Posts written by prelegato

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    CITAZIONE (paru @ 22/7/2014, 23:29) 
    ho solo cercato di dare un senso a quello che avrebbe detto, secondo quanto riferito, questo prof., chiarendo che al massimo potrebbe parlarsi dell'onere reale, non già dell'onere apposto alla donazione.
    il collegamento potrebbe essere quello che ho cercato di descrivere, anche se io non conosco l'esistenza di tale tesi: la nozione di peso economico costituente onere reale dovrebbe essere estesa, facendovi rientrare l'obbligo di ritrasferimento del bene alienato, conseguentemente, il diritto di proprietà dell'acquirente sarebbe delimitato temporalmente dall'onere reale atipico....

    non volendo pensare che abbia detto una c......questo mi è venuto in mente

    Si anche io ho interpretato in questo senso il richiamo all'onere da parte di Kryptonite.
    Cioè onere inteso come "conformazione" della proprietà.
    Quindi onere nel senso di limite alla proprietà!
    Ma il tema dell'onere o del limite alla proprieta', riguarda l'attività privata.
    Possono, cioè, i privati limitare in via pattizia un diritto reale?
    Poi che questo limite sia un onere, un obbligo o un vincolo, non sposta i termini del problema che sono incentrati sull'autonomia privata e, quindi, sui diritti reali atipici!
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    Si giusto.
    Però Kryptonite (o meglio il Professore a cui si e' rivolto) afferma che l'onere possa essere inteso anche in un'ottica, diciamo, "evolutiva" come "vincolo programmatico del diritto di proprietà" (cito testualmente)!
    Cioè se ho capito bene Kryptonite si è concentrato, più che altro, sulle modalità attraverso cui possa essere costituita una proprietà temporanea e cioè un "diritto reale atipico"!
    Quindi, in definitiva, l'oggetto da lui indagato dovrebbe essere stato l'art. 1376!
    Altrimenti non capisco perché afferma che l'onere sia "una potesta situata a metà tra il negozio giuridico e l'atto adempitivo...."
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    Se ho ben capito l'utente Kryptonite afferma che l'onere potrebbe essere calato all'interno della proprietà al fine di conformare il diritto in termini di temporaneità giacche' il fiduciario/onerato sarebbe gravato da un "peso" consistente nello scopo per cui il diritto gli è stato trasferito.

    Non, quindi, un obbligo in senso tecnico, che si porrebbe al di di fuori del diritto trasferito valendo solo "inter partes", ma un "onere" che vale a conformare la proprietà limitando il diritto del fiduciario/onerato.

    Cioè l'onere inciderebbe direttamente sul contenuto del diritto di proprietà (non si porrebbe al di fuori di esso come l'obbligo in senso tecnico) e varrebbe a conformare in termini di "temporaneità" la proprietà giacche' tale peso impedirebbe all'onerato/fiduciario di disporre liberamente del bene trasferitogli gravandolo, piuttosto, del perseguimento del fine per cui il diritto gli è stato trasferito.

    Ora se così è (e se ho ben capito) direi che ci può stare come chiave di lettura.
    L'onere come limite al diritto di proprietà!

    Tuttavia ritengo che non sia questo il punto su cui incentrare la traccia!

    Cioè quello del limite (o dell'onere) e' solo il risvolto del problema che attiene, invece, all'autonomia privata (vero punto centrale della traccia)!

    Possono, cioè, i privati conformare la proprietà prevedendo un limite (rectius gravandola da un peso)?

