PERCHE' (per la scienza) FUMARE FA VENIRE IL CANCRO I-II-III

E le prove ci sono, sempre che lo si voglia accettare...

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    TUMORE POLMONARE DA FUMO PASSIVO. IL PRIMO CASO AMMESSO ALL’INDENNIZZO DALL’INAIL.

    Autori: Carlo Enrico Manca (INAIL Direzione Regionale Sardegna), Sandro Pavanetto (INAIL Sede di Carbonia).


    IL FUMO PASSIVO
    Già dall’inizio degli anni ‘80 erano stati avviati molti studi2,8,9,10,11,12,13,14,15 rivolti a chiarire, dopo la classificazione, nel 1986, del fumo di tabacco in gruppo 1 dallo IARC1, le conseguenze del fumo sulla salute dei non fumatori, costretti a subire il fumo passivo.
    Non pare fuori luogo ricordare in premessa che nei paesi industrializzati, dove il fumo di tabacco è diffuso, l’abitudine al fumo è stimata responsabile del 90% dei casi di tumore polmonare negli uomini e del 70% nelle donne. Inoltre, in questi paesi, al fumo viene attribuito il 56-80% di tutte le malattie croniche dell’apparato respiratorio e il 22% delle malattie cardiovascolari.
    In particolare in Italia hanno condotto uno studio Forestiere e Coll.2 nel quale gli Autori analizzano le conseguenze sulla popolazione italiana dell’esposizione al fumo passivo distinguendo tra conseguenze sui bambini e conseguenze sugli adulti.
    Per gli adulti, oggetto di attenzione di questo lavoro, gli Autori hanno analizzato il rischio relativo di ammalarsi di tumore del polmone per soggetti non fumatori esposti al fumo passivo in ambiente domestico (fumo del coniuge) ovvero in ambiente di lavoro (colleghi di lavoro). In ambiente di lavoro la stima del numero di maschi non fumatori esposti è del 62,4%, contro il 38,5% delle donne. L’incremento di rischio associato ad esposizione nel posto di lavoro è del 39%, contro il 24% in ambiente domestico. In base allo studio citato, in Italia si verificherebbero ogni anno 221 nuovi casi di tumore del polmone da fumo passivo in ambiente domestico e 324 casi da esposizione in ambiente lavorativo.
    Del problema dell’azione cancerogena del fumo passivo si è occupato anche lo IARC, International Agency for Research on Cancer, di Lione. L’autorevole Agenzia, che opera all’interno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, effettua ricerche per il controllo del cancro e, nell’ambito della sua attività, pubblica una collana di Monografie dedicate alla valutazione delle sostanze cancerogene per l’essere umano. In esse, a cura di un gruppo internazionale di esperti, vengono prese in esame, per ciascuna sostanza o gruppo di sostanze o condizioni ambientali, l’insieme delle evidenze pubblicate nelle riviste scientifiche più autorevoli per giungere ad una classificazione che distingue 4 gruppi:
    • gruppo 1: sostanza cancerogena per l’uomo
    • gruppo 2a: sostanza probabilmente cancerogena per l’uomo
    • gruppo 2b: sostanza possibilmente cancerogena
    • gruppo 3: sostanza non classificabile come cancerogeno umano
    Sul problema cancro da fumo di tabacco è stato costituito un gruppo di lavoro, formato da 29 esperti provenienti da 12 nazioni diverse, coordinato dalla dr.ssa Annie J. Sasco, responsabile della Unit of Epidemiology for Cancer Prevention, IARC, che ha preso nuovamente in esame gli effetti cancerogenetici del fumo di tabacco, distinguendo questa volta fra effetti del fumo attivo e del fumo passivo. Il risultato del lavoro è stato oggetto della Monografia IARC, Volume 83, 20023.
    A distanza di 15 anni dalla prima pubblicazione, la lista degli organi, individuata nel 1986 come bersaglio del fumo attivo, nel 2002 è risultata ampliata, infatti l’associazione è risultata evidente non solo con il cancro del polmone, del cavo orale, della laringe, della faringe, dell’esofago, della vescica urinaria e del bacinetto renale, già riconosciuti a suo tempo, ma anche con il cancro dello stomaco, del fegato, del collo dell’utero, del rene e con la leucemia mieloide.
    Per quanto riguarda il fumo passivo (o involontario) la Monografia dello IARC è rivolta a definire l’associazione del cancro nei soggetti non fumatori che sono esposti al fumo di tabacco prodotto da altri.
    Il fumo passivo (detto anche fumo ambientale, “environmental tobacco smoke” degli anglosassoni) è il risultato di una miscela con l’aria del fumo espirato dal fumatore attivo (“tertiary smoke”) e del fumo prodotto dalla sigaretta, o altro dispositivo per fumare il tabacco, e immesso direttamente nell’ambiente (“sidestream smoking”). Gli agenti cancerogeni già noti che si ritrovano nel fumo di tabacco così disperso nell’aria includono il benzene, l’1,3-butadiene, il benzo[α]pirene, il 4-(metilnitrosamino)-1-(3-piridil)-1-butanone e molti altri, alla stessa stregua del fumo attivo. Il fumo passivo è formato da una parte gassosa e da una parte corpuscolata e la sua concentrazione è variabile a seconda dell’entità della fonte e delle caratteristiche dell’ambiente dove viene disperso, nonché della distanza del soggetto esposto dalla fonte di inquinamento.
    Il gruppo di esperti dello IARC ha esaminato più di 50 studi sul rapporto tra fumo passivo e rischio di tumore del polmone nei non fumatori, pubblicati negli ultimi 25 anni. Il rischio per il cancro del polmone è risultato aumentato in modo significativo, specialmente per i soggetti con esposizione più elevata, per intensità e durata. In particolare, per quanto riguarda l’esposizione in ambiente domestico è stato calcolato un aumento di rischio di tumore del polmone del 30% per i mariti non fumatori e del 20% per le mogli non fumatrici. Per quanto riguarda gli ambienti di lavoro, l’esposizione dei non fumatori al fumo passivo comportava un aumento del rischio di cancro del polmone del 16-19%.
    Questi risultati sono stati giudicati adeguati dal gruppo di lavoro IARC per concludere che “il fumo involontario è una causa di cancro del polmone nei non fumatori” e per inserire quindi tale condizione di rischio nel gruppo 1.
    Queste autorevoli conclusioni scientifiche sono state condivise pure dalla Commissione Scientifica, costituita in base alla previsione dell’art. 10 del D.L.vo 38/2000, che ha curato la stesura dell’Elenco delle malattie per le quali è obbligatoria la denuncia in base all’art. 139 del Testo Unico4. La Commissione ha incluso il “fumo passivo” come agente causale del tumore del polmone nella Lista III, Malattie la cui origine lavorativa è possibile.


    LA TUTELA ASSICURATIVA INAIL PER LE MALATTIE NON TABELLATE
    La tutela assicurativa delle malattie non ricomprese nella Tabella della Malattie Professionali (Allegato n. 4, D.P.R. n. 336/1994) e per le quali viene considerata ammissibile l’ipotesi si tratti di forme morbose secondarie all’esposizione a rischi lavorativi ha trovato i presupposti legislativi nella sentenza della Corte Costituzionale n. 179 del 18 febbraio 1988 e n. 206 del 11 febbraio 1988.
    In base ai principi enunciati dalla Suprema Corte l’ammissibilità alla tutela assicurativa delle forme morbose non previste dalla Tabella allegata al Testo Unico richiede l’onere della prova della natura professionale a carico del lavoratore. Non può essere ammessa la presunzione legale d’origine, come per le forme tabellate, ma per ogni caso deve essere dimostrata la effettiva sussistenza e consistenza della causa lavorativa, invocata come responsabile, e l’adeguatezza della stessa a produrre gli effetti dannosi per la salute del lavoratore, per i quali è richiesta l’ammissibilità alla tutela assicurativa INAIL.
    Le norme di indirizzo emanate dalla Suprema Corte sono state oggetto di specifiche disposizioni attuative da parte dell’INAIL che ha emesso al riguardo numerose circolari (circc. 23/1988, 65/1988, 35/1992, 80/1997, 81/2000, 71/2003 e 25/2004). Peraltro si è formata nell’arco di questi 15 anni una consistente dottrina e giurisprudenza che consentono di affrontare in modo adeguato tutte le fattispecie che di volta in volta giungono in esame.
    Rispetto al problema dirimente della prova dell’origine professionale, l’INAIL, già con la circ. 80/1997, si è attivato per svolgere un ruolo attivo nella acquisizione degli elementi probatori del nesso eziologico, svolgendo, se del caso, proprie indagini ispettive e tecniche per integrare i dati conoscitivi sul rischio.


    Il PRIMO CASO DI CANCRO DEL POLMONE AMMESSO ALL’INDENNIZZO INAIL.
    L’assicurato: S.M. nato a Nulvi (Sassari) nel 1933, ma residente a Carbonia fin dal 1945, non presenta familiarità per malattie tumorali. Non ha mai fumato. Tale circostanza, dirimente per li corretto inquadramento del caso, ha trovato conferma, oltre che nella dichiarazione rilasciata dal lavoratore, anche nella dichiarazione resa dal suo datore di lavoro e da quanto riportato nell’anamnesi nelle cartelle cliniche.
    Il rischio: il sig. S.M. ha sempre lavorato come banconiere di bar nei locali della città di residenza, fin dal 1948, svolgendo come minimo un orario di otto ore giornaliere. Ha lavorato continuativamente nello stesso locale dal 1961 al 1995, epoca del pensionamento.
    I locali dove l’assicurato ha svolto, nei diversi periodi, la propria attività erano ubicati al centro cittadino, con elevata frequenza di pubblico.
    In particolare, per quanto riguarda la frequentazione, risulta che fino alla metà degli anni ’70 il locale costituiva un notevole richiamo come sala TV, soprattutto in concomitanza di avvenimenti sportivi quali le partite del campionato di calcio, alle quali assistevano contemporaneamente non meno di 100-150 avventori. Parimenti si registrava un notevole afflusso di pubblico in occasione di frequenti ricevimenti, con un numero di invitati sempre tra i 100 e i 150. Il locale, nell’arco degli anni qui in esame, era frequentato mediamente da non meno di 400 persone al giorno, prevalentemente di sesso maschile, e almeno il 40% si può stimare fumasse almeno una sigaretta all’interno del bar (dati ISTAT sull’abitudine al fumo di tabacco: nel 1980 il 54% degli uomini, nel 1986 il 40%, nel 1993 il 35%).
    Per quanto riguarda la circolazione e il ricambio dell’aria, occorre osservare che fino al 1988 la volumetria era limitata da una soppalcatura, i locali erano privi di ventilazione forzata e con scarsa aerazione naturale. Dal 1988 i nuovi locali avevano una volumetria maggiore e, dal 1992, erano muniti di impianto di aspirazione forzata.
    Gli elementi di valutazione raccolti sono idonei ad ammettere che il sig. S.M. è stato esposto in modo significativo all’inalazione di fumo passivo per l’intera vita lavorativa (47 anni), per una media di almeno 8 ore al giorno.
    La malattia. Nel mese di maggio 1998 il lavoratore ha subito un ricovero presso la Divisione di Chirurgia Toracica dell’Ospedale Binaghi di Cagliari dove viene diagnosticata una neoplasia del polmone destro e, in data 25 giugno 1998, è stato sottoposto ad intervento chirurgico di lobectomia superiore destra. La diagnosi istopatologica sul pezzo operatorio è stata per: “Carcinoma a cellule squamose non cheratinizzate, ben differenziato (G1), infiltrante; non superante la pleura viscerale”.
    Il rapporto di causalità: la circostanza dirimente per ammettere la natura professionale della forma morbosa tumorale polmonare è la condizione di non fumatore del paziente, come sopra evidenziata. Non è, d’altra parte, risultata familiarità per patologia di natura tumorale Per contro appare ampiamente documentata una esposizione lavorativa a fumo passivo che, per durata ed intensità, soddisfa i requisiti ammessi dalla Letteratura internazionale per configurare un rischio idoneo a determinare l’insorgenza della neoplasia polmonare.
    Sulla base di tali premesse il medico INAIL della Sede competente ha espresso un parere di indennizzabilità del caso come malattia professionale non tabellata. Tali conclusioni sono state condivise dalla Sovrintendenza Medica Regionale INAIL e quindi dalla Sovrintendenza Medica Generale INAIL che ha pure acquisito parere specialistico pneumologico. In particolare la Sovrintendenza Medica Generale INAIL ha ritenuto che “…le condizioni suddescritte orientano a riconoscere nello specifico caso, con criterio di elevata probabilità, l’origine professionale della malattia denunciata”.
    Il caso è stato quindi sottoposto al definitivo parere della Direzione Centrale Prestazioni dell’INAIL che si è pronunciata con un giudizio di accoglimento, riconoscendo la effettiva sussistenza di un rischio oggettivo, rappresentato dal fumo passivo, cui l’assicurato non poteva sottrarsi nello svolgimento del suo lavoro.
    Il danno indennizzabile. Il caso è stato poi ammesso alle prestazioni assicurative INAIL a cura della Sede competente in base alle previsioni del D.L.vo 38/2000, con valutazione del grado della menomazione dell’integrità psico-fisica nella misura del 57% e con coefficiente d’indennizzo del 0,8.


