Schemi di diritto civile

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    QUAGLIA

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    SCHEMA 46. VIZI DEL VOLERE

    1. Premessa: le cause di annullabilità.
    - Incapacità legale o naturale.
    - Vizi del consenso (errore, violenza, dolo).
    - Particolari situazioni di abuso a danno di una delle parti:
    • Contratto concluso dal rappresentante in conflitto di interessi
    • Contratto concluso dal coniuge senza il consenso dell’altro in regime di comunione legale
    - Inosservanza di oneri formali (606, 2° c.) o di prescrizioni imperative (2098).

    2. Vizi del consenso.
    Gli stati mentali dei vizi del consenso possono essere ricondotti, in senso atecnico, a Errore (error) e Timore (metus), che si distinguono a seconda che provengono dall’intrinseco o dall’estrinseco. Questi 4 elementi (error, metus, ab intrinseco, ab extrinseco) possono combinarsi in modo diverso.

    a) Error/Ab intrinsenco= Errore. 1428
    In alcuni negozi non è che dolo non rileva, rileva negli stessi limiti in cui ha causato l’errore:
    - Matrimonio (tendenza alla stabilità; pochi casi di errore, dolo rileva negli stessi limiti).
    - Confessione, riconoscimento di figlio naturale (errore ampio, esteso al massimo).

    b) Metus/ Ab intrinseco= Colleghi a rescissione. V. timore.

    c) Error/ Ab extrinseco= Dolo. 1339
    Alcuni negozi: scelta legislativa di dare rilievo solo a Vizi ab estrinseco: divisione volontaria, accettazione e rinuncia all’eredità.

    d) Metus/ Ab extrinseco= Violenza. 1434
    Ogni negozio giuridico.

    3. La violenza (Vis)
    I. Nozione. Minaccia che costringe taluno a stipulare un contratto non voluto o a subirne un determinato contenuto. La violenza che rileva è quella che incide sulla volontà, ledendo la libertà negoziale. Ex 1434 la violenza rileva anche se esercitata da un terzo all’insaputa della controparte, in quanto la tutela del soggetto minacciato prevale sull’esigenza di tutela dell’affidamento.
    II. Storia. Tradizionalmente si distingueva la violenza fisica (coazione materiale, escludi del tutto la volontà) dalla violenza morale (coazione morale, stipuli per sottrarti al male minacciato, il consenso c’è, anche se viziato) e si riteneva che la violenza rilevante come vizio del consenso fosse solo quella morale. Oggi la distinzione tra violenza fisica e morale è in parte superata. Occorre però intendersi su violenza fisica:
    - come quella morale, stipuli per sottrarti al male minacciato, che è un male immediato fisico (allora è vizio del volere, annullabilità).
    - fermo restando che se l’autore guida materialmente la mano della vittima non c’è annullabilità ma inesistenza (per bianca, mancata imputabilità dell’atto al soggetto) o nullità (secondo altri, per mancanza di volontà).
    III. Requisiti
    a) Elemento oggettivo. La condotta violenta non è descritta precisamente ma è comunque delineata da alcune previsioni. La minaccia in cui tale condotta si sostanzia deve infatti essere:
    - Caratteri della minaccia: Serietà. Probabilità che venga portata a compimento. Tale probabilità va verificata alla luce della efficacia causale: idoneità in concreto (la minaccia deve essere tale da aver determinato in concreto il timore, lo deduci dal riferimento della norma alla persona e alle circostanze); idoneità in astratto (in concreto non basta, deve essere tale da fare impressione ad una persona sensata, qui vedi problema del timore reverenziale).
    - Oggetto della minaccia: Male alla persona o ai beni del contraente, del coniuge, del discendente, dell’ascendente (se altre persone, prudente apprezzamento del giudice); Notevole (importanza apprezzabile alla luce dell’economia dell’affare; la minaccia di un sacrificio di scarso rilievo fa venire meno l’idoneità in astratto); Ingiusto (lesione antigiuridica - contra ius e non iure -; la minaccia di far valere un diritto quindi non dà annullabilità se non quando è diretta a conseguire vantaggi ingiusti, come nel caso di abuso del diritto).
    b) Elemento soggettivo. La giurisprudenza tende a dire MF specifica: volontà del comportamento minaccioso + volontà di porlo in essere al fine specifico di concludere il contratto (se posto in essere dal terzo, comunque non occorre che la controparte sapesse).

    4. Il timore (Metus)
    I. Nozione. Il timore è una perturbazione psicologica del soggetto.
    II. Tipologie. Il timore può consistere in:
    a) Timore di un pericolo (o timore in senso proprio). Impulso psicologico che la percezione di un pericolo esercita sulla persona.
    - ab estrinseco: se il timore è il risultato dell’altrui minaccia è violenza.
    - ab intrinseco: se il timore non deriva dalla violenza distingui.
     Materia matrimoniale: rilevanza del timore come autonomo vizio del consenso matrimoniale (speciale tutela che la legge accorda alla libertà matrimoniale).
     Materia contrattuale: irrilevanza del timore come autonomo vizio del consenso (l’evitare un pregiudizio rientra infatti tra i motivi per cui un soggetto si determina a contrarre. Tuttavia, se si tratta di -pericolo attuale -danno grave alla persona, supera la soglia delle comuni motivazioni, privando il soggetto della normale libertà di decisione). Se la situazione di pericolo è nota alla controparte e questa ne ha tratto indebito vantaggio: rescissione.
    b) Timore reverenziale. Soggezione psicologica che il soggetto ha verso altri per l’importanza della loro posizione nella famiglia, nel lavoro o nell’ambiente sociale. Il codice si occupa del timore reverenziale all’art. 1437: no annullabilità; normale insufficienza della semplice soggezione a determinare il consenso contrattuale. Distingui da:
    - Intimidazione morale: minaccia tacita di un soggetto di avvalersi della sua posizione o dei suoi mezzi per pregiudicare la vittima in caso di rifiuto a contrarre (es. mafioso). E’ violenza.
    - Approfittamento del timore reverenziale a danno del soggetto timorato: recente dottrina reputa riscontrabili gli estremi dello stato di bisogno.

    5. Il dolo (Dolus)
    I. Nozione. Falsa rappresentazione della realtà che altera la volontà contrattuale della vittima; l’alterazione tuttavia, a differenza dell’errore, è dovuta ad un raggiro esterno al soggetto.
    II. Tipologie.
    - Dolo determinante del consenso (causam dans): non avresti contrattato. Annullamento più risarcimento del danno (interesse negativo: a non concludere il contratto).
    - Dolo incidente (incidens): avresti contrattato ma a condizioni diverse (a differenza dell’errore non essenziale rileva come vizio della volontà). Collegamento con responsabilità precontrattuale (atto illecito, viene lesa la libertà negoziale). Il contratto resta valido ma risarcimento del danno (minore convenienza dell’affare: minor vantaggio o maggior aggravio, criterio analogo all’inadempimento, perché il contratto è concluso).
    III. Requisiti.
    a) Elemento oggettivo. Comportamento doloso, raggiro. Non occorrono requisiti dell’errore (essenziale e riconoscibile).
    - Oggetto: può riguardare i presupposti del contratto, gli elementi, gli effetti, i motivi, l’esecuzione. Se ha per oggetto tutto il contenuto (es. il contraente sottoscrive pur essendo tratto in inganno sul contenuto) non c’è dolo, perché il contratto è nullo per mancanza di volontà.
    - Modalità del comportamento: qualsiasi mezzo, pure menzogna, pure silenzio se circostanziato (ciò che conta è che alla luce delle circostanza è idoneo a trarre in inganno).
    - Idoneità a trarre in inganno: nesso causale, in concreto, in relazione alle circostanze, alla personalità e alle condizioni fisiopsichiche del soggetto. E’ sufficiente l’idoneità in concreto, non occorre in astratto.
    b) Elemento soggettivo. MF specifica: poni in essere la condotta al fine di influire sul consenso e far concludere il contratto. Riprovazione sociale (è per questo che, pur dando vita a errore, ha maggiore rilevanza). Se posto in essere da un terzo, occorre conoscenza e vantaggio della controparte (pur senza complicità).
    IV. Dolus bonus. Millantata esaltazione di un bene o di un servizio. Tradizionalmente si esclude, per normale inidoneità di tale prativa a trarre in inganno. Tuttavia, se qualità non rispondenti al vero, allora pubblicità può dare vita a responsabilità extracontrattuale e, rispetto al contratto, a dolo quale causa di annullamento se partecipazione o consapevole approfittamento del venditore.
    V. Dolo e inadempimento. Se l’autore ha assunto un impegno contrattuale giuridicamente e materialmente possibile (altrimenti il contratto è nullo) e vi sono i presupposti sia per Dolo che per Inadempimento (cioè quando l’autore del dolo non ha eseguito la prestazione dovuta e la vittima è stata ingannata non su ciò che le spetta in base al contratto ma su altri elementi determinanti) puoi ricorrere all’annullamento o ai rimedi contro l’inadempimento.
    VI. Dolo e errore. In entrambi i casi c’è un errore:
    - se incidente, dolo incidens (l’errore rileva solo se essenziale, v. sopra).
    - se determinante: puoi agire alternativamente con Errore (non devi provare dolo o conoscenza, basta riconoscibilità) o Dolo (prescinde dalla scusabilità, è idoneità in concreto: puoi chiedere annullamento anche se una persona normalmente accorta avrebbe evitato l’inganno).

    6. L’errore (Error)
    I. Nozione. Falsa rappresentazione della parte in ordine al contratto e ad i suoi presupposti.
    II. Tipologie.
    a) Errore vizio (o errore motivo). Errore come elemento che influisce, deviandola, sulla motivazione. Errore che attiene alla formazione della volontà, poiché senza l’errore la parte non avrebbe voluto concludere il contratto.
    b) Errore ostativo: attiene alla dichiarazione. Hai formato correttamente la volontà, ma tale volontà è stata inesattamente dichiarata oppure trasmessa.
    c) Errore di fatto: su elementi contrattuali (divergenza tra significato oggettivo del contratto e quello che la parte gli attribuisce, quindi prima interpreti il contratto) o circostanze esterne.
    d) Errore di diritto: su norme giuridiche. Vedi dopo.
    III. Disciplina. La legge accomuna sotto un’unica disciplina l’errore vizio e l’errore ostativo, togliendo importanza alla distinzione e – sottoponendo l’errore ostativo alla mera annullabilità – superando la teoria volontaristica del contratto, che vuole che l’essenza del contratto sia la volontà reale (mancando tale volontà il contratto dovrebbe essere nullo – e non annullabile – né potrebbe valere la reale volontà della parte, in quanto non manifestata). Parte della dottrina (minoritaria e vecchiotta) ci prova: laddove non è espressamente previsto (materia negoziale non contrattuale, es. procura per il matrimonio) l’errore ostativo (almeno sulla trasmissione) dà nullità per mancanza del consenso; tuttavia prevale tesi di disciplina generale di errore: la nozione di contratto non può prescindere da una volontà, ma può prescindere dalla volontà reale; il fatto che manca la volontà reale, ma è comunque presente una volontà vale a configurare l’accordo (atto decisionale delle parti c’è, da intendersi come incontro socialmente apprezzabile di manifestazione di volontà).
    IV. Requisiti
    a) Essenziale. Errore per dare annullamento deve cadere su elementi determinanti del consenso, secondo una valutazione
    - in concreto: effettivamente determinanti del consenso.
    - in astratto: errore è essenziale se (scelta legislativa) 1429, n. 1, 2, 3, e 4 (che vedi meglio dopo). Secondo Bianca 1429 non è tassativa; D’Orazi dice di fare attenzione: 1429 può essere oggetto di interpretazione estensiva, ma devi fare attenzione a dire che non è tassativo, perché significherebbe che essenzialità in astratto va a farsi benedire.
    Se l’errore non è essenziale non può dare annullamento, ma può rilevare come responsabilità precontrattuale (es. come dolo incidente).
    b) Riconoscibile. Normale diligenza, criterio astratto. A differenza del codice 1865, non è più richiesta la “scusabilità” dell’errore, dunque l’errore può determinare l’annullamento anche se inescusabile. Viene meno ogni profilo di rimprovero in capo all’errante, ciò perché, a prescindere dalla sua scusabilità, l’errore è comunque inidoneo a suscitare l’affidamento della controparte. Il problema, quindi, è quello dell’affidamento: se l’errore era riconoscibile non tuteli chi vi ha fatto affidamento. In particolari ipotesi la riconoscibilità non rileva:
    - Errore comune o bilaterale, perché non c’è affidamento da tutelare. CT: affidamento ha per oggetto il significato obiettivo dell’accordo; non puoi eliminare un requisito legale che riguarda un criterio astratto di diligenza. CNCT: ogni parte ha stipulato sulla base di quella (falsa) rappresentazione. Qui in realtà, se proprio proprio, puoi distinguere tra errore bilaterale (che cade sul medesimo contenuto) ed errore doppio.
    - Conoscenza effettiva.
    V. Errore di diritto.
    1) Nozione. 1429, n. 5. Errore su norme giuridiche.
    2) Storia. Si spezza la tradizione per cui errore di diritto non rileva.
    3) Requisiti.
    a) Essenziale.
    Tesi 1: Concezione unitaria, deve essere essenziale, quindi cadere su uno di 1429, n. 1, 2, 3. Tesi 2: Santoro-Passarelli. No essenziale inteso come 1, 2, 3; l’importante è che sia determinante: ragione principale del contratto: quindi addirittura su motivi.
    b) Riconoscibile. Sì. Cass. 1995.
    c) Oggetto, rectius Ambito di rilevanza. 1429, n. 5: ragione unica o principale del contratto.
    Quando errore di diritto è determinante:
    Includi: qualità giuridiche dell’oggetto (bomba atomica in Italia non è commerciabile); qualità giuridiche del soggetto (ingegnere e titoli); convinzione dell’obbligo a contrarre (preliminare è nullo e stipulo il definitivo nel convincimento di adempiere a tale obbligo).
    Escludi: norme imperative (es. materia lavoro); 1374.
    Incerti: conseguenze del contratto non imperative (es. garanzia per evizione, è naturalia negotii, non negozio imperativo), per dottrina prevalente non rileva.
    4) Distinzioni. Da errore di fatto. La distinzione non è così facile nel concreto. Es. limitazioni edilizie: vendita di immobili colpiti da particolari divieti di edificabilità imposti da p.r.
    - È inadempimento se promessa
    - Manca promessa. Prima: errore di diritto. Nel 1996: è errore di fatto.
    La distinzione non è così facile pure perché l’errore di diritto deve vertere sui presupposti oggettivi, effetti giuridici del contratto o prestazione, no sulle finalità che la parte intende realizzare: errore di diritto su motivi non rileva (c’è però tesi opposta di Santoro-Passarelli) perché l’errore su finalità estranee al contratto non può rilevare.
    VI. Errore e inadempimento. Distingui secondo l’oggetto del contratto. Cioè:
    - Errore: la prestazione è identica a quella oggetto del contratto. Vi è una falsa rappresentazione di ciò che per contratto ti è dovuto, di qualità della prestazione. Se ab estrinseco e vi sono requisiti, può essere dolo (vedi differenza dolo-errore).
    - Inadempimento: la prestazione non è identica all’oggetto, perché nel regolamento contrattuale era implicita la promessa che il bene avesse alcune qualità. Interesse positivo.
    VII. Errore sui motivi. Di regola irrilevante (salvo donazione ex 787) pur potendo essere di fatto decisivo per la parte. Perché: se finalità e presupposti non entrano nel contenuto del contratto sono irrilevanti, per certezza (non puoi pretendere di disimpegnarti dal vincolo perché caduto in errore su circostanza esterna al contratto). Apertura: 1429, n. 2: qualità della prestazione (cioè qualità non è dovuta, altrimenti avresti inadempimento, non entra nel contenuto del contratto ma comunque può rilevare sub errore determinante).
    VIII. Errore di calcolo. 1430. No annullamento, ma rettifica, salvo che su quantità e determinante di consenso.
    - Giurisprudenza: solo operazioni matematiche, cioè 3+3=7.
    - Dottrina prevalente: errore di calcolo è una particolare figura di vizio non essenziale, quindi rettifica pure se errata indicazione della quantità della prestazione (leggi norma, e poi considera che alla soluzione della giurisprudenza ci si arriva già con interpretazione del contratto) purché
    • non essenziale o determinante (altrimenti avresti annullabilità)
    • comunque riconoscibile
    • errore deve cadere su elementi di calcolo del contratto, cioè su prezzo e quantità merce: se dici “a corpo” senza indicare la quantità e calcoli male il prezzo sono fatti tuoi (puoi però far valere come essenziale e riconoscibile, da cui annullamento).
    Casi che dottrina riconduce sub 1430: divergenza tra quantità dichiarata ed effettiva nella vendita immobiliare.

    Errore importante: il nostro ordinamento non dà problema se l’unico interesse in gioco è quello del soggetto errante.
    Negozi bilaterali: criterio soggettivo (dai rilievo all’errore: tutela incondizionata dell’errante); criterio oggettivo (dai rilievo all’affidamento: tutela incondizionata dell’altro). Allora che fai? a metà!!! Riconoscibilità: onere di diligenza a carico dei soggetti.