    Sicché il problema, dal mio punto di vista, non attiene tanto all'onere (o al limite al contenuto della proprietà) ma al numero chiuso dei diritti reali.
    Su questo già mi sono espresso.
    Saluti
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    Ultimo aggiornamento: su 63 candidati solo 6 finora sono risultati idonei in tutti e tre i compiti!
    Praticamente sempre 1 su 10!
    Scientifico!
    A questo punto mi chiedo che senso ha dare questi aggiornamenti!
    Ve lo dico già da ora senza che ogni settimana vi affaniate a vedere le proiezioni: su 3400 candidati circa 365 saranno idonei!
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    Ma cosa c'entra il diritto successorio????
    Così come l'onere e la condizione???
    Sono lontani anni luce dalla richiesta della traccia!
    Forse occorrerebbe rinfrescare le basi sui diritti reali visto che la traccia ad essi è riferita!
    La questione e': possono i privati porre dei limiti (quindi convenzionali) al diritto di proprietà?
    La risposta passa attraverso il numero chiuso dei diritti reali.
    Quindi occorre, in primis, individuare il fondamento di tale principio che attiene alla fonte (distinguendolo dalla tipicità che, invece, riguarda il contenuto).
    Esso cioè affonda le sue radici nella concezione liberale che, in un'ottica rigidamente personalistica e in contrapposizione al regime feudale, concepiva la proprietà in termini di "assolutezza" che era sinonimo di illimitatezza: la proprietà, cioè, non ammetteva alcuna limitazione ne' da parte degli altri individui ne' da parte dei pubblici poteri.
    L'impostazione liberale postulava, infatti, una netta contrapposizione tra pubblico e privato, tra autorità e libertà sicché la non ingerenza dei pubblici poteri nell'esercizio del diritto di proprietà (che, a quel tempo, era la principale fonte di ricchezza e, quindi, la principale attività economica dei privati) era scambiata con la non ingerenza dei privati nella gestione della cosa pubblica.
    In questo contesto e' nato il principio del numerus clausus che, quindi, vedeva la proprietà come un diritto "illimitato" cioè "assoluto" (in questo senso il codice del 1865).
    La copiosa legislazione speciale e il codice del '42 hanno però superato le ragioni storiche del fondamento di tale principio.
    In particolare l'art. 832 parla di "pienezza" e non di assolutezza ma soprattutto ammette delle limitazioni al diritto di proprietà.
    La stessa Cost. del '48, nell'ottica dello "Stato-comunità" concepisce la proprietà in un'ottica funzionalizzatrice: sicché la proprietà da illimitata (nel senso di priva di limitazione e, cioè, assoluta) ammette ora limitazioni che la conformino in vista del perseguimento di un'utilità sociale!
    Superate le ragioni storiche del principio del numero chiuso la domanda e': possono oggi i privati limitare il diritto di proprietà ex art. 1322, comma 2?
    Il problema, allora, più che nell'ottica del numero chiuso va inquadrato nella certezza e regolarità dei traffici giuridici.
    Come si potrebbero opporre vincoli non "tipizzati" (frutto cioè dell'attività privata) ai terzi?
    Questi, inoltre, non essendo trascrivibili (atteso il principio di tipicità degli atti soggetti a trascrizione) come potrebbero essere conosciuti dai terzi?
    Creare diritti reali atipici inciderebbe non solo sulla "commerciabilità" del bene (che, in quanto gravato da limiti, sarebbe meno appetibile sul mercato) ma porrebbe problemi di opponibilita' nei confronti dei terzi in generale e dei creditori in particolare!
    Il problema dell'opponibilita' potrebbe essere superato dal 2645 ter che, infatti, trova il suo fondamento nella meritevolezza del vincolo di destinazione!
    La trascrizione di tale vincolo non trasforma, però, quello che è un effetto obbligatorio in un effetto reale ma incide solo sul piano dell'opponibilita'!
    È una deroga al 1379!
    E, allora, attraverso il 2645 ter si potrebbe "veicolare" anche l'ingresso di un vincolo fiduciario (qual e' ad es. il trust) che limiterebbe il diritto di proprietà rendendola temporanea in quanto opponibile ai terzi e ai creditori.