    CONCLUSIONI
    Coerentemente con il progredire delle conoscenze in campo epidemiologico che hanno portato lo IARC a riconoscere il fumo passivo come cancerogeno inserito nel gruppo 1, l’INAIL, in presenza di elementi oggettivi che consentivano di riconoscere in modo inequivoco il rischio lavorativo specifico e dopo l’esclusione di altre possibili cause extralavorative, ha ammesso alla tutela assicurativa il primo caso di cancro del polmone da fumo passivo.
    È il primo caso in Italia e, per quanto riguarda la specifica forma tumorale (polmone), non risultano in Letteratura altri casi in altri Paesi.
    Il caso in esame è il risultato dello sforzo che l’INAIL, attraverso tutte le sue articolazioni a livello centrale e periferico, compie per far emergere dal sommerso le forme morbose per le quali viene spesso misconosciuta l’origine professionale.


    BIBLIOGRAFIA
    1. IARC Monographs (Vol 38) “Tobacco Smoking” (1986).
    2. Forastiere F., Lo Presti E., Agabiti N., Rapiti E., Perucci Ca., “Health impact of exposure to environmental tobacco smoke in Italy”, Epidemiol. Prev. 2002; 26(1):18-29.
    3. IARC Monographs (Vol 83) “Tobacco Smoke and Involuntary Smoking” (June 2002).
    4. Decreto Ministeriale del Ministro del Lavoro, del 27 aprile 2004, G.U. Serie Generale, 10 giugno 2004; n.134: 16-45.
    5. Cameron, P., J. S. Kostin, et al. (1969). "The health of smokers' and nonsmokers' children." Journal of Allergy 43(6): 336-41.
    6. Colley, J. R., W. W. Holland, et al. (1974). "Influence of passive smoking and parental phlegm on pneumonia and bronchitis in early childhood." Lancet 2(7888): 1031-4.
    7. Repace, J. L. and A. H. Lowrey (1980). "Indoor air pollution, tobacco smoke, and public health." Science 208(4443): 464-72.
    8. Wells, A. J. (1988). "An estimate of adult mortality in the United States from passive smoking." Environ. Int. 14: 249-265.
    9. Glantz, S. and W. Parmley (1991). "Passive Smoking and Heart Disease: Epidemiology, Physiology, and Biochemistry." Circulation 83(1): 1-12.
    10. Fontham, E. T., P. Correa, et al. (1994). "Environmental tobacco smoke and lung cancer in nonsmoking women: A multicenter case-control study." JAMA 271: 1752-1759.
    11. Glantz, S. A. and L. R. A. Smith (1994). "The Effect of Ordinances Requiring Smoke-Free Restaurants on Restaurant Sales." American Journal of Public Health 84: 1081-1085.
    12. Hirayama, T. (1981). "Non-smoking wives of heavy smokers have a higher risk of lung cancer: a study from Japan." British Medical Journal (Clinical Research Ed.) 282(6259): 183-5.
    13. Klonoff-Cohen, H., H. Edelstein, et al. (1995). "The effect of passive smoking and tobacco exposure through breast milk on sudden infant death syndrome." JAMA 273: 795-798.
    14. Barnes, D. and L. Bero (1998). "Why review articles on the heath effects of passive smoking reach different conclusions." JAMA 279: 1566-1570.
    15. Chapman, S., R. Borland, et al. (1999). "The impact of smoke-free workplaces on declining cigarette consumption in Australia and the United States." American Journal of Public Health 89(7): 1018 - 1023


    http://www.inail.it/cms/Medicina_Riabilita...ssivo_Manca.doc

    Tumore del colon-retto: il fumo aumenta il rischio di incidenza e di mortalità

    Il fumo aumenta del 18% il rischio di sviluppare un tumore del colon e del retto e del 25% il rischio di morire per questo tumore: è quanto emerge dallo studio, pubblicato su JAMA.

    Edoardo Botteri, epidemiologo, Ricercatore presso l’Istituto Europeo di Oncologia ( IEO ) di Milano, insieme ad alcuni colleghi ha condotto per la prima volta un lavoro di revisione e sintesi dei dati già esistenti sul legame tra incidenza e mortalità per il carcinoma del colon-retto e il fumo.

    Sebbene il fumo di tabacco sia responsabile di circa 5,4 milioni di morti nel 2005, nel mondo ci sono ancora circa 1 miliardo e 300 milioni di fumatori. Il fumo è già stato riconosciuto come la causa di alcune forme di tumore, tuttavia negli studi condotti finora il legame tra la sigaretta e il tumore del colon-retto è sempre apparso poco significativo.

    Poiché l’abitudine al fumo potenzialmente può essere tenuta sotto controllo con interventi a livello sia individuale che sociale, identificare una relazione tra fumo e cancro del colon-retto può aiutare a ridurre le vittime di questo tumore, il terzo più diffuso nel mondo e che attualmente causa ogni anno 500mila morti.
    Secondo gli Autori dell’articolo si stima che, solo negli Stati Uniti, nel 2008 le morti per tumore del colon-retto siano 50.000.

    I Ricercatori hanno preso in esame 106 studi osservazionali per un totale di circa 40 mila nuovi casi di tumore del colon-retto. Per quanto riguarda l’incidenza, il fumo è stato associato a un aumento del 18% del rischio di sviluppare un tumore.
    I Ricercatori inoltre hanno rilevato l’esistenza di un rapporto significativo tra casi di tumore e dose di tabacco, con un aumento dei casi in proporzione al numero di pacchetti di sigarette consumati ogni anno ( numero di pacchetti di sigarette fumate al giorno moltiplicato per gli anni in cui si ha fumato ) e numero di sigarette fumate ogni giorno. Il rapporto è comunque risultato statisticamente rilevante solo dopo 30 anni di fumo.

    Per l’analisi della mortalità sono stati esaminati 17 studi che hanno indicato che i fumatori hanno un rischio maggiore del 25% di morire per tumore del colon-retto rispetto alla popolazione che non ha mai fumato. È stato inoltre rilevato un aumento del rischio di morte per tumore del colon-retto proporzionale al numero di sigarette fumate al giorno e alla durata del periodo in cui si ha fumato. Il rischio sia di incidenza che di mortalità è risultato maggiore per il tumore del retto rispetto a quello del colon.

    Fino ad oggi il fumo non è mai stato considerato un fattore significativo per determinare le fasce di popolazione che necessitano dello screening per tumore del colon-retto, spiegano. Tuttavia molti studi hanno dimostrato che questo tumore compare più precocemente nei fumatori, e in particolare nei forti fumatori, e i dati raccolti sia in passato che oggi forniscono prove evidenti di quanto il fumo di sigaretta abbia un effetto determinante sullo sviluppo dei polipi adenomatosi ( tumori benigni ) e del tumore vero e proprio. Riteniamo che il fumo sia un fattore importante da tenere in considerazione quando si debba determinare l’età in cui iniziare lo screening: può determinare sia un’età inferiore nei fumatori che un’età maggiore nei non fumatori. ( Xagena2008 )

    Fonte: Istituto Europeo di Oncologia, 2008


    Onco2008
    www.xapedia.it/oncologia/show.php?a=14780&l=f&w=Fumo+tumori





    • Finalmente l’evidenza scientifica: il fumo e’ responsabile di 9 casi di cancro al polmone su 10
    • Posted by admin on 03 Sep 2009
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    Morte per cancro, nuovi dati
    Individuate tre aree del Dna collegate al pericolo di tumore ai polmoni nei fumatori. Due di queste aree influenzerebbero il tipo di cancro che si sviluppera’. La scoperta e’ dovuta a un gruppo di ricercatori dell’Institute of Cancer Research e lo studio e’ stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Cancer Research.
    Il fumo e’ responsabile di 9 casi di cancro al polmone su 10.
    I ricercatori hanno confrontato il Dna di circa 1.900 pazienti affetti da tumore al polmone con quello di 1.400 soggetti sani. Le informazioni raccolte sulle aree a rischio genetico sono state poi esaminate su altri 2 mila pazienti con il cancro al polmone e su altrettanti individui sani.
    I ricercatori hanno trovato specifiche differenze, associate con il rischio cancro al polmone, sul cromosoma 5, 6 e 15. In particolare, quelli che hanno presentato differenze genetiche sul cromosoma 5 sono risultati piu’ a rischio di sviluppare un tipo di cancro chiamato ‘adenocarcinoma’. La regione del cromosoma 6, invece, sembra determinare lo sviluppo di un adenocarcinoma o di un altro tipo di tumore chiamato ‘carcinoma a cellule squamose’. Infine, sul cromosoma 15, sono stati individuati due siti indipendenti che avrebbero un ruolo nello sviluppo o meno del cancro ai polmoni nei fumatori. Queste aree del genoma contengono una famiglia di geni che influenzerebbe il comportamento dei fumatori, ma anche la crescita delle cellule tumorali e delle cellule morte. I fumatori e gli ex fumatori che hanno una copia di ciascuna di queste varianti genetiche hanno il 28 per cento delle probabilita’ in piu’ di sviluppare il cancro al polmone. Una percentuale che sale all’80 per cento nei fumatori portatori di due copie. Invece, coloro che hanno queste mutazioni genetiche, ma che non fumano, non hanno avuto alcun aumento del rischio cancro. “Il prossimo passo – ha detto Richard Houlston, che ha coordinato lo studio – e’ quello di scavare piu’ a fondo per individuare quale gene o quali geni in queste regioni causano l’aumento del rischio di sviluppare il cancro al polmone e il modo in cui innescano effettivamente questo aumento” - Fonte: AGI Salute www.agi.it

    http://www.exfumatore.com/2009/09/03/final...-polmone-su-10/

    www.icr.ac.uk/research/research_profiles/2761.shtml

    Professor Richard Houlston
    Professor of Molecular and Population Genetics

    Tel: (020) 8722 4175
    Tel: (020) 8722 4011
    [email protected]
    Location: Brookes Lawley Building, Sutton
    Section: Section of Cancer Genetics
    Research Interests
    • Molecular and Population Genetics
    • Software and Databases
    • National Interobserver Agreement in Colorectal Cancer (NIACC) Study

