litisconsorzio necessario

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    Mediazione obbligatoria, precluso al giudice di appello rilevare l'improcedibilità della domanda
    Federico Ciaccafava | 17/12/2019 15:58


    Nota a cura dell'avv. Federico Ciaccafava

    In tema di mediazione obbligatoria, ai sensi dell'art. 5, comma 1-bis del D.lgs. n. 28 del 2010, in caso di omessa istaurazione o definizione del procedimento di mediazione obbligatoria, l'improcedibilità della domanda giudiziale deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza del giudizio di primo grado.

    In mancanza della tempestiva eccezione del convenuto, ove il giudice di primo grado non abbia provveduto al relativo rilievo d'ufficio, è precluso al giudice di appello rilevare l'improcedibilità della domanda. A quest'ultimo, infatti, ai sensi dell'art. 5, comma 2, del D.lgs. n. 28 del 2010 è accordata la sola facoltà di creare la condizione di procedibilità alla luce di una valutazione discrezionale.


    Tali i principi di diritto enunciati dalla Corte di cassazione in una recente decisione (Corte di cassazione Sez. III, sentenza 13 dicembre 2019, n. 32797, Presidente Vivaldi, Relatore Scoditti, P.M. Pepe).


    Nel caso in esame, relativo ad una controversia in materia locatizia, la Suprema Corte, accogliendo il ricorso, ha cassato con rinvio la pronuncia impugnata con la quale la corte territoriale aveva dichiarato l'improcedibilità della domanda giudiziale nel duplice presupposto che da un lato il ricorrente aveva omesso ingiustificatamente di partecipare personalmente alla procedura di mediazione di cui all'art. 8 del citato D.lgs. n. 28 del 2010 e dall'altro che non era precluso al giudice di appello rilevare la nullità della sentenza per il difetto di rituale mediazione non rilevato dal giudice di primo grado.


    La decisione in esame ha ritenuto fondate le doglianze prospettate dal ricorrente sotto un duplice profilo. Da una parte, si è denunciata la violazione o falsa applicazione dell'art. 5, comma 1-bis del D.lgs. n. 28 del 2010, laddove sancisce che l'improcedibilità della domanda per mancato esperimento del procedimento di mediazione deve essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d'ufficio dal giudice non oltre la prima udienza: nel caso in esame, infatti, né controporte, né tanto meno il giudice di primo grado, avevano sollevato alcuna eccezione sul punto. Dall'altra, si è denunciata la violazione della disposizione di cui all'art. 5, comma 2, del D.lgs. n. 28 del 2010 prospettando che il giudice di appello, ove ravvisi un'ipotesi di improcedibilità della domanda per mancato e/o errato esperimento della mediazione, ha facoltà di sanare il vizio rinviando le parti alla mediazione e comunque deve indagare sulla possibilità di consentire nuovamente la mediazione tenendo conto della natura della causa, dello stato dell'istruzione e del comportamento delle parti.


    In merito al principio secondo il quale l'improcedibilità della domanda giudiziale deve essere eccepita dal convenuto, a pena di decadenza, o rilevata d'ufficio dal giudice, non oltre la prima udienza del giudizio di primo grado la decisione in epigrafe si uniforma all'indirizzo già tracciato da precedenti arresti (cfr., Cass. n. 29017/201 8; cfr., Cass. n. 9557/2017; cfr., Cass. n. 2703/2017). In ordine al principio secondo cui nello stadio di appello è prevista solo una facoltà del giudice di creare la condizione di procedibilità alla luce di una valutazione discrezionale la sentenza finisce per consolidare quanto affermato in una pronuncia di fine ottobre dell'anno scorso (cfr., Cass. n. 27433/2018).