    SCHEMA 47. L'INVALIDITA'
    N.=Nullità
    A.= Annullabilità
    Invalidità in generale
    1. Nozione. Non corrispondenza al tipo, irregolarità giuridica. Sanzione può essere automatica o di applicazione giudiziale. Il giudizio di validità va fatto tenendo conto della situazione di fatto e delle norme vigenti al momento del perfezionamento. Rientrano nell’invalidità la Nullità, l’Annullabilità, la Rescindibilità: abbiamo un’irregolarità più o meno grave, un’inosservanza di norme giuridiche.
    2. Distingui da: a) Invalidità successiva. Tesi 1: l’atto è immediatamente valido o invalido; se valido poi non può diventare invalido, perché ordinamento gli ha riconosciuto rilevanza negoziale. Tesi 2: se gli effetti del negozio non sono esauriti, è ammessa una successiva incidenza delle cause di invalidità riferite alla fattispecie negoziale. Tesi 3 (Bianca): di regola, le vicende successive non toccano il giudizio sulla invalidità, ma se -valutazione illiceità, -eccezionale efficacia retroattiva, -ulteriore attuazione del rapporto è in contrasto con la nuova norma, allora le vicende successive rilevano, come vicende estintive. b) Inesistenza. Manca operazione qualificabile come contratto, manca fatto o atto socialmente rispondente alla nozione di contratto, manca atto di autonomia privata; non vi è allora alcun serio affidamento delle parti, né un apprezzabile affidamento dei terzi. Non vi è ragione, pertanto, per dare rilevanza a quegli effetti che, pur eccezionalmente, anche il contratto nullo produce (v. effetti). Origine della categoria: dottrina francese in tema di matrimonio: per superare tassatività delle ipotesi di nullità matrimoniali. c) Inefficacia. Riguarda il momento effettuale, la non produttività degli effetti giuridici. Di regola, inefficacia è provvisoria, ma può essere pure definitiva (e allora può derivare da invalidità). d) Irregolarità mera. Non conformità al modello, ma non talmente grave: effetti sono quelli della fattispecie valida.
    3. Caratteri delle invalidità e delle azioni. Punto da tener presente: superamento del principio per cui “quod nullum est nullum producit effectum”. Cioè: - non è vero che fattispecie invalida non produce effetti. - fattispecie invalida produce effetti diversi da quella valida. - in quasi tutti ordinamenti, fattispecie invalida in presenza di “x” produce effetti di quella valida (sanatoria).
    a) Effetti.
    N. Negozio è inefficace di diritto, nel senso che non produce gli effetti della fattispecie valida. Ma produce comunque alcuni effetti: Conversione. Modifica legale del contratto che ne evita la nullità nel rispetto sostanziale della volontà delle parti (1424). Opera di diritto: la sentenza che la dichiara è di accertamento. Presupposti: nullità del contratto (no inesistenza, annullabilità?); idoneità degli effetti giuridici modificati a soddisfare in misura apprezzabile l’interesse delle parti (profilo oggettivo, rapporto di continenza tra negozio nullo e quello che deve sostituirlo); apprezzamento di fatto dell’intento negoziale dei contraenti (aspetto soggettivo, diretto a stabilire se la volontà delle parti può ritenersi orientata verso gli effetti del diverso contratto); presenza nel contratto dei requisiti di forma necessari; ignoranza delle parti circa l’invalidità (le parti non devono aver previsto e regolato le conseguenze dell’invalidità). Distingui da conversione formale (607, 2701) e legale (24, l. camb.) Trascrizione sanante. 2652, n. 6. Atto di per sé non è valido, ma l’inopponibilità della sentenza più la bf dell’acquirente costituiscono un efficace titolo di acquisto. Ratio: bf, affidamento (5 anni). Matrimonio putativo. 128. Possibilità di conferma, in alcuni casi (v. dopo).
    A. Provvisoriamente efficace, salvo a perdere la loro efficacia a seguito dell’annullamento. Conversione del contratto annullabile? La parte potrebbe volerlo tenere così, ma d’altra parte la modifica potrebbe evitare l’annullamento (es. errore: offerta di modifica da parte dell’altro: no conversione di diritto).
    R. Provvisoriamente efficace, salvo a perdere la loro efficacia a seguito della rescissione.
    b) Interesse. N. interesse generale. A, R. interessi particolari; se interesse generale (es. incapacità, vizi del volere) si lascia comunque al soggetto la possibilità di valutare la convenienza.
    c) Natura. N. dichiarativa, nullità opera di diritto. A. costituiva. R. costitutiva
    d) Sanatoria.
    N. No. In alcuni casi (pochi) possibilità di conferma (590 e 799: per conservazione interesse disponente, posto che qui non è possibile rinnovare la volontà). Per alcuni tali conferme sono negozi diretti ad integrare i requisiti del negozio nullo (conferma come “x”, in presenza della quale il negozio, pur invalido, produrrebbe gli stessi effetti del negozio valido); per altri si tratta di atti giuridici in senso stretto, che hanno come unico effetto quello di inibire l’azione di nullità da parte dei legittimati; per altri è una mera rinuncia dell’interessato all’azione di nullità.
    A. Convalida. Nozione. Negozio unilaterale non recettizio, attraverso cui una parte (quella legittimata all’azione di annullamento) conferma il contratto annullabile. Modalità. Diverse, pure attraverso rinunzia all’azione di annullamento o al diritto di annullamento. Natura. 1. Funzione negativa: rinuncia all’azione o al diritto. 2. L’aspetto principale è positivo, di adesione, con cui rendi valido un negozio annullabile. Struttura. 1. Negozio che integra la fattispecie convalidata (effetti definitivi derivano da fattispecie complessa). 2. Negozio accessorio o di secondo grado, teso a fissare, confermare il negozio in precedenza concluso, rimuovendo la precarietà legale del contratto annullabile. Fonte resta contratto originario. Requisiti, presupposti. 1444, 3° c. Volontà integra e consapevole: superamento del vizio o dello stato di incapacità, altrimenti convalida è nulla. Tipologie. Espressa: apposita dichiarazione, contenente specifica menzione del contratto e della causa di invalidità (1444, 1° c.). Tacita: volontaria esecuzione, da parte del titolare (capace) dell’azione di annullamento che conosce la causa di invalidità (1444, 2° c., 590, 799). Per alcuni è comportamento concludente, ove ciò che conta è il significato sociale dell’atto e non la consapevolezza del significato convalidante; per altri è atto giuridico in senso stretto, essendo irrilevante che la parte abbia consapevolezza del significato convalidante. Effetti. Conferma del contratto annullabile. Rettifica. Nozione. La parte non in errore può offrire di eseguire il contratto in modo conforme all’originario intento della controparte (1432). Fondamento. Principio della conservazione del contratto e Principio di bf (nei limiti di apprezzabile sacrificio ciascuna parte deve salvaguardare l’utilità dell’altra). Natura. Negozio giuridico unilaterale e recettizio, con cui una parte rende definitivamente efficace il contratto, estinguendo il diritto all’annullamento. Struttura. La rettifica si perfezione con la manifestazione di volontà della parte non in errore (anche se la legge, parlando di offerta può generare errore), in quanto diritto di rettifica è diritto potestativo. Requisiti. Conformità a originario intento. Tempo: diritto di rettifica può essere esercitato finché può essere fatta valere l’azione di annullamento, purché prima del pregiudizio. Per Quadri, anche dopo cinque anni, per paralizzare l’eccezione di annullamento. Ambito. 1. Solo errore; legge prevede solo rettifica per errore, inoltre difficoltà di individuare l’originario intento nei casi di violenza e dolo. 2. Generale, perché principio di bf ha valenza generale, più difficoltà di individuare originario intendo non vuol dire impossibilità. In ogni caso NO per incapacità legale. Effetto. Immediato. La parte in errore non può rifiutare (soggezione), ma può contestare la regolarità (rispetto di requisiti). Imp: anche se vi è rettifica, possibilità del risarcimento del danno, se la causa di invalidità ha ritardato l’esecuzione della prestazione.
    R. No convalida (1451; nullità quindi di eventuale convalida); ratio: si vuole evitare che soggetto resti esposto a pressioni dell’altro, per questo non può disporre del diritto alla rescissione né rinunciarvi. Possibilità di riconduzione ad equità (risponde a generale principio di conservazione): non occorre rigorosa equivalenza delle prestazioni, basta che contratto sia uniformato per quanto possibile, tenendo comunque conto delle condizioni del contratto, ai valori di mercato al momento della pronuncia del giudice. Offerta di rettifica è negozio unilaterale e recettizio, può consistere anche in generica dichiarazione di voler ricondurre il contratto ad equità, con rimessione al giudice della determinazione esatta della modifica. Non occorre accettazione dell’altra parte, la quale può solo contestare la congruità della modifica.
    e) Legittimazione. N: chiunque ha interesse, 100 cpc (salvo ipotesi di nullità relativa). A: relativa, iniziativa di parte (salvo eccezioni di annullabilità assoluta: 119, 1441, 2° c., 2098). R: iniziativa di parte: parte danneggiata, eredi, no all’avente causa a titolo particolare.
    f) Rilevabilità d’ufficio
    N. 1421 sì, ma correla a principio della domanda e a corrispondenza tra chiesto e pronunciato (99 e 112 cpc). Quindi giudice può rilevare in ogni stato e grado (anche legittimità, purché qui non siano necessarie nuove indagini o accertamenti di fatto), se è in contestazione l’applicazione o l’esecuzione di un atto la cui validità rappresenti elemento costitutivo della domanda (es. chiedo adempimento del contratto nullo, o di contratto annullabile o rescindibile: il presupposto dell’adempimento è che il contratto sia valido), non invece se viene in questione una nullità diversa da quella posta a fondamento della domanda (vi sarebbe ultrapetizione). Né tantomeno se le parti chiedano la risoluzione del contratto (ha per presupposto l’inadempimento, non la validità del contratto). Questo fino al 2005, quando si è affermato che, pur divergendo azione di nullità e di risoluzione per petitum e causa petendi, anche nella domanda di risoluzione puoi rilevare nullità d’ufficio, perché non può parlarsi di inadempimento se l’obbligazione – a causa della nullità – in realtà non esiste (vedi sentenza). Il problema resta processuale: accertamento della nullità rilevato d’ufficio ha efficacia di giudicato o incidenter tantum? 1. Giudicato solo se è presupposto logico. 2 (giur. successiva). Giudicato solo il fatto che non ci sono i presupposti della risoluzione.
    A. No, iniziativa di parte. R. No, iniziativa di parte.
    g) Prescrizione dell’azione.
    N: imprescrittibilità, salvo gli effetti dell’usucapione (ventennale beni immobili, decennale mobili; per si discute sull’abbreviata: titolo? Gazzoni no, DB sì) e prescrizione decennale dell’azione di ripetizione di indebito. Possibilità risarcimento del danno se responsabilità precontrattuale (interesse negativo: spese, perdita occasioni favorevoli, interessi su somme versate per esecuzione).
    A: prescrizione 5 anni. Da quando la parte ha superato l’impedimento del vizio o lo stato di incapacità. Negli altri casi, da quando il contratto è concluso.
    R: un anno dalla stipula (1449). Se contratto è sottoposto a condiziona, dal giorno in cui la condizione si verifica (1449-2935), perché è a quel momento che, sul piano eziologico, risulta legata la concretezza e l’attualità della lesione. Se reato, 2947. Termine breve (anche per l’eccezione) si spiega perché R. è eccezione al generale principio di insindacabilità dell’equilibrio contrattuale per rispetto di autonomia parti.
    h) Eccezione. N. No prescrive, come azione. A. No prescrive. R. entro termine prescrizione azione (1449).
    i) Effetti per le parti e terzi
    N. Dichiarativa: ex tunc tra parti e tra terzi, salvo pubblicità sanante.
    A. Parti ex tunc, con possibilità di ripetere quanto prestato ex 2033 (e di pretendere risarcimento dell’interesse negativo). Terzi salvi, salvi effetti della domanda di annullamento, ex 1445; e vedi pure qui 2652, n. 6 (salvi acquisti bf gratuiti se dopo cinque anni).
    R: Parti ex tunc, con possibilità di ripetere quanto prestato ex 2033 (e di pretendere risarcimento dell’interesse negativo). Terzi salvi, salvi effetti della domanda di rescissione, ex 1452.

    Nullità
    1. Nozione. Più grave forma di invalidità. Tradizionalmente, nullità come mancanza di elemento costitutivo e annullabilità vizio; oggi guardi interessi tutelati. Tradizionalmente, è descritta da cc con forme atipiche, mentre annullabilità tipiche (vi è però un’inversione nel diritto societario, ove nullità tipiche per atto costitutivo, per impugnazioni assemblea, per delibere consiglio amministrazione).
    2. Tipologie. Può essere assoluta o relativa, totale (intero contratto) o parziale (oggettiva: una parte del contratto, 1419; soggettiva: singoli rapporti di partecipazione, 1420. Principio di conservazione del contratto: verifichi la compatibilità della modifica del contratto con l’assetto concreto degli interessi delle parti).
    Parziale oggettiva: Disciplina (1° c.: regola negativa, inoperatività del regolamento contrattuale; 2° c.: regola positiva, operatività, grazie a sostituzione di diritto di norme imperative); Esempi (impossibilità parziale originaria di una delle prestazioni; inoperatività di una o più clausole contrattuali, lacune, dopo aver applicato regole interpretative).
    3. Cause
    1° c. Nullità generale, virtuale, atipica. Contrarietà a norme imperative. Due aspetti:
    - Aspetto positivo: contrarietà a NI (vedi premessa, quando norma è imperativa). Qui intermediari finanziari: sono NI solo quelle che dettano norme su atto (contenuto, forma, architettura di contratto) o anche quelle che dettano regola sul comportamento (procedimento di formazione del contratto, violazione obbligo informazione e bf, es. intermediario finanziario che vende titoli finanziari senza aver dato al cliente le informazioni dovute ex 21 ss tu borsa 58/98e 23 ss reg esecuzione 1998)? Cass. 2005: ove non vi è deroga, violazione norme su atti dà nullità, violazione norme su comportamenti responsabilità precontrattuale ex 1337 (ma è una responsabilità che si amplia, perché non è dovuta solo per trattative inutili, tipo contratto invalido o non si stipula; è dovuta per ogni comportamento scorretto, prescindendo dalla sorte del contratto, con conseguente interesse positivo differenziale per danno per aver stipulato un contratto che avresti stipulato a condizioni più vantaggiose se fossi stato informato correttamente). Cass 2007: distinzione norme atti-norme comportamenti non convince, ci sono infatti molte norme in settore consumatori in cui violazione norme su comportamenti dà nullità (art. 36 cod consumo; 7, d. lgs. 231/2002; 3. l. antitrust; 52, cod. consumi); se 1° c. fosse riferito solo a norme su atti sarebbe inutile, poiché vi è già 2° c. CT1: proprio il fatto che il legislatore ha previsto nullità per violazione norme comportamenti in settore consumatore (che quindi sono testuali) presuppone correttezza del ragionamento per cui norme su atto:nullità/norme su comportamento:responsabilità. CT2: 1° c. non sarebbe affatto inutile, posto che violare norme che prevedono alcune regole e difetto di oggetto o causa non sono affatto la stessa cosa (es. d. lgs. 122/2005: contratti aventi per oggetto immobile da costruire: nel contratto devi inserire alcune informazioni: possono mancare e la causa e l’oggetto comunque sono sussistenti). CT3: coerenza sistematica: ragionando come Cass 2007, applicheremmo 1° c. a casi in cui vi è una generalissima NI che impone bf informativa e trasparenza contrattuale, dando nullità a ipotesi molto meno gravi rispetto a 1439-1440 (comportamenti precontrattualmente scorretti), ove non mancata informazione, incompletezza, ma anche artifici e raggiri dà solo annullamento.
    - Aspetto negativo: vedi che la legge non disponga diversamente, è il vero problema perché può essere previsione espressa di legge (allora ok) oppure dedursi dal sistema, dalla ricostruzione della ratio legis (è qui la difficoltà). V. ipotesi, non c’è da ragionare, impara.
    Ambito. Tesi 1 (Bianca, tradizionale). E’ causa di illiceità, ex 1343: causa illecita se contraria a NI. Tesi 2 (Gazzoni). Nullità di 1418, 1° c. è virtuale e dà illegalità. Non è facile distinguerla da 1343 (entrambe si riferiscono a NI), ma sono diverse posto che:
    - Illiceità: 2° c. Dà sempre nullità (salvo possibilità di 799, 1367, 1424, 2126). Sì 1417.
    - Illegalità: 1° c. Può non dare nullità (salvo casi previsti da legge). E’ contrarietà a NI e non a op e bc. Infatti, tutte le norme di op sono imperative, ma non è vero il contrario. No 1417.
    Ipotesi
    A) Casi espressi,
    B) Esclusione implicita per presenza di sanzione civile tipica. Es. Riscatto in prelazione legale.
    C) Divieti di alienazione che attengono a interessi pubblici. Si tende a dire nullità: vendita caffè senza indicazioni scadenza; vendita macchinari industriali senza dispositivi di sicurezza; vendita animali contagiosi. Ma in caso di vendita uova senza dati di l. 66/356, si è affermata la validità, perché la norma sui dati pure se imperativa mira a produzione controllata del commercio delle uova e tutela di acquirente, non di salute pubblica.
    D) Area parcheggi.
    E) Violazione norme penali. Sono di certo NI. Distingui reato contratto-in contratto.
    - Reato-contratto (sottocategoria dei reati-accordo: es. reati di associazione come 415 e reati derogatori di 115 cp; vendita schiavi; corruzione; ricettazione; incauto acquisto). La stessa stipulazione è reato, il cp punisce la stipulazione: nullità.
    - Reato in contratto (es. 640, ove si puniscono le modalità attraverso cui giungi all’accordo contrattuale; estorsione, concussione, insolvenza fraudolenta, induzione in matrimonio mediante inganno). La stipulazione non è reato, il reato si pone affianco; il cp punisce quanto si pone a latere del contratto. Se c’è sanzione civile che si applica alle fattispecie, gliel’applichi e assorbi la nullità (es. truffa o violenza: annullabilità o sanzione civile prevista). Salvo circonvenzione di incapaci: sanzione prevista dovrebbe essere 428, ma è difesa debole, allora giur: è nullità virtuale anche se si pone a fianco del contratto.
    - Particolarità: usura. Se diciamo che è illecito di per sé: è in contratto, nullità; se diciamo che è a lato e ha sanzione civile tipica: rescissione. Ma in entrambi i casi per il contraente deve restituire i soldi, il che non conviene. Allora interviene legge 1996: nei contratti usurari non sono dovuti gli interessi, nullità della parte del contratto relativa agli interessi. Qui si è posto problema dei contratti stipulati antecedentemente alla legge. Trattandosi di sopravvenienze (nullità deve essere prevista all’origine), la soluzione sarebbe dovuta essere 1467; ma giur. per ragioni equitative, recupera nullità virtuale, come se ad ogni pagamento l’accordo si rinnova, sorta di nullità per fatto progressivo, continuo. Questa soluzione avrebbe posto in crisi le banche, allora d.l. 394/2000 (l. 24/2001): norma di interpretazione autentica: nullità di l. 1996 riguarda esclusivamente il momento della stipulazione del contratto. E’ evidente che per mutui anteriori allora c’è 1467, ma d.l. ti dice: rinegoziazione per eccessiva onerosità. CCost. 2002 ti riassume la questione.
    F) Norme tributarie: in genere hanno loro sanzione, non danno nullità. Norme amministrative in punto a scelta del contraente (è tema non solo amministrativo): annullabilità a favore di pa.
    2° c. Mancanza o impossibilità originaria di elementi costitutivi oppure illiceità. Accordo. Manca volontà, ma atto è comunque valutabile come accordo (se no è inesistenza). Oggetto. Manca, non è determinato né determinabile, è impossibile, è illecito. Causa. Manca una ragione pratica giustificativa, o vi è interesse non meritevole di tutela. Oppure è illecita (1343; distingui da 1344 “si reputa illecita”, frode a legge). Forma. Se manca e legge richiede a pena nullità. Motivi. 1345: determinante e comune (medesimo interesse o uno trae profitto o comunque conosce motivo illecito dell’altro). Inoltre, Incapacità giuridica (in realtà più che causa di incapacità è impossibilità di imputare il rapporto; può essere temporanea) e Incapacità speciali (esprimono divieti di legge).
    3° c. Nullità tipiche, casi previsti da legge. Es. 458, 2265, 2744; leggi speciali e tutela del consumatore (di solito nullità relative); tu leggi bancarie; tu intermediazione bancaria; l. subfornitura). Non danno problemi, salvo in alcuni casi di sistema.