    View Publications from Dr Richard Houlston.
    A Genome-wide Association Study of Lung Cancer Identifies a Region of Chromosome 5p15 Associated with Risk for Adenocarcinoma
    Landi, M. T., Chatterjee, N., Yu, K., Goldin, L. R., Goldstein, A. M., Rotunno, M., Mirabello, L., Jacobs, K., Wheeler, W., Yeager, M., Bergen, A. W., Li, Q., Consonni, D., Pesatori, A. C., Wacholder, S., Thun, M., Diver, R., Oken, M., Virtamo, J., Albanes, D., Wang, Z., Burdette, L., Doheny, K. F., Pugh, E. W., Laurie, C., Brennan, P., Hung, R., Gaborieau, V., McKay, J. D., Lathrop, M., McLaughlin, J., Wang, Y., Tsao, M., Spitz, M. R., Wang, Y., Krokan, H., Vatten, L., Skorpen, F., Arnesen, E., Benhamou, S., Bouchard, C., Metsapalu, A., Vooder, T., Nelis, M., Vaelk, K., Field, J. K., Chen, C., Goodman, G., Sulem, P., Thorleifsson, G., Rafnar, T., Eisen, T., Sauter, W., Rosenberger, A., Bickeboeller, H., Risch, A., Chang-Claude, J., Wichmann, H. E., Stefansson, K., Houlston, R., Amos, C. I., Fraumeni Jr., J. F., Savage, S. A., Bertazzi, P. A., Tucker, M. A., Chanock, S., Caporaso, N. E. (2009) A Genome-wide Association Study of Lung Cancer Identifies a Region of Chromosome 5p15 Associated with Risk for Adenocarcinoma. AMERICAN JOURNAL OF HUMAN GENETICS, 85 (5). pp. 679-691. ISSN 0002-9297
    Full text not available from this repository.
    Abstract
    Three genetic loci for lung cancer risk have been identified by genome-wide association studies (GWAS), but inherited susceptibility to specific histologic types of king cancer is not well established. We conducted a GWAS of lung cancer and its major histologic types, genotyping 515,922 single-nucleotide polymorphisms (SNPs) in 5739 lung cancer cases and 5848 controls from one population-based case-control study and three cohort studies. Results were combined with summary data from ten additional studies, for a total of 13,300 cases and 19,666 controls of European descent. Four Studies also provided histology data for replication, resulting in 3333 adenocarcinomas (AD), 2589 squamous cell carcinomas (SQ), and 1418 small cell carcinomas (SQ. In analyses by histology, rs2736100 (TERT), on chromosome 5p15.33, was associated with risk of adenocarcinoma (odds ratio [OR] = 1.23, 95% confidence interval [CI] = 1.13-1.33, p = 3.02 x 10(-7)), but not with other histologic types (OR = 1.01, p = 0.84 and OR = 1.00, p = 0.93 for SQ and SC, respectively). This finding was confirmed in each replication study and overall meta-analysis (OR = 1.24, 95% CI = 1.17-1.31, p = 3.74 x 10(-14) for AD; OR = 0.99, p = 0.69 and OR = 0.97, p = 0.48 for SQ and SC, respectively). Other previously reported association signals on 15q25 and 6p21 were also refined, but no additional loci reached genome-wide significance. In conclusion, a lung cancer GWAS identified a distinct hereditary contribution to adenocarcinoma.
    Internal Authors or Editors: Authors (ICR Faculty only) Email Address
    Houlston, Richard [email protected]

    All Authors: Landi, M. T., Chatterjee, N., Yu, K., Goldin, L. R., Goldstein, A. M., Rotunno, M., Mirabello, L., Jacobs, K., Wheeler, W., Yeager, M., Bergen, A. W., Li, Q., Consonni, D., Pesatori, A. C., Wacholder, S., Thun, M., Diver, R., Oken, M., Virtamo, J., Albanes, D., Wang, Z., Burdette, L., Doheny, K. F., Pugh, E. W., Laurie, C., Brennan, P., Hung, R., Gaborieau, V., McKay, J. D., Lathrop, M., McLaughlin, J., Wang, Y., Tsao, M., Spitz, M. R., Wang, Y., Krokan, H., Vatten, L., Skorpen, F., Arnesen, E., Benhamou, S., Bouchard, C., Metsapalu, A., Vooder, T., Nelis, M., Vaelk, K., Field, J. K., Chen, C., Goodman, G., Sulem, P., Thorleifsson, G., Rafnar, T., Eisen, T., Sauter, W., Rosenberger, A., Bickeboeller, H., Risch, A., Chang-Claude, J., Wichmann, H. E., Stefansson, K., Houlston, R., Amos, C. I., Fraumeni Jr., J. F., Savage, S. A., Bertazzi, P. A., Tucker, M. A., Chanock, S., Caporaso, N. E.
    Item Type: Article
    Uncontrolled Keywords: TELOMERASE REVERSE-TRANSCRIPTASE; IDIOPATHIC PULMONARY-FIBROSIS; SUSCEPTIBILITY LOCUS; FAMILY-HISTORY; MUTATIONS; VARIANTS; POPULATION; EXPRESSION; TERT; METAANALYSIS
    Sections and Clinical Units: Cancer Genetics Section
    Cancer Genetics Section > Molecular & Population Genetics (Prof R Houlston)

    ID Code: 9102
    Deposited By: Ashley Cousins
    Deposited On: 04 Dec 2009 09:58
    Last Modified: 10 Feb 2010 11:49

    http://publications.icr.ac.uk/9102/


    Tumori maschili causati in maggioranza dal fumo
    IL FUMO ATTIVO E PASSIVO È RESPONSABILE DELL'INSORGENZA DELLA MAGGIOR PARTE DI TUMORI MASCHILI, E DI 7 DECESSI SU 10 PER CANCRO

    I ricercatori dell’Università della California, coordinati da Bruce Leistikow, hanno esaminato i dati relativi alla mortalità per tumore degli uomini del Massachusetts nel periodo compreso tra il 1979 e il 2003 scoprendo che maggior parte dei tumori maschili, non solo ai polmoni, è direttamente o indirettamente causato dal fumo.
    Nell'ambito della ricerca sono stati analizzati migliaia di dati che han evidenziato come nel range di età 30 / 74 anni l’incidenza del tumore ai polmoni e di altre neoplasie salga notevolmente, e come il fumo sia correlato a 7 decessi su 10
    A causare questi effetti sarebbe sia il fumo attivo che quello passivo, precedentemente sottovalutato.Uno studio risalente al 2001, infatti, aveva fissato al 34% l’incidenza del fumo attivo e passivo sul numero di decessi legati al cancro, una stima che è stata quasi raddoppiata in questa ultima ricerca.
    Redazione MolecularLab.it (28/01/2009)



    Male tobacco smoke load and non-lung cancer mortality associations in Massachusetts
    Leistikow BN, Kabir Z, Connolly GN, Clancy L, Alpert H. . 8:341 www.biomedcentral.com/1471-2407/8/341
    BMC Cancer. 2008. 8:341.
    www.biomedcentral.com/1471-2407/8/341 Abstract (provisional) Background Different methods exist to estimate smoking attributable cancer mortality rates (Peto and Ezzati methods, as examples). However, the smoking attributable estimates using these methods cannot be generalized to all population sub-groups. A simpler method has recently been developed that can be adapted and applied to different population sub-groups. This study assessed cumulative tobacco smoke damage (smoke load)/non-lung cancer mortality associations across time from 1979 to 2003 among all Massachusetts males and ages 30-74 years, using this novel methodology. Methods Annual lung cancer death rates were used as smoke load bio-indices, and age-adjusted lung/all other (non-lung) cancer death rates were analyzed with linear regression approach. Non-lung cancer death rates include all cancer deaths excluding lung. Smoking-attributable-fractions (SAFs) for the latest period (year 2003) were estimated as: 1- (estimated unexposed cancer death rate/observed rate). Results Male lung and non-lung cancer death rates have declined steadily since 1992. Lung and non-lung cancer death rates were tightly and steeply associated across years. The slopes of the associations analyzed were 1.69 (95% confidence interval (CI) 1.35-2.04, r=0.90), and 1.36 (CI 1.14-1.58, r=0.94) without detected autocorrelation (Durbin-Watson statistic = 1.8). The lung/non-lung cancer death rate associations suggest that all-sites cancer death rate SAFs in year 2003 were 73% (Sensitivity Range [SR] 61-82%) for all ages and 74% (SR 61-82%) for ages 30-74 years. Conclusions The strong lung/non-lung cancer death rate associations suggest that tobacco smoke load may be responsible for most prematurely fatal cancers at both lung and non-lung sites. The present method estimates are greater than the earlier estimates. Therefore, tobacco control may reduce cancer death rates more than previously noted.
    http://leistikow.ucdavis.edu/




    Fumare provoca cancro mortale ai polmoni
    In Svizzera, il cancro ai polmoni è di gran lunga la principale causa di morte per cancro negli uomini; nelle donne è la terza causa di morte dopo il tumore al seno e il cancro del colon e del retto(1). L’85 % dei casi di cancro ai polmoni è riconducibile al tabagismo(2). In altre parole, oltre 2'100 persone si ammalano in Svizzera di tumore ai polmoni dovuto al consumo di ta-bacco(3).

    Il rischio di sviluppare un tumore ai polmoni aumenta in modo significativo in base alla quantità di sigarette fumate al giorno e ancor più al numero di anni in cui si sono consumati prodotti del tabacco4,5. Il tabacco è quindi di gran lunga la principale causa del cancro ai polmoni. L’80 % delle persone che ne è colpito muore in meno di tre anni.

    Si stima che, nel corso della propria vita, rischia di ammalarsi di tumore ai polmoni e di morirne un uomo su 11, rispettivamente uno su 12, e una donna su 21, rispettivamente una su 226.

    La pipa e il sigaro possono anch’essi provocare il cancro ai polmoni, ma i rischi sono inferiori alla sigaretta, dato che numerosi fumatori di pipa e sigaro non ne inalano il fumo7,8.

    Smettere di fumare permette di ridurre in misura considerevole il rischio di sviluppare un tumore ai polmoni8,9.

    Riferimenti bibliografici:
    1. ASSOCIAZIONE SVIZZERA REGISTRI TUMORI, Cancer in Switzerland, Volume 2 - Statistics of Mortalità 1985-2003, p. 5; URL: http://asrt.ch/asrt/newstat/m2003ch.pdf.
    2. U.S. Department of Health and Human Services, Reducing the Health Consequences of Smoking: 25 Years of Progress. A Report of the Surgeon General, U.S. Department of Health and Human Services, Public Health Service, DHHS Publication No. (CDC) 89-8411, 11 gennaio 1989.
    3. Ufficio federale di statistica (2009). La mortalità da fumo in Svizzera, stima per gli anni 1995-2007.
    4. Y. T. Gao, W. J. Blot, W. Zheng et al., Lung Cancer and smoking in Shanghai, in «Int J Epidemiol», 17, 1988, pp. 277-280.
    5. R. Doll, J. Peto, Cigarette smoking and bronchial carcinoma;dose and time relationships among regular smokers and life-long nonsmokers, in «J Epidemiol Community Health», 32, 1978, pp. 303-313.
    6. Institut national du cancer du Canada, Statistiques canadiennes sur le cancer 1999, Toronto, 1999, p. 45.
    7. W. J. Blot, J. F. Fraumeni Jr, Cancers of the lung and pleura, in Cancer epidemiology and prevention, a cura di D. Schottenfeld, J. F. Fraumeni Jr., 2nd ed., New York, Oxford University Press, 1996, pp. 637-665.
    8. Santé Canada, Actualités sur le cancer. Le cancer du poumon au Canada; (http://www.hc-sc.gc.ca/hl-vs/tobac-tabac/b...ie/index_f.html).
    9. IARC, Tobacco smoking. Monographs on the evaluation of carcinogenic risk of chemicals to man, vol. 38, Lione, IARC, 1986.

    http://www.bag.admin.ch/themen/drogen/0004...ex.html?lang=it




    MORTALITY FROM SMOKING IN DEVELOPED COUNTRIES 1950-2000

    (2nd edition: updated June 2006)


    Richard Peto, Alan D. Lopez, Jillian Boreham and Michael Thun



    For 45 'developed' countries or groups of countries, smoking-attributed deaths are estimated indirectly from national vital statistics,
    as in Peto, Lopez et al, 1992, 1994 (but now updated with year 2000 national data).


    To sample the tables of tobacco deaths presented for each geographic area, click EU25 and review the 6 pairs of pages, or go to CONTENTS, click "Specific country ...." and choose one.


    To sample choosing one particular pair of pages for all 45 areas click Main tables (and wait for downloading), or go to CONTENTS,
    click "Specific pair ...." and choose to download one particular type of table or figure.



    For four former Yugoslav republics, where historical trends may be unreliable or are unavailable, pages showing trends are omitted.


    Minor differences between this and the 1994 (1st) edition are due to the use of slightly different population estimates and use of actual
    (instead of projected) national mortality data for 1995.



    The material presented is preliminary (last updated June 2006) and will change slightly, especially when actual year 2000 mortality data
    replaces the estimates that had to be made for two countries, Belgium and Turkmenistan (the latter incorporated into Central Asia).



    Copyright waiver: Any part may be reproduced without seeking permission.


