellotta, “laureato in Materie Letterarie” ha insegnato “presso la Scuola Media Statale M. Giovinazzi di Castellaneta sino al 20 novembre 1996”. E’ stato, inoltre, Consigliere Comunale e Sindaco del Comune di Castellaneta e componente della Sezione provinciale del Comitato di Controllo di Taranto nonché “componente del Comitato tecnico Venatorio Regionale”; b) il dr. Vito Giovanetti, componente, laureato in sociologia, ha svolto una notevole attività di formazione nel settore di sua competenza, è “Dirigente in qualità di Sociologo” del Comune di Martinafranca, ha svolto attività di “Consigliere di Corte di Appello Minorile (Giudice Onorario), in qualità di sociologo, presso la Corte di Appello di Lecce”; c) il sig. Giuseppe Massafra, diplomato presso l’istituto “Livio Andronico” di Taranto, ove ha conseguito il diploma di maturità magistrale, ha svolto attività di insegnamento “con incarichi e supplenze temporanee” per circa due anni e, dopo il servizio militare, è stato assunto “presso l’Ospedale Matteo Pagliari” ed “è dipendente di ruolo con mansioni di assistente amministrativo 6° liv. all’AUSL TA/1”. Ha svolto numerosi incarichi istituzionali ed, in particolare è stato nominato “componente nel Nucleo di Valutazione dei dirigenti della Provincia di Taranto” e designato “segretario del Comitato Garanti per il personale dirigenziale”. Ha inoltre, ricoperto l’incarico di Consigliere Comunale ancora in corso al momento della nomina.

    3-2) Le materie oggetto delle prove scritte ed orali del concorso di cui trattasi riguardavano: a) la legislazione comunitaria, statale e regionale in materia di ecologia e di tutela dall’inquinamento delle acque, dell’aria e del suolo; b) nozioni di diritto civile, amministrativo e penale, con riguardo specifico ai delitti contro la Pubblica Amministrazione ed alle contravvenzioni in materia ambientale; c) nozioni in materia di polizia amministrativa, di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria; d) l’ ordinamento delle autonomie locali e del rapporto di pubblico impiego.

    3-3) Il mero raffronto tra le competenze ed esperienze in possesso dei componenti della Commissione di concorso e le materie di esame fa emergere in modo oggettivo, chiaro e non equivoco, la manifesta inidoneità tecnica della Commissione nel suo insieme a valutare i partecipanti al concorso di cui trattasi.

    Non può, con evidenza, essere attribuito uno specifico valore, contrariamente a quanto mostra di ritenere la difesa della Amministrazione appellante, per provare la competenza nelle materie oggetto di esame attinenti alla disciplina ambientale alla circostanza che il Prof. Martellotta fosse componente del Comitato Venatorio Regionale. Ciò sia perché avrebbe potuto far parte di tale organo per una specifica conoscenza dei problemi connessi con lo svolgimento dell’attività di caccia che non è propriamente attinente alle discipline ambientali ed, inoltre, perché le materie oggetto di esame riguardavano profili di tutela del tutto diversi ed autonomi rispetto all’attività venatoria.

    Parimenti senza rilievo è la partecipazione del dr. Giovanetti, nella sua qualità di sociologo, alle attività della Corte di Appello Minorile di Lecce perché tali compiti erano appunto connessi alla sua professionalità specifica e non a conoscenze giuridiche di cui non risulta, dalla documentazione acquisita agli atti, dotato.

    Per altro verso anche la considerazione di alcune esperienze professionali ed istituzionali di non scarso rilievo del sig. Marraffa, qui sopra ricordate, non consente, tuttavia, di ritenere assolto l’obbligo di verificare una competenza specifica nelle materie oggetto di esame.

    La decisioni appellata ha colto l’aspetto essenziale della vicenda qui in esame e ne ha tratto le conseguenze con coerenza e correttezza.

    La violazione della normativa in vigore al momento della nomina, l’unica rilevante ai fini della valutazione della legittimità dell’atto in questione, non potrebbe essere più palese, in primo luogo perché il Presidente avrebbe dovuto essere un Dirigente dell’Ente o il suo Direttore Generale (cfr. deliberazione n. 74 del 15 giugno 1999 del Commissario prefettizio) in secondo luogo perché i due componenti avrebbero dovuto essere “2 tecnici esperti nelle materie oggetto del concorso” e questa condizione oggettivamente, si è già detto, non sussisteva.

    4) A ben vedere la illegittimità della composizione della Commissione in parola permane anche con riguardo alle attività svolte dopo l’approvazione della deliberazione della Giunta Provinciale del 20 novembre 2000 n. 371, che ha modificato l’articolo 18 del regolamento provinciale sulla disciplina dei concorsi nel senso di prevedere la possibilità che la presidenza della Commissione esaminatrice dovesse essere assegnata a docenti universitari, magistrati, avvocati ovvero al Direttore Generale o Dirigenti dell’Ente, nonché che i componenti esperti delle materie del concorso potessero essere dipendenti di Pubbliche Amministrazioni anche in pensione oppure docenti delle materie ed anche estranei non dipendenti pubblici.

    In tale nuova versione dell’articolo 18, si richiede testualmente, nel primo comma parte finale, che la Commissione sia composta di “3 membri esperti di provata esperienza nella materie del concorso” con il che è esclusa la facoltà di nominare esperti di tutte le categorie indicate (magistrati, avvocati e professori universitari inclusi) per i quali non sia provata una esperienza specifica nelle materie oggetto del concorso.

    Non ha alcun rilievo, quindi, porsi il problema di una eventuale convalida della nomina della Commissione in relazione all’intervento della suddetta modifica in ogni caso mancherebbe la competenza specifica nei componenti della Commissione .

    Peraltro la presa d’atto dei lavori già svolti effettuata da parte del Presidente nominato in seguito alla dimissioni del Prof. Martellotta (dr. Rusciano) era dovuta in relazione al contenuto dell’articolo 20, sesto comma, del Regolamento dei concorsi che dispone, nel caso di decadenza di un componente, che il subentrante dia esplicitamente atto di aver preso visione di tutti gli atti concorsuali pregressi, ma non contiene alcuna specifica attestazione della conoscenza del vizio di legittimità delle operazioni concorsuali e della volontà di convalidare le attività stesse.

    Non è intervenuta, pertanto, una consapevole convalida con riferimento alla illegittimità delle attività compiute per il profilo qui considerato e, comunque, la Commissione è rimasta priva, anche dopo tale sostituzione,dei due componenti esperti come richiesto dalle disposizioni vigenti nell’ordinamento della Provincia di Taranto e come si è in precedenza chiarito.

    Sul punto è semmai, da aggiungere, a confutazione di una considerazione difensiva della Provincia di Taranto, che in forza della natura di collegio perfetto, propria delle Commissioni di concorso, la presenza di uno solo dei componenti con il possesso dei requisiti richiesti (il dr. Rusciano) non determinerebbe la validità dell’operato della Commissione di concorso che deve essere, nel suo insieme ed in ciascun elemento, composta di soggetti idonei secondo le disposizioni qui sinteticamente richiamate.

    5) Diviene, altresì, irrilevante verificare se il prof. Martellotta, poi sostituito come si è detto con un dirigente dell’Ente, avesse il requisito richiesto se cioè fosse professore universitario, circostanza che non risulta dal curriculum da lui presentato (cfr. allegato n. 6 della produzione in atti della Provincia di Taranto).

    6) E’ ancora utile osservare che l’appellato ha un interesse concreto ed attuale alla definizione del giudizio in quanto non essendo coinvolte dall’annullamento disposto in primo grado le fasi concorsuali della indizione del concorso e della ammissione dei candidati, ma solo la nomina della Commissione esaminatrice e gli atti ad essa successivi, dalla rinnovazione della procedura affidata ad una Commissione adeguata tecnicamente e doverosamente imparziale, potrebbe conseguire, in caso di esito positivo, una reintegrazione completa delle sue pretese .

    Si deve, infatti, tener presente che dalla esecuzione della sentenza di primo grado deriva il travolgimento degli atti del concorso fino all’approvazione della graduatoria ed ai successivi atti di nomina e che, quindi, la pretesa dell’appellato potrebbe trovare adeguata soddisfazione nell’ambito delle procedure per la copertura dei nuovi posti istituti nella qualifica di “Agente Provinciale” (44 di cui 20 scoperti) senza che, in relazione all’esito della presente controversia, si possa far valere nei suoi confronti la carenza del requisito dei due anni di anzianità di servizio che, con evidenza, non potrebbe essere posseduto dall’appellato in ragione della illegittimità della precedente procedura concorsuale.

    Né sarebbe corretto ritenere che gli effetti del concorso di cui trattasi possano esplicarsi positivamente per i soggetti, controinteressati nel presente giudizio,e vincitori del concorso le cui operazioni di valutazione sono state annullate.

    Anche questi soggetti, infatti, per effetto dell’annullamento degli atti impugnati solo dalla ripetizione delle prove e dal superamento delle stesse potrebbero conseguire il consolidamento della posizione acquisita, in ragione di quanto si è sin qui esposto, in modo illegittimo.

    6) Alla stregua delle considerazioni che precedono l’appello è respinto .

    Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

    PQM

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sul ricorso in appello di cui in epigrafe lo rigetta con conferma della sentenza appellata.