    Annullabilità
    1. Nozione. Forma di invalidità che assoggetta il contratto alla sanzione dell’inefficacia di applicazione giudiziale.
    2. Oggetto (ambito). Di massima, tutti gli atti negoziali, coordinando con norme particolari (es. testamento). Atti giuridici in senso stretto? Pare di sì (per alcuni), se prevalgono le ragioni di tutela del soggetto.
    3. Problema teorico degli effetti (pur provvisori). Tesi 1. Poiché immediatamente (anche se provvisoriamente) produce effetti, di fatto la fattispecie contrattuale è integra, annullabilità non rientra in invalidità; Tesi 2. Annullabilità rileva immediatamente e non solo dopo la sentenza costitutiva, posto che la parte legittimata all’azione può da subito rifiutarsi di eseguire la propria prestazione, potendo evitare che il contratto cominci a produrre effetti.

    SCHEMA 48. LA CONDIZIONE

    Condizione
    1. Nozione. 1353: disposizione che fa dipendere l’efficacia o la risoluzione di un contratto al verificarsi di un evento “futuro e incerto”.
    2. Tipologie.
    - Sospensiva o risolutiva (v. interpretazione del contratto). Vi è chi critica la ricostruzione unitaria.
    - Positiva o negativa. Se inverti, assetto di interessi simili, pur se gli effetti non sono analoghi, a secondo che deduci il verificarsi o il non verificarsi di un evento e sospensiva-risolutiva.
    - Volontaria o legale.
    - potestativa e mista. Potestativa: dipende da fatto volontario di una delle parti.
    3. Natura. Condizione è un elemento accidentale del contratto, non è elemento costitutivo: il contratto è già perfetto, valido; la condizione incide sulla sua efficacia. Teorie recenti: rilevanza della condizione nel concreto assetto del negozio implica che considerarla in termini di “accidentalia negotii” è riduttivo; tendono ad accostarla a causa in concreto.
    4. Ratio. Come altri elementi accidentali, dà rilevanza ai motivi che spingono le parti al contratto.
    5. Elementi. Evento

    6. Disciplina

    Figure affini
    a) Termine. Determinazione temporale degli effetti del contratto; momento da quale decorrono o si estinguono gli effetti contrattuali. Come distingui:
    Termine: sempre certo.ijijijiji
    Condizione: sempre incerta.
    Perché è importante distinguere?
    1. Materia successoria. Ci sono negozi in cui non è ammesso né termine né condizione (negozi puri, cd. Actus legitimi: matrimonio, atto di adozione, riconoscimento figlio naturale, accettazione e rinuncia all’eredità). E ci sono negozi, appunto in successioni, in cui sì condizione, no termine. Es. 637 (sì invece per legato): semel heres, semper heres, salvo 692 e 693. Es.: si sine liberis decesserit: in astratto è condizione (evento è incerto) ma guardi le circostanze concrete (es. istituito in là con gli anni, impotente) per esserne certo. Struttura: due istutizioni (una subordinata alla condizione risolutiva della morte senza figli; l’altra alla condizione sospensiva della morte del primo senza figli (quando la condizione si avvera è come se il primo istituto non fosse mai stato chiamato all’eredità).
    2. Disciplina. Anche se entrambi ammessi, differenze per: ripetizione indebito prima dell’inizio di efficacia (termine: non puoi ripetere, hai solo diritto interessi ex 1185, 2° c., per il principio plus dat qui cito dat: dà di più chi paga prima); res perit domino (se termine acquirente deve pagare). Inoltre, nella condizione sospensiva il titolare ha un’aspettativa, mentre termine iniziale non incide sull’attuale titolarità del diritto: è solo rinviata nel tempo l’esigibilità.
    3. Difficoltà. Alle volte le partri si riferiscono ad un evento apparentemente pare condizione, in realtà serve solo per limitazione temporale: es. ti restituirò la somma quando avrò ottenuto il finanziamento. Guardi a interpretazione.
    4. Collegamento condizione-termine. 4 soluzioni.
    b) Modo. Clausola di negozi a titolo gratuito che obbliga il beneficiario dell’attribuzione a devolverla in tutto o in parte per una data finalità.

    SCHEMA 49. CONTRATTO A FAVORE DI TERZO

    1. Nozione. Il contratto a favore di terzo è quel contratto grazie al quale il terzo acquista il diritto contro il promittente per effetto della stipulazione.
    2. Natura. Tesi I. Negozio unitario, con causa unica. Se rapporto A-C non ha causa che lo giustifichi, l’intero contratto è nullo. Lo stesso accade se c’è un vizio della volontà concernente la devoluzione a C, o patologia. Ragioni: lettera della norma. Tesi II. XXX Negozio tra A e b, con autonoma causa, cui accede una clausola, un patto aggiuntivo con propria e diversa causa, a favore del terzo. Se rapporto A-C non ha causa o se vi è vizio della volontà, o patologia, è la clausola ad essere nulla. Applichi 1419,1° c. Ragioni: 1411, 3° c.: se terzo rifiuta o stipulazione è revocata, gli effetti si consolidano in capo alle parti originarie e non si ha caducazione dell’intero contratto (che si avrebbe se unica causa giustificativa), salvo 1419, 1° c. Inoltre, oggi causa in concreto: non è anomalo che vi sia clausola a causa autonoma, variabile.
    3. Struttura.
    Fase I. Stipulazione.
    - Per tesi prevalente, il contratto è perfetto ed immediatamente efficace, non occorre attendere la scadenza del termine per il rifiuto. Conferma: 1411, 2° c. “per effetto della stipulazione”. Inoltre, evoluzione di 1372, è oggi pacifico che effetti favorevoli si producono subito (remissione del terzo, donazione obnuziale, 1333), salvo rifiuto e che non occorre attendere il mancato rifiuto, il quale varrebbe come accettazione tacita (elemento costitutivo) o come condizione sospensiva.
    - Clausola a favore del terzo. Tesi 1: per alcuni è recettizia. Ragioni: il terzo deve poter conoscere l’effetto che si sta producendo nei suoi confronti, specie se ammettiamo 1411 anche per trasferimenti di immobili (oneri, carichi, responsabilità ex 2051). Inoltre, è importante per segnare con precisione il dies a quo per l’esercizio del rifiuto, certezza dei rapporti giuridici. Tesi 2: per altri non recettizia, comunicazione serve solo per individuare il dies a quo per il rifiuto. Ragioni: effetto è favorevole, e comunque C può rifiutare e acquisto si risolve retroattivamente.
    Fase II. Effetti.
    - Da quanto appena detto, l’eventuale rifiuto è negozio unilaterale (recettizio), attraverso cui il soggetto esercita il proprio diritto potestativo di rifiuto, che nella struttura del contratto funge da condicio iuris risolutiva (effetti ex tunc). Rifiuto è diverso da Rinuncia, perché nel rifiuto il diritto è entrato provvisoriamente e on definitivamente nel patrimonio del soggetto. Non si prevede termine per rifiutare, per cui si ritiene di poter applicare termine di 1333, per esigenze di certezza (altri affermano che puoi sempre rifiutare, salvo proposizione di actio interrogatoria per evitare stato di incertezza, ma è tesi passata; altri ancora che termine è quello normale, decennale, per l’esercizio dei diritti soggettivi, ma è termine davvero troppo lungo). Adesione comunque consuma potere di rifiutare. Conseguenza del rifiuto: la prestazione resta sin dall’inizio a beneficio dello stipulante, salvo che per accordo delle parti o per particolare natura del contratto (es. intuitu personae) si sciolga ex 1463.
    - Da quanto appena detto, adesione del terzo non è accettazione in senso tecnico (non serve), ma serve per impedire modifica o revoca dello stipulante, più consuma potere di rifiutare. Conseguenza dell’adesione: terzo è definitivamente titolare del diritto (acquisito il diritto, C può agire, come A, contro B -se del caso ex 2932- per adempimento perché entrambi hanno interesse. C non diventa mai parte del rapporto contrattuale!! Ricorda: resta estraneo a contratto, non può esperire rimedi contrattuali!!, v. avanti) per cui né A né B possono più disporre del loro diritto (es. con novazione, mutuo dissenso, cessione), ma possono solo agire per invalidità della stipulazione e rimedi contrattuali.
    - Da quanto appena detto, la revoca fa venire meno gli effetti già prodotti (condizione risolutiva). Numerose revoche, infatti (v. revoca) fanno venire meno gli effetti già prodotti, quindi non è anomalia. Revoca può essere esercitata finché il terzo non ha aderito. Questioni sulla revoca
    a) Prestazione post mortem (es. tipico: assicurazione sulla vita). 1412, 1° c.
    b) Potere di revoca e patti successori. Possibilità di elusione del divieto. In realtà pare di no, perché l’attribuzione al terzo è immediatamente operante: acquisto del diritto è inter vivos, è la prestazione che è eseguita post mortem.
    4. Elementi.
    a) Soggetti. Vedi sopra. Contratto è perfetto e immediatamente efficace con volontà A-B.

    b) Causa. A-B. Solutoria (B assume obbligazione per adempiere a precedente obbligazione verso A); Onerosa (B assume obbligazione dietro corispettivo); Liberalità (taluni affermano trattarsi di donazione indiretta – patrimonio che si incrementa è di un terzo – la salvano da nullità per mancanza forma pubblica). A-C. 1411 chiede interesse di A (e anche qui A può stipulare per causa solutoria; onerosa; liberalità -indiretta-). Se interesse di A manca per tesi prevalente la prestazione va eseguita a favore di A (è nulla solo la clausola a favore di C); per tesi minoritaria nullità dell’intera stipulazione, nel complesso. IMP. Distingui interesse di A da interesse di C: anche interesse di C è necessario, ex 1174 (è creditore). Entrambi gli interessi sono soddisfatti dalla prestazione del terzo, tant’è che entrambi possono chiedere l’adempimento.
    b) Oggetto (rectius, ambito): 1411 è generale. Problema degli effetti reali: attribuzione di diritto reale può comportare non solo facoltà, ma anche oneri. Tesi 1: per questo, escludi. Tesi 2: salvo veri e propri obblighi (obbligazioni propter rem), includi, perché proprietà di immobili: valore comunque superiore all’onere fiscale e di manutenzione, irrilevanza del rispetto del neminem laedere (2051). Tesi 3: valuti volta per volta, secondo l’effetto.
    d) Forma. Scritta pena nullità, se per oggetto beni immobili (sempre che ammetti). Allora anche revoca e rifiuto forma scritta (no adesione, perché non è accettazione).
    5. Disciplina. Fondi 1411 e quella del singolo contratto. Trascrizione: se contratto ha per oggetto beni immobili, trascrivi e annoti revoca e rifiuto (no adesione).
    Azioni (ricorda che C non diventa mai parte).
    A. -Impugnative contrattuali (annullamento, rescissione, risoluzione). -Esatto adempimento (A ha interesse).
    C. -Esatto adempimento. -Risarcimento del danno da inadempimento. -Nullità, se ha qualche interesse alla caducazione della clausola e di qui (ex collegamento) dell’intera operazione. -No risoluzione, non è parte.
    Eccezioni. 1413.
    B (a C). -Basate su contratto a favore di terzo. -No fondate su altri rapporti (fuori da contratto) A-B. -Relative a eventuale rapporto (es. compensazione) B-C. -Relative a rapporto A-C? Tesi 1. Contratto unitario: sì, perché allora si tratterebbe di eccezioni fondate su contratto ex 1413. Tesi 2. Clausola aggiuntiva: qui non puoi rispondere in astratto, devi valutare in concreto, tenendo conto che la nullità della clausola non implica per forza nullità dell’intero contratto (1419, 1° c.). Il senso è che se clausola è nulla, ma contratto resta in piedi, B dovrà adempiere a A e non più a C, e allora sfugge l’interesse di B a eccepire. In sintesi: Sì, se può derivare la nullità di tutto il contratto o se B ha interesse ad eseguire la prestazione verso A e non verso C.
    6. Figure affini
    a) Accollo esterno. 1. Accollo nasce come fatto interno e solo eventualmente è portato a conoscenza del creditore; 1411 al contrario produce subito effetti verso terzo e solo in caso di revoca o rifiuto può avere efficacia interna. 2. Accollo: silenzio della legge circa la revoca (allora per alcuni: spetta unilateralmente al debitore accollato; per altri occorre risolutorio con accollante). Mentre 1411, 2° c. disciplina 3. Debitore, per esigere la prestazione dell’accollante, deve dimostrare di aver eseguito la propria.
    b) Donazione modale, con attribuzione ad un terzo determinato di un autonomo diritto. 1. 1411 può essere pure a prestazioni corrispettive; spesso modus è erogazione di una parte di ciò che è donato. 2. Puoi agire per risoluzione per inadempimento del modus. 1411: se vi è prestazione del solo promittente, non puoi agire per risoluzione. 3. Modus non è di per sé revocabile. 1411 sì.
    c) Contratto con prestazioni da eseguire ad un terzo. Es. delegatio solvendi con divieto per il delegato di adempiere obbligazione verso creditore (ex 1269) o accollo interno, con successivo adempimento del terzo ex 1180 ad opera dell’accollante. CT: non vengono prodotti effetti immediati nel patrimonio del terzo.
    d) Contratto con effetti protettivi nei confronti del terzo. Oltre a obbligazione principale, obblighi accessori: doveri di protezione: non arrecare danno a terzi. In caso di inadempimento dell’obbligo accessorio, può agire sia contraente che terzo (responsabilità contrattuale, ma NO rimedi contrattuali: terzo resta estraneo).
    e) Rappresentanza diretta e indiretta. Stipulante non agisce in nome del terzo. Se anche agisse come mandatario, la gestione non sarebbe per conto del terzo, ma per proprio conto.
    f) Contratto per persona da nominare. Nominato diventa parte del contratto.