    CONTENTS

    AUTHOR AFFILIATIONS





    RICHARD PETO

    Clinical Trial Service Unit & Epidemiological Studies Unit (CTSU)

    Nuffield Department of Clinical Medicine, University of Oxford

    Richard Doll Building, Old Road Campus

    Roosevelt Drive, Oxford OX3 7LF, UK





    ALAN D LOPEZ

    School of Population Health, University of Queensland

    Herston Road, Herston

    Brisbane Qld 4006, Australia





    JILLIAN BOREHAM ([email protected])

    CTSU

    Nuffield Department of Clinical Medicine, University of Oxford

    Richard Doll Building, Old Road Campus

    Roosevelt Drive, Oxford OX3 7LF, UK





    MICHAEL THUN

    Department of Epidemiology and Surveillance Research

    American Cancer Society

    1599 Clifton Road NE

    Atlanta, GA 30329-4251, USA



    www.ctsu.ox.ac.uk/~tobacco/






    www.airc.it/tumori/tumore-al-polmone.asp


    più importante fattore di rischio nel tumore del polmone è rappresentato dal fumo di sigaretta: esiste infatti un chiaro rapporto dose-effetto, e questo vale anche per il fumo passivo, tra questa abitudine e la neoplasia. Ciò significa che più si è fumato (o più fumo si è respirato nella vita), maggiore è la probabilità di ammalarsi. Questa relazione vale in particolare per alcuni sottotipi di cancro al polmone: il carcinoma spinocellulare e il microcitoma.
    Il fumo di sigaretta contiene numerose sostanze che agiscono direttamente (cioè con lesioni immediate) o indirettamente (cioè con lente modificazioni nel corso del tempo) a livello dei bronchi. Per fare un esempio, sono cancerogeni diretti gli idrocarburi aromatici policiclici (cioè i prodotti della combustione, tra cui il ben noto benzopirene) e le nitrosamine (derivati dell'ammoniaca usati nella lavorazione delle sigarette); invece i fenoli e le aldeidi (contenuti per esempio nella carta) si sono dimostrati fattori indiretti, cioè sono in grado, col tempo, di promuovere la trasformazione delle cellule in senso tumorale.
    Esistono poi altri cancerogeni chimici come l'amianto (asbesto), il radon, i metalli pesanti, il catrame e gli oli minerali, che provocano il tumore del polmone soprattutto in quella parte di popolazione che viene a contatto con queste sostanze per motivi di lavoro: si parla in questo caso di esposizione professionale.
    Infine non bisogna dimenticare alcune alterazioni genetiche che predispongono a questa malattia: le più importanti sono quelle che avvengono a carico del gene p53 o del gene FHIT, che comunque sono causa di un numero molto ridotto di casi.

    Il fumo in cifre
    Il fumo di sigaretta è oggi ritenuto il fattore causale più importante del tumore polmonare. È stato dimostrato che un uomo dell'età di 35 anni, che fuma 25 o più sigarette al giorno, ha un rischio di morire di cancro del polmone prima dei 75 anni pari al 13 per cento.

    Il rischio aumenta in relazione a:
    1. numero di sigarette fumate
    (in modo proporzionale diretto: più sono, più sale il rischio);
    2. età di inizio dell'abitudine al fumo (più si è giovani, più rischi si corrono);
    3. assenza di filtro nelle sigarette
    (i prodotti della combustione, come i catrami, contribuiscono in modo rilevante alla patologia).
    Nei soggetti che smettono di fumare il rischio si riduce nel corso dei 10-15 anni successivi, fino a eguagliare quello di chi non ha mai fumato, se si riesce a smettere per tempo. Anche il fumo passivo aumenta il rischio di sviluppare il carcinoma polmonare (ovvero aumenta del 19 per cento il rischio dell'individuo non fumatore di ammalarsi di cancro al polmone).



    http://it.wikipedia.org/wiki/Carcinoma_del_polmone

    Carcinoma del polmone
    Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
    Carcinoma del polmone


    Sezione di polmone colpito da carcinoma a cellule squamose (area solida biancastra).
    La zona a valle del bronco colpito ha limiti sfrangiati ed irregolari, con aspetto cotonoso; quest'ultimo reperto identifica un'area di consolidamento pneumonico post-ostruttivo.



    Sezione istologica di un carcinoma polmonare a cellule squamose. Il tessuto è composto da cellule squamose e non sono più presenti le caratteristiche della mucosa e della sottomucosa bronchiale normale.
    Tipo Maligno
    Cellula di origine
    Epitelio bronchiale
    Cellule APUD

    Fattori di rischio
    • Fumo
    • Radon
    • Amianto
    • Inquinamento atmosferico

    Incidenza
    60-90/100 000
    Età media alla diagnosi 60 - 80 anni
    Rapporto M:F 4-5:1
    ICD-9-CM
    (EN) 162

    ICD-10
    (EN) C33-C34

    Con la locuzione carcinoma del polmone si fa riferimento ad una categoria diagnostica che comprende l'insieme delle neoplasie maligne che originano dai tessuti epiteliali (carcinomi) che compongono i bronchi e il parenchima polmonare.[1]
    Per questo, i sarcomi e i linfomi che originano nel contesto delle strutture polmonari devono essere distinti da questa categoria.
    La maggior parte (oltre il 95%) delle neoplasie polmonari maligne è rappresentato dal carcinoma del polmone, mentre i sarcomi e linfomi costituiscono meno dello 0,5% di questa casistica.[2] Meno del 5% delle neoplasie polmonari è invece rappresentato da tumori benigni (amartoma) o a basso grado di malignità (carcinoidi).[3]
    Un'ulteriore distinzione deve essere operata tra neoplasie primitive e neoplasie secondarie; infatti, mentre le prime originano dalle strutture polmonari, le seconde sono rappresentate da metastasi di neoplasie che si originano in altri organi come, ad esempio, il rene, il fegato, la mammella e la prostata.
    Storia [modifica]
    Il carcinoma del polmone era poco comune prima della diffusione dell'abitudine al fumo di tabacco e fino al 1791 non era considerato un'entità patologica con dignità propria.[4] I differenti aspetti del carcinoma del polmone vennero descritti nel 1819.[5] Nel 1878 i tumori maligni del polmone costituivano solo l'1% delle neoplasie osservate in corso di autopsia, ma la percentuale salì fino al 10-15% nella prima parte del 1900.[6] I dati riportati nella letteratura medica riferiscono solo 374 casi in tutto il mondo nel 1912,[7] ma lo studio dei dati derivati dai referti autoptici ha dimostrato che l'incidenza aumentò dallo 0,3% nel 1852 al 5,66% nel 1952.[8]
    In Germania, nel 1929, il medico Fritz Lickint riconobbe la connessione tra il fumo di sigaretta e il carcinoma del polmone,[6] evento che portò ad un'imponente campagna anti-fumo nella Germania nazista.[9] Il British Doctors Study, uno studio iniziato negli anni cinquanta, costituì la prima solida evidenza epidemiologica della connessione tra il fumo e il carcinoma del polmone.[10] Come risultato, nel 1964, il Surgeon General of the United States raccomandò a tutti i fumatori di interrompere l'abitudine al fumo.[11]
    La connessione con il radon venne riconosciuta per prima tra i minatori delle riserve metallifere intorno a Schneeberg, nella zona di confine tra la Baviera (Germania) e la Boemia (Repubblica Ceca). Questa regione è molto ricca in fluorite, ferro, rame, cobalto e argento, quest'ultimo raccolto fin dal 1470. La presenza di notevoli quantità di uranio e radio si tradusse in un'intensa e continuativa esposizione al radon, gas radioattivo ritenuto responsabile della carcinogenesi (vedi eziologia).
    I minatori svilupparono una quantità sproporzionata di affezioni polmonari, ricondotte nel 1870 ai poliedrici quadri clinici sostenuti dalle neoplasie polmonari. È stato stimato che circa il 75% di questi minatori morirono per carcinoma del polmone.[12] Nonostante questa scoperta l'estrazione di uranio continuò anche durante gli anni cinquanta, a causa della continua richiesta da parte dell'Unione Sovietica.[13]
    Il primo intervento riuscito di pneumectomia per carcinoma del polmone è stato effettuato nel 1933.[14] La radioterapia palliativa è stata usata sin dagli anni quaranta,[15] mentre la radioterapia radicale (ad alti dosaggi) cominciò ad essere presa in considerazione dagli anni cinquanta in poi come presidio terapeutico nei soggetti con carcinoma del polmone limitato, ma inadatti all'intervento chirurgico.[16] Nel 1997 la radioterapia continua accelerata iperfrazionata (CHART) soppiantò la convenzionale radioterapia radicale per la cura delle neoplasie polmonari.[17]
    Per quanto riguarda il carcinoma polmonare a piccole cellule, gli iniziali approcci chirurgici nel 1960[18] e la radioterapia radicale[19] furono infruttuosi. Regimi chemioterapici soddisfacenti vennero sviluppati solo a partire dagli anni settanta.[20]
    Nel mondo [modifica]
    Il carcinoma del polmone è la neoplasia con il maggior tasso di incidenza e di mortalità nel mondo (1,35 milioni di nuovi casi all'anno e 1,18 milioni di morti), con la massima frequenza negli Stati Uniti d'America e in Europa.[21] Negli Stati Uniti, nel 2006, il carcinoma del polmone è stato diagnosticato in circa 60 persone ogni 100 000 abitanti; nello stesso periodo sono morte per questa neoplasia circa 52 persone ogni 100 000 abitanti.[2]
    Vengono colpiti prevalentemente soggetti di età superiore a 50 anni che abbiano fatto uso di tabacco. Le misure di prevenzione per il fumo di sigaretta prese dal 1960 in poi hanno portato a una lenta ma costante diminuzione del tasso di mortalità negli individui di sesso maschile nella prima parte di questo secolo, benché non si sia ancora osservata una diminuzione significativa nelle donne.[22] In particolare è stato rilevato che mentre nell'Europa orientale il tasso di mortalità è maggiore negli uomini, nell'Europa settentrionale (vedi epidemiologia in Europa) e negli Stati Uniti il tasso di mortalità è maggiore nelle donne.[23]
    Altri studi epidemiologici si sono concentrati nella valutazione di altri fattori di rischio per lo sviluppo di tumori polmonari, rivelando un maggiore tasso d'incidenza nelle popolazioni esposte all'inquinamento proveniente dalle emissioni di automobili, industrie e centrali termoelettriche, come nel Texas,[24] a Taiwan[25] e nelle zone limitrofe a Dublino.[26] Dai dati provenienti da questi studi è risultato evidente il ruolo delle misure preventive focalizzate sulla riduzione dell'esposizione soprattutto ai fumi provenienti dalla combustione del gasolio e dei carburanti derivati dal petrolio.[27]
    Il carcinoma del polmone è meno comune nei paesi in via di sviluppo, benché sia stato rilevato un notevole aumento di incidenza e di mortalità nei paesi in cui è subentrata l'abitudine al fumo di sigaretta, in particolare in Cina[28] e in India.[29]
    L'incidenza (per ogni paese) di neoplasie polmonari ha una relazione inversa con l'esposizione alla luce solare e ai raggi ultravioletti: una possibile spiegazione del fenomeno può essere connessa al ruolo anti-tumorale svolto dalla vitamina D, che si origina dalla pelle in seguito all'esposizione solare.[30]
    Un dato degno di nota è un aumento dell'incidenza, dal 1950 in poi, della variante adenocarcinoma,[31] tumore che interessa soprattutto le regioni periferiche del polmone. Il fenomeno è essenzialmente dovuto all'introduzione del filtro nelle sigarette, in grado di intrappolare le particelle più grandi (che si depositerebbero nei bronchi prossimali) e di lasciar passare invece le particelle più piccole, che si depositano nei bronchi distali. La presenza del filtro, inoltre, induce il fumatore a fare inspirazioni più profonde per ricevere la stessa quota di nicotina, con maggiore deposizione delle sostanze tossiche nelle regioni polmonari più periferiche.[32] Negli Stati Uniti d'America, tuttavia, l'incidenza di adenocarcinoma sta diminuendo dal 1999: questo dato sembra essere dovuto alla diminuzione dell'inquinamento ambientale.[31]
    In Europa [modifica]
    In Europa (2006) il carcinoma del polmone costituisce la più comune causa di morte per cancro.[33]
    Nella tabella e nelle carte tematiche sono riportati i relativi dati di incidenza e mortalità in Europa nello stesso periodo.[33] L'incidenza nelle femmine, in assoluto, è minore di quella nei maschi, in accordo con la tendenza mondiale. In particolare, l'incidenza nei maschi risulta essere particolarmente elevata negli stati dell'Europa orientale (Ungheria, Polonia, Russia e Bielorussia), mentre negli stati scandinavi e negli stati dell'Europa settentrionale (Svezia, Finlandia, Norvegia, Gran Bretagna, Islanda e Irlanda) l'incidenza è molto minore. Per le femmine la situazione è quasi opposta: negli stati dell'Europa settentrionale l'incidenza è massima, con un sorpasso sul sesso maschile in Islanda, mentre è minima nell'Europa orientale.
    Elaborando queste informazioni si ricava che l'assetto della distribuzione dell'incidenza prevede una discrepanza minima tra il sesso maschile e quello femminile negli stati del nord e massima negli stati dell'est. Allo stesso modo si può constatare che, in linea generale, a mano a mano che per ogni paese scende l'incidenza per i maschi quella per le femmine aumenta fino ad equipararsi. La mortalità segue strettamente la tendenza mostrata dall'incidenza, con picchi nei paesi dell'est per i maschi e nei paesi del nord per le femmine.