    Condanna la Provincia di Taranto al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi €. 1500,00 (mille e cinquecento) a favore della parte appellata.

    Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

    Così deciso addì 15 marzo 2005 in camera di consiglio con l’intervento di:

    Raffaele Iannotta Presidente,

    Raffaele Carboni consigliere,

    Giuseppe Farina consigliere,

    Paolo Buonvino consigliere,

    Goffredo Zaccardi consigliere, est.



    L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

    F.to Goffredo Zaccardi F.to Raffaele Iannotta
     
    .
  7. ally341
     
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    Ciao Giskard,
    mi è capitata tra le mani Guida al Diritto, e sul numero 41, 23 ottobre 2004 c'è un bel commento alla sent. Tar Lazio 8097/2004 sul "ripescaggio"degli idonei in caso di posti resisi vacanti..vengono segnalate anche decisioni della Cassazione in merito.
    Credi che possa essere una cosa interessante?
    Ale
     
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  8.  
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    La Corte costituzionale, con sentenza n. 81 del 22 febbraio 2006, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 51 e 97 Cost., degli art. 35 e 39 della legge della regione Abruzzo n. 6 del 2005 (legge finanziaria regionale 2005), nella parte in cui prevedono, rispettivamente, che:

    il 60% dei posti vacanti della qualifica di dirigente sia coperto mediante concorso interno per titoli ed esami riservato al personale della regione (di categoria D) in possesso di determinate anzianità e di determinati titoli (laurea e 5 anni di anzianità o laurea e diploma di specializzazione biennale post laurea e 3 anni di anzianità);

    l’acceso ai ruoli organici del Consiglio regionale, tramite procedura concorsuale corso-concorso, sia riservato al personale attualmente in servizio presso le commissioni consiliari permanenti e collocato nelle strutture regionali.

    La Corte ha nella specie ribadito che il “principio del pubblico concorso costituisce la regola per l’accesso all’impiego alle dipendenze delle pp.aa., da rispettare allo scopo di assicurare la loro imparzialità ed efficienza. Tale principio si è consolidato nel senso che le eventuali deroghe possano essere giustificate solo da peculiari e straordinarie ragioni di interesse pubblico. Nel caso di specie, non sussistono ragioni che possano giustificare una deroga al principio innanzi rammentato”.
     
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  9. goosfraba
     
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    ciao ragazzi!
    complimenti x la discussione: IPER UTILE!!! ^_^

    sto cercando giurisprudenza in tema di idoneità fisica all'impiego.
    in particolare, vorrei sapere se c'è qualcosa in merito al requisito dell'altezza in polizia per i posti in cui è richiesta la laurea (commissari).
    ogni massima, sentenza, notizia, e suggerimento sarà un aiuto grandissimo x me!!!
    grazie sin da ora a quanti mi risponderanno.

    P.S. ugualmente utile sarà la giurisprudenza nata in seno alle altre forze di polizia (corpo forestale, carabinieri) ma anche vigli urbani et similia...
     
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  10. serena1979
     
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    * Concorsi pubblici: non si può correggere uno scritto in quattro minuti
    Consiglio di Stato, sezione VI, 20 giugno 2006, n. 3668 - E' viziato da eccesso di potere per difetto di istruttoria l'operato della commissione esaminatrice di un concorso pubblico la quale abbia dedicato alla correzione degli elaborati scritti un lasso temporale assolutamente non congruo per la corretta percezione del contenuto degli stessi e per la conseguente formulazione del giudizio di merito.
    » http://www.eius.it/giurisprudenza/2006/070.asp


    * Responsabilità civile della P.A.: se il concorso salta, il candidato ha diritto al risarcimento dei danni
    Corte di cassazione, sezione I civile, 23 maggio 2006, n. 12147 - Ha diritto al risarcimento dei danni il candidato ad un pubblico concorso che, ai fini della partecipazione alle relative prove, abbia soggiornato in una città diversa da quella di residenza e sia stato costretto a trattenersi per un tempo considerevole nell'aula degli esami con la privazione della propria libertà di movimento, per poi sentirsi comunicare il rinvio a data da destinarsi delle prove da espletare senza alcuna valida giustificazione circa la inevitabilità dell'accaduto.
    » http://www.eius.it/giurisprudenza/2006/068.asp
     
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    in questa sentenza si affrontano i temi della composizione della commissione e della (solita) valutazione in forma numerica




    CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE VI - Sentenza 14 settembre 2006 n. 5325
    C. Riviello ed altri (Avv. V. Cerulli Irelli) c. Falcone F. ed altri (Avv. M. Sanino)


    1. E’ legittima la composizione della commissione esaminatrice di un concorso pubblico per l’accesso alla qualifica dirigenziale, qualora sia chiamato a farne parte un esperto delle materie oggetto del concorso avente la qualifica di ricercatore.
    Il termine “esperto” utilizzato nel disposto dell’art. 4, comma 3, del D.P.R. n. 324/2000 (recante la disciplina della composizione delle commissioni esaminatrici di pubblici concorsi di accesso alla qualifica dirigenziale) indica, infatti, una categoria autonoma di soggetti nominabili, e non una qualità delle ulteriori figure professionali individuate (dirigenti e professori universitari), considerato anche che la ratio della disposizione mira ad assicurare la più agevole composizione delle commissioni.


    2. Anche dopo l’entrata in vigore della legge n. 241/1990, il voto numerico è sufficiente a dare conto della valutazione delle commissioni di pubblici concorsi, là dove i criteri di massima siano stati rigidamente predeterminati; non è necessario, quindi, in tali casi, che l’attribuzione dei punteggi sia assistita da una motivazione sulle ragioni che hanno indotto la commissione a formulare il giudizio che il voto esprime.


    REPUBBLICA ITALIANA
    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale
    (Sezione Sesta)


    ha pronunciato la seguente

    DECISIONE

    sui ricorsi in appello nn. 9550/2005 e 9816/2005 proposti rispettivamente:

    1) ric. n. 9550/2005 da:

    xxx, rappresentati e difesi dall’Avv. Vincenzo Cerulli Irelli, con domicilio eletto in Roma via Dora n. 1;

    contro

    xxx, rappresentati e difesi dall’Avv. Mario Sanino con domicilio eletto in Roma, viale Parioli n. 180;

    xxx, non costituite;

    e nei confronti di

    ISTITUTO NAZIONALE PER LA PREVIDENZA SOCIALE (INPS), non costituito;

    2) ricorso n. 9816/2005 da:

    ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, rappresentato e difeso dall’Avv. Elisabetta Lanzetta e dall’Avv. Valerio Mercanti con domicilio eletto in Roma, via della Frezza n. 17, presso l’Avvocatura Centrale INPS;

    contro

    xxx, rappresentati e difesi dall’Avv. Mario Sanino con domicilio eletto in Roma viale Parioli n. 180;

    xx, non costituita;

    e nei confronti di

    xx, non costituiti;

    Interveniente ad Adiuvandum

    xxxx, rappresentati e difesi dall’Avv. Francesco Castiello con domicilio eletto in Roma, via Cerbara n. 64;

    per l'annullamento

    della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio sede di Roma Sez. III quater n. 9028/2005;

    Visti i ricorsi con i relativi allegati;
    Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti appellate;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Alla pubblica udienza del 4 aprile 2006 relatore il Consigliere Giancarlo Montedoro. Uditi gli avv.ti Cerulli Irelli, Sanino, Mercanti e Castiello;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:


    FATTO

    Con il ricorso di primo grado gli attuali appellati hanno impugnato i provvedimenti con i quali sono stati dichiarati non idonei a seguito del mancato superamento della prova orale del concorso pubblico per esami a quindici posti di dirigente del ruolo del personale dell’INPS per l’area amministrativa.

    Il ricorso introduttivo è affidato alla denuncia di quattro rubriche di gravame relative all’illegittimità della nomina della Commissione ed alle modalità di svolgimento della prova orale.
    Con l’atto aggiunto notificato il 9 giugno 2005 sono stati introdotti ulteriori tre capi di doglianza relativi alla denuncia della violazione degli artt. 4 e 5 del d.p.r. 8 settembre 2000 n. 324; della legge n. 241 del 1990; dell’art. 5 del bando di concorso nonché dell’eccesso di potere sotto diversi profili.
    L’INPS si è costituito nel giudizio di primo grado analiticamente confutando le argomentazioni di controparte, concludendo per il rigetto.
    Su disposizione del Presidente del Tar veniva autorizzata l’integrazione del contraddittorio per pubblici proclami.
    Con due separati atti di costituzione in giudizio i controinteressati confutavano le prospettazioni di parte ricorrente e, con due identici ricorsi incidentali , condizionati all’eventuale accoglimento della prima censura del ricorso, chiedevano l’eventuale annullamento dell’art. 4 del d.p.r. n. 324 del 2000.
    Il Tar del Lazio con la sentenza impugnata accoglieva il ricorso annullando tutti i verbali delle prove orali.
    Impugnano con separati appelli l’INPS ed i controinteressati.
    Resistono gli originari ricorrenti che propongono, a loro volta, appelli incidentali condizionati.

