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    CITAZIONE (eldiablo @ 27/3/2021, 16:57) 
    V'é un fugace riferimento alla legittimazione all'appello, ma l'azione postula ex art. 1209 c.c. la qualità di erede, ciò che non
    é la cessionaria.

    Il 1109 non il 1209.
    Perchè secondo te il coerede non potrebbe avvalersi dell'istituto della rappresentanza e investire il cessionario dei poteri necessari affinchè questo possa agire in giudizio in suo nome?
     
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    non agisce in suo nome, ma in nome proprio (della cessionaria).
    L'azione rimanda ad un diritto personale (art. 1260 c.c.)
     
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    - quindi, l'appello è stato proposto dal cessionario del credito e solo da questi?

    - non c'è un appello anche da parte del comunista perdente in primo grado?

    --------------
    - l'appello riguarda ovviamente anche la delibera, vero?


    - l'appello è stato proposto nei confronti di tutti i comunisti?


    ----------------------

    - e per le differenze di Iva -cpa etc. chi ha agito davanti al GdP per il recupero?
     
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    sì; sì; sì; sì; la cessionaria
     
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    CITAZIONE (eldiablo @ 27/3/2021, 20:09) 
    non agisce in suo nome, ma in nome proprio (della cessionaria).
    L'azione rimanda ad un diritto personale (art. 1260 c.c.)

    e allora niente legittimazione processuale

    perchè questo credito ceduto è secondo te strettamente personale?
     
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    Perché l'art. 1109 c.c. non prevede che l'impugnativa di una delibera della comunione possa essere fatta da un terzo,
    ancorché cessionario.
    Deve essere un coerede ad azionarla.
     
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    - ho letto più volte la cessione, ma non l'ho ancora compresa fino in fondo

    - una volta mi sembra che riguardi solo il "credito futuro", altre... anche quello "passato" (però se la cessionaria ha agito anche davanti al GdP per la restituzione delle somme (pretesamente) pagate in più, probabilmente vale questa seconda ipotesi)

    - mi pare, comunque, che le controparti (cedente e cessionaria) si sian trovate di fronte ad un bel dilemma, se lo siano ben rappresentate e si sian date da fare sul: cosa cediamo?

    - alla fine, considerati i pro ed i contro, han deciso di "costruire" un qualcosa che dica e non dica ....forse per dire tutto ma senza voler correre il rischio di ....violare il diritto di prelazione di cui all'art. 732 cod. civ.?

    - così com'è stata predisposta, però, mi sembra che "la creatura" - un po' fumosa ed enigmatica - possa integrare più che altro una vendita/cessione di un'azione civile, anzi, solo dell'appello

    - ora, ammesso e non concesso che il Giudice nel passaggio successivo superi la questione (principale) costituita dalla riservata ed esclusiva (nonchè escludente) personalità dell'impugnazione a favore/contro i singoli comunisti, si tratterà di verificare se - in generale - l'azione civile (e qui, fra l'altro, parliamo del solo appello) sia suscettibile di successione/trasferimento così come gli altri diritti (sostanziali), e non vi sia alcuna ragione per trattare queste posizioni giuridiche in modo diverso

    - per una prima sintesi ed utili riferimenti cfr. R. Calvo - L. Delogu, La vendita, (a cura di M. Bin),vol. 2, Vendita di partecipazioni sociali, azienda, beni immateriali, credito e contratto, Cedam, 1994

    - costì L. Delogu, tratta al capitolo 4 l'argomento: La vendita di credito, di contratto e di altre situazioni giuridiche alle pagg. 665 e segg., con dovizia di sentenze (riportate per esteso) e di riferimenti dottrinali anche per quanto riguarda il credito futuro

    - in particolare, poi, nelle ultime pagine (spec. 784 e segg.),capitolo 9, tratta l'argomento della vendita delle azioni civili

    - il succo - in estrema sintesi - sarebbe che "la possibilità di trasmettere un'azione è legata necessariamente al contestuale trasferimento della posizione giuridica da essa tutelata. Volta per volta può essere necessario il trasferimento di un singolo diritto, ovvero del complesso dei diritti nascenti da un dato rapporto, o infine di un'intera posizione contrattuale" (cfr. L. Delogu, op.cit.,pag. 790)