    In Italia [modifica]


    Incidenza e mortalità in Italia per carcinoma del polmone nel periodo 1998-2002
    In Italia nel 2004 sono morte 32 840 persone per carcinoma del polmone.[34] Nel periodo compreso tra l'anno 1998 e il 2002, nell'area AIRT (località italiane analizzate nei grafici a destra) il carcinoma del polmone ha rappresentato per frequenza la 3ª neoplasia diagnosticata nel sesso maschile e la 4ª nel sesso femminile.[35] Per quanto riguarda la mortalità, il carcinoma del polmone rappresenta la prima causa di mortalità per cancro nell'uomo e la seconda nella donna (dopo il cancro della mammella).
    I tassi relativi sono stati elaborati ed inseriti nel grafico a destra, dalla cui osservazione è possibile ricavare una serie di informazioni. In primo luogo, come in Europa, l'incidenza di carcinoma del polmone in Italia è caratterizzata da un rapporto maschi:femmine di circa 5-4:1, benché queste differenze si stiano completamente annullando per quanto riguarda l'incidenza in soggetti di età compresa tra i 20 e i 44 anni.[36] L'incidenza per il sesso maschile è massima a Genova, in Veneto, a Ferrara e a Napoli, mentre è minima nell'Alto Adige; nelle femmine l'incidenza è massima nel Veneto e a Parma mentre è minima in alcune città del Sud come Salerno e Ragusa. La mortalità per i maschi è massima in Veneto, Napoli e a Varese mentre è minima in Umbria, a Macerata e a Ragusa. Nelle femmine la mortalità è massima a Ferrara ed in Veneto mentre è minima a Ragusa, Salerno e Macerata.
    Un'ulteriore osservazione può essere fatta confrontando i dati di incidenza con quelli di mortalità per uno stesso luogo, ricavando che, comunque sia, il carcinoma del polmone ha un bassissimo indice di sopravvivenza sia nei maschi che nelle femmine. Inoltre, per entrambi i sessi, in luoghi come Ferrara e Genova dove è massimo il tasso di incidenza vi è un indice di sopravvivenza maggiore rispetto a luoghi come l'Alto Adige in cui l'incidenza è minima. Questo significa che ad esempio a Genova, benché il tasso di mortalità sia in assoluto maggiore rispetto a quello dell'Alto Adige, vi è una maggiore possibilità di sopravvivenza nei soggetti cui viene diagnosticato il carcinoma del polmone. Nello stesso periodo gli istotipi (vedi classificazione istologica) più frequenti nel sesso maschile sono il carcinoma polmonare a cellule squamose (32%) e l'adenocarcinoma polmonare (23%), mentre il carcinoma polmonare a piccole cellule rappresenta circa l'8% di questa casistica.[35] Nelle femmine l'adenocarcinoma polmonare rappresenta l'istotipo più frequente (33%), seguito dal carcinoma polmonare a cellule squamose (16%). Come nei maschi, il carcinoma polmonare a piccole cellule è meno frequente a questi due istotipi (9%). In entrambi i sessi l'età media di incidenza in Italia è tra i 70 e gli 80 anni. La mortalità nei maschi è massima tra i 75 e i 79 anni, mentre nelle femmine è massima tra gli 80 e 84 anni. Deve inoltre essere sottolineato che a partire dalla fine degli anni ottanta fino al 2002 l'incidenza e la mortalità di carcinoma del polmone sono diminuite nel sesso maschile. Nel sesso femminile i dati indicano un aumento dell'incidenza e della mortalità. Tuttavia, per il sesso femminile, la mortalità cresce meno di quanto cresca l'incidenza; il motivo di questo fenomeno è da ricercare nella maggiore speranza di sopravvivenza offerta dai nuovi schemi di chirurgia associati a radioterapia e chemioterapia adiuvante (vedi terapia).
    Eziologia [modifica]
    Fumo di sigaretta [modifica]


    L'incidenza del cancro ai polmoni è strettamente correlata al consumo di sigarette, come attesta il grafico comparativo. Fonte:NIH
    Il fumo di sigaretta è considerato il principale agente eziologico per lo sviluppo di carcinoma del polmone.[37] Secondo uno studio elaborato servendosi di proiezioni statistiche, è responsabile di circa il 90% dei tumori polmonari mortali nei paesi sviluppati.[38] In particolare, sempre secondo uno studio, negli USA il fumo di sigaretta è responsabile dello sviluppo dell'87% dei casi di neoplasia polmonare (90% negli individui di sesso maschile e 85% nelle donne),[39] con un'incidenza che aumenta considerevolmente se le prime esposizioni avvengono tra i 18 e 25 anni di età.[40] Il fumo di sigaretta contiene circa 60 cancerogeni certi,[41] inclusi i radioisotopi provenienti dal decadimento del radon, il benzopirene e alcune nitrosamine. Inoltre la nicotina presente è in grado di deprimere la risposta immunitaria, diminuendo la capacità di sorveglianza e di killing delle cellule neoplastiche da parte dei linfociti T e dei linfociti NK.[42] Il rischio percentuale di sviluppo di cancro mortale aumenta con l'aumentare del tempo di esposizione e del numero di sigarette fumate, con graduale diminuzione temporale del rischio in seguito a cessazione totale dell'esposizione.[43] Il fumo di sigaretta non rappresenta solo un fattore di rischio, ma anche un importante elemento in grado di influenzare la prognosi, dimostrato dal fatto che soggetti non fumatori ma con carcinoma del polmone hanno una maggiore percentuale di sopravvivenza a 5 anni rispetto ai fumatori.[44] Inoltre è stato ampiamente documentato che la cessazione del fumo in seguito alla diagnosi di tumore migliora notevolmente il profilo prognostico.[45]
    Del fumo di sigaretta si deve considerare una componente mainstream e una sidestream; la prima, ad alte temperature, è quella generata da processi di inspirazione attiva. La seconda, a basse temperature, è il risultato della combustione spontanea tra le dita o nel posacenere. Ultimamente questa distinzione ha assunto un notevole peso epidemiologico, poiché recenti studi[46] hanno dimostrato come la componente sidestream, che rappresenta per larga parte il fumo passivo (85%), sia potenzialmente più nociva rispetto alla componente mainstream (fumo attivo). Naturalmente all'atto pratico, data la notevole diluizione nell'aria che il fumo passivo subisce prima di essere eventualmente inalato, l'aumento percentuale di rischio di contrarre patologie a cui è esposto chi lo assume resta notevolmente inferiore rispetto a quello del fumatore attivo. La connessione tra esposizione passiva e aumento del rischio è stata ulteriormente dimostrata da studi condotti negli USA,[47][48][49][50][51][22] in Europa,[52] in Gran Bretagna[53] e in Australia[54] che hanno documentato un aumento del rischio relativo nei soggetti esposti al fumo passivo (soggetti che vivono o che lavorano con un fumatore attivo).
    Radon [modifica]


    Media della distribuzione di radon nell'atmosfera terrestre (Bq/m³)
    Il radon è un gas inodore ed incolore, generato dai processi di decadimento del radio, esso stesso prodotto del decadimento dell'uranio, presente diffusamente nella crosta terrestre (granito e minerali usati per la costruzione delle abitazioni). Il radon rappresenta un elemento volatile e radioattivo, in grado di indurre mutazioni a carico del DNA e di rappresentare quindi un rischio concreto di neoplasia; in merito a quest'ultimo punto, ricerche recenti (2006) hanno promosso il radon come secondo fattore di rischio per lo sviluppo di cancro mortale al polmone.[55] I livelli di radon variano in base alla località e in base alla composizione relativa della crosta terrestre; per esempio in Cornovaglia l'elevata presenza di granito ed altri minerali aumenta a tal punto i livelli di radon da rendere consigliato l'uso di ventilatori ed estrusori per diminuire la concentrazione del gas all'interno degli edifici.[56][57] La United States Environmental Protection Agency (EPA) ha stimato che negli USA almeno in una 1 casa su 15 sono presenti livelli di radon che superano di almeno 4 picocurie per litro (pCi/L, o 148 Bq/m³) i limiti di sicurezza stabiliti.[58] L'Iowa è lo stato degli USA con la più elevata concentrazione di radon nell'aria (superiore di 4 pCi/L rispetto al controllo), con un aumento del rischio di sviluppo di cancro mortale del polmone superiore del 50% rispetto alla popolazione non esposta.[59][60] L'esposizione media italiana al radon all'interno degli edifici è mediamente di 77 Bq/m³; in relazione alla mortalità assoluta per cancro al polmone è stato stimato che dal 5 al 20% di insorgenza di tumore mortale è dovuta all'esposizione di radon indoor.[61] In base a questi dati e a successivi esperimenti, una buona ventilazione degli edifici si è dimostrata essere un provvedimento in grado di diminuire considerevolmente l'esposizione al radon.[62] I decreti legislativi n. 230/1995 e n. 241/2000 impongono inoltre la misurazione dei livelli di radiazione assunta da radon negli individui che lavorano nel sottosuolo.[63]
    Amianto [modifica]


    Fibre di asbesto (corpo aghiforme circondato da inclusioni rotondeggianti marroni) in aspirato citologico svolto per la diagnosi di tumore polmonare
    L'amianto, oltre ad essere implicato nella patogenesi della asbestosi e del mesotelioma pleurico, mostra un ruolo sinergico con il fumo di tabacco per lo sviluppo di carcinoma del polmone.[64] In Gran Bretagna è stato stimato che il 2-3% dei casi di cancro mortale è causato dall'amianto.[65] In Italia, la correlazione tra l'esposizione all'amianto e il carcinoma del polmone è stata documentata per la prima volta del 1995:[66] lo stesso studio ha dimostrato che mentre la sola esposizione all'amianto è in grado di aumentare il rischio di 5 volte, l'esposizione combinata di amianto e fumo di tabacco è in grado di aumentare il rischio di 95 volte.
    Inquinamento atmosferico [modifica]
    Benché non siano presenti ancora dati definitivi, l'esposizione allo smog e all'inquinamento atmosferico (prodotti della combustione dei derivati del petrolio e prodotti delle lavorazioni che comportano l'uso di metalli particolari come nichel e cromo) è chiamata in causa nella patogenesi di cancro mortale del polmone.[66]
    Virus [modifica]