    DIRITTO

    Gli appelli, proposti in relazione alla medesima sentenza, vanno riuniti per connessione oggettiva e soggettiva, e , nel merito, sono fondati.
    Il Tar del Lazio, con la sentenza impugnata, ha dichiarato inammissibili i motivi aggiunti del 9 giugno 2005 per tardività e difetto di contraddittorio, giacché notificati solo ai controinteressati costituiti.
    Nel merito degli originari quattro motivi ha respinto il primo relativo all’illegittima composizione della Commissione esaminatrice ed il quarto, relativo alla mancata richiesta del parere della Scuola Superiore della Pubblica amministrazione quanto all’individuazione delle materie oggetto di esame.
    Il Tar ha invece accolto il secondo ed il terzo motivo rispettivamente alla presunta mancata valutazione dei curricula e quindi dell’esperienza professionale posseduta nell’espletamento delle funzioni dirigenziali ed al difettoso accertamento della lingua straniera e dell’uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse.
    Il Tar, in relazione al secondo motivo di ricorso, ritiene che i criteri di massima per la valutazione dei concorrenti approvati dalla Commissione nella 48^ riunione, del 30 aprile 2004, appaiono estremamente sintetici e generici, ed oggettivamente indeterminati inidonei a differenziare i livelli di competenze tra i candidati, a far emergere le differenze fra le professionalità ritenute preferibili, a far comprendere l’iter logico complessivo che darebbe seguito nella comparativa valutazione dei singoli concorrenti.
    Inoltre – secondo il Tar – sarebbe del tutto mancata una specifica valutazione nell’ambito della prova orale , delle esperienze professionali dei candidati.
    In ultimo le motivazioni dei giudizi sulle prove orali sarebbero state date esclusivamente con punteggio numerico in assenza dei criteri generali di valutazione.
    In ordine al terzo motivo di ricorso il Tar ha osservato che i verbali della commissione non riferiscono assolutamente nulla né sulle modalità di effettuazione della prova di lingua straniera e neppure della verifica applicativa richiesta dall’art.5 del d.p.r. n. 324 del 2000 concernente le conoscenze informatiche.
    In sostanza non vi sarebbe alcun elemento che possa suffragare, anche indiziariamente, il convincimento che, nella valutazione della prova orale, siano stati tenuti in qualche considerazione gli elementi previsti dal bando.

    Rileva il Collegio che, al di là della questione relativa alla integrazione dei motivi originari proposti dai ricorrenti da parte del giudice di prime cure, che, dopo aver rigettato per tardività e difetto di contraddittorio i motivi aggiunti, ha, contraddittoriamente, riletto gli atti di causa alla luce delle deduzioni in essi contenuti, integrando ex officio e supportando motivi insanabilmente generici e non circostanziati, il ricorso è infondato nel merito.

    In particolare circa la presunta mancata valutazione dei curricula conviene partire dall’art. 5 del bando di concorso – letteralmente identico all’art. 5 del d.p.r. n. 324 del 2000 – per poter rilevare che esso stabilisce che la prova orale “ consiste in un colloquio interdisciplinare sulle materie oggetto delle prove scritte e mira ad accertare la preparazione e la professionalità del candidato, nonché l’attitudine, anche valutando l’esperienza professionale posseduta, all’espletamento delle funzioni dirigenziali.”
    In sostanza nel corso dell’interrogazione orale, su ciascuna delle materie oggetto della prova scritta, la Commissione valuta, tra gli altri profili, l’esperienza professionale del candidato, che deve dimostrarla nella discussione dei diversi temi oggetto del colloquio.
    L’esperienza professionale non è una ulteriore materia di esame, né un oggetto autonomo di valutazione e giudizio, ma solo uno dei criteri e parametri che debbono orientare le valutazioni della Commissione nell’espletamento della prova orale.
    Il Tar ha preteso che la Commissione individuasse i diversi professionali preferenziali o ritenuti più rilevanti per la ricostruzione del profilo professionale del candidato (ad es. servizi presso l’Istituto; reggenza di uffici dirigenziali temporaneamente vacanti ecc.) con ciò trasformando i compiti della Commissione, chiamata a valutare ed apprezzare l’esperienza professionale nel corso dell’esame orale, da condursi in modo tale da valutare anche l’esperienza professionale, in compiti di valutazione autonoma di requisiti professionali da condursi con apprezzamento tipico del concorso per titoli.

    Il fatto che l’art. 5 del bando di concorso consentisse ed imponesse alla Commissione di apprezzare anche l’esperienza professionale dei candidati non ha trasformato certo il concorso per esami in concorso per titoli.
    La presentazione dei curricula, in questa prospettiva, è un modo per agevolare un giudizio complessivo da rendersi a seguito del colloquio interdisciplinare.
    Né la richiesta dei curricula, pur non prevista espressamente dal bando, può essere vista come viziante, atteso che essa non ha inciso sull’imparzialità dell’azione amministrativa avendo riguardato, pacificamente, tutti i candidati.
    Quanto poi alla genericità dei criteri di massima per la valutazione della prova orale ed alla conseguente illegittimità del giudizio espresso in forma numerica anche sotto tale profilo le doglianze degli originari ricorrenti sono infondate.
    La giurisprudenza di questo Consiglio è sostanzialmente consolidata nel ribadire, anche dopo l'entrata in vigore della legge n. 241 del 1990, che il voto numerico è sufficiente a dare conto della valutazione delle Commissioni di pubblici concorsi, senza la necessità che la sua attribuzione sia assistita da una motivazione sulle ragioni che hanno indotto la Commissione a formulare il giudizio che il voto esprime (Cons. Stato, V, 20 marzo 2000, 1504).

    Ad esempio con riferimento all'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato, la Sezione IV ha ribadito che non occorre riportare il voto assegnato da ciascun membro della Commissione, in caso di valutazione negativa di un candidato (Cons. Stato, IV, 17 ottobre 2000, n. 5249).
    In sede di giudizio amministrativo di legittimità non sono, inoltre, sindacabili i criteri stabiliti dall'Amministrazione ai fini dell'attribuzione dei punteggi e della valutazione dei titoli in un pubblico concorso o in un esame di abilitazione, salvo il caso di manifesta irrazionalità . E questo anche dopo l'entrata in vigore della l. 7 agosto 1990 n. 241: considerato che l'onere di motivazione delle prove scritte e orali di un concorso pubblico o di un esame è sufficientemente adempiuto con l'attribuzione di un punteggio numerico, configurandosi quest'ultimo come formula sintetica, ma eloquente, che esterna la valutazione tecnica compiuta dalla Commissione.
    Del resto, il punteggio attribuito mediante un numero esprime già di per sé una valutazione tecnica della Commissione d'esame: una ulteriore motivazione si tradurrebbe in un’inutile duplicazione, non solo con riferimento alla valutazione degli elaborati costituenti le prove di esame, ma anche in relazione a qualunque altra procedura comportante l’attribuzione di punteggi ove la valutazione sia preceduta dalla preventiva predisposizione di criteri di massima.
    Nel caso di specie la Commissione ha curato sia la predisposizione dei predetti criteri di massima sia che la valutazione espressa avesse il fondamento in un giudizio numerico basato su regole tecniche riflettenti tali criteri, sicchè una motivazione esplicita non potrebbe aggiungere nulla di più a quanto è stato già espresso dal punteggio attribuito.
    L’ orientamento secondo cui la valutazione – anche negativa – delle prove di concorso può essere legittimamente espressa in forma numerica è prevalente nella giurisprudenza del Consiglio ( v. per tutte Cons. Stato, Sez. V, 20 marzo 2000, n. 1504 e, con, riferimento all'esame di abilitazione all'esercizio della professione di avvocato, Cons. Stato, Sez. IV, 17 ottobre 2000, n. 5249, secondo cui, in particolare, non occorre riportare il voto assegnato da ciascun membro della Commissione, nel caso di valutazione negativa di un candidato ) anche se in un recente decisum della Sezione (CdS VI 30 aprile 2003 n. 2331) si è deciso diversamente, richiedendo un maggior grado di dettaglio motivazionale.
    Quest’ultima sentenza è particolarmente innovativa nella parte in cui, richiamando l’ineludibile principio della trasparenza cui l’attività amministrativa deve conformarsi (art.22 l.n.241/1990), afferma che, al fine di adempiere l’obbligo di motivazione dei provvedimenti amministrativi, ex art.3 l.n.241/1990, deve essere "… imposto alle Commissione esaminatrici di rendere percepibile l’iter logico seguito nell’attribuzione del punteggio…"; e ciò "… se non attraverso diffuse esternazioni verbali relative al contenuto delle prove, quanto meno quanto meno mediante taluni elementi che concorrano ad integrare e chiarire la valenza del punteggio, esternando le ragioni dell’apprezzamento sinteticamente espresso con l’indicazione numerica".
    Con tale affermazione, infatti, l’Organo giurisdizionale limita, sostanzialmente, la portata degli "interna corporis" delle commissioni giudicatrici di pubblici concorsi, nel senso che impone alle stesse, da un lato, di predeterminare correttamente, rigidamente e specificamente, dettagliati criteri di valutazione, e, dall’altro, di esternare gli accertamenti effettuati nel segmento procedimentale di correzione degli elaborati, in ordine alla puntuale attinenza ed effettiva rispondenza della valutazione delle prove effettuata ai criteri stessi. E ciò, evidentemente, a garanzia della tutela non soltanto del principio di trasparenza, ma anche e soprattutto del principio di imparzialità ex art.97 Cost.
    La Sezione , in tale decisum, inoltre, facendo, per un verso, specifico riferimento al principio di rango costituzionale, della ragionevolezza, coerenza e logicità cui le valutazioni effettuate nei pubblici concorsi devono ispirarsi, e non tralasciando, per altro verso, di preoccuparsi delle esigenze di speditezza e/o snellezza delle operazioni concorsuali - specie quando si tratta di procedure con elevato numero di candidati – ha tentato di offrire una soluzione concreta alla vexata questio.
    Indica, infatti, che l’obbligo motivazionale di cui all’art.3 della legge n.241/1990, potrebbe verosimilmente ritenersi adempiuto dalla Commissione, corroborando il punteggio numerico con ulteriori elementi alla cui stregua poter agevolmente ricostruire, dall’esterno, l’iter del giudizio valutativo (ad es. apposizione di note a margine dell’elaborato, uso di segni grafici per indicare aspetti della prova considerati negativamente dalla Commissione, sottolineatura dei brani censurati, indicazione sommaria delle parti dell’elaborato ove sono stati ravvisati, lacune, errori o inesattezze).
    Ma il principio affermato nel decisum, valido per la motivazione relativa alle prove scritte, non è sic et simpliciter trasponibile alle valutazioni delle prove orali se non a pena di rallentamenti delle attività che comprometterebbero, oltre ogni limite di ragionevolezza, l’efficienza dell’azione amministrativa , imponendo dettagliate illustrazioni e resoconti delle interrogazioni orali con connessa esposizione delle ragioni di attribuzione dei punteggi numerici.
    Aderendo a tale orientamento “temperato” di recente la Sezione V ha rilevato che secondo la più recente giurisprudenza (cfr. C.d.S., Sez. IV, 30.4.2003 n. 2331 e 13.2.2004 n. 558) la questione relativa alla idoneità della motivazione va risolta, non in astratto, ma in concreto, con riguardo ad una serie di aspetti, tra cui la tipologia dei criteri di massima fissati dalla commissione, potendosi ritenere sufficiente il punteggio laddove i criteri sono rigidamente predeterminati e insufficiente nel caso in cui si risolvano in espressioni generiche.
    Nella specie, nel caso esaminato dalla Sezione V, (CdS V 16 dicembre 2004 n. 8095) la commissione esaminatrice aveva predisposto una griglia di valutazioni, per la prova scritta, che imponeva la considerazione di ogni elaborato alla luce dei seguenti criteri:
    A. conoscenza dell’argomento - punti 5;
    B. precisione dei riferimenti - punti 3;
    C. competenza terminologica e chiarezza espositiva - punti 2;
    D. capacità di sintesi - punti 1,
    in relazione ai quali sarebbero stati espressi i voti parziali, compresi entro il punteggio massimo, per ciascuna delle nove domande in cui la prova era articolata.
    Si tratta, come è evidente, per la Sezione V, di canoni valutativi puntuali e pertinenti e, quindi, tali da consentire la verifica dell’iter logico seguito dalla commissione nell’attribuzione dei voti numerici o, in altri termini, di ricostruire quali fossero gli aspetti della prova non valutati del tutto positivamente e che hanno determinato il giudizio negativo.