    - per qualche riferimento giurisprudenziale cfr. Corte Cass. 18.10.1956 n.3709, Foro it. 1956,parte prima, 1613;Giur. it.1957, parte prima,1,876;Riv. dir. comm.1957,parte seconda, pag. 272, con nota di M. Foschini, Trasferibilità dell'azione di annullamento di un contratto per incapacità naturale di un contraente


    - su questa sentenza si innescò una polemica dottrinaria che vide schierati su fronti opposti due Autori illustri: a favore della tesi positiva (ammissibilità del trasferimento delle azioni civili) cfr. Redenti, Sui trasferimenti delle azioni civili, Riv. trim. dir. proc. ,1955, pag. 74 e segg.; contra, ossia per la negativa,: Bigiavi, Note inutili sul cd. trasferimento delle azioni civili, Riv. dir. civ., 1965,parte prima,pagg.130 e segg.

    - per altri precedenti, cfr. Corte Cass. 28.04.1967 n. 776,Banca, borsa e titoli di credito, 1968,parte seconda, pag. 369 e in Foro it. 1967,parte prima, pag. 1822 con nota di Pellegrino; e in Giur. it. 1968 , parte prima,1, pag.175;Trib. Firenze 11.02.1961 Giur. tosc.,1961,pag.331 e Foro pad. 1961,pag.973 e Trib. Napoli 25.03.1949 Giur. it. 1950,parte prima, 2, pag. 90.


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    - credo che occorrerà tener presente in ogni caso la regola secondo cui se il diritto controverso si trasferisce per atto tra vivi, si debba applicare in tutte le sue implicazioni l'art. 111 cod. proc. civ., ivi compreso il subentro nel diritto controverso


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    - come scrivi Tu, anche per C.M. Bianca, La proprietà, Diritto Civile, n. 6, Giuffrè,1999, pag. 474, "Legittimati attivi sono sempre i compartecipi dissenzienti o assenti", e non eventuali terzi

    - per Trib. Napoli 13.03.2006, DeJure, la legittimazione ad impugnare le deliberazioni condominiali spetta unicamente a colui che riveste la qualità di condominio (reale e non apparente);altrimenti, la domanda deve essere dichiarata inammissibile
     
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    C'é poi mi pare, il divieto di sostituzione processuale.
    La cessionaria agisce in nome proprio per tutelare un diritto che, in base alla legge, spetta solo al cessionario.
    Si vorrebbe frodare la disposizione dell'art. 81 c.p.c.
     
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    - i divieti son tanti e sotto svariati profili

    - quel che è certo, per me, è che - come scrive Mandrioli, Corso di diritto processuale civile, vol. 1°,1997, cap. 13,pagg. 53-54,Giappichelli - il ns. ordinamento attribuisce la legittimazione ad agire soltanto a coloro che si affermano titolari del diritto che fanno valere. E questo criterio è suggerito, anzitutto, da un fondamentale criterio di politica legislativa: l' attribuzione ai singoli della disponibilità esclusiva dei loro diritti e conseguentemente della disponibilità esclusiva della loro tutela giurisdizionale nonchè dello strumento tecnico per esercitarlo, ossia la difesa

    - detto criterio e tale attribuzione discendono e trovano conferma nell'art. 24 Cost.: tutti possono agire in giudizio per la tutela dei PROPRI diritti e interessi legittimi

    - il che significa, sempre secondo Mandrioli , che si possono far valere soltanto quei diritti che si affermano come diritti PROPRI e la cui titolarità passiva si afferma in capo a colui contro il quale si propone la domanda

    - questa regola - conclude il Mandrioli - è espressa, sia pure in termini rovesciati, nell'art. 81 cod. proc. civ., secondo cui "fuori dei casi espressamente previsti dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diritto altrui"

    - i pochi casi rientranti nel perimetro dell'art. 81 cod. proc. civ. son veramente rari e STRAORDINARI (azione surrogatoria, azione diretta contro l'assicuratore della responsabilità civile, art. 18 statuto dei lavoratori, interessi collettivi o diffusi)

    - sempre per Mandrioli , poi, con le parole "in nome proprio" di cui all'art. 81 cod. proc. civ. è fatta salva l'ipotesi del rappresentante che può far valere i diritti altrui "in nome altrui"