    Il vincolo cioè derivando pur sempre da una fonte convenzionale e non legale non verrebbe trasformato, per effetto della trascrizione, in un vincolo reale posto che, come detto, il 2645 ter non incide sul piano sostanziale (e, quindi, non crea un diritto reale atipico) ma solo su quello dell'opponibilita'!
    Il discorso, ovviamente, si accompagna alla tutela del credito che sarebbe derogabile in via convenzionale (e non legale) proprio grazie al 1322, comma 2!
    Sicché il vincolo fiduciario non determinerebbe una nullità radicale "a monte" ma sarebbe aggredibile "a valle" dai creditori ex art. 2901.
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    Ci saranno temi sul trust e sui vincoli di destinazione perché era li' che alla fine si doveva andare a parare.
    Passando o, meglio, partendo dal negozio fiduciario.
    Ma ovviamente discettare solo su trust e 2645 ter non ha senso se prima non si inquadra il termine della questione che, come già detto, riguarda l'autonomia privata e la tipicità dei diritti reali!
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    Il discorso sulla proprietà temporanea e' solo uno "specchietto per le allodole".
    Mi spiego.
    La traccia non doveva essere impostata su questa particolare conformazione del diritto di proprietà (peraltro neanche tanto pacifica in dottrina) ma sugli "effetti" che essa determina con riferimento alla proprietà!
    E cioè una temporaneità o un termine scaduto il quale la titolarità del diritto si riconsolida in via automatica (senza cioè bisogno di alcun atto di retrocessione o di ritrasferimento) in capo al trasferente originario.
    Ora è chiaro che ammettere un tal tipo di proprietà significa stravolgere le peculiarità dei diritti reali!
    È semplicistico dire che essa incide solo sulla perpetuità perché, in realtà, pone tutta una serie di vincoli e limitazioni che stravolgono totalmente le peculiarità dei diritti assoluti.
    In primis il "proprietario temporaneo" non può alienare la res quindi non ne ha la disponibilità!
    In secondo luogo il bene non è aggredibile dai suoi creditori personali proprio perché la res non entra nel patrimonio in modo definitivo: cioè se anche quest'ultima fosse alienata a terzi o ai creditori quest'ultimi verrebbero pregiudicati per effetto dell'azione reale di cui potrebbe avvalersi il trasferente originario una volta riacquisita la pienezza e la titolarità del diritto trasferito solo temporaneamente!
    Quindi il discorso e la principale questione che la traccia pone non è tanto la definizione della proprietà temporanea in se' (che peraltro la dottrina ricollega a particolari modi di atteggiarsi di certi istituti previsti ex lege) quanto la possibilità per l'autonomia privata di "conformare" in tal modo il diritto di proprietà!
    Cioè laddove fosse possibile per i privati creare vincoli fiduciari e quindi conformare la proprietà in tal modo (c.d. proprietà fiduciaria) si verrebbero a stravolgere le peculiarità dei diritti reali proprio perché il diritto verrebbe reso temporaneo nel senso cioè che determinerebbe gli "effetti" poc'anzi analizzati!
    È ammissibile ciò?
    Questo e' il quesito che la traccia chiede di affrontare.
    Per questo non condivido l'analisi di chi parte dalla definizione della "proprietà temporanea".
    Il problema non è definire la p.t. ma analizzare le conseguenze e, quindi, gli effetti che l'attività privata potrebbe determinare sulla proprietà laddove si desse ingresso nell'ambito dei diritti reali al 1322, comma 2!
    Cioè la traccia riguarda il "numerus clausus" dei diritti reali e l'autonomia privata!
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    Anche se, in effetti, il comunicato e' scritto con i piedi vuol dire che sono stati corretti i (tre) compiti di 9 candidati e tra questi solo un candidato e' risultato idoneo a tutti e tre i compiti.
    Quindi su 9 candidati corretti 1 e' passato all'orale e gli altri 8 no!
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    Io credo che nell'istituto dell'avvalimento emerga proprio la contraddizione dell'impostazione comunitaria.
    In pratica l'avvalimento altro non è che uno "specchietto per le allodole".
    Dovrebbe cambiarsi, allora, tutta la normativa sugli appalti per ammettere un avvalimento frazionato.
    Il d.lgs, infatti, stabilisce dei requisiti di partecipazione proprio per evitare che alla gara partecipi chi non ha i requisiti professionali-organizzativi richiesti.