    Venendo all’esame del caso di specie, la Commissione ha stabilito, per la valutazione della prova orale, che i parametri sarebbero stati i seguenti:
    -Completezza delle risposte fornite per ciascun quesito rivolto;
    -Modo di esposizione dei concetti in termini giuridici;
    -Proprietà di linguaggio nell’esposizione complessiva;
    -Esperienza professionale posseduta;
    -Accertamento della conoscenza della lingua straniera prescelta;
    -Dimostrazione della conoscenza delle problematiche e delle potenzialità organizzative connesse all’uso degli strumenti informatici.
    La giurisprudenza ha ritenuto che la genericità dei criteri si possa affermare nel caso in cui la Commissione esaminatrice si limiti a stabilire, per la valutazione delle prove scritte, che “ai fini dell’attribuzione dei punteggi, terrà conto in maniera prevalente degli elementi che possono contraddistinguere una personale elaborazione delle materie da trattare” (in tal senso Tar Umbria 12 maggio 2005 n. 274) ma, nel caso in esame, si tratta di parametri più stringenti e stabiliti per lo svolgimento delle prove orali sicché il Collegio ritiene che non sussista l’illegittimità lamentata.
    Non può poi dirsi che sarebbe mancata l’indicazione dei livelli minimi cui agganciare la sufficienza delle singole valutazioni poiché in tal modo si richiede alla Commissione esaminatrice , nel corso di una prova orale, di individuare criteri così stringenti ed aggredibili da rendere possibili sconfinamenti del controllo giudiziario nel merito delle valutazioni tecnico-discrezionali dell’amministrazione.
    Ne deriva l’infondatezza del secondo motivo di ricorso, invece accolto dal Tar, e la riforma sul punto dell’impugnata sentenza.

    Va ora esaminato il terzo motivo del ricorso originario, accolto dal Tar.
    Quanto all’omessa lettura di testi e traduzioni in lingua straniera va rilevato che la Commissione aveva deliberato (verbale n. 47), nella sua discrezionalità tecnica, che i candidati avrebbero sostenuto un colloquio sulla lingua straniera e, quindi la mancata lettura di testi o loro traduzione non assume carattere viziante della procedura.
    Va anche rilevato, secondo la comune esperienza, che la conversazione prova la scioltezza della lingua assai meglio dell’esercizio scolastico della lettura e della traduzione e che il personale destinato ad assumere funzioni dirigenziali e, presumibilmente ed all’occorrenza, ad operare anche in contesti di un’amministrazione europea, dovrebbe soprattutto assicurare una capacità di conveniente eloquio nella lingua straniera prescelta.
    Quanto poi alla prova informatica, si lamenta che essa abbia avuto carattere prevalentemente teorico mentre la parte applicativa si sarebbe svolta in modo fugace ed estremamente semplificato di tal che eventuali specifiche competenze e/o capacità applicative in materia non sarebbero potute emergere.
    Rileva il Collegio che la doglianza non supera il carattere della mera sensazione: la prova non si contesta sia stata svolta, il giudizio sulla sua fugacità non è ancorabile ad alcun parametro oggettivo e non può determinare alcun vizio della procedura.
    Quanto alla mancata estrazione a sorte delle domande relative allo svolgimento della lingua straniera e delle prove informatiche essa era stata stabilita nel verbale della seduta n. 46, non impugnato, con scelta che trova riscontro nelle usuali prassi concorsuali in cui l’estrazione a sorte riguarda le domande delle materie oggetto dell’esame, mentre lo speciale carattere del colloquio in lingua straniera e delle prove applicative informatiche rende superflua la predeterminazione delle domande.
    Quanto poi alla mancata conoscenza delle procedure di inserimento delle domande estratte a sorte nel computer della Commissione, rileva il Collegio che la Commissione ha analiticamente disciplinato tale procedura di inserimento delle domande, al fine di garantire segretezza ed imparzialità nelle valutazioni.
    La mancata comunicazione del dettaglio di tali operazioni ai candidati non inficia la legittimità della procedura.
    Né vi è alcuna concreta prova che la Commissione nella valutazione delle prove orali non abbia tenuto adeguato conto delle risultanze del colloquio nella lingua straniera o delle prove informatiche.
    La commissione aveva deciso di attribuire il punteggio della prova espresso in trentesimi, mediante il calcolo della media aritmetica della votazione conseguita per ogni singola materia oggetto della prove orali e tenendo conto del giudizio conclusivo della verifica applicativa. La conoscenza della lingua straniera era oggetto di accertamento e di tanto si doveva tener conto nella valutazione complessiva.
    L’andamento delle prove orali, in conclusione, rispetta le predeterminazioni della Commissione e non è affetto da illegittimità alcuna.