    - ma, con la precisazione - anche rispetto alla rappresentanza volontaria - che ai sensi dell'art. 77 cod. proc. civ. il rappresentante volontario (che già rivesta la qualità di rappresentante nel campo SOSTANZIALE) non può agire come tale anche nel processo qualora non abbia ricevuto un'apposita procura proprio per agire anche nel processo

    - detto altrimenti - conclude Mandrioli , op. cit., pag. 293 - non si può conferire la legittimazione processuale rappresentativa ad un soggetto che già non rivesta la qualità di rappresentante anche nel campo sostanziale o, più precisamente, che non abbia già il potere rappresentativo rispetto a quei diritti sostanziali che costituiscono oggetto del giudizio

    - (ho finito di copiare)

    - quindi, direi che per agire in appello la cessionaria - "di russo o di strusso" - ha da esser stata investita del potere SOSTANZIALE circa la vicenda (che non è integrato dalle sole spese processuali, ci vuol ben altro!)

    - se lo è stata, bene; altrimenti, la causa dovrebbe chiudersi con una pronuncia sul processo per difetto di una delle condizioni dell'azione costituita dalla legittimazione ad agire

    - poi, alla luce dell'art. 1109 cod. civ., ci sarà da superare anche tutta la questione della impossibilità di cedere il diritto "personale" di appello tra comunisti in una vicenda di comunione ereditaria

     
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    L'unica cosa che non mi sconfinfera è questa: "detto altrimenti - conclude Mandrioli , op. cit., pag. 293 - non si può conferire la legittimazione processuale rappresentativa ad un soggetto che già non rivesta la qualità di rappresentante anche nel campo sostanziale o, più precisamente, che non abbia già il potere rappresentativo rispetto a quei diritti sostanziali che costituiscono oggetto del giudizio."

    Nel momento in cui un soggetto attribuisce la legittimazione sostanziale processuale (l'espressione non è mia e serve a distinguerla da quella del patrocinatore) che va fatta necessariamente ed espressamente per iscritto è gioco forza che debba essere considerata attribuita la sostanziale tout court per comportamento concludente.
     
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    Andrea,

    tutto sta nell’ intendersi bene ed individuare cosa intendi per “legittimazione sostanziale processuale”

    ci potrebbero essere situazioni in cui viene conferita l’ una e non l’altra

    Se si conferiscono entrambe,va bene

    Se si conferisce - solo - la rappresentanza SOSTANZIALE, la procura è valida ed efficace e il rappresentante può compiere gli atti giuridici “sostanziali”nei limiti di oggetto ed importo (e solo quelli)

    Ma se si conferisce - solo - la rappresentanza PROCESSUALE (cioè senza collegarla anche a poteri sostanziali), la procura è invalida ed inefficace

    Per esempio, tempo fa le Ferrovie ed altri enti importanti (comuni,etc.) conferivano la procura speciale processuale al capo dell’ufficio legale interno , il quale aveva il potere (da interno) di nominare il legale esterno (che avrebbe patrocinato in giudizio), ed aveva formalmente i poteri di conciliare e transigere la lite

    Per qualche tempo la cosa è passata,poi la Cassazione ha detto basta: chi ha poteri “processuali” (nominare avvocati, fare la parte in giudizio) ha da avere per forza anche poteri “sostanziali”(per poter disporre del diritto: conciliare,transigere,etc.)
     
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    CITAZIONE (stracassòn @ 30/3/2021, 13:40) 
    Andrea,

    tutto sta nell’ intendersi bene ed individuare cosa intendi per “legittimazione sostanziale processuale”

    ci potrebbero essere situazioni in cui viene conferita l’ una e non l’altra

    Se si conferiscono entrambe,va bene

    Se si conferisce - solo - la rappresentanza SOSTANZIALE, la procura è valida ed efficace e il rappresentante può compiere gli atti giuridici “sostanziali”nei limiti di oggetto ed importo (e solo quelli)

    Ma se si conferisce - solo - la rappresentanza PROCESSUALE (cioè senza collegarla anche a poteri sostanziali), la procura è invalida ed inefficace

    Per esempio, tempo fa le Ferrovie ed altri enti importanti (comuni,etc.) conferivano la procura speciale processuale al capo dell’ufficio legale interno , il quale aveva il potere (da interno) di nominare il legale esterno (che avrebbe patrocinato in giudizio), ed aveva formalmente i poteri di conciliare e transigere la lite

    Per qualche tempo la cosa è passata,poi la Cassazione ha detto basta: chi ha poteri “processuali” (nominare avvocati, fare la parte in giudizio) ha da avere per forza anche poteri “sostanziali”(per poter disporre del diritto: conciliare,transigere,etc.)