    ©RIPRODUZIONE RISERVATA
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    Per la sussistenza del contratto a favore del terzo non basta che questi tragga un vantaggio indiretto dal contenuto del contratto,ma è invece necessario che i contraenti abbiano inteso direttamente e consapevolmente attribuire al terzo la titolarità di un diritto soggettivo, per avere il promittente assunto nei confronti dello stipulante ,una obbligazione anche a favore del terzo (Corte Cass.23 maggio 1975 n.2072, Foro it.Rep.,1975,voce Contratto in genere,n.244:
    nella specie, i giudici del merito avevano negato la natura di contratto a favore di terzi di un contratto di locazione in cui il conduttore aveva dichiarato di accettare la locazione per sè e per la propria famiglia ,della quale aveva indicato i componenti, in quanto tale dichiarazione era stata compiuta nell'esclusivo interesse del locatore ,Istituto Autonomo delle Case Popolari, al fine di porlo in grado di conoscere i nominativi dei componenti il nucleo familiare del conduttore, che avrebbero abitato con lui l'immobile oggetto del contratto ed avevano, in conseguenza, escluso che, dopo la morte di quest'ultimo, uno dei membri di detto nucleo avesse il diritto di continuare ad occupare l'immobile.

    La Suprema Corte ha confermato tale pronuncia ,enunziando il principio ora riferito.

    tratto da Nicola Distaso, I contratti in generale, vol. terzo, 1980,Utet, pag. 1782, capitolo 12,Effetti del contratto nei confronti dei terzi,
    Collana Giurisprudenza sistematica civile e commerciale
    --------------------------------------------------------------------------------------

    Quindi, la clausola "per sè e per la propria famiglia" potrebbe essere stata apposta nell'interesse del comodante - promittente, e non del comodatario-stipulante.

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    Se non sussiste il contratto a favore di terzo, penso vengano anche meno molti argomenti e suggestioni circa l'ipotizzato litisconsorzio necessario.

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    La massima di Corte Cass. 23 maggio 1975 n.2072 puoi recuperarla anche in ARCH. Civile,1975,1475, oppure in Commentario al Codice Civile (a cura di Paolo Cendon), Giuffrè, 2010,sub art. 1411 cod. civ.,pag. 809.

    buon lavoro

    Edited by stracassòn - 12/10/2020, 08:32
     
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    pardon stracasson

    volevo sottoporti un'ultima questione, aggiuntiva: trattandosi di comodato ad uso vacanza, si può fare il parallelismo con la casa famigliare. Se l'unione si rompe, mi pare che la donna, o comunque il contraente non partecipante al negozio, come si dice dalle nostre parti, ebbene "s'attacca": vale a dire che semmai il comodato prosegue, ma solo il contraente principale ed il bambino possono metterci piede. L'altro é escluso.
    Concordi in linea di massima ?
     
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    - per problemi di computer, stracassòn mi ha conferito l'assai gravoso incarico di risponderTi: come se ciò fosse facile;

    - probabilmente il parallelismo ci starebbe, ma non so (o, meglio, stracassòn non sa) quanto potrebbe giovare oppure nuocere ai fini della causa;

    - e ciò non tanto per l'evidente analogia tra le due situazioni (con relative discussioni dottrinali e giurisprudenziali), ma perchè potrebbe rafforzare - nel Giudice - l'idea che siamo di fronte - ancora - ad una famiglia, ad una povera mamma che vuol fare le vacanze col figlioletto, e ai parenti cattivi che vogliono impedirglielo, etc.etc.;

    - secondo stracassòn, invece, dovresTi insistere,piuttosto, sul ragionamento che la "nuova famiglia di Tizio" (di cui alla clausola contrattuale) NON esiste più e, quindi, sono ormai venute meno quelle esigenze su cui è stato fondato a suo tempo il contratto e su cui dovrebbe trovare ancora la propria giustificazione la persistenza di tale rapporto;

    - detto altrimenti, e sempre che fosse possibile,stracassòn cercherebbe di scardinare il presupposto della persistenza del nuovo nucleo famigliare depositando documenti che ne provino esattamente il contrario (certificati di residenza, stato di famiglia);

    - stracassòn ti inviterebbe anche a valutare un'idea pazzerella che gli sta girando per la capocchia: l'ipotesi di far risolvere consensualmente il contratto di comodato tra i contraenti oppure - meglio - di una lettera di risoluzione del contratto da parte del comodante nei confronti dei comodatari (oppure solo di Tizio e,per conoscenza,anche a Caia) per essere venuto ormai meno il presupposto - ovvero quella "nuova famiglia" -per la cui cura ed esigenze era stato pensato a suo tempo il contratto, depositando in tribunale la relativa comunicazione;

    - cosa ci vuoi fare? più invecchia (stracassòn), e più diventa birichino.