    Venendo ora alle doglianze riproposte con gli appelli incidentali, in disparte la questione della loro eccepita inammissibilità, va rilevato che essi sono infondati nel merito.
    Gli appelli incidentali riguardano l’illegittima composizione della Commissione.Si lamenta la violazione dell’art. 4 comma 2 del d.p.r. 8 settembre 2000 n. 324 per essere stata la Commissione presieduta da un Presidente onorario della Corte dei Conti e non da un magistrato del Consiglio di Stato o da un avvocato dello Stato o un professore universitario di prima fascia.
    Ma va considerato che il magistrato contabile nominato - in disparte la possibilità di interpretare la norma nel senso che con essa il legislatore minus dixit quam voluit nella individuazione di categorie magistratuali ed equiparate con conseguente equiparazione di consigliere della Corte dei Conti e Consigliere di Stato - è un Presidente onorario della Corte dei Conti, che, in quanto Presidente ed in quanto addetto al Segretariato Generale della Corte dei Conti, è sicuramente dotato di professionalità equiparabile a quella di un dirigente di ufficio dirigenziale generale della pubblica amministrazione.
    Anche quindi volendo ritenere , con l’interpretazione restrittiva sostenuta dagli appellanti incidentali, che il magistrato contabile non sia , in quanto tale, da semplice consigliere, legittimato a presiedere le commissioni di concorso per l’accesso alla qualifica dirigenziale, tale preclusione non si ritiene possa ragionevolmente sussistere per un Presidente onorario della Corte dei Conti che, nel corso della sua carriera, abbia anche ricoperto funzioni di addetto al Segretariato Generale della Corte.
    L’interpretazione sostenuta dagli appellanti incidentali porterebbe a concludere che sarebbe illegittima la Commissione presieduta, per avventura, dal Primo Presidente della Corte dei Conti il che è palesemente irragionevole sicchè la doglianza non può essere accolta.
    In ultimo va affrontata la questione relativa alla presenza nella commissione della dott. Galli, ricercatrice di diritto del lavoro presso l’Università di Roma la Sapienza, autrice di numerose pubblicazioni e successivamente divenuta professore associato.
    Essa , quindi, in tale qualità ben poteva essere componente della Commissione di esame quale esperta nella materia di esame oggetto del concorso.
    L’interpretazione dell’art. 4 citato secondo la quale legittimati ad essere componenti della commissione sarebbero solo dirigenti pubblici ovvero professori di ruolo esperti della materia non è sostenibile in base alla lettera ed alla ratio della disposizione.
    L’esperto menzionato nell’art. 4 del d.p.r. n. 324 del 2000 è una categoria di soggetti nominabile, e non una qualità dei soggetti prima individuati ( dirigenti e professori ).
    Tanto è rivelato dall’uso, nella norma, della congiunzione “nonché” dopo l’individuazione delle prime categorie professionali di nominabili, così rendendosi evidente che se ne crea un’altra.
    Inoltre tale interpretazione è sostenuta da una precisa ratio: è evidente infatti che la scelta di prevedere anche gli esperti è imposta da ragioni di prudenza ed efficienza dell’azione amministrativa che consigliano di prescindere se del caso - per evitare paralisi dell’attività in presenza di eventuali carenze di personale disponibile nelle categorie predeterminate in modo specifico (dirigenti e professori) - dal rigido riferimento a specifiche categorie professionali, menzionando una categoria generale di esperti compulsabili per fare i componenti, come clausola di sicurezza volta a conferire certezza applicativa alla disposizione così assicurando la più facile costituzione delle commissioni.
    Né l’inserimento della parola “tra” nel testo dell’articolo 4 comma 3 del nuovo regolamento n. 272/2004 inficia l’interpretazione accolta, potendosi dire che tale ultima norma conferma e chiarisce la disciplina precedente e non la innova.
    Così come nel vigore della precedente disciplina i professori dovevano essere esperti della materia e i componenti della commissione potevano essere scelti anche fra esperti non professori, ora la norma, pur chiarendo letteralmente che gli esperti sono un’altra autonoma categoria, non per questo contrappone gli esperti ai professori quasi che questi ultimi non debbano essere esperti delle materie di concorso.
    Infatti sia nella vigenza del d.p.r. n. 324 del 2000, sia con il successivo d.p.r. n. 272/2004, è evidente che i professori debbano essere reclutati seguendo un criterio di attinenza con le materie oggetto del concorso - poiché le norme debbono essere interpretate secundum tenorem rationis e non è ipotizzabile che un professore di fisica teorica sia componente di una commissione di esame vertente su materie giuridiche - così come non ipotizzabile che una commissione sia illegittima sol perché un apprezzato esperto delle materie del concorso, avente qualifica di ricercatore, sia stato chiamato a farne parte, al fine di consentirne la più spedita formazione.
    Ne deriva il rigetto della doglianza e con esso degli appelli incidentali.
    Le spese devono essere compensate per alterne vicende della lite e la sua complessità e, sotto alcuni profili, novità.

    P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato, Sezione Sesta, riuniti gli appelli indicati in epigrafe, per connessione oggettiva e soggettiva, accoglie gli appelli principali, rigetta gli appelli incidentali condizionati e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso di primo grado.
    Compensa integralmente le spese del giudizio.
    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Amministrazione.

    Così deciso in Roma, il 4 aprile 2006 dal Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale - Sez.VI - nella Camera di Consiglio, con l'intervento dei Signori:

    Mario Egidio Schinaia - Presidente
    Luigi Maruotti - Consigliere
    Luciano Barra Caracciolo - Consigliere
    Giuseppe Minicone - Consigliere
    Giancarlo Montedoro - Consigliere Est.
     
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    anche di questo si è parlato a lungo sul forum




    N.5320/2006
    Reg. Dec.
    N. 8029
    Reg. Ric.
    Anno 2005


    R E P U B B L I C A I T A L I A N A

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente

    DECISIONE

    sul ricorso in appello iscritto al NRG. 8029 dell’anno 2005 proposto dal MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia ope legis in Roma Via dei Portoghesi n. 12;

    contro

    P. CARLO, rappresentato e difeso dall’avvocato Nicola Pignatiello, on il quale è elettivamente domiciliato in Roma, via Properzio, n. 37 (presso lo studio dell’avvocato Carmine Medici);

    per l'annullamento

    della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Campania, sez. V, n. 7453 dell’ 8 giugno 2005;

    Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

    Visto l’atto di costituzione in giudizio del dott. Carlo P.;

    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive tesi difensive;

    Visti gli atti tutti della causa;

    Relatore alla pubblica udienza del 5 maggio 2006 il Consigliere Carlo Saltelli;

    Udito l’avvocato dello Stato Elefante per l’amministrazione statale appellante;

    Ritenuto in fatto e considerato quanto segue.

    FATTO

    Il dott. Carlo P., direttore tributario, area C3, in servizio presso l’Agenzia delle Entrate, Ufficio distrettuale delle Imposte Dirette di Salerno, avendo partecipato al concorso speciale, per titoli di servizio, professionali e di cultura a 999 posti di primo dirigente del ruolo amministrativo del Ministero delle Finanze bandito con D.M. 19 gennaio 1993 ed essendo stato collocato al 1035° posto nella graduatoria finale (approvata con D.D. prot. 2388/Div. VI del 9 luglio 1999, pubblicata sul bollettino ufficiale in data 31 luglio 1999, con istanza in data 8 giugno 2001 chiedeva all’Amministrazione di essere immesso nelle funzioni di Dirigente, avendone – a suo avviso – titolo, di essere collocato nel ruolo F/1 di cui al comma 11 dell’articolo 5 del Decreto del Ministero delle Finanze n. 1390 del 28 dicembre 2000 e di ottenere la stipula del contratto: ciò in quanto, per un verso, a quella data erano stati coperti solo 840 posti dei 999 posti disponibili erano stati assegnati al personale in graduatoria e, per altro verso, vi era assoluta carenza di personale, dovuta a pensionamenti e a varie altre cause.

    Con nota prot. n. 2001/14444 DPF/UAR/DCPO/Serv. II/Div. V del 13 luglio 2001 l’Ufficio Amministrazione delle Risorse del Dipartimento per le politiche fiscali del Ministero dell’Economia e delle Finanze rigettava la richiesta, adducendo una puntuale serie di ragioni ostative.

    Il Tribunale amministrativo regionale della Campania, adito dall’interessato per l’annullamento del predetto diniego, con la sentenza n. 1331 del 22 febbraio 2003 (sez. V) dichiarava inammissibile il ricorso per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

    Poiché tale sentenza veniva annullata con rinvio dal Consiglio di Stato, sez. IV, con la decisione n. 7428 del 15 novembre 2004 che dichiarava invece sussistere in materia la giurisdizione del giudice amministrativo, ha riassunto il giudizio innanzi al Tribunale amministrativo regionale della Campania, sez. V, che con la sentenza n. 7453 dell’8 giugno 2005 ha annullato l’impugnato diniego, respingendo tuttavia la domanda risarcitoria proposta in quanto del tutto generica.

    Secondo il tribunale, invero, pur non potendo contestarsi in linea generale che la determinazione di procedere allo scorrimento della graduatoria di un concorso è espressione di discrezionalità amministrativa e che pertanto, sempre in linea generale, non vi è un obbligo per l’amministrazione di procedere al predetto scorrimento, occorre distinguere l’ipotesi in cui attraverso lo scorrimento della graduatoria si coprono posti già originariamente messi a concorso da quella in cui, invece, si coprono posti istituiti o resi disponibili solo successivamente all’approvazione della graduatoria, diversa essendo nei due diversi casi l’ambito della discrezionalità amministrativa: in particolare, nel primo caso la determinazione di non procedere allo scorrimento implica un apprezzamento dell’interesse pubblico diverso da quello originario (di coprire i posti vacanti), così che essa necessita di un’adeguata ponderazione e di una puntuale motivazione, onere che invece che è meno gravoso nel secondo caso.

    Il provvedimento di diniego di scorrimento, alla luce delle delineati argomentazioni, è stato pertanto ritenuto inficiato da difetto di motivazione, essendo inconferenti e comunque non adeguate, in relazione all’interesse pubblico perseguito con lo stesso bando di concorso, le motivazioni addotte a suo sostegno.

    Con atto di appello notificato a mezzo del servizio postale il 30 settembre 2005 il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha chiesto la riforma della prefata statuizione, deducendone l’erroneità alla stregua di due sostanziali motivi di gravame, con il primo dei quali, confutando diffusamente le motivazione dei giudici di primo grado, ha rivendicato la piena legittimità dell’atto di diniego, inopinatamente annullato, mentre con il secondo ha eccepito nuovamente il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

    L’appellato, costituitosi in giudizio, ha dedotto l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame, di cui ha pertanto chiesto il rigetto ed ha illustrato ulteriormente le proprie tesi difensive con apposita memoria deposita in data 26 aprile 2006.