    L'avvalimento (come i consorzi e le ATI) rappresenta, allora, un superamento del "principio della rilevanza dell'elemento personale" (per richiamare la traccia del 2011 che, per certi aspetti, assomiglia a questa) cioè dell'intuitus personae utilizzato dalla pa (che può generare effetti distorsivi sul mercato e sulla concorrenza) consentendo una partecipazione generalizzata alla gara!
    Ma se sono previsti requisiti particolari per l'aggiudicazione questi non possono essere aggirati facendo ricorso ad un avvalimento plurimo o frazionato.
    E questo proprio per tutelare la concorrenza.
    Altrimenti che senso avrebbero le certificazioni SOA o le capacità professionali delle imprese?
    Di contro c'è però la necessità di evitare una concentrazione di imprese che finirebbero per compromettere la concorrenza creando una sorta di monopolio.
    Ecco perché ritengo criticabile l'impostazione comunitaria e più convincente quella nazionale nel momento in cui rimette all'eccezionalita' della situazione (e alla previsione del bando) la possibilità di ricorrere ad un avvalimento plurimo.
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    E infatti anch'io sostengo che il problema sia questo.
    Cioe' se un effetto obbligatorio possa essere calato all'interno di un diritto reale
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    Mah alla fine mi sembra che diciamo la stessa cosa.
    O meglio anche se si parte da un'impostazione diversa e sicuramente piu' "tecnica" si arriva alle medesime conclusioni perché il problema quello è.
    Ma ripeto quali sono le ipotesi di proprietà temporanea?
    Se mi dici quelle previste dal codice allora il problema qual è?
    È la stessa legge che le disciplina.
    Il problema va, allora, necessariamente inquadrato nell'attività privata.
    Ma se così è, com'è, allora non c'è alcun effetto reale perché la fonte e' convenzionale e non legale.
    In definitiva se escludiamo che il senso della traccia sia quello di stabilire se sia consentito ai privati la possibilità di limitare la proprietà prevedendo vincoli fiduciari volti ad ammettere un'attività meramente gestoria (e in ciò sarebbe la temporaneità) quale sarebbe il senso della traccia?
    Si dovrebbe allora distinguere la proprietà temporanea da un lato e vincolo fiduciario dall'altro.
    E qual è il loro collegamento?
    La proprietà temporanea e' prevista ex lege, il "vincolo" fiduciario dalle parti!
    Alla fine vanno necessariamente combinati altrimenti non c'è il tema.
    E combinarli vuol dire indirizzare l'oggetto dell'indagine sulla attività privata e sui problemi che essa determina in tema di numero chiuso e tutela del credito.
    Quindi su un effetto obbligatorio e non reale.
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    Come al solito non ci troviamo d'accordo...
    Sarebbe una chiave di lettura corretta, la tua, se la richiesta della traccia si fermasse qui.
    Ma la traccia unisce la proprietà temporanea ai vincoli fiduciari.
    Il richiamo, a mio avviso, e' dirimente ai fini della corretta chiave di lettura.
    Cioè o la si interpreta nel senso di una contrapposizione tra proprietà temporanea e negozio fiduciario, che è l'archetipo del vincolo fiduciario, o la si interpreta nel senso di un vincolo (quindi obbligatorio) apposto alla proprietà in modo da "obbligare" il fiduciario ad un ritrasferimento.
    È chiaro che, in tal caso, non si è in presenza di un effetto reale ma obbligatorio ma, a ben vedere, l'erosione del numero chiuso dei diritti reali (che è, in realtà, la questione principale che la traccia richiede di trattare) riguarda proprio l'applicabilità del 1322, comma 2, cioè la possibilità di limitare in via convenzionale la "pienezza" del diritto di proprietà.
    Cioè imporre limiti al diritto di proprietà significherebbe non solo prevedere delle obbligazioni di fonte pattizia, e non legale, ma superare la tipicità dei diritti reali.
    In altri termini i "diritti parziari atipici" si determinano con la previsione di obbligazioni sul diritto di proprietà che finirebbero per superare il numero chiuso dei diritti reali.
    E allora tra (a)tipicità dei diritti reali e obbligazione (cioè attività privata) c'è un legame evidente.