    Ricostruzione tridimensionale del simian virus 40, ritenuto essere coinvolto nella patogenesi di alcune forme tumorali
    La capacità oncogena dei virus è stata ampiamente dimostrata nel modello animale,[67][68] benché recenti evidenze suggeriscono il ruolo potenziale del papillomavirus,[69] del poliomavirus JC,[70] del simian virus 40 (SV40), del virus BK e del citomegalovirus[71] nella patogenesi del carcinoma del polmone nell'uomo. Questi virus possono alterare il ciclo cellulare e bloccare i processi di apoptosi, promuovendo un anomalo controllo della replicazione cellulare e lo sviluppo successivo di neoplasia.
    Predisposizione genetica [modifica]
    La presenza di mutazioni ereditarie a carico di p53 (come la sindrome di Li-Fraumeni) e di Rb predispongono al carcinoma del polmone.[72] Un ulteriore gene coinvolto sembra essere il gene che codifica per il citocromo CYP1A1, della famiglia del sistema enzimatico P450,[73] responsabile del metabolismo di alcuni farmaci, di composti aromatici e del benzopirene.[74] Polimorfismi a carico di questo gene comportano un alterato metabolismo dei composti cancerogeni presenti nel fumo di sigaretta, con maggiore suscettibilità al cancro per i soggetti che hanno ereditato la variante enzimatica del CYP1A1.[3]
    Malattie polmonari [modifica]
    La presenza di enfisema o di bronchite cronica testimonia l'esposizione massiva al fumo di sigaretta;[75] conseguentemente, questi soggetti hanno una probabilità maggiore di sviluppo di cancro mortale del polmone.[37] Una pregressa tubercolosi rappresenta un rischio a sé stante per lo sviluppo di cancro mortale del polmone; tale evento prende il nome di carcinoma su cicatrice,[76] che descrive l'innesco del processo neoplasico nel sito polmonare nel quale è avvenuto (ed in seguito risolto con cicatrizzazione) il processo tubercolare.
    Patogenesi [modifica]
    Gli elementi eziologici analizzati portano a mutazioni del DNA che innescano un insieme di modificazioni che hanno come risultato finale un'intensa proliferazione dell'epitelio, con aberrazioni dell'architettura del tessuto polmonare. Con il tempo e con il prolungarsi dell'esposizione, l'insieme di queste modificazioni costituisce il terreno sul quale origina e si muove la neoplasia. Da queste considerazioni si deduce che al disordine neoplastico si associano alterazioni microscopiche, macroscopiche e molecolari, che evolvono in coerenza nel tempo e nello spazio.
    Mentre queste ultime verranno discusse nelle sezione Eventi biologico-molecolari, le prime due corrispondono ad alterazioni visibili che sostengono il quadro clinico-patologico. Occorre quindi considerare sempre che simultaneamente al disordine neoplastico visibile, si muove un substrato molecolare sincrono ed evolutivo in grado di condizionare la storia clinica e la prognosi del tumore, conferendo proprietà di invasività, metastatizzazione o resistenza alla chemio-radioterapia.
    Alterazioni clinico-patologiche [modifica]
    Alterazioni istologiche nel carcinoma del polmone[3]

    Tappe anatomo-patogenetiche
    Stimolo oncogeno
    ↓ Stimolo oncogeno
    I
    I
    I

    Iperplasia adenomatosa atipica
    I
    I
    I
    I

    Alterazioni reversibili
    Iperplasia epiteliale

    Epitelio metaplastico

    Alterazioni irreversibili
    Displasia

    Carcinoma in situ

    Carcinoma polmonare a cellule squamose
    Adenocarcinoma polmonare
    Carcinoma bronchioloalveolare

    Come illustra lo schema, un tumore non insorge in un epitelio sano. Occorrono infatti molti anni affinché che lo stimolo cancerogeno rappresentato dal contatto con uno dei fattori di rischio possa promuovere alterazioni tali da innescare lo sviluppo di tumore. Nell'epitelio bronchiale, l'esposizione ripetitiva al fumo porta ad un'intensa proliferazione (iperplasia) che tuttavia non possiede le alterazioni genetiche tipiche del tumore. Con il tempo ed il perdurare dello stimolo, le cellule che costituiscono il tessuto iperplastico possono andare incontro ad un processo definito metaplasia, un particolare evento caratterizzato dalla trasformazione di un tipo cellulare in un altro. Nel caso del polmone, le cellule che compongono l'epitelio si trasformano da cilindriche a fusate, assumendo un aspetto che nell'insieme viene definito pavimentoso stratificato.[77] Il passo successivo è rappresentato dalla displasia, una situazione nella quale viene ad essere alterata la normale architettura tissutale. Questo significa che le cellule andranno incontro ad una proliferazione non più ordinata in base alla fisiologica anatomia del tessuto, ma verranno a svilupparsi, ad esempio, in contesti di pertinenza di altri tessuti. Nel polmone questo è visibile poiché le cellule pavimentose non si disporranno più verso il lume del bronco, ma tenderanno ad accumularsi negli strati medi ed inferiori della mucosa, testimoniando che le cellule alterate sono svincolate dalla polarizzazione imposta dall'epitelio stesso. Differentemente dalla metaplasia, che può essere risolta eliminando lo stimolo nocivo, la displasia è un processo irreversibile e rappresenta il seme dal quale si genera il carcinoma in situ, definito come una lesione neoplastica che non ha ancora oltrepassato il limite imposto dalla lamina propria. Questi eventi descrivono le tappe patogenetiche che caratterizzano la genesi del carcinoma polmonare a cellule squamose; tuttavia è stato messo in evidenza[78] che, differentemente da questo tipo, l'adenocarcinoma polmonare e il carcinoma bronchioloalveolare originano da un'alterazione prenoplastica denominata iperplasia adenomatosa atipica, caratterizzata da un'intensa proliferazione di strutture ghiandolari nel contesto del tessuto polmonare.
    Eventi biologico-molecolari [modifica]

    Per approfondire, vedi la voce Carcinogenesi.

    Il terreno attraverso il quale si snoda il disordine neoplastico è caratterizzato da alterazioni molecolari che possono essere riassunte in sei grandi gruppi patogenetici.[79]
    Autosufficienza per la crescita cellulare [modifica]
    Una cellula privata di fattori di crescita va rapidamente incontro ad apoptosi. Per questo, acquisire autosufficienza per i fattori di crescita rappresenta un meccanismo fondamentale per innescare e sostenere la carcinogenesi. Diverse alterazioni, su diverse componenti, possono realizzare e promuovere l'autosufficienza: per il carcinoma del polmone assumono particolarmente importanza le vie di segnalazione cellulare che riguardano tre sistemi proteici: EGFR, Ras e Myc.


    Segnalazione intracellullare innescata dal legame tra EGFR e il suo agonista. L'iperespressione di EGFR o la sua mutazione attivante è un importante fattore patogenetico per il carcinoma del polmone
    Recettore del fattore di crescita dell'epidermide [modifica]

    Per approfondire, vedi la voce Recettore del fattore di crescita dell'epidermide.

    Nel tessuto polmonare uno dei recettori per i fattori di crescita è rappresentato dal recettore del fattore di crescita dell'epidermide o EGFR (anche detto ErbB-1), proteina posta sulla membrana cellulare di molte cellule bronchiali.[80]
    Essenzialmente, sono 3 i meccanismi attraverso i quali alterazioni di EGFR possono contribuire allo sviluppo e al mantenimento del carcinoma del polmone.[80]
    Iperespressione dei ligandi di EGFR
    La continua presenza di molecole in grado di stimolare EGFR, benché non sia sufficiente ad innescare il processo di carcinogenesi,[81] è estremamente importante poiché porta ad una condizione perpetua di stimolo proliferativo, promuovendo la proliferazione di cellule precedentemente mutate.
    Amplificazione di EGFR
    Se il numero di recettori per unità di superficie cellulare aumenta, aumenta di conseguenza la responsività della cellula ad un dato stimolo esterno.[81] Quindi, una cellula che esprime un maggior numero di recettori è una cellula con una maggiore capacità proliferativa, condizione che avvantaggia le cellule neoplastiche, che possiedono più copie del gene di EGFR o un gene costituitavamente espresso.
    Mutazioni attivanti di EGFR
    Le mutazioni del gene di EGFR possono portare all'indipendenza funzionale del recettore, rendendolo costitutivamente attivo anche in assenza di uno stimolo esterno.[81] Tali mutazioni sono presenti nel 20% dei NSCLC (Carcinoma polmonare non a piccole cellule; vedi, più oltre, la sezione Classificazione istologica) e nell'80% di NSCLC non responsivi a terapia,[82] con maggiore frequenza nell'adenocarcinoma polmonare,nel sesso femminile e nei soggetti di origine asiatica.[83]


    Ricostruzione tridimensionale della struttura della proteina Ras la cui mutazione è spesso connessa alle forme tumorali resistenti alla chemioterapia
    Ras [modifica]
    Come precedentemente discusso nella trattazione del ruolo fisiologico di EGFR, la proteina Ras rappresenta un punto di snodo cruciale nella segnalazione di proliferazione e differenziazione cellulare.[84] Mutazioni di Ras, soprattutto dell'isoforma K-Ras, sono presenti soprattutto nell'adenocarcinoma polmonare,[85] benché, comunque sia, rappresentano un'alterazione tipica (15-20%) di tutte le forme di NSCLC.[86] Mutazioni attivanti di K-Ras si associano molto strettamente all'abitudine al fumo di sigaretta e alla resistenza insorta durante il trattamento chemioterapico.[87]
    Myc [modifica]
    Myc è un oncogene che codifica per una proteina che rappresenta il traguardo finale del segnale di proliferazione convogliato da Ras;[88] ciò significa che una mutazione attivante di Myc o una sua iperespressione mima fisiologicamente una mutazione attivante di Ras. Le alterazioni di Myc sono associate a moltissime forme di cancro[89] e nel carcinoma del polmone assumono una valenza particolare le forme cMYC, MYCN e MYCL. Mentre la mutazione di cMyc in circa il 8-20% delle forme di NSCLS, la mutazione delle ultime due forme rappresenta un meccanismo patogenetico fondamentale nello sviluppo di carcinoma polmonare a piccole cellule.[90]
    Evasione dalla apoptosi [modifica]
    L'apoptosi può essere definita come morte cellulare programmata che, differentemente dalla necrosi, rappresenta un processo fisiologico e di notevolissima importanza. La regolazione dei processi apoptotici permette il corretto sviluppo di diversi nuovi tessuti a scapito di popolazioni cellulari senescenti o rudimentali. Benché questi processi siano particolarmente evidenti durante l'embriogenesi, l'apoptosi riveste un ruolo fondamentale anche nell'individuo adulto, soprattutto nell'eliminazione dei linfociti autoreattivi e delle cellule tumorali.[91] Giocoforza, la compromissione di tali meccanismi o l'acquisizione da parte del tumore della capacità di evadere l'apoptosi, rappresenta uno dei momenti cruciali per la progressione della neoplasia.[81]


    Ricostruzione tridimensionale della struttura della proteina p53. La perdita di questa proteina è responsabile della capacità da parte delle cellule neoplastiche di sfuggire dai meccanismi apoptotici
    p53
    p53 è una proteina di 53 kilodalton (kDa) che funge da fattore di trascrizione ed è codificata dal gene TP53.[92][93][94] L'mRNA che traduce per p53 è trascritto in seguito a danno del genoma, provocato, ad esempio, da radiazioni, agenti chimici e stress ossidativo[95] La proteina p53 cosi tradotta porta alla trascrizione di p21 (arresto del ciclo cellulare),[96] di Gadd45 (riparazione del DNA)[97][98] e di Bax (induttore dell'apoptosi);[99] riassumendo: un danno al DNA promuove la traduzione di p53 che blocca il ciclo cellulare, ripara il DNA e, in caso di insuccesso, innesca l'apoptosi. Per questo, p53 è stato denominato il guardiano del genoma, in quanto in grado di prevenire l'instaurarsi di danni al DNA e di stabilizzare il genoma.[100]
    Mutazioni inattivanti di p53 trasmesse con modalità autosomico recessiva sono le responsabili della sindrome di Li-Fraumeni,[72] che rappresenta una condizione di rischio per lo sviluppo di carcinoma del polmone. Alterazioni di p53 nelle cellule dell'epitelio bronchiale con alterazioni di tipo neoplastico in individui che non hanno ereditato l'allele mutato, sono presenti sia nel carcinoma polmonare a piccole cellule (>90%) che nei NSCLC (>80%).[1]

    Bcl-2
    Bcl-2 è una proteina che si lega alla membrana esterna dei mitocondri inibendo l'apoptosi.[81] Questo significa che un aumento dell'espressione di bcl-2 nelle cellule neoplastiche consente la valicazione degli stimoli apoptotici e la sopravvivenza cellulare. Benché l'iperespressione di bcl-2 rappresenti un punto patogenetico fondamentale nelle varie forme di leucemia e di linfomi, tale alterazione si riscontra frequentemente (>75%) anche nel SCLC.[101] In questo tipo di tumori è sovente riscontrare un'iperespressione di Bcl-2 e una diminuzione funzionale di p53, elementi che, con meccanismo sinergico, sono in grado di promuovere e sostenere l'aggressività del microcitoma.
    Evasione dal blocco alla crescita cellulare [modifica]
    Nel processo di evoluzione di una neoplasia le cellule acquisiscono gradualmente nuove capacità proliferative svincolandosi dal blocco imposto da alcuni geni denominati per questo oncosoppressori.[81] In generale, meccanismi che portano alla perdita di un solo allele oncosoppressore non sono sufficienti a promuovere lo sviluppo di un tumore; tuttavia, la perdita di entrambi gli alleli (two hits hypothesis) è strettamente associata a instabilità genetica, ad alterato ciclo cellulare ed, infine, alla proliferazione incontrollata.[102]
    La proteina p53 rappresenta un tipico esempio di gene oncosoppressore; un ulteriore classico esempio è rappresentato dalla Rb, in grado di controllare le diverse tappe del ciclo cellulare.[103] Ogniqualvolta uno di questi geni viene perso o inattivato da mutazione in entrambi gli alleli si parla di loss-of-heterozygosity (LOH).[104] Molti studi,[105] focalizzati soprattutto sul carcinoma polmonare a cellule squamose, hanno messo in evidenza le seguenti loss-of-heterozygosity:
    Cromosoma coinvolto Sigla Esempi di
    geni presenti
    Braccio corto del cromosoma 1
    1p PINK1