    DIRITTO

    I. L’appello dell’Amministrazione finanziaria è fondato e deve essere accolto.

    I.1. La Sezione deve innanzitutto farsi carico dell’esame della eccezione di difetto di giurisdizione sollevata con il gravame in esame dall’amministrazione appellante, in ragione del fatto che la controversia non riguarderebbe la regolarità della procedura concorsuale del concorso speciale a 999 posti dirigenti, né la legittimità della relativa graduatoria finale, regolarmente approvata, ma solo la pretesa all’attribuzione di un incarico dirigenziale (che avrebbe come mero atto presupposto un provvedimento amministrativo di scorrimento, il quale dovrebbe essere considerato come espressione di una facoltà dell’amministrazione inerente ad una attività di gestione del rapporto di lavoro).

    L’assunto, ancorchè suggestivo, non merita accoglimento (indipendentemente da ogni considerazione sulla singolarità dell’impostazione difensiva dell’amministrazione la quale, in presenza della sentenza del tribunale amministrativo campano, n. 1331 del 22 febbraio 2003, declinatoria della giurisdizione amministrativa sull’originario ricorso proposto dall’odierno appellato, ne aveva chiesto la riforma proprio in punto di giurisdizione, ottenendola con la decisione n. 7428 del 15 novembre 2004 di questa stessa Sezione).

    Al riguardo deve rilevarsi che la giurisprudenza, in modo pressocchè unanime, è dell’avviso che la posizione vantata dal soggetto risultato idoneo in graduatoria, a seguito dell’espletamento di un pubblico concorso, non ha natura e consistenza di un diritto soggettivo, ma di mera aspettativa allo scorrimento della relativa graduatoria (C.d.S., sez. V, 1° marzo 2005, n. 794), essendo il c.d. scorrimento della graduatoria una facoltà eccezionale (e non un obbligo dell’amministrazione) e perciò espressione del suo ampio potere discrezionale (C.d.S., sez. V, 18 ottobre 2002, n. 5611).

    In modo ancor più puntuale è stato affermato che lo scorrimento della graduatoria, previa espunzione dei candidati cessati dal servizio, non può essere ritenuto un effetto automatico dell’esito del concorso e dell’applicazione delle regole concorsuali, ma presuppone una serie di accertamenti successivi all’approvazione della graduatoria ed alla individuazione dei vincitori del concorso (C.d.S., sez. IV, 31 gennaio 2005, n. 205).

    Tale orientamento, alla stregua del quale non può dubitabilmente dubitarsi della sussistenza nella materia de qua della giurisdizione del giudice amministrativo, non è stata minimamente intaccata dalla c.d. privatizzazione del pubblico impiego e dal passaggio delle relative controversie, salvo quelle di natura concorsuale, alla cognizione del giudice ordinario.

    Ed invero la stessa Corte di Cassazione (sez. lav., 5 marzo 2003, n. 3252) ha espressamente negato che il pubblcio dipendente abbia diritto all’assunzione per effetto dello scorrimento della graduatoria, in quanto detto scorrimento costituisce l’effetto di una autonoma decisione dell’amministrazione stessa, rientrante nell’ambito degli atti di macro – organizzazione, con la conseguenza che il diritto all’assunzione (e dunque di giurisdizione del giudice ordinario) è configurabile solo ove l’amministrazione abbia già assunto la determinazione di scorrimento, individuando così nuovi vincitori del concorso.

    Più incisivamente le Sezioni Uniti della Cassazione con la sentenza n. 14529 del 29 settembre 2003 hanno affermato che per i vincitori di un concorso pubblico è configurabile la posizione di diritto soggettivo ogni qualvolta il rapporto di impiego si costituisce mediante contratto e non già in virtù di atto unilaterale di nomina (“…ciò in quanto esaurita la procedura concorsuale si è ormai sul terreno degli atti di gestione e della capacità di diritto privato dell’amministrazione pubblica…, sicchè il soggetto individuato all’esito del procedimento ad evidenza pubblica versa nella condizione propria dell’aggiudicatario di qualsiasi altro contratto, svolgendosi ormai il suo rapporto con la controparte in modo paritario e ponendosi la decisione di quest’ultima di coprire un certo numero di posti e di assumere i vincitori del concorso come fonte, per l’interessato, del suo diritto alla stipulazione”) e che a tale posizione deve essere equiparata quella di chi rientra nel c.d. scorrimento della graduatoria, nell’intesa tuttavia che “…l’istituto del c.d. scorrimento della graduatoria, che consente ai candidati semplicemente idonei di divenire vincitori effettivi, precludendo l’apertura di nuovi concorsi, presuppone necessariamente una decisione dell’amministrazione di coprire il posto”: tale decisione è “…equiparabile, nella sostanza, all’espletamento di tutte le fasi di una procedura concorsuale, con identificazione degli ulteriori vincitori, ancorché mediante l’utilizzazione dell’intera sequenza di atti apertasi con il bando originario, recante la c.d. lex specialis del concorso, e conclusasi con l’approvazione della graduatoria, che individua i soggetti da assumere”.

    In buona sostanza, l’esercizio del potere di scorrere la graduatoria non rientra nella giurisdizione del giudice ordinario, non potendo sussistere in capo agli idonei di un concorso una posizione di diritto soggettivo (che postula invece la qualità di vincitore del concorso) e non rientrando esso quindi nell’ambito degli atti di gestione, bensì nella funzione propria ed esclusiva di organizzazione degli uffici.

    Non sussiste pertanto nel caso di specie il dedotto difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

    I.2. Passando all’esame del merito della questione, la Sezione è dell’avviso che le argomentazioni utilizzate dai primi giudici per accogliere il ricorso del dott. Carlo P. mon possono essere condivise, come del resto eccepito dall’amministrazione appellante.

    E’ stato evidenziato come il c.d. scorrimento della graduatoria della graduatoria di un concorso (all’evidente fine di procedere all’assunzione degli idonei) costituisce frutto di un ampio potere discrezionale che, impingendo nel merito dell’azione amministrativa, si sottrae al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salva la sussistenza di macroscopici vizi di eccesso di potere per arbitrarietà, irrazionalità, irragionevolezza e travisamento dei fatti che nel caso di specie non emergono dall’esame della motivazione del diniego.

    Invero, quest’ultima richiama: a) l’operatività, ai sensi dell’articolo 20 della legge finanziaria per il 2000, del ruolo unico dei dirigenti, per effetto del quale le Amministrazioni statali, prima di procedere all’assunzione di candidati idonei in graduatorie concorsuali, dovevano verificare la presenza di eventuali dirigenti in disponibilità presso il medesimo ruolo unico; b) la disposizione dell’articolo 22, comma 5, del C.C.N.L. del personale dirigenziale, sottoscritto il 9 gennaio 1997, a tenore del quale ogni amministrazione ad inizio di ogni anni deve provvedere a rendere pubbliche le posizioni organizzative che si sarebbero rese disponibili nel corso dello stesso anno a seguito di pensionamento o per scadenza di incarichi a tempo indeterminati; c) la norma contenuta nell’articolo 13, comma 7, del nuovo C.C.N.L. per il quadriennio 1998 – 001, relativo al personale dirigente dell’AREA 1, sottoscritto il 5 aprile 2001, di tenere sostanzialmente identico alla disposizione sub b); d) la non necessità di procedere al reclutamento di nuovi dirigenti, essendo in corso le procedure per il conferimento degli incarichi ai vincitori di due concorsi pubblici ancora in fase di espletamento; e) le modifiche strutturali dell’organizzazione dell’amministrazione finanziaria, con l’attivazione fra l’altro dell Agenzie Fiscali (decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 e regolamento del Dipartimento per le Politiche Fiscali approvate il 26 aprile 2001).

    Tale articolata motivazione, i cui presupposti di fatto e di diritto non sono stati neppure sostanzialmente contestati dall’interessato, è da ritenersi sicuramente adeguata, ragionevole, razionale e non arbitraria ed è quindi idonea a sorreggere il diniego di scorrimento della graduatoria, dando convincentemente atto dell’approfondito apprezzamento degli interessi pubblici coinvolti nella vicenda in esame che, diversamente da quanto sostenuto dai primi giudici, non possono semplicisticamente ridursi alla mera valutazione dell’opportunità o meno di coprire i posti messi a concorsi; del resto una simile interpretazione dell’apprezzamento dell’interesse pubblico, oltre che riduttivo, è frutto della particolare prospettiva proprio de candidato idoneo (che ha evidentemente interesse ad essere dichiarato vincitore), ma male si concilia con i più vasti orizzonti in cui si colloca l’azione amministrativa che, per essere conforme ai principi costituzionali di cui all’articolo 97 ed in particolare ai canoni di imparzialità e buon andamento) deve tener conto – come del tutto correttamente è stato fatto in concreto – del (notevole lasso di) tempo trascorso dal momento dell’indizione del concorso, delle modifiche legislative ed organizzative intervenute e delle aspettative legittime dei vincitori dei concorsi ancora in corso di espletamento.