    Non si può pensare che un diritto reale "atipico" ponga un effetto reale proprio perché esso non può che originare da una fonte pattizia e, quindi, da un'obbligazione.
    A ben vedere, allora, le ipotesi che artificiosamente la dottrina considera come proprietà temporanea altro non sono che ipotesi espressamente previste dalla legge con riferimento a particolari modalità in cui si atteggia il diritto di riferimento (es. sostituzione fedec.).
    Ecco perché ritengo che i vincoli fiduciari vadano collegati alla proprietà proprio perché è solo un'obbligazione, e quindi una fonte convenzionale, che pone un problema di ammissibilità rispetto al numero chiuso.
    Se cioè si intendesse la proprietà temporanea come quella in cui si determina un effetto reale automatico "a termine" allora si dovrebbe escludere qualunque attività privata (e quindi lo stesso problema dell'aticipita') proprio perché tale effetto deriverebbe dalla legge!
    In questo senso i vincoli fiduciari incidono sulla proprietà in quanto la rendono temporanea proprio perché il fiduciario ha una proprietà vincolata ad uno scopo.
    E, in quest'ottica, la questione si pone con riferimento al trust interno.
    Ma laddove si impone un vincolo fiduciario alla proprietà finalizzato ad una mera attività gestoria si pone un problema di opponibilita'.
    In questo senso rileva il 2645 ter che non inciderebbe sul numero chiuso dei diritti reali ma renderebbe opponibili i vincoli fiduciari proprio perché in questo caso la trascrizione non "trasforma" un vincolo obbligatorio in un effetto reale.
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    @Arancia:
    "E come oggi essa" dell'ultima parte del mio intervento e' riferita alla procedura ad evidenza pubblica non all'attività della pa.
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    Ok ma la traccia, in maniera molto più banale se vogliamo, chiedeva semplicemente di trattare della funzione dell'evidenza pubblica che è volta proprio alla scelta del contraente.
    Sicché, in questo senso, si poteva evidenziare come la natura di tale procedura si sia trasformata in parallelo con la modifica del ruolo e dell'attività della pa.
    E come oggi essa, anche e soprattutto a seguito dell'incidenza del diritto comunitario, sia finalizzata proprio a tutelare la concorrenza e non più (almeno in via prioritaria) la pa.
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    Io credo che nello sviluppo iniziale la traccia non richiedesse di soffermarsi diffusamente e analiticamente sulle modalità di scelta del contraente ma di incentrare l'oggetto dell'anisi sulla procedura ad evidenza pubblica e alla funzione da essa svolta.
    Quest'ultima, infatti, e' prodromica all'individuazione del candidato/aggiudicatario dell'appalto. Sicché, in questa prospettiva, e, naturalmente, sempre a mio avviso, occorreva indagare proprio il diverso "ruolo" assunto dalla pa: di preminenza nel R.D. del '23 che non considerava affatto le imprese partecipanti se non nella prospettiva "indiretta" in cui il loro interesse coincidesse con quello dell'amministrazione, di tutela della concorrenza e, quindi, dei concorrenti nel codice contratti.
    Il tutto determinato dalla nuova attività della pa (in questo senso art. 1, comma 1 bis L. 241/90) che è improntata più su modelli consensuali e non più autoritativi.
    La scelta del miglior contraente e' così strumentale anche alla realizzazione dell'interesse pubblico.
    Sicché da qui si potevano analizzare i requisiti di partecipazione richiesti sempre evidenziando che la tutela della concorrenza volta a selezionare l'impresa migliore e' pur sempre strumentale al miglior soddisfacimento dell'interesse pubblico.
    Quindi avvalimento volto a tutelare la concorrenza consentendo una partecipazione alla gara anche a soggetti che altrimenti sarebbero escluso e regola generale volta a vietare l'avvalimento plurimo o frazionato che, consento una partecipazione generalizzata, violerebbe la concorrenza perché consentirebbe una partecipazione generalizzata alla gara.
    Tuttavia in casi eccezionali, previsti dal bando, e' ammesso avv. plurimo o frazionato proprio a tutela della concorrenza
223 replies since 29/7/2010
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