    Braccio corto del cromosoma 3
    3p FHIT; RASSF1; VHL

    Braccio lungo del cromosoma 3
    3q PDCD10

    Braccio corto del cromosoma 4
    4p FGFR3

    Braccio lungo del cromosoma 4
    4q Molte chemochine

    Braccio lungo del cromosoma 5
    5q NSD1

    Braccio lungo del cromosoma 8
    8q NDRG1

    Braccio lungo del cromosoma 9
    9q TGFBR1

    Braccio corto del cromosoma 10
    10p ERCC6

    Braccio lungo del cromosoma 10
    10q PTEN; ALOX5; CDH23

    Braccio lungo del cromosoma 13
    13q BRCA2; Rb

    Braccio corto del cromosoma 17
    17p p53

    Braccio lungo del cromosoma 17
    17q BRCA1

    Braccio lungo del cromosoma 18
    18q SMAD4

    Braccio corto del cromosoma 19
    19p STK11




    Omissis

    Prevenzione [modifica]
    Per definizione, le misure preventive hanno come scopo l'eliminazione dei fattori eziologici e dei fattori di rischio. In questa ottica, la misura preventiva più efficace per ridurre l'incidenza di carcinoma del polmone è ridurre al minimo l'esposizione al fumo di sigaretta, sia esso attivo o passivo.[209] In seguito alle evidenze mostrate dagli studi citati in precedenza, risulta essere molto importante prevenire l'esposizione al fumo soprattutto nei soggetti giovani.[40] Negli Stati Uniti d'America, il center for disease control, un ente che si occupa del controllo e della prevenzione delle malattie, ha suggerito di spendere il 15% dei proventi derivanti dalla tassazione dei prodotti del tabacco in programmi di prevenzione.[210]
    A partire dal 1998, negli stati occidentali degli USA come la California sono state prese numerose misure per diminuire l'esposizione al fumo passivo nei luoghi pubblici. In seguito, analoghe misure sono state prese in Europa, con l'Irlanda nel 2004, l'Italia e la Norvegia nel 2005, la Scozia nel 2006, l'Inghilterra nel 2007 e la Francia nel 2008. La Nuova Zelanda ha cominciato ad applicare misure contro il fumo nei luoghi pubblici nel 2004. Nello stato del Bhutan, dal 2005, è in vigore una legge che impone il completo divieto di fumo.[211] In molti paesi, gruppi attivi nella lotta contro il fumo stanno facendo una campagna per simili divieti. Nel 2007, Chandigarh è diventato la prima città indiana a diventare "senza fumo". L'India ha introdotto un divieto totale di fumo ai luoghi pubblici il 2 ottobre 2008.
    Tuttavia, una politica eccessivamente tesa al proibizionismo nei confronti del fumo di tabacco si è dimostrata essere positivamente correlata allo sviluppo di attività criminali di contrabbando, il che ha portato a porre un limite allo sviluppo di decreti legislativi troppo restrittivi.[212]
    Nel 2008, uno studio condotto su oltre 77000 soggetti adulti ed anziani ha dimostrato che l'utilizzo protratto di integratori multivitaminici contenenti folati, vitamina C e vitamina E non è in grado di prevenire l'incidenza di carcinoma del polmone. Inoltre, è stato osservato che un uso intenso di vitamina E, soprattutto se condotto per lunghi periodi, è associato ad un aumento del rischio per lo sviluppo di carcinoma del polmone.[213]
    L'Organizzazione mondiale della sanità ha richiesto ai governi di eliminare completamente la pubblicità riguardanti il tabacco per prevenire che i giovani inizino a fumare, sostenendo che, nei paesi in cui queste misure sono già state prese, il consumo di tabacco si è già ridotto del 16%.[214]
    Per limitare l'esposizione al radon è possibile effettuare un controllo della quantità di questo gas nella propria abitazione tramite la sede ARPA più vicina.




    Note [modifica]
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    Toxicological Sciences 64, 4-6 (2001)
    Copyright © 2001 by the Society of Toxicology
    ________________________________________PROFILES IN TOXICOLOGY
    A Short History of Lung Cancer
    Hanspeter Witschi
    ITEH and Department of Molecular Biosciences, School of Veterinary Medicine, University of California, Davis, California 95616
    For correspondence via fax: (530) 752-5300. E-mail: [email protected] .
    "Lung cancer continues to be the leading cause of death in both men and women in the US, with over 158,900 deaths in 1999. Worldwide, lung cancer kills over 1 million people a year. Extensive prospective epidemiologic data clearly establish cigarette smoking as the major cause of lung cancer. It is estimated that about 90% of male lung cancer deaths and 75–80% of lung cancer deaths in the US are caused by smoking each year" (Hecht, 1999). Clearly, lung cancer is an important and widespread disease that constitutes a major public health problem. This was not always so. Some 150 years ago, it was an extremely rare disease. In 1878, malignant lung tumors represented only 1% of all cancers seen at autopsy in the Institute of Pathology of the University of Dresden in Germany. By 1918, the percentage had risen to almost 10% and by 1927 to more than 14%. In the 1930 edition of the authoritative Springer Handbook of Special Pathology it was duly noted that malignant lung tumors had begun to increase at the turn of the century and perhaps even more so after World War I and that, possibly, they still were on the increase. It was also noted that while most lung tumors occurred in men, there seemed to be a steady increase in women. Duration of the disease, from being recognized until death, was usually from half a year to 2 years and in practically all cases there had been a long history of chronic bronchitis.
    What caused such a dramatic increase in an obscure disease? The handbook discusses at some length possible etiologic factors: increased air pollution by gases and dusts, caused by industry; the asphalting of roads; the increase in automobile traffic; exposure to gas in World War I; the influenza pandemic of 1918; and working with benzene or gasoline. However, lung cancer rose at the same rate in countries with fewer automobiles, less industry, fewer paved roads, and in workers not exposed to benzene or gasoline—and had not risen in the 19th century after earlier flu pandemics. In 1 or 2 sentences, smoking was briefly mentioned as another possibility, but it was pointed out that as many investigations failed to show an association between smoking and lung cancer as there were positive findings. In summary, there was some suspicion, but by no means certainty that lung cancer would be caused by extraneous agents and no particular importance was given to the smoking of cigarettes. It is interesting to note, however, that in 1929 (presumably too late to be included in the handbook) the German physician, Fritz Lickint published a paper in which he showed that lung cancer patients were particularly likely to be smokers. He then went on a crusade against smoking, and antitobacco activism actually became widespread in Germany.
    In a new edition of the handbook in 1969, the views on what causes lung cancer—which still was on the rise—had radically changed. The role of cigarette smoking was discussed in detail over a full 25 pages. Air pollution was mentioned as another possibility; the existence of a city-rural gradient in lung cancer incidence was strongly suggestive. It was now also recognized that chemicals encountered in certain occupations could cause lung cancer: arsenic containing compounds in wine growers, asbestos, and nickel and chromium in mine and smelter workers.
    The link between the smoking of cigarettes and lung cancer began to be suspected by clinicians in the 1930s when they noted the increase of this "unusual" disease. Publications began to appear and about 2 decades later the role of smoking as causative agent had been firmly established. A case control study was published in 1940 in Germany and its author flatly stated that "the extraordinary rise in tobacco use was the single most important cause of the rising incidence of lung cancer" (Müller, 1940). At this time, lung cancer had become the second most frequent cause of cancer death, stomach cancer being the first. In 1943, the German Institute for Tobacco Hazards Research disclosed a study which found that among 109 lung cancer cases only 3 were nonsmokers, a proportion much lower than in the control group. In the 1950s Doll and Hill in England and Cuyler Hammond and Ernest Wynder in the U.S. provided further evidence for a causal association between smoking and lung cancer. Yet, it took a long time until the truth was fully accepted. Smokers, including many physicians, who enjoyed cigarettes could or would not want to imagine or refused to believe that the habit (addiction would be more appropriate) was detrimental to their health. In this context it is interesting to note that 2 personalities who helped like few others to make us aware that chemicals in the environment could cause cancer, strangely failed to grasp the impact of smoking. Wilhelm C. Hueper started out as a physician in industry. By repeatedly and doggedly pointing out possible links between exposure to chemicals in manufacturing processes and the increased incidence of cancer in workers he became unpopular with management, to the extent that on some occasions he was barred from presenting or discussing his findings and conclusions. And yet he maintained that smoking was not a factor in the etiology of lung cancer in humans. Rachel Carson, who in her Silent Spring warned of impending disaster of cancer caused by environmental chemicals never mentions tobacco smoke. Since then, tobacco smoke has become not only the most important carcinogen in our environment, but probably also the only one where we could accomplish—and in many places actually already have accomplished—zero exposure.
    The smoking of cigarettes had become popular shortly before the turn of the century. Originally, cigarettes were hand rolled and this made them expensive. In 1876, the cigarette manufacturer Allen & Ginter offered a prize for the development of a machine that would speed up the process. When James Albert Bonsack developed a machine that could make 70,000 cigarettes in a 10 h day, Allen & Ginter did not want to use it—partially out of fear that the machine would produce more cigarettes than the market demand justified. James Buchanan Duke had no such qualms; he acquired 2 of the machines and went on to commercial success. In 1889, "Buck" Duke became president of the new American Tobacco Company.
    World War I helped to popularize the smoking of cigarettes. Soldiers in the trenches smoked to relieve stress, and so did many civilians, including an increasing number of women at home. General John J. ("Black Jack") Pershing reportedly stated: "You ask me what it is we need to win this war. I answer tobacco as much as bullets." In the following decades, smoking continued to be "enjoyed" by hundreds of thousands until, after the first report of the Surgeon General in 1964, public awareness woke up and smoking became recognized as the hazard it is. The trend in lung cancer incidence slowly decreased and, at least in men, appeared to flatten out.
    There was, however, one lung cancer where it had been obvious for a long time that it might be caused by an external agent. As early as 1500, attention was called to this particular condition. In two regions of Germany and Czechoslovakia, Schneeberg and Joachimsthal, there were productive mines, yielding first silver, later nickel, cobalt, bismuth, and arsenic. The word "dollar" actually stems from the word "Thaler;" coins minted from the pure silver of Joachimsthal were called "Joachimsthaler" (i.e., originating from Joachimsthal) or, abbreviated, "Thaler." The miners working these mines developed almost invariably a deadly disease, called "Bergkrankheit" (mountain sickness). Between 1876 and 1938, 60 to 80% of all miners died from the disease which, on average, lasted 25 years. Certain regions of the mines were known as "death pits," where all workers got sick. As a result, lung cancer in miners was recognized as an occupational disease—and the miners therefore entitled for compensation—in 1926 in Germany and in 1932 in Czechoslovakia. While it was thought that chemical constituents of the ore that was produced, most notably arsenic, might be involved in the etiology of these lung cancers, it was early on suspected that "radium emanation" was the main culprit. Measurements published in 1924 in a German physics journal confirmed that the air in the mines contained high concentrations of radon gas, the highest more than 18,000 picocuires per liter.
    The manufacture of the atomic bomb and the maintenance of a nuclear arsenal called for large amounts of uranium. In the U.S., uranium was mostly mined on the Colorado plateau. The European experience should have alerted the mining companies to the potential hazards their workers were going to face. However, responsibility for protection was not given to the Atomic Energy Commission, but rather left to the individual states who lacked expertise and equipment to deal with the problem. Although it should have been obvious by then that poorly ventilated uranium mines caused lung cancer, evidence pointing in this direction was suppressed; apathy, bureaucratic conservatism, and government censorship prevented the problem from being tackled. It was said by the mining industry that "ventilating the mines was unnessecary and too expensive." It is estimated that 4000 to 5000 Americans have died or will die from lung cancer caused by working in inadequately ventilated uranium mines. And although the problem has now been recognized for the health disaster it was, compensations are slow to come.
    During the last few decades, there has been a shift in forms of lung cancer. In the early studies, the predominant lung cancer form in smokers was squamous cell carcinoma, mostly originating from the epithelium lining the airways. First noticed in 1961, but confirmed mostly during the last two decades there occurred a shift to more peripherally located adenocarcinomas. This is most likely a consequence of changes made in cigarettes. Tar was considered to be the main carcinogenic agent in cigarette smoke, mostly because cigarette smoke condensates ("tar fraction") were the first ingredients isolated from tobacco smoke that could be shown in skin painting studies to produce cancer in animals. It was hoped that production of low tar, low nicotine cigarettes and the addition of filters might decrease cancer risk. It did not, most likely because of changes in smoking pattern. To fulfill the craving for nicotine, smokers of filter cigarettes may inhale smoke more deeply into the lung and retain it longer. With the removal of polycyclic aromatic hydrocarbons in the filter, the preponderant carcinogens in smoke might be tobacco specific nitrosamines and volatile carcinogens in the gas phase. Animal experiments lend plausibility to this; polycyclic aromatic hydrocarbons do cause squamous cell carcinomas in the lungs of animals, whereas nitrosamines are more likely to produce adenocarcinomas.
    All evidence linking lung cancer and smoking comes from human experience. Similarly, radon was recognized as a human carcinogen long before some animal data suggested that it was a carcinogen. It is likely that neither agent responsible for lung cancer, the smoking of cigarettes or radon, would have been recognized as a cancer causing agent had it not been for the fact that a previously very rare disease increased in parallel with increased consumption of a widely distributed and highly addictive agent or was associated with a specific occupation. It is an interesting thought that experimental toxicology has little contributed to our understanding of the disease. There are very few—some might say none at all—studies in which it has been unequivocally demonstrated that tobacco smoke can cause lung cancer in experimental animals.
    SUGGESTED READING
    Hecht, S. S. (1999). Tobacco smoke, carcinogens and lung cancer. J. Natl. Cancer Inst. 91, 1194–1210.[Abstract/Free Full Text]
    Kluger, R. (1996). Ashes to Ashes. Alfred A. Knopf, New York.
    Proctor, R. N. (1995). Cancer Wars: How Politics Shapes What We Know about Cancer. Basic Books, New York.
    Proctor, R. N. (1999). The Nazi War on Cancer. Princeton University Press, Princeton, NJ.
    Müller, F. H. (1940). Tabakmissbrauch und Lungencarcinom. Z. Krebsforsch. 49, 57–85.
    Wynder, E. L. (1994). Prevention and cessation of tobacco use: Obstacles and challenges. J. Smoking-Related Dis. 5,(Suppl. 1), 3–8.