    SCHEMA 50. EFFETTI DEL CONTRATTO

    1. Riferimenti normativi: 1372.
    I. Rubrica: Efficacia del contratto. L’efficacia indica l’idoneità di un atto, fatto, negozio a produrre effetti giuridici. Si parla anche al riguardo di effetto negoziale che si risolve nel vincolo immediatamente imposto alle parti di tenere una condotta corrispondente all’impegno assunto. Taluni distinguono l’efficacia dall’effetto (finale): l’effetto giuridico consiste infatti in un mutamento della situazione di diritto, e in particolare, nel caso del contratto, nel costituire, modificare, estinguere un rapporto giuridico patrimoniale. L’effetto negoziale è quindi quello di 1372, 1° c.; gli effetti finali sono quello di 1321. La differenza tra efficacia (negoziale) ed effetto (finale) emerge nei casi in cui il contratto non realizza subito i suoi effetti, ma in un momento successivo (es. contratto sottoposto a condizione sospensiva o a termine iniziale): in tali casi infatti l’effetto negoziale è immediato e quello finale è differito.
    Distingui efficacia da:
    - Vincolatività-Perfezione. Il contratto può essere perfetto (e valido), quindi vincolare da subito le parti, ma non produrre effetti: es. condizione sospensiva, volontaria o legale, termine iniziale. La parte non può recedere, revocare, perché è già vincolata, ma non deve porre in essere nemmeno comportamenti attuativi del programma contrattuale ( se condizione sospensiva, la parte deve conservare integre le ragioni dell’altra parte, astenendosi dal porre in essere comportamenti che ostacolano il realizzarsi della condizione).
    - Validità: regolarità del contratto. Il contratto può essere invalido ma efficace (es. annullabilità, finché non interviene sentenza di annullamento; in alcuni casi anche nullità, es. materia lavoro ex 2126).
    II. Il contratto ha forza di legge (già in art. 1123, cod. 1865: espressione mutuata dal Code Napoléon, che a sua volta riprende quasi alla lettera le parole di Domat; in BGB non c’è disposizione di così chiara formulazione quale quella dell’art. 1372 c.c., tuttavia vale comunque lo stesso principio). Pacta sunt servanda. Si tratta di un’espressione atecnica, la norma non vale a conferire al contratto la veste e il rango di fonte del diritto (sebbene la violazione del contratto da parte del giudice consente il ricorso in cassazione come la violazione di legge); vuole solo affermare in chiave sostanziale (e non formale) e descrittiva che la forza cogente, l’intensità, l’ineluttabilità sono le stesse della legge. La forza di legge indica quindi la irrevocabilità, la irretrattabilità: il vincolo contrattuale, quindi, una volta costituito non è più disponibile dalle parti (considera tuttavia le ipotesi come il comodato, il mandato gratuito, il recesso del cliente nei contratti di prestazione d’opera professionale, ove il vincolo appare meno forte, tanto che taluni parlano di “contratto ad effetti minorati”). Si afferma così la giuridicità del rapporto convenzionale, il cui riconoscimento si fonda sulla valutazione dell’utilità generale degli effetti che ne derivano. In un primo significato la norma sottolinea il ruolo del contratto come atto di autonomia privata, ma tale interpretazione deve fare i conti con l’evoluzione normativa, ove sono sempre più numerose le norme imperative volte a disciplinare i contratti.
    L’affievolimento del principio per cui Pacta sunt servanda. Le cause:
    1. Predeterminazione del contenuto del contratto da parte della legge e fonti regolamentari (accordi interprofessionali, contratti di coltivazione e vendita dei prodotti agricoli, contratti delle SIM individuati da legge e regolamenti Consob, contratti di credito al consumo e decreto del Ministro del tesoro, contratti degli enti creditizi e finanziari fini della trasparenza requisiti previsti dalla legge e quelli indicati dal Ministro del tesoro e Banca d’Italia). Sostituzione automatica di clausole pattizie (es. se le parti non rispettano requisiti di forma di 1284, 3° c, o limiti di misura di 1815, 2° c.) o da parte dell’interprete (2265 o 1341, 2° c.). In alcuni casi, la norma può essere derogata, e si applica solo le parti non hanno disposto diversamente.
    2. BF come criterio e controllo dell’equità e della giustizia del contratto. Il giudice può scendere in campo (è comunque potere eccezionale, occorre espressa previsione, di stretta interpretazione), imponendo alle parti clausole modificatrici, aggiuntive, riequilibratrici (es. per superare una sopravvenienza contrattuale; riduzione d’ufficio della penale; per dichiarare la nullità della clausola relativa all’area di parcheggio che il venditore abbia riservato a sé, riconoscendo al compratore un diritto reale d’uso su tale area, salvo il diritto del venditore e l’obbligo del compratore di integrare il prezzo). Sempre più numerosi i casi in cui il giudice apporta modifiche e aggiustamenti, a seguito di sopravvenienze, sostituendosi alla volontà delle parti e non limitandosi ad un mero controllo di legittimità delle clausole negoziali. Il contratto quindi non sempre vincola in base al mero programma contrattuale, spesso determina una modifica anche al di là dei casi in cui la legge o le parti lo prevedono (es. 2932: giudice ha il potere di apportare modifiche per conformare il programma contrattuale alle sopravvenienze). Superato il dogma dell’insindacabilità e dell’intangibilità dell’autonomia negoziale, il vincolo ha forza di legge tra le parti non perché c’è la stipulazione, ma per il fatto che esso è considerato dall’ordinamento equo, dunque suscettibile di tutela. Il programma contrattuale è inesigibile laddove è consequenziale all’abuso di una posizione di forza di una parte sull’altra.
    3. BF come criterio valutativo della correttezza esecutiva delle condotte delle parti. Se il programma contrattuale espone la parte ad un sacrificio eccessivo, intollerabile, anche se la prestazione è ancora possibile e quindi non c’è impossibilità sopravvenuta in senso tecnico ex 1463 c.c., la prestazione diventa non esigibile (quindi il vincolo è paralizzabile con l’exceptio doli) in un’ottica solidaristica ex art. 2 Cost.
    4. Le sopravvenienze non sono più solo quelle tipiche ma riguardano anche presupposizione (fattispecie atipica) che diventa il fattore di elisione del vincolo, riguardando il non verificarsi, il venir meno, il verificarsi in modo difforme di quei presupposti che erano stati la ragione del contratto alla luce della causa concreta.
    III. Tra le parti. Due significati:
    a) Il contratto non produce effetti riguardo ai terzi che nei casi previsti dalla legge. Il contratto ha forza di legge solo tra le parti: si indica così l’aspetto negativo dell’autonomia privata (res inter alios acta tertio neque nocet neque prodest), retaggio tradizionale per cui puoi decidere solo della tua sfera. Il contratto infatti è un autoregolamento di privati interessi: ha effetto tra le parti perché esse decidono della propria sfera. Ed ecco perché le ipotesi in cui si producono effetti verso i terzi sono eccezioni: vedi meglio dopo.
    b) Il giudice non è vincolato dal contratto, cioè egli può derivare dal contratto effetti e vincoli non puntualmente esplicitati (vedi sopra). Cioè il contratto vincola le parti a:
    - quanto previsto dalla loro volontà, nelle clausole contrattuali.
    - quanto previsto dalla legge, usi (normativi), equità in chiave integrativa ex 1374. Esempi: 1476, n. 3 (legge); 1498, 2° c., 1739, 2° c., 1756, 1825 (usi); 1226, 1450, 1467, 3° c., 1468, 1733, 1751, 1° c. (equità). Qui vi è integrazione, non sostituzione della volontà.
    - quanto previsto dalla legge, in via di sostituzione di imperio del contenuto contrattuale. Es. 1339, 1501, 1° c., 138 4.
    - quanto previsto da buona fede, come criterio generale che integra il contratto e vincola parti a comportamenti che, pur non essendo espressamente previsti, sono necessari per tutelare efficacemente gli interessi della controparti ex 1375. In realtà più che riguardare gli effetti del contratto si riferisce al suo contenuto.
    IV. Non può essere sciolto tra le parti che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge.
    Il principio dell’irrevocabilità del contratto non è assoluto; gli interessi possono divergere nel tempo: questa divergenza può assumere rilevanza giuridica. Allora il contratto può essere sciolto (lo scioglimento del contratto ne determina la perdita di efficacia: il contratto cioè viene cancellato, rimosso, l’atto negoziale è improduttivo di effetti giuridici, seppure rimane come fatto storico) oppure essere modificato.
    - Adempimento (il contratto deve essere adempiuto, il contraente inadempiente non può sciogliersi ad libitum dall’obbligo di eseguire la prestazione dovuta, col solo onere di risarcire i danni, egli non è libero di scegliere tra adempiere e non adempiere, e tanto si deduce dal fatto che l’inadempimento intenzionale è sanzionato più gravemente ex 1225; ove possibile, infatti, la regola dell’irretrattabilità del vincolo per volontà unilaterale, della forza di legge, implica che egli sia tenuto all’esecuzione in forma specifica e non per equivalente). In realtà, sull’adempimento e l’estinzione del contratto ci sono due tesi:
    - Tesi a) Bianca. Adempimento dell’obbligazione che deriva da un contratto è esecuzione del contratto, finalizzata al conseguimento del programma contrattuale. Tale adempimento vale a eseguire il contratto, non ad estinguere il contratto.
    - Tesi b). Esecuzione è modo di estinzione del contratto, perché le parti attraverso l’esecuzione si liberano, adempiendole, dalle obbligazioni che nascono dal contratto, quindi si sciolgono dal vincolo contrattuale. CT (di Bianca): il contratto eseguito non ha perso la sua efficacia, ma l’ha esplicata. Le parti sono liberate rispetto alle singole obbligazioni, ma il contratto resta, a giustificare le attribuzioni già conferite.
    - Risoluzione (secondo De Nova, poiché si parla di interesse “attuale” allo scioglimento, diverso da quello originario, rebus sic stantibus, togli risoluzione per impossibilità della prestazione – opera automaticamente e non per iniziativa di una parte – togli risoluzione per inadempimento, trovando fondamento nella reazione di una parte all’inadempimento dell’altra; restano quindi i casi in cui una parte può far valere il suo interesse attuale allo scioglimento, a seguito delle circostanze sopravvenute, v. 1467 – sopravvenienze straordinarie e imprevedibili – e presupposizione – sopravvenienze prevedibili –).
    - Volontà delle parti: per accordo di entrambe (Mutuo consenso), ad opera di una sola (recesso, revoca, riscatto), per un fatto estraneo cui le parti hanno attribuito valore risolutorio (condizione risolutiva). Mentre il mutuo dissenso è il modo normale, dato che il mutuo dissenso è un contratto e come le parti hanno potuto dare vita al contratto così possono concluderne uno estintivo; le altre cause invece sono deroghe al principio del carattere vincolante del contratto. Le cause di scioglimento devono quindi essere espressamente previste, numero chiuso: sono eccezioni al perdurare del vincolo, stretta interpretazione e non analogia (per ogni fattispecie contrattuale, valgono quelle di 1372, più se eventualmente previste quelle speciali relative al tipo di contratto).
    - Negozio modificativo: la regola è che occorre consenso (es. 1406, per cessione del diritto di riscatto a favore di un terzo estraneo occorre consenso compratore), nuovo accordo. Ius variandi unilaterale è eccezione (1660, 2193, 2437, l. 154/1992: riconosce all’ente creditizio e finanziario la facoltà di variare, nei contratti di durata, i tassi di interesse e le altre condizioni ad nutum, sia per tutti i clienti che per uno solo, subordinatamente alla previsione di una clausola contrattuale espressa, specificamente approvata dal cliente, l’efficacia della variazione è soggetta alla comunicazione al cliente, il quale entro quindici giorni ha diritto di recedere senza penalità, ottenendo in sede di liquidazione del rapporto le condizioni precedentemente previste; in senso analogo l. 142/1992 per la disciplina del credito al consumo; la dichiarazione del contraente nel cui interesse è posta una condizione unilaterale di non volersi avvalere dell’avveramento non integra rinuncia ma configura esercizio di un’opzione o diritto potestativo, con efficacia modificativa del contratto, quindi stessa forma del contratto) vedi comunque sopra, affievolimento del principio pacta sunt servanda e poteri del giudice). Distingui negozio meramente modificativo di uno precedente da negozio estintivo-novativo dello stesso.
    2. I tipi di effetti.
    I. Costitutivi:
    - Effetti obbligatori. Da cui “contratto ad efficacia obbligatoria”: costituzione, modificazione di un diritto di credito. Contratto come fonte dell’obbligazione ex 1173.
    - Effetti reali. Da cui “contratto ad efficacia reale”: costituzione, alienazione, modificazione di un diritto reale immediatamente, cioè per effetto del solo consenso. Contratto come fonte per l’acquisto della proprietà, di un diritto reale ex 1376.
    Importante:
    1. Il contratto non ha mai efficacia solo reale. Puoi quindi distinguere i contratti in contratti ad efficacia solo obbligatoria e contratti ad efficacia anche reale, perché ogni contratto con effetti reali (anche quello per eccellenza: compravendita) secondo dottrina determina comunque la nascita di obblighi, di un programma obbligatorio che si affianca, in via strumentale, al prodursi dell’effetto principale: ciò sia nei casi in cui l’effetto traslativo non è immediato ma differito (es. vendita cosa altrui, cosa futura, generica: obbligo di far acquisire la proprietà), sia nei casi in cui l’effetto traslativo è immediato (consegnare bene, garantire da visi ed evizione 1483, 797, garanzia per cessione del credito 1266, non rivendere al terzo).
    2. Il contratto ad efficacia reale non ha solo ad oggetto proprietà e gli altri diritti reali – di godimento o di garanzia – ma ha ad oggetto anche un credito. Il senso di “contratto ad efficacia reale” allora non è collegato all’oggetto del diritto reale, ma alle conseguenze: il contratto ad effetto reale a differenza di quello ad effetto solo obbligatorio è efficace anche confronti dei terzi, perché è loro opponibile. Il contratto ad efficacia reale è dunque un contratto che ha per oggetto vicende derivative, traslative di un diritto dal patrimonio del dante causa a quello dell’avente causa, e che pone le basi per la risoluzione di un eventuale conflitto: beni immobili (priorità della trascrizione); bene mobile (priorità del possesso); credito (priorità della notificazione o accettazione della cessione). (v. opponibilità).
    - Effetti autorizzativi: attribuzione di un potere o rimozione di un limite all’esercizio di un diritto.
    II. Accertativi. Il contratto può avere effetti di accertamento. Contratto innominato, ma generalmente riconosciuto da dottrina e giurisprudenza (v. Negozio di accertamento).
    III. Estintivi.
    Inoltre, gli effetti possono essere:
    - Essenziali al tipo di negozio, attuano la causa del contratto.
    - Naturali si verificano in virtù di una disciplina legislativa, salvo che non siano espressamente esclusi (norma suppletiva: es. garanzia per evizione e vizi nella vendita, obbligazione alla retribuzione nel mandato, obbligazione agli interessi nel mutuo).
    - Irregolari il contratto non produce il suo effetto tipico ma uno diverso, per diversità dell’oggetto, il quale incide sulla causa mutandola (es. deposito se ha per oggetto denaro o cose fungibili).
    3. Gli effetti verso i terzi. Vedi sopra. Dall’aspetto negativo dell’autonomia contrattuale emerge che il contratto non può incidere direttamente nella sfera giuridica dei terzi, salvo che (ipotesi eccezionali) l’effetto sia favorevole e comunque salva la facoltà di rifiuto. Cioè:
    a) Efficacia diretta di effetti favorevoli: contratto a favore di terzi, promessa gratuita ex 1333, legato.
    b) Inefficacia diretta di effetti sfavorevoli: il contratto non può incidere direttamente nella sfera giuridica dei terzi creando obblighi, privandoli di diritti, limitando l’autonomia contrattuale dei terzi
    a) Patto di non alienare (v. dopo)
    b) Promessa del fatto del terzo (v. dopo).
    c) Efficacia riflessa: effetti che il contratto produce per i terzi (da intendersi in senso ampio, come tutti coloro che non sono parte del contratto) quale semplice fatto giuridico.
    - Es. 1: contratto crea posizioni giuridiche (quelle relative a diritti reali) che devono essere rispettate dalla generalità dei consociati. Terzo danneggiato da rovina di edificio. Proprietario di un bene danneggiato da un terzo.
    - Es. 2: contratto come fatto giuridico che legittima l’esercizio di un diritto potestativo (diritto di riscatto per violazione della prelazione legale) o di un credito (diritto al risarcimento per violazione del patto di prelazione, diritto al risarcimento per doppia vendita immobiliare e prevale per trascrizione l’altro).
    - Es. 3: 1599 e locazione.
    d) Efficacia diretta se opponibilità (vedi opponibilità).

    Patto di non alienare
    1. Nozione. Art. 1379: divieto di alienare stabilito per contratto. E’ nel capitolo sugli effetti del contratto per sottolineare la sua efficacia meramente obbligatoria (v. effetti). La legge vuole che un tale limite alla libertà negoziale della parte sia valido solo ad alcune condizioni (v. elementi). Rientrano nel divieto dell’art. 1379 c.c.: il patto di non alienare mai ad alcun titolo (anche se il divieto vale solo nei confronti di una determinata persona); il patto di non alienare mai ad un determinato titolo. Inoltre, la legge prevede espressamente in alcuni casi la possibilità di vietare contrattualmente l’alienazione (enfiteuta, 965, 3° e 4° c.; usufruttuario, 980, 1° c.; crediti di carattere strettamente personale, 1260, 2° c.).
    2. Elementi
    a) Apprezzabile interesse di una della parti. Non solo patrimoniale, anche morale, affettivo e indiretto (il patto giova a un altro soggetto verso cui la parte si trova in una situazione che giustifica l’interesse al beneficio).
    b) Conveniente limite di tempo. Varia da caso a caso. E’ più esteso per gli immobili, più ridotto per le cose mobili, destinate ad un’intensa circolazione. Se il termine manca (o è eccessivamente lungo), per la tesi prevalente il patto è nullo (ex 1418, per contrarietà a norma imperativa qual è 1379 c.c., in particolare nullità virtuale): ciò perché le ipotesi in cui il giudice può sostituirsi alle parti per determinare il contenuto contrattuale eccezionali, non possono estendersi analogicamente.
    3. Ipotesi concrete.
    1. Fiat e obbligo per l’acquirente del veicolo di non alienare prima di sei mesi dalla consegna. Fine: conseguenze negative della rivendita sul piano di produzione.
    2. Regolamento di condominio e divieto di vendere per un certo tempo frazioni di appartamenti o lotti. Fine: non aumentare il numero dei partecipanti.
    3. Divieto contenuto nel testamento. In assenza di disciplina pare potersi applicare analogicamente l’art. 1379 c.c. (quindi efficacia meramente obbligatoria, erede e legatario può rinunciare alla disposizione).
    4. Effetti. Efficacia obbligatoria e non reale, a conferma del principio di tipicità dei diritti reali. Inopponibilità ai terzi: alienazioni effettuate contro il divieto non pregiudicano l’acquisto fatto dal terzo, solo risarcimento del danno. Possibilità di concorso nell’inadempimento.
    5. Figure affini.
    a) Prelazione. Prelazione integra l’ipotesi in cui il promittente si obbliga a preferire il promissario in caso di alienazione, mentre il patto di non alienare riguarda solo le ipotesi in cui si assume l’obbligo di non alienare. Per questo alla prelazione non si applica necessità del termine prevista da 1379: quindi è valida pure in assenza di termine.