    Buon Stracasson correggo la mia dicitura in "Rappresentanza sostanziale nel processo" che dà il potere di nominare un difensore ed essere parte del processo. Secondo me nasce tutto da un misunderstanding sull'art 77 c.p.c. che recita:

    "Il procuratore generale e quello preposto a determinati affari non possono stare in giudizio per il preponente, quando questo potere non è stato loro conferito espressamente per iscritto."

    Ora quale è la ratio della norma mi chiedo e vi chiedo. E’ quello di specificare che la rappresentanza sostanziale è condizione necessaria ma non sufficiente per la rappresentanza sostanziale nel processo, la quale necessita per la sua attribuzione di forma scritta ed espressa. Rappresentanza sostanziale + procura scritta e espressa.
    Mi pare che un simile articolo non vada però in alcun modo a modificare la disciplina della forma della procura relativa alla rappresentanza sostanziale, quindi della possibilità di attribuirla per via orale o per fatto concludente. Sulla base di quale norma negare che la procura in forma scritta e espressa che attribuisce la rappresentanza sostanziale nel processo non comporti una attribuzione per fatto concludente della sostanziale? Non sulla base del 77 c.p.c. per i motivi di cui sopra. Tra l’altro per controparte sarebbe anche piuttosto difficile provare il difetto di procura sostanziale quando rappresentante e rappresentato dichiarino che la rappresentanza sostanziale è stata attribuita in forma orale.
     
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    Non capisco bene, puoi rileggere?c’e’ forse un “sostanziale” in più è un “processuale” in meno?

    E comunque quel che scrivi varrebbe anche nel caso di immobili?
     
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    CITAZIONE (stracassòn @ 30/3/2021, 14:32) 
    Non capisco bene, puoi rileggere?c’e’ forse un “sostanziale” in più è un “processuale” in meno?

    E comunque quel che scrivi varrebbe anche nel caso di immobili?

    Le diciture sono giuste:
    rappresentanza sostanziale
    rappresentanza sostanziale nel processo
    rappresentanza processuale (quella dell'Avvocato)
    Per gli immobili il discorso cambia causa necessità forma scritta anche per la rappresentanza sostanziale.
     
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    Eldiablo,

    - tralasciando in questo momento l'eccezione fondamentale di esclusiva ed escludente legittimazione ai singoli comunisti circa l'impugnabilità della decisione assembleare (su cui non c'è discussione), potrebbe tornar utile approfondire l'elemento "causale" della curiosa cessione posta in essere tra cedente e cessionaria

    - l'analisi dovrebbe riguardare, in combinata tra loro, sia la parte "sostanziale" della fattispecie, ossia la "gratuità" dell'operata cessione del credito per spese legali, sia l'altra, di carattere esclusivamente "processuale", inerente il ristretto perimetro consentito dalle parti, avendo esse limitato gli effetti della compravendita all'esercizio del solo "diritto di appello"

    - cerco di spiegarmi meglio perchè il ragionamento l'ho appena abbozzato

    - in estrema sintesi:

    - tutti i contratti - siano essi tipici che atipici - devono possedere il requisito della "causa" (art. 1325 n. 2 cod. civ. e 1322 -1323 cod. civ.)

    - la causa ha da sussistere anche nei cd. atti unilaterali aventi contenuto patrimoniale, siano essi tipici che atipici (art. 1324- 1322 cod. civ.)