    CiteULike Connotea Del.icio.us What's this?



    This article has been cited by other articles:





    H. Witschi
    Tobacco Smoke-Induced Lung Cancer in Animals--A Challenge to Toxicology (?)
    International Journal of Toxicology, July 1, 2007; 26(4): 339 - 344.
    [Abstract] [Full Text] [PDF]



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    J. A Francis, A. K Shea, and J. M Samet
    Challenging the epidemiologic evidence on passive smoking: tactics of tobacco industry expert witnesses
    Tob. Control, December 1, 2006; 15(suppl_4): iv68 - iv76.
    [Abstract] [Full Text] [PDF]



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    Y. E. Miller
    Pathogenesis of Lung Cancer: 100 Year Report
    Am. J. Respir. Cell Mol. Biol., September 1, 2005; 33(3): 216 - 223.
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    One Hundred Years of Lung Cancer
    Am. J. Respir. Crit. Care Med., September 1, 2005; 172(5): 523 - 529.
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    H. Witschi, I. Espiritu, S. T. Dance, and M. S. Miller
    A Mouse Lung Tumor Model of Tobacco Smoke Carcinogenesis
    Toxicol. Sci., August 1, 2002; 68(2): 322 - 330.
    [Abstract] [Full Text] [PDF]



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    G. M. Williams
    Letter
    Toxicol. Sci., May 1, 2002; 67(1): 153 - 153.
    [Full Text] [PDF]


    http://toxsci.oxfordjournals.org/cgi/content/full/64/1/4






    History of Cigarette Smoking and Lung Cance
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    The most salient fact in the history of lung cancer is that it was very, very rare before the invention of cigarettes.
    If one goes into a medical library and pages through old medical texts from the nineteenth century, one finds almost no reference to lung cancer. If one searches through the medical literature up to the year 1900, there are only references to a total of 100 cases of lung cancer. Even as late as 1912, Adler could find only 374 cases. Grosse reviewed 100 years of autopsies in Dresden, Germany, and found that the incidence of lung cancer had gone from 0.3% in 1852 to 5.66% in 1952.
    In the nineteenth century, tobacco was smoked by gentlemen only in the form of cigars . Cigarettes, which were basically the sweepings off the floor of the cigar factory, were only smoked by the very poor.
    As machines to mass produce cigarettes came into the fore in the 1880s, smoking cigarettes became more common but the number of cigarettes smoked was still, relatively small. During World War I tobacco companies gave away free cigarettes to millions of soldiers, and it was only after the war that large numbers of Americans smoked cigarettes.
    Since there is a time lag of approximately 20 to 30 years between the onset of smoking and the development of lung cancer, the damage done was not immediately apparent. Doctors were surprised to see a sudden epidemic of lung cancer cases in the 1930s. They quickly discovered the association between smoking and lung cancer. Large statistical studies in England and the United States in the 1950s (Doll and Hill, Cutler) conclusively proved beyond any shadow of a doubt that cigarette smoking markedly increased the chances of developing lung cancer.
    By the 1970s, lung cancer had gone from one of the rarest of cancers to the number one killer cancer in the Western world.
    Women did not smoke in the early twentieth century U.S.A.. They were therefore, targeted by an intense marketing campaign in the 1930s, featuring elegant women in evening dresses smoking Lucky Strikes in Cigarette holders. Later they were the target of Virginia Slims. When I was in surgical training at the Mayo Clinic in the early 1970s lung cancer in women was still unusual, but by 1985, lung cancer had became the number one cause of cancer death in women.
    The 1990s are the era of discovery, as defectors from the tobacco industry provide an inside view of the treacherous behavior of the tobacco industry and our elected officials. Hopefully, the 1990s will end as the era of tobacco CONTROL.
    I have posted an essay on the history of thoracic surgery.
    A interesting history of tobacco is located at the Tobacco BBS- Gene Borio A Capsule History of Tobacco
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    Frederic W. Grannis Jr. M.D
    If you have trouble contacting me with the address above, I may also be reached at 76516,[email protected]

    www.smokinglungs.com/cighist.htm

    Evarts A. Graham and the First Pneumonectomy for
    Lung Cancer
    Leora Horn and David H. Johnson
    From the Division of Hematology and
    Oncology, Vanderbilt University School
    of Medicine, Vanderbilt-Ingram Cancer
    Center, Nashville, TN.
    Submitted February 18, 2008; accepted
    March 28, 2008.
    Authors’ disclosures of potential conflicts
    of interest and author contributions
    are found at the end of this
    article.
    Corresponding author: David H. Johnson,
    MD, Vanderbilt-Ingram Cancer
    Center, Division of Hematology and
    Oncology, 777 Preston Research Building,
    2220 Pierce Ave, Nashville, TN
    37232-6307; e-mail:
    [email protected].
    © 2008 by American Society of Clinical
    Oncology
    0732-183X/08/2619-3268/$20.00
    DOI: 10.1200/JCO.2008.16.8260
    INTRODUCTION
    Smoking . . . “a custome lothsome to the eye, hatefull
    to the Nose, harmefull to the braine, daungerous to the
    Lungs.”—King James, 16041

    Omissis

    Although reports of pulmonary malignancies date
    to antiquity, lung cancer is largely a disease of modern
    man. Before 1900, lung cancers were viewed as
    “matters of medical curiosity notknownto be in any
    degree influenced by medicine and too rare to be of
    much practical importance.”9 Adler10 compiled the
    world’s entire experience of 374 cases in his textbook,
    Primary Malignant Growths of the Lung and
    Bronchi: A Pathologic and Clinical Study, published
    in 1912 (Fig 2). The association between lung cancer
    and cigarette smoking was not immediately obvious
    to early physicians and scientists. Other posited
    causes included effluents from industrial plants, coal
    fires, road tars, auto exhaust fumes, gas works, various
    pollutants, preceding influenza or tuberculosis,
    and even race and sex.11 Sir Richard Doll would later
    note that “the ubiquity of the [smoking] habit . . .
    had dulled the collective sense that tobacco might be
    a major threat to health.”12
    The rarity of lung cancer in the early 1900s is
    illustrated by the following vignette. While a student
    at Washington University Medical School (St Louis,
    MO), the acclaimed surgeon Alton Ochsner claims
    that his entire junior class was summoned to witness
    a postmortem examination on a lung cancer patient.
    13,14 George Dock, then chief of medicine at
    Washington University and a former Osler chief
    resident, suggested that the group might not witness
    another case in their lifetimes.13,14 Indeed, for
    Ochsner, it would be 17 years before he would encounter
    another lung cancer. In 1936, however, he
    observed nine such cases within a 6-month interval—
    a veritable epidemic in his opinion.13,14 All of
    his patients were heavy smokers who acquired the
    habit while serving in the military during the first
    World War.13 Three years later, he would publish a
    milestone article with Michael DeBakey, the famous
    cardiac surgeonwhotrained with Ochsner, in which
    they conjectured “. . . the increase in smoking
    with the universal custom of inhaling is probably
    a responsible factor, as the inhaled smoke, constantly
    repeated over a long period of time, undoubtedly
    is a source of chronic irritation to the
    bronchial mucosa.”15
    Ochsner’s theory linking cigarette use with the
    development of lung cancer was widely disputed,
    even ridiculed by some of his peers, including Graham,
    ironically. Graham reportedly told his former
    trainee, “Yes, there is a parallel between the sale of
    cigarettes and the incidence of cancer of the lung,
    but there is also a parallel between the sale of nylon
    stockings and the incidence of lung cancer.”13,14
    Once, after a lecture to the County Medical Society
    in Mobile, AL, a member of the audience rose to
    challenge Ochsner’s radical theory linking cigarettes
    to lung cancer. The skeptic stated that he had found
    that patients with rectal cancer were more likely to
    be smokers and could Dr Ochsner explain that? After
    a momentary pause, the ever-decorous Ochsner
    reputedly opined that he could not, “. . . unless people
    in Mobile inhaled much more deeply than those
    in New Orleans.”16 It was in this era of ambiguity
    and even open hostility vis-a`-vis cigarette smoking
    as a cause of lung cancer that James Gilmore arrived in St Louis for a
    consultation with Graham and his team, as we will describe later.
    Of course, what seems patently obvious to us today was not so
    clear 70 years ago. Even though others had suspected that cigarettes
    were a cause of premature death,11 it wasRaymondPearl’s 1938 report
    in Science that firmly established a linkage.17 A decade later, Graham,
    who eventually apologized to Ochsner for his misgivings vis-a`-vis
    Ochsner’s prescient observation,13 would publish a landmark article
    with Ernest Wynder linking cigarette smoking with lung cancer.18
    Their work, along with that of Richard Doll and Austin Bradford
    Hill,19 sparked the formation of large cohort studies that conclusively
    established smoking as a causative agent of lung cancer and added
    heart disease, stroke, chronic lung disease, other malignancies, and
    decreased life expectancy to the list of injurious effects from smoking.
    20 Regrettably, however, it would be yet another three decades
    before the tobacco industry publicly acknowledged the adverse health
    effects of smoking—but only after a long, drawn-out campaign of
    misinformation and deception helped along by the [perhaps] unwitting
    complicity of physicians.21,22


    omissis

    http://jco.ascopubs.org/cgi/reprint/26/19/3268.pdf






    What causes lung cancer?

    The link between tobacco and cancer was established more than 50 years ago.

    Smoking causes almost 90% of lung cancer deaths.


    http://info.cancerresearchuk.org/prod_cons...000ast-2972.pdf


     
    .
2 replies since 4/3/2010, 22:50   1266 views
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