    - buon lavoro
     
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    - purtroppo....sono stato cazzuolato alla grande (da stracassòn) per quello che ho scritto qui sopra;

    - quel stracàsso di stracassòn mi ha contestato l'utilizzo del termine "risoluzione", in quanto Corte Cass. n.15591/2019 sembrerebbe escluderne la possibilità in materia di comodato;

    - mi dice (intimandomelo ferocemente) che dovevo,invece,usare il termine "recesso risolutivo" o qualcosa del genere;

    - insomma, il ragionamento dovrebbe essere il seguente:

    - a suo tempo le parti del contratto han stipulato il comodato per mandarci a mare la nuova famigliola di Tizio a farci la vacanzetta;

    - oggi - che la famigliola non c'è più - sarebbe (ritiene stracassòn) venuto meno quel "presupposto comune" della volontà delle parti, su cui (e per cui ) era stato stipulato il comodato;

    - potrebbero tornar utili (mi ricorda) Corte Cass. 3.12.1991 n.12921 e Corte Cass. 11.08.1990 n. 8200;

    - prova a vedere se questo ragionamento può star in piedi anche in base alle circostanze di fatto

    - e ricorda: recesso (e non risoluzione);

    - (io,invece, ....li userei entrambi!)
     
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    Scusate, c'é un aggiornamento in questa eterna telenovela.
    Come abbiamo detto, il contratto di comodato vede un comodatario (uomo) ed un uso (a favore della famiglia composta da lui, dalla sua ormai ex donna, e dal figlio).
    La prima osservazione è che la convivenza con lei é cessata da un pezzo.
    Ma adesso c'é un ulteriore tassello, per cui mi permetto di scomodarvi, perché credo nella dialettica: il comodatario ha trovato una nuova donna ed avrà un nuovo figlio.
    Quindi, si aprono due possibilità:
    -é venuto meno l'assetto degli interessi previsti nel contratto;
    -il comodatario potrà soggiornare con la sua vecchia famiglia nell'immobile.
    Che ne pensate ?
     
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    - in uno dei primi post hai riportato la clausola secondo cui il comodato valeva per il comodatario e la sua famiglia, ossia Caia e Meviuccio, riportando anche questi due nomi

    - la clausola è scritta proprio così?


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    - il contratto di comodato è stato risolto - oppure il comodante è receduto risolutivamente?
     
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    sì la prima; sulla seconda: c'é una causa in corso, ma riguarda cause di recesso/ risoluzione diverse dalla circostanza sopravvenuta del mio ultimo post.
     
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    - se la causa di recesso/risoluzione fosse solo "strumentale" alla precedente esigenza, probabilmente Tizio riuscirà a "gestire" la nuova situazione con il comodante

    - in ogni caso l'anello forte (ed al contempo debole) di questo comodato è sempre Tizio, che è il contraente per le cui esigenze familiari è stato -prima - stipulato il contratto e - poi - risolto: almeno così la leggo io da lontano

    - occorrerà esaminare per benino la causa e l'atto risolutivo per capirne il reale perimetro

    - tolta Sempronia (che è stata sostituita), la "nuova famiglia" c'è ancora, costituita com'è da Tizio e da Meviuccio (immagino)

    - però, se possibile, così da lontano e senza ulteriori dettagli, al fine di evitare comportamenti poco trasparenti ed illogici, consiglierei di rifare un nuovo contratto, magari cambiando il soggetto comodatario
     
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