    A ciò aggiungasi che, come rilevato dall’amministrazione appellante, è errata anche la stessa prospettazione dei fatti operata dall’interessato, atteso che non risulta corrispondere al vero che ci siano posti vacanti, atteso che l’amministrazione ha invece proceduto alla nomina di tutti i vincitori di concorso, a nulla rilevando poi che si sarebbero verificate, ma solo successivamente, disponibilità per pensionamenti o altre cause, disponibilità per altro che spetta esclusivamente all’amministrazione di apprezzare e valutare (ai fini della loro copertura), nell’ambito del più vasto disegno di riorganizzazione dell’amministrazione finanziaria e tenendo conto del ruolo unico dirigenziale.

    II. Alla stregua di tali considerazioni l’appello deve essere accolto e per l’effetto, in riforma dell’impugnata sentenza, deve essere respinto il ricorso proposto in primo grado dal dott. Carlo P..

    Le peculiarità della fattispecie giustifica la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

    P.Q.M.

    Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Ministero dell’Economia e delle finanze avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Campania, sezione Quinta, n. 7453 dell’8 giugno 2005, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della impugnata sentenza, respinge il ricorso proposto in primo grado dal dott. Carlo P..

    Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

    Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità giudiziaria.

    Così deciso in Roma, addì 5 maggio 2006, dalla Quarta Sezione del Consiglio di Stato, riunita in camera di consiglio, con l’intervento dei seguenti magistrati:

    PAOLO SALVATORE - Presidente

    ANTONINO ANASTASI - Consigliere

    VITO POLI - Consigliere

    ANNA LEONI - Consigliere

    CARLO SALTELLI - Consigliere, est.

    L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

    Carlo Saltelli Paolo Salvatore
     
    .
  13. thomas_sspa
     
    .

    User deleted


    spero possa interessare....

    a proposito. La causa pende tutt'ora davanti al CdS

    ciao, thomas

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    REPUBBLICA ITALIANA

    IN NOME DEL POPOLO ITALIANO



    Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (sezione seconda)



    Ha pronunciato la seguente

    SENTENZA:

    sul ricorso n° 31 del 2002, proposto

    da

    DIRPUBBLICA, in persona del Segretario Generale p.t. dr Giancarlo Barra, e da … (omissis) … rappresentati e difesi dagli avv.ti Stefano Viti, Michele Mirenghi, Michele Lioi e Marco Orlando, ed elettivamente domiciliati presso lo studio dei difensori in Roma, alla via Otranto, n. 18.

    contro

    Agenzia delle entrate, in persona del Direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato presso la cui sede, in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, domiciliata per legge;

    per l’annullamento

    previa sospensione dell’efficacia, del decreto prot. N. 2001/166705 del Direttore dell’Agenzia delle entrate del 26 settembre 2001, con la quale è stata disposto l’avvio di una procedura selettiva per n. 300 posti di dirigente di cui n. 10 riservati alla provincia autonoma di Bolzano.

    Visto il ricorso con i relativi allegati;

    Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;

    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

    Visti gli atti tutti della causa;

    Relatore alla camera di consiglio del 20 febbraio 2002 il consigliere Massimo L. Calvari e uditi i difensori delle parti come da verbale di udienza;

    Ritenuto che, nella specie, esistono i presupposti per definire il ricorso con decisione in forma semplificata ai sensi dell’art. 26, quarto comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, nel testo novellato dall’art. 9 della legge 21 luglio 2000, n. 205;

    Premesso che la DIRPUBBLICA, unitamente ai funzionari dell’Amministrazione delle Finanze di cui sopra (che, transitando alle dipendenze dell’Agenzia delle Entrate, hanno chiesto di partecipare alla procedura selettiva de qua), hanno impugnato la procedura selettiva pubblica per n. 300 posti di dirigenti, avviata con provvedimento del 26 settembre 2001 del Direttore di detta Agenzia;

    Premesso che con il ricorso si sostiene che l’impugnata procedura selettiva è stata indetta con violazione dell’art. 2, primo comma, lett. c., della legge n. 421/1992, dell’art. 28 del 23 febbraio 1993, n. 29 (ora art. 28 del d.lgs 30 marzo 2000, n. 165), del regolamento attuativo emanato con d.p.r 8 settembre 2000, n. 324, degli artt. 3, 51 e 79 della Costituzione, nonché con eccesso di potere sotto distinti profili.

    Ritenuto di dover preliminarmente disattendere l’eccezione pregiudizievole di difetto di legittimazione del Sindacato deducente, sollevata dalla difesa erariale, in linea con l’evoluzione giurisprudenziale (CdS, VI, 13 luglio 1993, n. 531) che, in subiecta materia, ha riconosciuto l’ampliamento della legittimazione delle associazioni sindacali che fanno valere in giudizio anche interessi individuali, propri di una pluralità di soggetti ad essa aderenti, se nelle finalità istituzionali della medesima organizzazione rientra – come nel caso all’esame – la tutela degli interessi dei propri aderenti;

    Considerato che il ricorso, oltre ad essere ammissibile, appare assistito da sicuri elementi di fondatezza in quanto l’impugnata procedura concorsuale a posti di qualifica dirigenziale risulta indetta in violazione della disciplina minima e inderogabile stabilita – per tutte le amministrazioni statali e gli enti pubblici non economici – per l’accesso alla dirigenza dalla legislazione di riferimento (art. 28 del d.lgs n. 29/1993 – ora art. 28 del d.lgs n. 324/2000), la cui osservanza risulta peraltro imposta dall’art. 71 del d.lgs. n. 300/1999 – istitutivo delle Agenzie fiscali, e tra queste dell’Agenzia delle Entrate – che integra un’ipotesi di rinvio dinamico;

    Ritenuto, in consonanza con questo dedotto in ricorso, che la materia dell’accesso ai pubblici impieghi – e segnatamente per quel che attiene al reclutamento dei dirigenti delle Amministrazioni dello Stato – è soggetta al principio di stretta legalità, con la conseguenza che è solo nella legge che la relativa disciplina deve trovare fondamento e attuazione, così garantendo che l’accesso a detti impieghi avvenga in condizioni di effettiva e sostanziale uguaglianza, in stretta osservanza degli indefettibili principi costituzionali di buon andamento e imparzialità dell’amministrazione;

    Ritenuto, in particolare, che le censure variamente dedotte, trovano piena conferma nelle circostanze, qui distintamente e di seguito elencate, secondo cui la disciplina dettata per lo svolgimento dell’impugnata procedura selettiva:

    a – non prevede lo svolgimento di una prova orale, bensì di una prova preselettiva sulle materie indicate dal bando di concorso;

    b – conferisce alla prova preselettiva rango di vera e propria prova concorsuale, e ciò in contrasto con l’art. 7 del D.P.R. n. 324/2000 che, soltanto nel caso in cui il numero dei posti messi a concorso, stabilisce che possa darsi luogo ad una preselezione finalizzata alla riduzione del numero dei candidati entro il triplo dei posti messi a concorso e senza che il punteggio conseguito possa concorrere alla formazione alla formazione del voto finale;

    c – attribuisce alla prova preselettiva un punteggio che, ove sia inferiore al voto di 21/30, impedisce ai candidati di essere ammessi al successivo “colloquio tecnico”;

    d – prevede – tra i requisiti di ammissione (art. 1) – l’accesso ad essa di soggetti con esperienza dirigenziale di un solo anno (anziché dei due richiesti dall’art. 28 del d.lgs. n. 29) e senza il possesso del diploma di laurea;

    Considerato, alla stregua di quanto precede, che la procedura selettiva è affetta dai dedotti vizi di legittimità;

    Considerato, pertanto, che il ricorso merita accoglimento e che, per l’effetto, va disposto l’annullamento del provvedimento impugnato;

    P.Q.M.

    Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione seconda), decidendo il ricorso in epigrafe, l’accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento in epigrafe specificato.

    Compensa tra le parti, costituite le spese di lite.

    Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

    Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 20 febbraio 2002.



    Il Presidente dr. Filippo Marzano

    Il Consigliere est. dr. Massimo L. Calvari

    Il Consigliere dr. Giuseppe Sapone
     
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    QUOTE (il canna @ 20/11/2007, 18:34)
    Spero che il quesito non sia troppo banale per questa sezione, e che siano ammessi quesiti qui ...

    Un'amministrazione locale ha indetto un concorso per la copertura di 4 posti a tempo indeterminato, profilo professionale "orientatore".
    Requisiti per la partecipazione erano il possesso di laurea in discipline specifiche e di Patente di guida autoveicoli Cat. "B", oltre agli altri di rito. Il bando specificava che «lo svolgimento delle mansioni proprie del profilo professionale dei posti a concorso prevede frequenti spostamenti sul territorio.»
    Il concorso si è svolto secondo il calendario prefissato.
    Un candidato, non in possesso di patente B, ha proposto nei termini ricorso avverso il bando di concorso, adducendo una serie di motivi secondo i quali la previsione di patente B sarebbe illegittima. Ha comunque partecipato al concorso classificandosi all'esito delle prove in posizione utile. Ora presumibilmente l'amministrazione lo escluderà dalla graduatoria per carenza del requisito.
    Mi chiedo: cosa succederà ora? Quando la causa sarà discussa, posto che il giudice trovi convincenti le motivazioni del ricorrente, potrà solo annullare l'intero procedimento o anche solo la previsione del requisito? E l'amministrazione potrebbe in qualche modo agire in autotutela salvando il concorso?
    Consigliereste agli altri candidati di costituirsi resistenti? E in tal caso, quali sarebbero i termini per la costituzione, dal momento che il ricorso (che ricordo essere contro il bando) è stato notificato alla sola amministrazione?