    Promessa del fatto del terzo
    1. Nozione (1381). Se taluno promette l’obbligazione o il fatto del terzo è tenuto ad indennizzare l’altro contraente se il terzo rifiuta di obbligarsi o non compie il fatto promesso. Nonostante qualche opinione contraria, non rientra nelle eccezioni al principio della relatività degli effetti del contratto (1321 e 1372), poiché il terzo è solo un punto di riferimento del rapprto, essendo per lui la promessa del suo fatto o della sua obbligazione un contratto giuridicamente indifferente (come la vendita di cosa altrui ex 1478, la concessione di ipoteca su beni altrui ex 2822, il legato di cosa altrui ex 651).
    2. Ipotesi
    - Mandatario che promette la ratifica del mandante per quanto eccede i limite del mandato.
    - Condomino che promette l’adesione degli altri condomini ad un atto di disposizione della cosa comune.
    - Alcuni dei futuri soci che stipulano un contratto in nome della futura spa promettendo la ratifica della società una volta costituita.
    - Venditore che promette il fatto della pa: si impegna a far ottenere al compratore il certificato di abitabilità dell’immobile alienato.
    3. Natura giuridica
    Tesi 1: Teoria dell’obbligazione di mezzi. Il promittente assume una propria autonoma obbligazione di fare, che consiste nell’adoperarsi con la necessaria diligenza perché il terzo compia il fatto o assuma l’obbligazione indicata.
    CT: L’art 1381 identifica il contenuto della promessa dell’attuazione del fatto altrui, non nel fatto proprio diligente, per cui l’indennizzo è dovuto sia che il promittente si sia comportato diligentemente che no.
    Tesi 2: Teoria dell’obbligazione di risultato. Il promittente non si impegna ad un proprio facere, ma a procurare il fatto del terzo: è tenuto ad indennizzare l’altro in base al fatto oggettivo del mancato risultato, senza che rilevi la sua diligenza (può liberarsi solo per impossibilità sopravvenuta della prestazione causata da un fatto esterno, es. interitus rei).
    Tesi 3. Teoria della doppia obbligazione (Cass. 12973/1995). Il promittente assume una prima obbligazione di fare, consistente nell’adoperarsi perché il terzo tenga il comportamento promesso, ed una seconda obbligazione di dare, cioè di corrispondere l’indennizzo qualora, nonostante si sia adoperato, il terzo rifiuti di impegnarsi. Conseguenza: obbligazione di fare non è adempiuta e l’inesecuzione è imputabile al promittente, oppure è eseguita violando i doveri di correttezza e buona fede, il promissario può agire con i rimedi contro l’inadempiemnto (adempimento, eccezione di inadempimento, risoluzione, se nesso causale risarcimento del danno); se l’obbligazione di fare è adempiuta o l’inadempimento non è imputabile, se quindi il terzo comunque rifiuta diviene attuale l’obbligazione di dare, cioè di corrispondere l’indennizzo. Può dirsi che la seconda obbligazione non è promessa del fatto del terzo, ma del fatto altrui su condizione.
    Tesi 4: Teoria preferibile dell’obbligazione di garanzia (dottrina prevalente). Il fatto del terzo genera un’obbligazione autonoma avente ad oggetto una prestazione di garanzia (il terzo cioè garantisce il comportamento del terzo). Il contenuto dell’obbligazione del promittente consiste fin da subito nel rischio dell’inesecuzione di ciò che è stato promesso. Conferma: 1381 parla di indennità e non di risarcimento.
    4. Elementi
    a) Accordo. Nonostante la terminologia “promessa” possa far pensare a un dichiarazione unilaterale di volontà, per la teoria prevalente si tratta di un contratto, per cui occorre lo scambio dei consensi. Struttura è quella di un contratto normale (proposta-accettazione) o ex 1333. Può essere anche una clausola che si inserisce in un contratto a prestazioni corrispettive.
    b) Causa. Può essere a titolo gratuito o oneroso. Nel primo caso, se manca un interesse patrimoniale del promittente è donazione. Nel secondo caso il corrispettivo versato dal promissario è collegato al rischio che sopporta il promittente qualora il terzo rifiuti. Teoria minoritaria: 1381 può nascere anche da un atto unilaterale se sorretto da una causa adeguata (es. può essere contenuta in un testamento, individuandosi nell’erede o nel legatario il soggetto tenuto al pagamento dell’indennizzo).
    b) Incapacità del terzo. Distingui: le parti conoscevano (secondo alcuni una simile promessa è nulla per illiceità in quanto potenzialmente in conflitto con esigenza di tutela degli interessi del soggetto; per altri è valida perché autonomia privata); le parti non conoscevano l’incapacità (promittente può chiedere annullamento del contratto per errore ex 1428 ss c.c. qualora lo stato di capacità del terzo è essenziale al fine del suo adempimento o del compimento del fatto, es. promessa di contratto che il terzo, non autorizzato, non potrà stipulare).
    c) Forma. Principio di libertà delle forme. Formulazione in maniera esplicita ed inequivocabile (secondo alcuni, parallelo con 1937). Si esclude che debba avere la stessa forma eventualmente richiesta per l’atto che il terzo deve compiere. Se donazione, deve avere la forma dell’atto pubblico. Se è contenuta in un contratto formale, ovviamente forma di questo.
    5. Disciplina. Dei contratti (se segui tesi prevalente su struttura: v. sopra, è contratto).
    Termine per il terzo: in mancanza, il termine è 1183.
    Indennità:
    - può essere espressamente prevista al momento della stipula. Non confonderla con clausola penale, la quale presuppone l’inadempimento dell’obbligazione di uno dei contraenti, non di un terzo.
    - consiste nel pagamento di una somma di denaro corrispondente all’utilità non conseguita.
    - possibilità – se rapporto a prestazioni corrispettive – di esperire rimedi contro inadempimento (v. sopra).
    - se il terzo si obbliga e poi non compie il fatto (e la promessa era dell’obbligazione del terzo) non è dovuta alcuna indennità dal promittente.
    - Si parla di indennità e non di risarcimento perché non si ha danno antigiuridico (non essendo cagionato da atto illecito o da inadempimento).
    5. Figure affini
    a) Fideiussione. Natura accessoria, suppone la preesistente obbligazione principale. 1381: carattere principale ed autonomo dell’obbligazione assunta dal promittente, la quale prescinde da ogni altra obbligazione. Inoltre, 1381: il promittente non può invocare il diritto di preventiva escussione del debitore. Inoltre, il promittente non può essere costretto a compiere l’obbligazione promessa, ma solo indennità.
    b) Vendita di cosa altrui (e concessione ipoteca su bene altrui). Notevoli affinità: spesso puoi utilizzare entrambi i mezzi – 1478 e 1381 – per analogo risultato. La differenza è che in 1381 il promittente non assume l’obbligo di acquistare la cosa dal terzo, ma quello di fare vendere la cosa direttamente dal terzo, dunque 1381 non ha effetti reali, pur differiti, ma solo obbligatori. E’ importante distinguere i due istituti in punto a disciplina (1478: se il terzo rifiuta di trasferire, venditore risponde solo se in colpa).
    c) Contratto concluso dal rappresentante senza poteri. Qui si ha la spendita del nome del terzo, che quindi mediante ratifica non resta estraneo al contratto e ne diventa parte. Si ha invece vero e proprio 1381 quando il soggetto stipula un contratto come rappresentante del terzo senza averne i poteri ma assumendo che il terzo ratificherà il contratto (es. negozio di divisione, manca uno dei condividenti, l’altro dichiara di assumerne la rappresentanza, promettendo la ratifica dell’assente).
    d) Lettera di patronage. Vita commerciale: garanzie anomale, si distinguono per un crescendo di obblighi, a seconda che si trattino di lettere di patronage deboli (mera comunicazione) e lettere di patronage forti (autentica assicurazione del pagamento e della solvibilità). In quest’ultimo caso, è vero e proprio 1381 (taluni, in realtà, a seconda di come la lettera è strutturata, individua la possibilità di 1381, fideiussione o responsabilità extracontrattuale).
    e) Contratto autonomo di garanzia. Il terzo garante è tenuto a pagare a mera richiesta del creditore, a prescindere da eventuale inadempimento del debitore. Inoltre, vi è un preesistente rapporto tra debitore e creditore garantito. Nel 1381, invece, il promittente è tenuto ad indennizzare solo se il terzo rifiuta e si prescinde dall’esistenza di un rapporto preesistente.
    f) Promessa unilaterale ex 1987. 1381 è contratto; inoltre la promessa unilaterale è compiuta dallo stesso promittente, non da un terzo.

    Mutuo dissenso
    1. Nozione. Contratto con cui le parti decidono consensualmente di sciogliere il vincolo contrattuale. 1372, 1° c., seconda parte, si collega a 1321: mutuo dissenso rientra tra i contratti estintivi. Si parla anche di Contrarius consensus.
    2. Natura.
    I. Teoria del contro-negozio. E’ un negozio avente contenuto uguale e contrario a quello che si scioglie. Ciò perché gli effetti negoziali prodotto col primo negozio sono irreversibili: la loro eliminazione avviene attraverso un contro-negozio. Es.: per sciogliere una vendita non basta convenzione risolutoria, ma occorre una nuova vendita a ruoli invertiti.
    II. Teoria dell’atto di adempimento traslativo. Mutuo dissenso ha natura di negozio risolutorio ma nei contratti traslativi (è obbligatorio, inidoneo a realizzare il trasferimento) non è sufficiente, in quanto occorre un ulteriore negozio traslativo “astratto, di trasferimento solutionis causa”.
    III. Teoria del negozio risolutorio. Figura autonoma ed unitaria, non vi sono tanti contro-negozi ciascuno con una propria causa. Conferma: dati testuali (1321, 1372, 1° c., seconda parte, 2655, 1° e ult. c.); inoltre logici: - nei negozi obbligatori è impossibile configurare un contrarius actus (es. nell’appalto, non puoi far diventare il committente appaltatore); - la volontà delle parti è nel senso di ripristinare la situazione precedente, non di dar vita ad un nuovo contratto (es. ti restituisco quanto donato perché mi hai tradito, di certo non c’è mio intento donativo); - immagina le conseguenze di una contro-donazione (A dona a B, B dona a A: donazione a B ancora sottoposta a revocazione per sopravvenienza di figli, collazione e soprattutto riduzione!!!, unica possibilità per B di sottrarsi a riduzione è di ridonare con condizione risolutiva che gli eredi di A non abbiano diritto a riprendersi la cosa donata; e anche contro-donazione ad A è sottoposta a riduzione!!).
    IV. Teoria del contro-negozio nei contratti ad effetti reali già verificatisi (perché il ritrasferimento necessita di specifica causa traslativa che negozio risolutorio non ha: devi quindi ricorrere a negozio come vendita, permuta, donazione che hanno tipica causa traslativa) e del negozio risolutorio negli altri casi. CT: nel nostro ordinamento vi è principio di tipicità di diritti reali, non di modi di trasferimento di tali diritti (fonte del rapporto e tipicità del rapporto sono diversi); inoltre 2655 ammette mutuo dissenso per risolvere – mediante convenzione risolutoria – un trasferimento immobiliare.
    3. Elementi
    a) Volontà. Diretta ad eliminare dal mondo giuridico il contratto precedente.
    b) Causa. Risoluzione di un precedente contratto: causa estintiva del rapporto derivante dal negozio originario. Può parlarsi di causa atipica, poiché la legge non tipizza gli scopi per cui le parti decidono di mettere fine ad un precedente negozio, quindi può essere onerosa, solutoria, liberale.
    c) Oggetto. Varia a seconda del negozio che si risolve. Ha per oggetto non il precedente contratto, ma il rapporto contrattuale.
    d) Forma. Dipende dal tipo di negozio da risolvere (v. problema forma negozi risolutori).
    4. Disciplina
    a) Retroattività del negozio risolutorio. Adottando teoria III, effetti risolutori: retroattivi. CT1: non vi è nessuna norma che attribuisce la retroattività al negozio di mutuo dissenso, e l’autonomia contrattuale non può stabilire la retroattività di una fattispecie giuridica, in quanto si tratta di un fenomeno eccezionale, che specie per esigenze di tutela dei terzi deve essere previsto dalla legge; CT 2: non puoi argomentare per analogia da condizione (perché si tratta di causa intrinseca ed originaria e perché essendo la retroattività un fenomeno eccezionale non puoi interpretare analogicamente). CNCT1: se occorre norma, c’è 1372; tutela dei terzi deriva da applicabilità di disciplina della risoluzione e 1458, 2° c.
    b) Ambito di operatività.
    - Negozi nulli. Sì. Perché pure negozio nullo in alcuni casi produce effetti e perché comunque può esserci un interesse a risolvere gli effetti di un negozio nullo (es. eliminare le apparenze: mutuo dissenso qui ha efficacia meramente ricognitiva).
    - Negozi annullabili, risolubili, risolvibili. Sì. Qui il mutuo dissenso ha efficacia costitutiva, in quanto elimina effetti che comunque (fino a sentenza) ci sono.
    - Negozi che hanno già esaurito i loro effetti (es. vendita con effetti reali immediati). Secondo giurisprudenza no, per incompatibilità logica (il concetto di risoluzione di effetti postula che gli effetti siano ancora in corso), incompatibilità sistematica (da una serie di norme come 1373 e risoluzione per inadempimento si evince che il negozio risolutorio postula che il programma sia ancora in corso), inutilità pratica (se l’effetto è già prodotto posso fare un contrarius actus, non si capisce perché dovrei fare un mutuo dissenso, facendo finta che l’effetto già prodotto e finito non sia mai stato prodotto). Dottrina tuttavia critica e afferma compatibilità logica (nel negozio ad effetti reali non si hanno mai solo effetti reali, quindi possono esserci obblighi che si ha interesse a risolvere); compatibilità sistematica (nella normativa consumeristica ci sono numerose ipotesi di recesso che riguardano negozi ad efficacia reale immediata, come per la vendita a distanza, fuori dai locali commerciali, avente ad oggetto beni di consumo o multiproprietà o similari diritti di godimento turnario di un bene: tale recesso non impedisce l’effetto reale ma neutralizza l’effetto già prodotto, considera vis espansiva di disciplina consumatori); utilità pratica (l’effetto del contrarius actus non è lo stesso del mutuo dissenso: non c’è norma che regolamenta gli effetti del mutuo consenso, ma secondo la dottrina almeno tra le parti ha effetto retroattivo, quindi è evidente che gli effetti non sono gli stessi, allora nella loro autonomia le parti possono fare come vogliono).
    - Negozi processuali, non aventi natura contrattuale (es. accordi processuali di pa): sì, principio pacifico.
    c) Trascrizione
    Tesi 1. 2643, n. 5 e 2645. Trascrizione. Ciò perché per terzi il mutuo dissenso ha efficacia ex nunc: essi hanno quindi interesse a conoscere il momento a partire dal quale il vecchio proprietario è nuovamente proprietario. CT a 2643 n. 5: non è mica rinunzia!!.
    Tesi 1. 2655 : norma ad hoc. No trascrizione, ma annotazione della convenzione di mutuo dissenso. Perché non si tratta di negozi che producono una vicenda traslativa nuova, ma similmente a risoluzione risolvono gli effetti di un precedente negozio.
    d) Limiti. Riconoscere la più ampia libertà al mutuo dissenso è in realtà una scelta di diritto positivo. Un legislatore che prevede rimedi contro la distruzione della ricchezza ex 838 o limiti alla distruzione della cosa ex 2933, 2° c., e per contratto pianificato (dovrebbe essere quello del monopolista) il divieto di risoluzione, consensuale e giudiziale, avrebbe potuto prevedere limiti.
    5. Figure affini
    a) Novazione. Come mutuo dissenso rientra tra negozi estintivi. A differenza del mutuo dissenso, tuttavia, vi è una sostituzione che implica una costituzione di un nuovo rapporto, di una nuova obbligazione e non un mero ritorno alla situazione precedente.
    b) Contro-negozio, cd. contrarius actus, (ovviamente la differenza c’è se non adotti la tesi I). La differenza è evidente in relazione alla struttura specie nei negozi traslativi, perché nel mutuo dissenso non si ha lo stesso schema negoziale a ruoli invertiti (es. vendita, crei nuove posizioni uguali a quelle precedenti, a parti invertite), si ha invece risoluzione (ristabilisci le posizioni anteriori, togliendo effetti al contratto) e dunque, in conseguenza, la restituzione al venditore del bene e al compratore del prezzo ex indebito oggettivo (2036 per il prezzo, 2037 per il bene). Altre differenze sono relative alla volontà (le parti vogliono contro-vendere, contro-donare, mentre nel negozio risolutorio vogliono risolvere); alla causa (della vendita, della donazione, della permuta a posizioni invertite; nel negozio risolutorio è di risolvere); alla forma (nel caso di contro-vendita, contro-donazione non vi è dubbio che la forma è quella richiesta dalla legge, nel caso di negozio risolutorio c’è il problema della forma); alla disciplina (nel caso di contrarius actus restano fermi gli effetti prodotti nel periodo intermedio, nel mutuo dissenso efficacia è ex tunc per le parti, salvo 1458 per terzi); all’ambito di operatività (contrarius actus può ammettersi per ogni negozio, mutuo dissenso, vedi sopra, no).
    6. Questioni problematiche.
    a) Mutuo dissenso e regime di comunione legale. Mutuo dissenso esercitato una volta che il soggetto si sia sposato (bene alienato prima del matrimonio). Retroattività implica 179, lett. a).
    b) Autorizzazioni richieste per atti di straordinaria amministrazione. Rappresentati legali di interdetti o minori sottoposti a tutela: non è prevista competenza residuale per atti di straordinaria amministrazione non espressamente menzionati in 374 e 375. Si ritiene analogia: la competenza ad autorizzare il negozio risolutorio è dello stesso giudice (tutelare o tribunale) dell’atto che si risolve.
    c) Ammissibilità di un mutuo dissenso parziale. Le parti non vogliono far cadere nel nulla l’intero contratto, ma solo una parte. Accogliendo tesi III, ovviamente è inammissibile (ammissibile invece se tesi I). Comunque, lo stesso effetto può raggiungersi con negozio modificativo (ex. 1321: contratti che regolano).