    - le parti, inoltre, possono dar luogo ad accordi processuali tipici (ad es.: clausola compromissoria, deroga alla competenza territoriale del giudice, etc.) e - nell'esercizio della loro autonomia contrattuale ex art. 1322 cod. civ. -anche ad accordi "atipici"; e ciò sempre che non violino norme imperative o non si pongano in contrasto con i principi generali dell'ordinamento giuridico (così B. Capponi, Accordi di parte e processo. Autonomia privata e processo civile: gli accordi processuali, Riv. trim. dir. proc. civ.,2008, Supplemento al n. 3)

    - quindi, qualsiasi contratto deve sempre rispettare il requisito della "causa"

    - ora, qui ci troviamo di fronte ad un contratto di cessione "gratuita" limitato alla sola "impugnazione nella fase di appello"

    - questa curiosa creatura risponde - nella sua interezza - al requisito della "causa"?

    - direi di sì e di no, a seconda delle circostanze di fatto della situazione concreta all'interno (ed all'esterno) della comunione ereditaria

    - anzitutto, in dottrina e giurisprudenza è consolidato l'orientamento per cui la cessione ha "causa" astratta e variabile, però la causa ci deve essere

    - nel ns. caso, sotto il profilo "sostanziale", la cessione è stata fatta a titolo "gratuito" (ammessa per legge) e, quindi, esclusa la donazione e la vendita - rispettivamente - per assenza dello spirito di liberalità nel primo caso e per mancanza di prezzo nel secondo e visto che la cessione può stipularsi pure per atto gratuito, andrà indagato approfonditamente se nella concreta fattispecie sussista - o meno - un altro elemento e/o riferimento (interno od esterno al contratto di cessione) da cui sia possibile ricavare l'indispensabile requisito della "causa" concreta del trasferimento

    - anche sotto il profilo "processuale", l'indagine avrà da essere particolarmente accurata e di sicuro non sarà una via facile, atteso il generale disvalore del ns. ordinamento e dei ns. Giudici per gli atti gratuiti e, quindi, anche per le "cessioni gratuite"

    - ciò in quanto (ribadito che qui si tralascia la fondamentale questione - vincente - della carenza di legittimazione in capo all'appellante), che senso può avere e a quale causa risponde la cessione dei soli diritti di impugnativa della causa limitatamente alla fase di appello?

    - si potrà obiettare: la cessionaria ha interesse ad appellare perchè....se va bene....un domani acquisterà la quota / gestirà la sottostante vicenda sostanziale, esiste già un contratto preliminare in virtù del quale....etc.: ma questo si ricava dal contratto di cessione?

    - e poi: qual è, invece, l'interesse del soggetto cedente? è ammissibile una situazione del genere? l'ordinamento, in materia di fallimento/concordato con assunzione, prevede - sì - la cessione delle azioni revocatorie e quelle di responsabilità nei confronti di amministratori e sindaci della società fallita, ma non di una singola fase processuale di un'unica causa

    - pertanto, il Giudice dovrà essere chiamato e sollecitato ad indagare se è lecito/legittimo complicare così il diritto di difesa (pur costituzionalmente garantito a tutti) facendo lo "spezzatino" delle fasi processuali di una singola causa, l'appello a Tizia e ,magari, domani il ricorso per Cassazione a Caia oppure ritornerà tutto in capo all'originaria comunista? può esser consentita una simile frammentazione del diritto di difesa? può il Giudice esser costretto a correr dietro a tutte le bizzarrie delle parti, dei loro avvocati e dei consulenti commercialisti? oppure ci troviamo di fronte ad una condotta abusiva del processo?

    - se Eldiablo vincerà anche in appello, dovrà notificare la sentenza ad entrambe le parti oppure ad una sola? e nel secondo caso, a chi? e se invece, perderà (facciamo gli scongiuri!), contro chi dovrà ricorrere e a chi notificare il ricorso per Cassazione? chi si troverà dall'altra parte?

    - il Giudice, pertanto, dovrà indagare e farsi spiegare la "causa" concreta di questa bizzarra cessione e questa avrà da esser meritevole di tutela, altrimenti il contratto di cessione si rivelerà un puro trasferimento perchè privo di alcuna ragione, dovendosi allora negare che esso realizzi un interesse meritevole di tutela

    - in altre parole, la cessione dovrà essere dichiarata nulla per difetto di causa

    Edited by ancorpiùanticodimatusalemme - 3/4/2021, 21:13
     
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