    Grazie di cuore per qualunque contributo,
    Daniele

    per la verita' non sono ammessi.
    ai sensi della 241 sposto il tuo post altrove.
     
    .
  15. alex.falco
     
    .

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    Home > Tar Lazio – Sentenza n. 7769/2007
    pubblicato il: 11/08/2007


    Tar Lazio – Sentenza n. 7769/2007
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    di Studio Legale Law


    Tar Lazio Sentenza n. 7769 del 10.08.2007
    REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

    Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio- Sede di Roma -Sezione III quater composto dai seguenti magistrati: Dr. Mario Di Giuseppe - Presidente Dr. Linda Sandulli - Consigliere relatore Dr. Carlo Taglienti - Consigliere

    ha pronunciato la seguente

    SENTENZA

    sul ricorso n. 3378 del 2005 proposto dal signor Di M. Giovanni, rappresentato e difeso dall’avvocato Gherardo Marone ed elettivamente domiciliato presso lo studio Napolitano in Roma, Viale Angelico n. 38;

    CONTRO

    L’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), in persona del rappresentante legale in carica, rappresentato e difesa dall’avvocato Patrizia Tadris e dall’avvocato Elisabetta Lanzetta ed elettivamente domiciliato presso la sua sede legale in Roma, Via della Frezza 17;

    e nei confronti di

    M. Gabriele, B. Maria, M. Giuseppe, A. Luciano, non costituiti;

    per l’annullamento della graduatoria relativa al concorso pubblico, per esami, a quindici posti di dirigente amministrativo;

    Visto il ricorso con i relativi allegati;

    Visti gli atti della causa;

    Nominato relatore all’Udienza Pubblica del 17 gennaio 2007 il consigliere dr. Linda Sandulli e sentiti gli avvocati come da verbale d’udienza;

    ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

    FATTO

    Dipendente dell’INPS dal 1982, il signor Di M. Giovanni, partecipa ad un concorso a 15 posti di dirigente amministrativo all’esito del quale invia, ai sensi dell’articolo 7 del relativo bando, i titoli preferenziali posseduti.

    Dalla lettura della graduatoria rileva che tali titoli non sono stati valutati e che la graduatoria finale è illegittima così come rilevabile dalla sua collocazione nella medesima.

    La impugna e ne chiede l’annullamento per i seguenti motivi:

    1) Violazione e falsa applicazione dell’articolo 5 del dPR 9 maggio 1994 n. 487. Violazione dell’articolo 7 del bando di concorso. Violazione del giusto procedimento e manifesta ingiustizia.

    Si è costituito in giudizio l’intimato Istituto che ha controdedotto nel merito della argomentazioni svolte dal ricorrente e chiesto il rigetto del gravame.

    All’udienza del 17 gennaio 2007 la causa è stata posta in decisione.

    DIRITTO

    Candidato ad un concorso a n. 15 posti di dirigente amministrativo, il signor Di M. Giovanni lamenta l’omessa valutazione dei titoli preferenziali presentati dopo la conclusione delle prove concorsuali e prima della formazione della graduatoria finale, da parte dell’Istituto intimato.

    Nel costituirsi in giudizio, l’Inps ha replicato che tale omessa valutazione è stata causata dalla mancata indicazione, nella domanda di partecipazione al concorso presentata dal riferito Di M. , dei titoli di preferenza posseduti, quali il lodevole servizio e i figli a carico.

    Affida ad un’unica, articolata censura il ricorso in esame che nel merito si rivela fondato nei limiti che verranno indicati in appresso.

    Nella fattispecie in esame, i titoli non valutati dalla commissione esaminatrice sono quelli preferenziali, che valgono soltanto a parità di punteggio e vengono utilizzati nel momento della formazione della graduatoria finale attraverso un meccanismo del tutto automatico, secondo l’ordine indicato nell’articolo 5, comma 4, punti 17, 18 e 19 del dPR n. 487 del 1994.

    Occorre, pertanto, stabilire, se la mancata indicazione (o non corretta indicazione) del possesso dei titoli di preferenza nella domanda di partecipazione al concorso, possa precluderne la valutazione da parte dell'Amministrazione nel caso in cui, come nella specie, gli stessi siano stati prodotti nei termini previsti dal bando di concorso.

    Non vi è dubbio che seguendo attentamente le indicazioni contenute nel bando di concorso, il ricorrente avrebbe dovuto provvedere ad indicare correttamente fin dal momento della partecipazione alla selezione il possesso dei suddetti titoli (è sufficiente leggere l'art. 7 del bando di concorso), nondimeno, però, il Collegio ritiene di non potersi attestare su un'interpretazione meramente formalistica del bando stesso, in un caso come quello in esame nel quale, come già rilevato, i titoli erano posseduti entro il termine di scadenza per la presentazione della domanda, sono stati prodotti entro il termine prescritto e riguardano un dipendente dell’Istituto indicente il concorso che, almeno per ciò che concerne il lodevole servizio, era già nella disponibilità dell’Istituto per avere direttamente provveduto al suo rilascio.

    Sul punto il Collegio richiama l’articolo 16 del D.P.R. n. 487/94, nel quale si stabilisce che non vi è obbligo di presentazione della documentazione attestante il possesso dei titoli quando questi siano già posseduti dall'Amministrazione, e ciò al fine di semplificare il procedimento ed agevolare gli interessati mediante la collaborazione dell'Amministrazione stessa.

    Non può pertanto condividersi l’interpretazione meramente formalistica assunta nei confronti di chi come il ricorrente, pur avendo contravvenuto alla disposizione contenuta nel bando era in possesso dei titoli preferenziali e ne ha omesso l’indicazione provvedendo, però, prontamente al loro deposito entro il termine prescritto.

    Né dal bando di concorso, ove all’articolo 7 si prevede il rispetto del termine perentorio di quindici giorni per la presentazione dei titoli per cui è causa pena la decadenza dalla possibilità della loro produzione, né dai principi che regolano le procedure concorsuali - par condicio tra i candidati e divieto di aggravamento della procedura concorsuale - può desumersi il divieto della valutazione dei titoli di preferenza nel caso in cui gli stessi non siano stati indicati nella domanda di partecipazione al concorso ma risultino in possesso del candidato nel momento di partecipazione al predetto concorso e siano stati tempestivamente prodotti entro il termine perentorio appena indicato.

    Ritiene, inoltre, il Collegio che nemmeno dalla disposizione contenuta nell'art. 7 del bando di concorso (Titoli di preferenza e di precedenza- approvazione delle graduatorie) si desuma il divieto di una loro valutazione secondo quanto preteso dell’Inps resistente.

    Detta norma, infatti, sanziona soltanto la mancata, tempestiva, produzione dei titoli preferenziali e si limita a fare un riferimento alla circostanza che deve trattarsi dei titoli già indicati nella domanda ma non sanziona espressamente l’omessa indicazione di tali titoli nella domanda di partecipazione al concorso che viene, invece, sanzionata solo nel caso di mancata, tempestiva produzione.

    L'Amministrazione ha, pertanto, illegittimamente dedotto la sussistenza del divieto di valutazione dei titoli di preferenza dall'art. 7 del bando ove si fa espresso riferimento ai titoli "già indicati nella domanda" senza disporre una sanzione al riguardo.

    Ad avviso del Collegio l’eventuale esclusione della valutazione dei titoli anzidetti dovuto essere espressamente prevista nel bando di concorso e tale sanzione avrebbe potuto essere applicata qualora dalla non corretta od omessa indicazione del possesso dei titoli nella domanda, si fosse verificato l'effetto di un aggravio del procedimento, o di un ritardo per l'Amministrazione nella redazione della graduatoria finale, condizioni, queste che non si sono verificate nella specie atteso che secondo quanto prima precisato il ricorrente ha provveduto all’inoltro dei titoli in questione, prontamente, assieme a quelli degli altri candidati.

    Non sembra nemmeno al Collegio che l'omissione nella quale è incorso il ricorrente abbia avuto un qualche effetto sulla posizione degli altri candidati: come già ricordato i titoli in questione - posseduti e prodotti nei termini - sono stati esaminati tutti nello stesso momento, alla scadenza del termine di quindici giorni dall'espletamento del colloquio, e non potendo tali titoli essere valutati previamente non può ritenersi violata in alcun modo la par condicio tra i concorrenti.

    In sintesi, poiché l'irregolarità della domanda del ricorrente, non ha arrecato alcun nocumento né all'Amministrazione, né ha violato la par condicio tra i concorrenti, ritiene il Collegio che l'interpretazione delle norme del bando fornita dall'Amministrazione non possa essere condivisa in quanto contraria al principio di collaborazione fra amministrazione ed amministrati, riconducibile al più generale principio di buona amministrazione.

    L'Inps, in presenza della documentazione attestante il possesso di titoli di preferenza prodotti dal ricorrente, avrebbe dovuto tener conto della medesima ai fini della redazione della graduatoria.

    Alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso deve essere accolto disponendosi l'annullamento del provvedimento impugnato.

    La particolarità della questione ed il parziale accoglimento consentono di disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.

    PQM

    Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio - Sede di Roma - Sezione III quater accoglie il ricorso proposto dal signor Di M. Giovanni, meglio specificato in epigrafe e per l’effetto annulla gli atti impugnati. Compensa le spese di lite tra le parti.

    Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa.








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