    Recesso
    1. Nozione. Atto volontario con cui una parte, soggetto di un rapporto giuridico e dunque tenuta a determinati obblighi, dichiara di volersi ritirare dal rapporto stesso.
    2. Natura giuridica. Negozio giuridico unilaterale, di secondo grado (opera cioè sul rapporto posto in essere dal contratto originario), recettizio. Sotto altro profilo, è un atto di esercizio di diritto potestativo. Tieni in conto che le parti possono prevedere, nella loro autonomia (fonte del recesso è cioè convenzionale) che esse possano recedere non attraverso un atto unilaterale, ma attraverso un contratto, il cd. recesso contrattuale (vedi differenze con figure affini: mutuo dissenso).
    3. Elementi
    a) Volontà.
    b) Causa. Non è un negozio astratto, ha una propria funzione: consiste nell’intento di far venir meno un precostituito rapporto giuridico.
    c) Oggetto. Il rapporto preesistente.
    d) Forma. E’ il solito problema dei negozi di secondo grado.
    3. Ambito.
    Tesi 1. Ogni rapporto giuridico, l’essenziale è la irretroattività del recesso.
    Tesi 2. Solo per rapporti di durata. Sembra preferibile, poiché solo nei rapporti di durata la irretroattività ha una sua giustificazione (restano fermi gli effetti contrattuali per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione). 1373, 1° c. pare ammettere il recesso per contratti non di durata: in realtà è revoca! Il vero recesso è solo 1373, 2° c..
    4. Effetti. Il contratto resta fermo (infatti produce i suoi effetti relativamente alle prestazioni periodiche o continuative già eseguite), si pone fine solo al rapporto obbligatorio. Efficacia non retroattiva: non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione.
    5. Tipologie.
    In base alla fonte:
    Convenzionale: 1373. E’ discrezionale. La fonte qui è costituita da un contratto (causa: attribuzione ad una delle parti del potere di recedere), collegato al contratto principale, stipulato ovviamente dalle stesse parti. Nel caso di 1373, 3° c. (multa penitenziale), il negozio che costituisce il recesso è un contratto con prestazioni corrispettive e ad effetti obbligatori: da un lato si concede il recesso, dall’altro ci si obbliga a prestare un corrispettivo che condiziona l’efficacia del recesso.
    Legale. In alcuni casi è discrezionale (di solito pone l’onere di rimborsi e indennizzi: 1671, 2227, 2237, 1° c.), in altri occorrono invece alcuni presupposti:
    - peculiari situazioni specifiche (1613, 1° c.)
    - modificazioni della situazione oggettiva (1464, 1660, 2° e 3° c.)
    - rapporto di durata indeterminata (1569, 1616, 1° c., 1725, 2° c.).
    - giusta causa (2119: rapporto di lavoro subordinato, 1723, 1725, 1726, 1845, 1° c.), che non è la ragione soggettiva che ha spinto la parte al contratto, ma l’interesse particolare soddisfatto attraverso il contratto: tutti i fattori che, non rendendo impossibile la prestazione, alterano comunque la fiducia tra le parti, anche indipendentemente da una situazione di colpa di una di esse.
    E’ importante evidenziare che i casi di recesso legale individuano numerosissime ipotesi di contratti di durata (sembra conferma che autentico recesso si riferisce a contratti di durata).
    Contratti a tempo indeterminato. La giurisprudenza ammette il recesso anche se non espressamente previsto dalla legge o dalle parti. La dottrina parla di recesso estintivo (ossequio al principio di libertà individuale, non tollera vincoli obbligatori perpetui): esso fissa cioè un limite temporale al rapporto (non va confuso con il termine finale, poiché il termine è certo, mentre il recesso estintivo, dipendendo dalla volontà delle parti, è incerto), non avendo assunto alcun impegno sulla durata, le parti sono libere di farlo cessare in qualsiasi momento. Si ammette inoltre il recesso nei contratti (anche atipici) a tempo indeterminato, come reazione all’inadempimento di rapporti ad esecuzione continuata.
    Considera che la previsione del potere di recesso unilaterale nella disciplina di quasi tutti i tipi legali svuota sostanzialmente il contenuto dell’art. 1372, 1° c.
    6. Disciplina. Le cause di recesso sono derogabili? Recesso volontario sì: ex 1373, 4° c. Recesso legale dipende: se il recesso è uno strumento per evitare vincoli perpetui no; se il recesso è inteso come ius poenitendi sì; se recesso è di protezione no.
    7. Figure affini
    a) Revoca. Vedi dopo.
    b) Condizione risolutiva meramente potestativa (se ne affermi la validità, che comunque è tesi che prevale: poiché non rientra nella previsione di nullità di 1355). Secondo alcuni si identifica in recesso, in realtà no, perché condizione ha efficacia retroattiva, con effetti erga omnes; mentre il recesso non ha effetto per le prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione e non opera nei terzi.
    c) Mutuo dissenso. Le parti possono con consenso sciogliere il vincolo contrattuale. Per parte della dottrina, recesso non è altro che un’opzione di contrario consenso. Tieni conto comunque che mutuo dissenso: effetto retroattivo; inoltre con recesso le parti non sciolgono il contratto ma si limitano a porre fine al rapporto obbligatorio.


    Revoca
    1. Nozione. Atto con cui si pone nel nulla un negozio già sorto, ad opera dello stesso soggetto che ha posto in essere questo negozio. Conferisce ad uno dei contraenti il diritto potestativo di eliminare il contratto già concluso. Non esiste nel nostro diritto positivo una norma generale sulla revoca.
    2. Ipotesi. Le cause di scioglimento del contratto sono tipiche (1372) ed il legislatore menziona come cause solo mutuo consenso (1372, 1° c.) e recesso (1373). Pare quindi che revoca non sia istituto generale (per cui non potrebbe applicarsi fuori dai casi espressamente considerati). Tuttavia, in realtà il legislatore in 1373 parla di “recesso” ma in realtà si riferisce alla revoca: attribuisce infatti la facoltà “fino a quando il contratto non ha avuto un principio di esecuzione” (cioè in sostanza elimini il contratto stesso, che è quello che fa la revoca). Ipotesi:
    - Legali: contratto a favore di terzo (1411), commissione (1734), spedizione (1738), assicurazione sulla vita (1921), mandato di credito (1958), vendita di immobile a misura e a corpo (1537-1539, espressione di recesso è impropria), donazione (800, anche se l’inefficacia sopravvenuta della donazione non consegue automaticamente alla manifestazione di volontà, ma al verificarsi di alcuni presupposti ed esige una pronuncia costitutiva del giudice);
    - Contrattuali: volontà delle parti (revoca prevista contrattualmente a favore di una o di entrambe le parti).
    3. Natura giuridica. Negozio giuridico unilaterale, inter vivos (si discute sulla revoca del testamento, tesi prevalente afferma sia mortis causa), normalmente recettizio.
    4. Elementi
    a) Volontà. Manifestazione di volontà diretta ad eliminare un precedente negozio.
    b) Oggetto. Il precedente negozio.
    c) Forma. Il solito problema, prevale tesi del principio di simmetria, anche perché 680, 681, 1336, 1921, 1990 paiono espressione di un principio generale.
    5. Ambito di applicazione.
    - Contratti che non hanno avuto principio di esecuzione. 1373, 1° c.
    - Contratti che hanno avuto principio di esecuzione e sono ad esecuzione continuata o periodica. 1373, 2° c.
    - Contratti che hanno avuto esecuzione e sono ad esecuzione istantanea.
    Tesi 1: Ammissibilità: 1373 fa salvo ogni patto contrario. Tuttavia con limiti: l’esercizio del potere di revoca non può pregiudicare i diritti dei terzi, ex 1372, 2° c. e 1458, 2° c.; inoltre tale facoltà deve essere contenuta entro apprezzabili limiti di tempo, poiché altrimenti lasceresti all’arbitrio della parte la decisione circa l’effettiva vincolatività dell’impegno.
    Tesi 2 Inammissibilità: se un contratto ha già avuto (del tutto) esecuzione (es. contratto ad effetti reali immediati), non puoi agire sul contratto e togliergli effetto con efficacia retroattiva (puoi invece agire – con recesso – sul rapporto ma per farlo occorre che il contratto sia ad effetti obbligati o reali differiti). L’unico strumento per conseguire tale intento è la condizione risolutiva potestativa.
    5. Effetti. Efficacia retroattiva.
    6. Figure affini
    a) Recesso: pone fine direttamente al rapporto, lasciando in vita il negozio che lo originò; la revoca agisce invece sul precedente negozio e, solo come conseguenza mediata, elimina anche il rapporto.
    b) Mutuo dissenso: la revoca, come il mutuo dissenso agisce sul precedente negozio.
    c) Riscatto. Secondo una parte della dottrina, il patto di riscatto conferisce al venditore un potere di revoca: infatti, l’esercizio di tale potere produce lo scioglimento retroattivo del rapporto di vendita, in definitiva agendo sullo stesso contratto, eliminandolo. CT1: l’autentica revoca elimina il negozio con un semplice atto di volontà, mentre nel patto di riscatto oltre alla dichiarazione di riscatto c’è restituzione del prezzo e rimborso delle spese; CT 2: il riscatto non è pienamente retroattivo, perché resta impregiudicato il godimento del compratore nel tempo intermedio e restano salve le locazioni se requisiti di 1505.
    d) Revoca della proposta e accettazione: in realtà sono atti di ritiro, perché la revoca interviene su atti prenegoziali, cioè prima che il contratto sia formato.

    Opponibilità del contratto
    1. Nozione. Qualora sussista (determinati requisiti di forma) è sempre e solo diretta: riguarda proprio i conflitti che, in seguito alla conclusione del contratto, possono nascere tra contraenti e terzi, ogniqualvolta l’acquisto di un diritto è contestato da un terzo che pretende di potersi avvalere, eventualmente anche in base ad un altro contratto, di un titolo incompatibile (riguarda quindi un conflitto tra titoli incompatibili).
    2. Ambito.
    a) il conflitto tra titoli avviene all’interno di una vicenda circolatoria di diritti (contratto traslativo: contratto ad effetti reali: vedi la distinzione sopra).
    b) no per contratto ad effetti obbligatori: non c’è vero e proprio conflitto tra titoli, tutto si risolve in responsabilità per inadempimento e risarcimento del danno
    c) due contratti di opzione o due contratti preliminari relativi al trasferimento di diritti reali incompatibili relativi allo stesso bene/ o prima opzione (o preliminare) e poi definitivo con un altro: prevale chi per primo trascrive l’acquisto conseguente all’accettazione dell’opzione (o la domanda per accertare, ti serve un titolo per la trascrizione) o chi per primo trascrive il preliminare (o in difetto o venuta meno l’opponibilità chi trascrive per primo il definitivo o la domanda ex 2932).
    3. Principi. Il conflitto tra acquirenti e/o creditori non può essere affidato al principio prior in tempore potior in iure. Due esigenze:
    - Tutela del titolare del diritto.
    - Sicurezza del traffico giuridico e di circolazione della ricchezza. Applicazione incondizionata di “prevalenza del titolo precedente” esporrebbe l’acuirente al rischio di tutte le pretese fondate su titoli anteriori.
    4. Ipotesi e criteri
    a) dallo stesso autore
    1. Conflitti mobiliari. Tra più aventi causa/ del diritto di proprietà o usufrutto o uso o pegno/ sullo stesso bene mobile/ dallo stesso dante causa.
    1155: acquisto del possesso se BF. E’ applicazione di 1153.
    2. Conflitti immobiliari. Tra più aventi causa/ dei diritto di proprietà o altri diritti reali / stesso bene/ stesso dante causa.
    2644: trascrizione, purché continuità, non importa se BF o MF (possibilità di responsabilità extracontrattuale per cooperazione nell’inadempimento, ristretta a dolo (colpa è dura).
    3. Conflitti tra più diritti personali di godimento. Tra più aventi causa/ del diritto personale di godimento, es. locazione/ stesso bene/ stesso dante causa.
    1380: godimento, salvi effetti trascrizione (2643, n. 8).
    Se conflitto tra acquirente diritto reale/acquirente diritto personale di godimento: priorità temporale, deduci ex 1599.
    4. Conflitto tra cessionari dello stesso credito. 1265: notifica per prima a debitore ceduto o per prima accettata con atto avente data certa. Non importa se BF o MF. Stessa regola vale per cessione del contratto (1407).
    5. Conflitto tra cessionari del credito incorporato in TdC. Possesso (sostituisce la notificazione o l’accettazione del debitore ceduto di 4), prescindi da BF o MF.
    b) acquisto a non domino. Conflitto dominus- acquirente a non domino (non è né proprietario né può vantare un tiolo, pure inefficace o invalido).
    1. Mobili. 1153: possesso vale titolo.
    2. Immobili. 2644 non si applica, acquirente può opporre solo usucapione.
    3. Diritto di credito. Inopponibilità dell’acquisto: né a debitore, né al vero creditore.
    c) alienante-subacquirente (successore a titolo particolare nella posizione giuridica del suo dante causa, che è acquirente). Resoluto iure dantis resolvitur et ius accipientis: invalidità o inefficacia del primo acquisto si ripercuote sul secondo. In realtà è come se acquisti da non (più) domino, ma al momento dell’acquisto appariva come domino.
    1. Mobili. 1153.
    2. Immobili. 2652 (in particolare, v. n. 6)
    3. Cessione di credito. Disciplina generale: annullamento (1445), rescissione (1452), risoluzione (1458, 2° c.).
    d) acquirente (o suoi aventi causa)-creditori dell’alienante (hanno interesse a salvaguardare la proprio garanzia patrimoniale).
    Azione esecutiva non iniziata (revocatoria)
    1. Mobili. Acquirente fa salvo l’acquisto ex 1153.
    2. Immobili. Acquirente da salvo l’acquisto se 2652, n. 5.
    3. Cessione di beni ai creditori. 2694 c.c.
    Azione esecutiva iniziata
    1. Mobili. 1153, 513 cpc, 2913, 2914, n. 4.
    2. Immobili. Regole in materia di trascrizione del pignoramento. 555 c.p.c., 2915 e 2914, n. 1.
    3. Cessione di beni ai creditori. Uguale: 2694 c.c.

    SCHEMA 51. LA RISOLUZIONE

    A) Risoluzione per inadempimento
    1. Nozione. Rimedio che consente alla parte non inadempiente di sciogliersi dal rapporto contrattuale inadempiuto (imp: incide sul rapporto, non sul contratto come atto). Rimedio specifico contro l’inadempimento: si inserisce nel quadro della resp. per inadempimento e attribuisce al soggetto il diritto potestativo di risoluzione. Comporta, tra l’altro, che è nullo il patto per cui il creditore vi rinunci se dolo/colpa grave del debitore (1229). Imp: non è pacifico che 1229 possa applicarsi a risoluzione, per alcuni 1229 solo per escludere risarcimento del danno. Per altri, tale clausola sarebbe comunque nulla, a prescindere da 1229 (cioè anche se inadempimento incolpevole) perché un contratto che esclude la risoluzione per inadempimento in realtà esclude la causa stessa, poiché la risoluzione è mancanza funzionale della causa.
    2. Tipi. a) giudiziale (1453): effetto di una sentenza, su domanda della parte non inadempiente (sentenza costitutiva). Allo schema della risoluzione giudiziale va ricondotta l’azione redibitoria: risoluzione per vizi e mancanza di qualità della cosa venduta (1492), perché si tratta di inesatto adempimento della prestazione traslativa. Per altra dottrina si tratta di un’obbligazione di garanzia, che prescinde da dolo/colpa. I termini e le condizioni ex 1495 non valgono per l’azione ex 1453: aliud pro alio. b) di diritto: la sentenza del giudice accerta risoluzione (dichiarativa):
    I. diffida (1454). Contro l’inadempimento della controparte il creditore ha per legge la scelta tra risoluzione giudiziale o per diffida. Nozione: forma di autotutela privata, effetto di un atto di intimazione all’adempimento da parte del creditore contraente non inadempiente. Ratio: tuteli interesse del debitore ad adempiere, anche se tardività e gravità, e allo stesso tempo quello del creditore ad evitare lungaggini del processo. Natura: diritto potestativo automatico, attribuito ex lege al creditore; negozio giuridico unilaterale, irrevocabile (per tutelare l’interesse del debitore alla certezza della situazione creatasi; per Bianca il creditore può sempre modificare o revocare la diffida, prorogando il termine, finché il termie non è scaduto), recettizio. Requisiti: occorre sempre gravità. Contiene: intimazione all’inadempimento, termine congruo, dichiarazione espressa che se il termine decorre il contratto si intende risolto (se manca tale espressione, è comune intimazione di adempimento: effetti di messa in mora, interruzione della prescrizione). Forma: scritta.
    II. clausola risolutiva espressa (1456). Nozione: forma di autotutela privata, autonomia contrattuale, prevista dalle parti. Natura: patto accessorio ad un contratto principale, che va riferita ad una determinata obbligazione (se fosse riferita a tutte, sarebbe clausola di stile, ripetitiva di 1453). Requisiti: non occorre indagine su gravità; occorre che la parte non inadempiente comunichi all’altra la volontà di avvalersene (negozio giuridico unilaterale e recettizio). Imp: a differenza di 1457, qui non è indicato un termine per la dichiarazione, incertezza può durare molto). Forma: legge non ne richiede una particolare, ma essendo il negozio risolutorio un negozio accessorio, dovrebbe probabilmente avere la stessa forma del contratto base.
    III. termine essenziale, autonomia contrattuale (1457). Nozione: forma di autotutela privata. Requisiti: non occorre indagine su importanza dell’adempimento, in quanto è insita nella essenzialità del termine; non occorre dichiarazione di volontà di avvalersene. Tipi: oggettiva (dipende dalla natura della prestazione); soggettiva (sono le parti a qualificare il termine come essenziale; secondo alcuni allora sarebbe 1456: è importante capire se è 1456 o 1457 per effetti). Effetto: risolutorio, indipendentemente da dichiarazione di volontà del creditore. La dichiarazione di volontà del creditore serve, nonostante la scadenza del termine, se il creditore – entro tre giorni – intende esigere l’esecuzione. Per alcuni, allora, l’effetto risolutorio automatico si avrebbe solo allo scadere dei tre giorni successivi alla scadenza del termine; per altri, allo scadere del termine essenziale, e la dichiarazione nei successivi tre giorni di volere la prestazione vale a porre nel nulla l’effetto risolutorio già verificatosi.
    3. Fondamento. I. Turbamento del sinallagma (SCOGNAMIGLIO): vizio funzionale della causa, l’inadempimento è un’anomalia funzionale che rende irrealizzabile la causa. Nei contratti a prestazioni corrispettive la prestazione di ciascuna parte trova la sua giustificazione nella prestazione dell’altra. Viene turbato il sinallagma funzionale (cioè nella fase di esecuzione, ove la funzione economico-sociale del contratto si attua in concreto), l’equilibrio delle prestazioni è compromesso: lo scambio non può più compiersi o non può compiersi alle condizioni stabilite. Non è tenuto ad adempiere chi non può più ricavare dal rapporto il soddisfacimento di quell’interesse che lo ha spinto a contrattare. Applicazione del principio di adeguatezza del sacrificio patrimoniale. Nel cod. 1865 tale interesse era talmente importante che si deduceva (art. 1165) vi fosse una clausola implicitamente apposta dai contraenti che non vogliono impegnarsi in modo incondizionato, ma solo al fine di conseguire la controprestazione, condizione risolutiva implicita. Ct: la causa può ancora realizzarsi, infatti il creditore può chiedere l’esatto adempimento (infatti per chiedere risoluzione, inadempimento deve essere “grave” e non per forza definitivo!!; in più v. differenza risoluzione-condizione). II. Sanzione contro il debitore, al fine di attuare pienamente la tutela dell’interesse del creditore, per la quale è insufficiente il risarcimento del danno. Ct: non vi si deve attribuire una connotazione repressiva o afflittiva. III. Tutela dell’interesse della parte a non rimanere vincolata nei confronti di chi ha violato gravemente il contratto.
    4. Ambito di applicazione. 1453 parla di contratti a “prestazioni corrispettive”. BIANCA: è rimedio generale, applicabile a tutti i contratti a titolo oneroso quando l’obbligazione inadempiuta rivesta rilevante importanza nell’economia dell’affare. Per alcuni (BIANCA) anche contratti gratuiti (es. donazione modale ex 793, 4° c.; mandato gratuito), se beneficiario non adempie ad obblighi, accessori o modali, posti a suo carico che abbiano rilievo determinante e l’inadempimento è grave. Nel caso di inadempimento di onere, si può avere risoluzione della donazione se espressamente prevista (793, co. 4, cc). BIANCA: se l’onere ne ha costituito il motivo principale, la donazione è suscettibile di risoluzione. Nel caso in cui fosse di valore equivalente il contratto dovrebbe, invece, qualificarsi a titolo oneroso. Particolarità: Contratti plurilaterali con comunione di scopo: sono a titolo oneroso: si applica la risoluzione. Data la peculiare struttura associativa, si configurano 2 figure particolare di risoluzione: esclusione, determinata dalla maggioranza verso il singolo; recesso, atto mediante cui il singolo si scioglie dal vincolo nei confronti del gruppo. In spa: 2286 e 2287 c.c.: applicazione analogica ai gruppi associativi dotati di organi assembleari. Il gruppo, può, in alternativa, esercitare azione di risoluzione: 1459: estensione della risoluzione all’intero contratto. Legittimazione passiva: ciascuna singola parte inadempiente, ma effetto risolutivo si estende ex 1459.
    5. Presupposti.
    a) non scarsa importanza dell’inadempimento (1455). È presupposto della risoluzione; la sua mancanza deve essere rilevata d’ufficio. Ratio: la risoluzione è rimedio estremo, che pone fine al contratto e a tutte le obbligazioni che ne derivano. Senza, non c’è un apprezzabile interesse della parte a sciogliersi dal contratto; tuttavia, residua risarcimento del danno. Guardi sia in senso oggettivo (entità oggettiva della prestazione) che soggettivo (secondo l’interesse del creditore), tenendo in considerazione tutti gli aspetti del contratto (criterio relativo).
    1. Per Cass. basta anche l’inadempimento ad un’obbligazione accessoria, quando comprometta l’utilizzazione della prestazione principale o ne diminuisca il valore in misura apprezzabile (es. mancata consegna dei documenti di regolarità giuridica necessari per l’utilizzo del bene).
    2. Per giur. la valutazione dell’importanza va fatta anche qualora vi è inadempimento dell’unica obbligazione del contratto: potrebbe essere parziale o tardiva, ed essere di scarsa gravità.
    3. Non basta, quindi, un’inesattezza qualsiasi, se non impedisce il soddisfacimento dell’interesse creditorio e non fa venire meno il ragionevole affidamento sull’esecuzione del contratto (es. inesattezza materiale agevolmente eliminabile).
    4. In alcune ipotesi la legge individua quando l’inadempimento può considerarsi grave (es. 1525, art. 5, l. 392/1978 per locazione immobili urbani ad uso abitativo).
    5. Per Cass. inoltre rileva anche l’aggravamento successivo alla domanda; ct 1: dopo la domanda di risoluzione il debitore non può più adempiere (cnct: Cass. ammette l’adempimento tardivo nel caso di inadempimento di scarsa importanza); ct2: i presupposti dell’azione devono sussistere al momento di proposizione della domanda (cnct: la soluzione deroga a questo principio per un’esigenza di economia del processo). 1455 è norma generale, che vale anche nei casi di: risoluzione del contratto di vendita, nonostante le limitazioni ex 1492 (usi che escludono la rilevanza di certi vizi) e 1497 (tolleranza del difetto di qualità); risoluzione della somministrazione (1564); risoluzione della vendita con riserva di proprietà: presunzione assoluta di scarsa importanza (1525), il criterio residua per l’inadempimento eccedente.
    b) imputabilità dell’inadempimento (1453 non lo richiede, ma si deduce da 1218). Dolo o colpa.
    Tesi 1. (Osti) afferma sufficienza dell’obiettività dell’inadempimento ex: a. dalla lettera delle legge (1453: “non adempie”, senza ulteriori specificazioni); b. l’inadempimento, colpevole o meno, sconvolge il sinallagma funzionale (mancata realizzazione dell’interesse del creditore). Risultato: inadempimento oggettivo giustifica la risoluzione, se poi è anche imputabile puoi chiedere altresì risarcimento del danno.
    Tesi 2. Occorre colpa. In astratto sarebbe ipotizzabile la tesi di Osti (un unico rimedio ogni qual volta il debitore non possa o non voglia adempiere all’obbligazione), ma nella pratica l’ordinamento prevede due cause di risoluzione, distinte proprio dall’imputabilità: inadempimento e impossibilità sopravvenuta (per come oggi giurisprudenza interpreta impossibilità sopravvenuta, i casi di inadempimento per cause obiettive in realtà possono essere ricondotti a 1463; inoltre, vedi inadempimento - problema di coordinamento 1218/1176 -). BIANCA: l’inadempimento imputabile consente al creditore di ricorrere alla risoluzione, ma non di abusarne, perché non ne basta uno di poco conto; l’inadempimento non imputabile impone invece di salvare il contratto per quanto possibile (es. esecuzione parziale), nella misura in cui sia rimasto l’interesse del creditore all’esecuzione.
    c) non occorre la costituzione in mora.
    7. Effetti della domanda. Rapporti con Adempimento: alternativo, secondo criteri di 1453, 2° e 3° c. Proposizione della domanda di adempimento, poiché diretta a tutelare lo stesso diritto di risoluzione, interrompe prescrizione anche per risoluzione. Imp: adempimento non occorre né imputabilità, né non scarsa importanza. Risarcimento: congiuntamente, ma anche risarcimento da solo. Imp: risarcimento imputabilità ex 1218.

    I. 1453, co. 3: effetto immediato di precludere al debitore di adempiere. Effetto legale che risponde all’esigenza di certezza dei rapporti tra le parti: dopo la notifica della citazione in giudizio per risoluzione il creditore può legittimamente rifiutare l’adempimento; prima di tale momento può farlo solo in caso di inesattezza o ritardo tale da far venire meno il suo interesse alla prestazione (cioè se gravità dell’inadempimento). L’effetto preclusivo è subordinato alla fondatezza della domanda: non si verifica se la controparte non è inadempiente, perché la prestazione era inesigibile.
    Nel caso di ritardo di scarsa importanza C ritiene ammissibile la domanda, perché l’aggravamento può essere anche successivo, ma il debitore può offrire la prestazione prima che diventi grave.
    II. 1453, co. 2: preclusa al creditore la domanda di adempimento. Ratio: con l’esercizio del diritto potestativo alla risoluzione soggetto ha mutato la posizione della controparte, liberata dall’obbligo di eseguire il contratto. Tuttavia, se risulta l’infondatezza della domanda, torna proponibile quella di adempimento: Cass.: può essere chiesto in via subordinata. Gli effetti preclusivi vengono meno in caso di estinzione del processo, in particolare di rinunzia agli atti – che deve essere accettata dalle parti costituite (306 cpc). Non produce effetti preclusivi: la dichiarazione stragiudiziale di voler risolvere il contratto; la domanda di adempimento, perché lascia ferma la posizione della controparte, tenuta ad eseguire il contratto. Il 1453, co. 2 prevede espressamente la persistenza della facoltà di chiedere la risoluzione: dato che sotto il profilo sostanziale sarebbe superflua, rileva su quello processuale, come deroga al divieto di mutamento della domanda (184, 345 cpc) → la domanda di risoluzione può essere proposta anche in appello o in sede di rinvio. Potrà essere proposta anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna della controparte all’adempimento; ma occorrerà ovviamente un nuovo giudizio.
    8. Effetti dell’accoglimento: cioè della risoluzione.
    a) Parti. Ex tunc: scioglimento retroattivo del rapporto:
    - Restituzioni: azione di ripetizione secondo indebito oggettivo (2033).
    - Rimborsi.
    - Risarcimento del danno.
    b) Terzi. Ex nunc (1458, 2° c.): acquisti salvi, se anteriorità rispetto a risoluzione, non rileva bf o mf. V. 2643 e 2909 rispetto ad aventi causa, se l’acquisto è posteriore alla domanda di risoluzione. Possibilità di effetti retroattivi verso terzi: condizione di inadempimento (v.).

    (salvo che per le prestazioni già eseguite nei contratti a esecuzione continuata/periodica)
    Effetti: 1458. Azione di ripetizione: indebito oggettivo (2033); se una delle parti non può restituire quanto ricevuto: equivalente pecuniario (se paziente e inadempimento del medico: paziente deve restituire equivalente della prestazione ricevuta, se ha qualche utilità: più che 2033, aiuta 2041). Contratti con prestazioni ad esecuzione continuata o periodica (entrambe, omogeneità): non retroattività..

    I. 1458: restituzioni. Scioglimento retroattivo del rapporto (salvo che per le prestazioni già eseguite nei contratti a esecuzione continuata/periodica) → obbligo delle restituzioni, secondo la disciplina dell’indebito. Prestazioni pecuniarie: debiti di valuta → valore nominale e rivalutazione solo se il creditore dimostri di aver subito un particolare pregiudizio, ex 1224, co. 2 + interessi dal momento del pagamento. Nota: va coordinato con la disciplina del risarcimento → se la parte chiede il ris. per il lucro cessante non può pretendere anche gli interessi anteriori alla sentenza, perché altrimenti conseguirebbe un vantaggio superiore a quello derivategli dall’adempimento. C: non scaturiscono da un’obbligazione di risarcimento, ma dal venir meno della causa delle reciproche prestazioni, onde il debito, che è di valuta se attiene a somma di denaro, non è soggetto a rivalutazione monetaria. Restituzione di cosa determinata e dei frutti. Anche la parte non inadempiente è tenuta alle restituzioni; MA si considera in buona fede ai fini della disciplina dell’indebito. La disciplina dell’indebito va però coordinata con il princ. per cui il contratto non può essere risolto se la parte non inadempiente: 1) ha definitivamente utilizzato la prestazione; 2) la restituzione è divenuta impossibile per caso fortuito o sua colpa. Si ricava dalla disciplina della vendita (1492, co. 3), che ha portata generale, in quanto fondato: nel caso di trasformazione/alienazione della cosa sull’esigenza di conservazione del contratto che ha raggiunto un risultato finale di utilità per il contraente; nel caso di perimento per caso fortuito o colpa nell’evitare che il rimedio della risoluzione divenga strumento per trarre vantaggio dall’altrui inadempimento. È salvo, però, il caso in cui non si sia prodotto l’effetto traslativo. Occorre un’espressa domanda di restituzione. Può esservi sentenza di risoluzione condizionata alla restituzione della controprestazione.

    II. Rimborsi Spettano alla parte che restituisce una cosa determinata per cui ha sostenuto delle spese. Per la parte inadempiente ha natura restitutoria → indebito (1150). Per la parte adempiente → applicazione analogica del 1479, perché regola una situazione in cui la parte non inadempiente non può giovarsi della spese erogate per una vicenda causata dalla controparte. Co. 3: anche spese voluttuarie; nota: si tratta di obbligazione risarcitoria, perché postula la “mala fede” del venditore.
    III. Risarcimento del danno Obbligo che grava sulla parte inadempiente.
    Danno consiste nell’interesse positivo (= all’esecuzione del contratto); salva la facoltà della parte di richiedere il ris. del solo int. negativo. Rileva sotto il profilo del lucro cessante e delle spese.
    Lucro cessante è l’incremento patrimoniale netto che il creditore avrebbe conseguito se il contratto fosse stato regolarmente eseguito = valore della prestazione inadempiuta – valore della prestazione della parte non inadempiente al netto delle spese. Criterio: valore di mercato, salva la prova contraria.
    Se l’obbligazione ha per oggetto:
     prestazione di opera o di lavoro → remunerazione, dedotte le spese vive a carico del prestatore;
     prestazione di impresa: vanno dedotti i costi aziendali (di produzione del bene o erogazione del servizio): costo delle materie prime e dell’energia occorrente; costo del lavoro; quota proporzionale delle spese aziendali; quota proporzionale degli ammortamenti aziendali.
    Le spese sostenute e rimaste inutilizzate (es. acquisto di attrezzature particolari; assunzione di manodopera specializzata etc.) vanno detratte come costi aziendali.
    1227, co. 2: il danneggiato deve attivarsi per reimpiegare i beni e i mezzi già destinati all’adempimento (es. locazione di immobile).
    Momento di determinazione del danno → domanda giudiziale, perché con la notifica di essa il creditore scioglie il debitore dal vincolo e dall’obbligo di adempiere.


    Risoluzione parziale
    È discusso in dottrina se a fronte di un adempimento parziale possa richiedersi una risoluzione parziale.
    La tesi favorevole arg. dal fatto che in caso di prestazione divisibile la parte inadempiente non ha un int. apprezzabile a riavere l’intero, mentre la parte non inadempiente ne ha uno apprezzabile a limitare la risoluzione, quello generale alla conservazione del contratto. C lo ammette per la vendita a consegne ripartite, perché si tratta di un unico rapporto.
    Può la parte non inadempiente chiedere la risoluzione quando le prestazioni parziali già eseguite siano state idonee a soddisfare proporzionalmente il suo interesse? Pare contrario a correttezza.
    Azioni affini. La risoluzione va inquadrata nel più vasto fenomeno dell’inefficacia. Distingui:
    a) Nullità: vizio genetico della causa, non funzionale. Incide sul contratto come atto.
    b) Annullabilità: vizio attinente agli elementi costitutivi dell’atto.
    c) Rescissione: difetto genetico, alterazione – pur se per circostanze esterne – del sinallagma è originaria, non sopravvenuta

    B) Risoluzione per impossibilità sopravvenuta
    1463 e 1256: norme complementari. In assenza di 1463, obbligazione era estinta eppur contratto restava in vita, per cui contraente la cui prestazione era possibile sarebbe stato costretto ad adempiere!! Invece così il contraente che può ancora adempiere non può essere richiesto di eseguire la prestazione; se già effettuata, restituzione ex 2033. Presupposti: Impossibilità oggettiva e assoluta oggi è intesa in senso lato: non solo assoluta e oggettiva ma criterio ancorato alla media della categoria dei debitori ex 1176; inoltre esigibilità secondo buona fede. Oggi questa categoria estesa da giurisprudenza al punto da dare vita a nuova causa, atipica, di estinzione dell’obbligazione: Inutilità della prestazione secondo valutazione soggettiva del creditore. Effetti.
    Distingui da risoluzione per inadempimento. Esse differiscono anche per: diritto al risarcimento dei danni: sussiste nel caso di inadempimento, non in quello di impossibilità sopravvenuta; nel caso di impossibilità sopravvenuta occorre che il creditore non abbia più interesse all’esecuzione (1256, in fine) Cass. 1992: la domanda di risoluzione per inadempimento (che tende a una pronuncia costitutiva e si fonda sul comportamento doloso o colposo di una parte) ha presupposti e natura diversi da quella di risoluzione per impossibilità sopravvenuta (che tende a una pronuncia di accertamento e si fonda su un fatto estraneo alla sfera di imputabilità dei contraenti).

    C) Risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta.
    1467 ss. V. anche con impossibilità della prestazione

    D) Risoluzione per presupposizione (v.presupposizione)

    E)Risoluzione per reciproci inadempimenti
    Se entrambi chiedono la risoluzione si deduce il disinteresse di entrambi. Per Cass. costante l’inadempimento di una parte è elemento impeditivo del suo diritto di risolvere il contratto per l’inadempimento dell’altra. BIANCA: quando vengono denunziati inadempimenti reciproci il giudice procede ad una valutazione globale e comparativa e pronunzia la risoluzione contro il convenuto solo se questi risulti il principale responsabile – non potrebbe invece accogliere la domanda se le responsabilità fossero equivalenti. Il rigetto della domanda proposta da entrambe le parti o la valutazione di esse come infondate lascerebbe fermo il contratto; tuttavia, esso può considerarsi sciolto per mutuo dissenso tacito.

    Imp: Risoluzione-condizione: CT1: non occorre accertare la volontà implicita delle parti, c’è norma di legge. CT2: condizione risolutiva travolge tutto il contratto, non sopravvivono obblighi di riparazione e di danni. CT3: condizione risolutiva opera automaticamente senza bisogno di dichiarazione dell’interessato, né di sentenza del giudice.

    SCHEMA 52. LA RESCISSIONE

    1. Nozione. Rimedio concesso alla parte che abbia concluso un contratto iniquo, a causo dello stato di pericolo o bisogno. Il contratto, pur producendo effetti, è invalido. Rescissione è eccezione a principio per cui lo squilibrio economico tra le prestazioni non rileva, specie se originario (in 1467 è sopravvenuto, v.), rientrando nell’autonomia delle parti concordare condizioni economiche più o meno vantaggiose, salvo i casi in cui è consentito al giudice sindacare l’equilibrio contrattuale (v. lezione).
    2. Fondamento. In realtà più che equità delle prestazioni (legge ammette contratti aleatori, transazione, escludendoli dall’operatività di R.), la R. si fonda sul presupposto che la legge, pur ammettendo l’eventuale squilibrio delle prestazioni, pretende che questo non sia dovuto a fattori che permettano ad una parte di porsi in condizioni di supremazia rispetto all’altra, laddove questa derivi da circostanza, anche se esterne, una minorazione della propria libertà contrattuale.
    3. Presupposti.
    Contratto concluso in stato di pericolo. 1447, 1° c.
    a) Stato di necessità: pericolo attuale (=il danno si verificherebbe necessariamente senza il contratto) di danno grave alla persona, ma qui anche se volontariamente causato o evitabile. Per dottrina moderna, non solo pericolo vita o integrità fisica; anche altri diritti della personalità.
    b) Noto alla controparte: letteralmente pare richiedersi conoscenza e non mera riconoscibilità; è conoscenza dello stato di pericolo e della volontà della vittima di contrarre per evitare il pericolo.
    c) Condizioni inique. Sproporzione del valore delle prestazioni dedotte in contratto.
    d) Causalità: stato di pericolo rileva quando è causa (psicologica) della conclusione del contratto.
    Contratto concluso in stato di bisogno. 1448.
    a) Stato di bisogno. Non solo economico, ogni altro bene o servizio che corrisponde ad un interesse che viene soddisfatto tramite contratto. Non occorre assoluta indigenza (se il bene è assolutamente necessario siamo in 1447), posto che 1448 si applica proprio nei casi in cui 1447 è inapplicabile. Mera carenza di liquidità o difficoltà economica, anche non grave e momentanea, e anche di persona diversa dal contraente.
    b) Approfittamento dell’altra. Non occorre comportamento attivo (specifica attività posta in essere al fine di sollecitare la conclusione del contratto), è sufficiente la consapevolezza dello stato di bisogno e la coscienza del vantaggio (e ciononostante contratti); per altri occorre la volontà di avvantaggiarsi; per altri occorre sì la volontà, l’intenzione di avvantaggiarsi ma essa sarebbe implicita nella consapevolezza dello stato di bisogno. Giur.: chi agisce in rescissione, deve provare che la controparte, al momento della stipulazione, sapeva dello stato di bisogno e altresì l’intento di approfittarsi della situazione a proprio vantaggio.
    c) Lesione ultra dimidium. Al momento della stipula e deve perdurare fino alla proposizione della domanda.
    d) Causalità: la situazione di difficoltà economica è la causa che ha indotto la parte al contratto.
    IMP: requisiti devono esserci tutti; non è più come in passato che si ammetteva, una volta dimostrata c), che da questa giudice potesse trarre elementi presuntivi per b).
    4. Disciplina. In invalidità (v.). Diritto alla R. può essere oggetto di transazione? Per alcuni no, perché diritto alla rescissione non è disponibile; per giur. sì nella misura in cui non sia mera rinunzia a R., ma vi sia definizione del rapporto mediante riconduzione convenzionale ad equità.
    5. Differenze, figure particolari.
    a) Stato di pericolo putativo: la vittima contratta nell’erroneo convincimento dell’esistenza di un pericolo. Pare rilevare ex 1429, n. 1: errore sull’oggetto (sempre essenziale, ma devi dimostrare riconoscibilità); per altri il contratto è inesistente per oggettiva inutilità del servizio pattuito.
    b) Contratti aleatori e transazione. R. non si applica ai contratti aleatori (1448, 4° c.), né alla transazione (1970), poiché in entrambi la sproporzione rientra nel rischio del contratto.
    c) Divisione ex 763. Qui per R. è sufficiente il dato oggettivo della lesione oltre il quarto.
    d) Contratti usurari (una parte riceve denaro o altre utilità in cambio della promessa o della dazione di interessi o altri vantaggi usurari). L. 108/1996: R. non si applica a contratti usurari. Es. 1815, come modificato in 1996: mutuo con interessi usurari: clausola è nulla e non sono dovuti interessi. Logica sanzionatoria.
    e) Violenza morale, annullamento. Minaccia diretta al fine di estorcere la dichiarazione negoziale.
    f) Dolo, annullamento. La condotta del terzo ingenera la falsa rappresentazione.

    SCHEMA 53. PENALE E CAPARRA

    Clausola penale
    1. Nozione. Patto con cui si determina in via preventiva e forfettaria il risarcimento dei danni per il caso di inadempimento o ritardo nell’adempimento (1382). Comporta: per il creditore: non occorre la prova del danno, ma il quantum è limitato a quello pattuito; per il debitore: non può utilmente provare che l’ammontare del danno è inferiore di quanto pattuito.
    2. Funzione. Analogamente alla transazione che intervenga dopo l’inadempimento, serve a fissare negozialmente la pretesa risarcitoria del creditore (qui, però, in via anticipata). I. Tesi del rafforzamento della posizione creditoria: rende certo, agevole e pronto il risarcimento del danno. II. Tesi della coazione psicologica esercitata sul debitore, alla luce del fatto che spesso è fissata in misura maggiore a quella del danno. Ct: alla luce della Relazione al cc è funzione solo indiretta. Tesi della funzione punitiva. Varianti: tesi della pena privata e tesi della sanzione civile autonoma, diversa sia dalla pena che dal risarcimento. Può non avere carattere risarcitorio perché il danno può mancare anche del tutto; o cmq può non averlo per la parte che ecceda l’ammontare del danno. Ct: una lettura costituzionalmente orientata, in base al principio di eguaglianza tra i privati, rende nulle per contrarietà all’ordinamento pubblico le sanzioni di tipo punitivo imposte da un privato all’altro. Ad es. una penale aggiuntiva al risarcimento dei danni.
    3. Struttura. Negozio autonomo, propria funzione. Può non essere collegata ad alcun contratto, quando si tratta di danno da illecito o da inadempimento di obblighi non negoziali.
    4. Forma. Non occorrono requisiti di forma, anche qualora acceda ad un altro contratto. Però, pone problemi di prova, perché si tratta di patto aggiunto ex 2722.
    5. Diritto alla penale. Divieto di cumulo di penale e adempimento. Dato che la clausola ha per oggetto una prestazione risarcitoria, il creditore si avvale del diritto al risarcimento danno: presuppone l’imputabilità dell’inadempimento o del ritardo. È già originariamente quantificato: diritto di valuta: interessi dal momento dell’inadempimento. 1383: divieto di cumulo. Ratio: se è diretta a risarcire il danno da mancata prestazione, la parte non può richiedere anche la prestazione. Eccezione: qualora sia stata pattuita solo per il ritardo; si ritiene anche nel caso in cui sia stata pattuita per una particolare inesattezza o si chieda l’esecuzione di una obbligazione diversa. La domanda di adempimento non preclude di optare successivamente per la penale. Può dirsi il contrario? La tesi affermativa: manca un divieto espresso; la tesi negativa: principio di bf, perché la richiesta della penale attesta la mancanza di interesse del creditore a ricevere la prestazione principale e giustifica il convincimento del debitore di potersi privare dei mezzi necessari all’adempimento.
    6. Riduzione. Fondamento: evitare che la clausola penale si tramuti in uno strumento di pena per il debitore e di indebito arricchimento per il creditore; in particolare evitare che si trasformi in un mezzo per imporre al debitore un risarcimento manifestamente superiore rispetto al danno prevedibile. Il potere di riduzione costituisce una forma di controllo dell’autonomia contrattuale contro l’abuso di una parte a danno dell’altra: le parti non possono previamente rinunciare alla facoltà di riduzione. “L’interesse del creditore” cui avere riguardo è quello prevedibile al momento della stipula del contratto. Per la dottrina prevalente non può ridursi in ragione del fatto colposo del creditore; altra propone l’applicazione analogica, perché riduce l’imputabilità causale del danno. Cass. Recente: rilevabilità ex officio (SS UU 18128/05) il potere riduttivo è espressione di un più ampio potere di controllo conferito al giudice non nell’interesse della parte, ma nell’interesse dell’ordinamento, per evitare che l’autonomia contrattuale travalichi i limiti entro i quali la tutela di posizioni soggettive delle parti appare meritevole di tutela, anche se con ciò l’interesse della parte viene tutelato in via riflessa. Tale potere va affermato alla luce di una lettura costituzionalmente orientata degli istituti codicistici, in particolare il dovere di solidarietà nei rapporti intersoggettivi (2 Cost.). Ct. (MARICONDA): così ragionando si apre la porta al sindacato giurisdizionale anche sull’equilibrio economico delle pattuizioni contrattuali, il che contrasta con un principio cardine del sistema, ribadito anche ex 34, co. 2, d.lgs. 206/05 (tutela del consumatore).
    7. Limitazione del diritto al risarcimento. Risponde all’interesse del debitore di certezza in ordine all’ammontare del risarcimento. La limitazione non opera, alla luce di una lettura sistematica, nel caso in cui il danno sia dovuto a dolo/colpa grave del debitore (1229). Non opera neppure nel caso di violazione di norme di ordinamento pubblico, es. lesione di diritti della personalità. La “prestazione” cui è tenuto il debitore potrebbe consistere nell’attribuzione della titolarità di un determinato bene: patto commissorio obbligatorio, illecito ex 2744.
    8. Clausola penale e caparra confirmatoria (1385) Ha in comune con la clausola penale: predeterminazione forfettaria del danno. Una parte ha la garanzia del versamento immediato di una somma di denaro o altre cose fungibili e ciascuna parte ha il diritto di recedere dal contratto se inadempimento dell’altra; allora caparra copre il danno risarcibile senza onere della prova di esso: rientra tra i rimedi contrattuali. Distingui da penale: il creditore può chiedere lrisoluzione giudiziale del contratto e il risarcimento del danno effettivo.
    9. Penali legali e giudiziarie. Penali legali: hanno fonte nella legge: 1224; 2344, co. 2. Penali giudiziarie = hanno fonte nella legge, ma sono disposte dal giudice (es. somme da pagare per la violazione di brevetti); non si tratta della predeterminazione forfettaria del danno, ma di sanzioni coercitive civili che richiedono necessariamente una previsione legislativa.
    10. Anatocismo e penale. Cass. 17813/2003: la disciplina dell’anatocismo si applica a patto, qualificato dal g. merito come clausola penale, con cui parti, per il caso di ritardo nell’adempimento di obbligazione pecuniaria, stabiliscano siano dovuti interessi e ne determinano la misura.

    Caparra confirmatoria
    1. Nozione. Fattispecie di semplificazione stragiudiziale, si coniuga con una rilevante semplificazione del quadro probatorio: il contratto si scioglie mediante recesso e la parte non inadempiente non ha l’onere di provare il danno subito, liquidato preventivamente nella misura della caparra (1385). Egli rimane cmq legittimato a domandare l’esecuzione o la risoluzione del contratto: allora il danno va provato e segue la disciplina generale ex 1223ss. Cass. 11356/06: la parte non inadempiente può esercitare il recesso anche dopo aver proposto domanda di risarcimento e fino al passaggio in giudicato della relativa sentenza, ma in tal caso essa implicitamente rinuncia al risarcimento integrale accontentandosi della somma convenzionalmente predeterminata; dunque il diritto alla caparra può essere fatto valere anche in domanda risoluzione.
    2. Funzione. Tesi 1. Funzione probatoria: il lemma “confirmatoria” indica che la dazione attesta l’avvenuta conclusione del contratto, offrendo alle parti un rilevante riscontro sul piano probatorio. Ct: tale funzione è superata dall’egemonia della prova documentale, perché i contratti per i quali ricorre più di frequente l’esigenza di caparra confirmatoria è prescritta la forma scritta ad substantiam; la disciplina dei mezzi di prova limita sensibilmente il ricorso a presunzioni (2729, co. 2); la stessa dazione della caparra deve essere provata e ciò, in genere, avviene mediante un riscontro documentale. ITesi 2. Rafforzamento del vincolo e stimolo all’adempimento. Qualcuno sottolinea il carattere prevalentemente sanzionatorio, in analogia con la clausola penale. Tesi 3. Natura composita, funzione eclettica. Cass. 2006. È volta a garantire l’esecuzione del contratto, venendo incamerata in caso di inadempimento della controparte; ha funzione di autotutela, consentendo il recesso senza necessità di adire il giudice; ha funzione di preventiva liquidazione del danno derivante dal recesso quando la misura è compatibile con l’entità del danno previsto prefigurando al contempo lo scioglimento stragiudiziale del contratto. Varia a seconda dell’accordo delle parti: carattere prevalentemente sanzionatorio quando l’entità è manifestamente superiore al danno che può derivare dall’inadempimento del contratto; se contratto è regolarmente adempiuto anticipa la prestazione dovuta dal tradens; se l’accipiens domanda la risoluzione e il risarcimento del danno in base alle norme ordinarie garantisce adempimento dell’obbligazione risarcitoria o è anticipo dei danni che saranno accertati e liquidati.
    3. Clausole affini. a) Acconto. Anticipazione di una parte della prestazione dovuta dal solvens. Differenze: se inadempimento, l’accipiens non può recedere dal contratto e trattenerla, ma solo conseguire la risoluzione e quindi restituirla al solvens; per le rilevanti conseguenze sul regime di risoluzione del contratto e del risarcimento del danno, caparra va espressamente prevista; se manca la prova del patto, è acconto o cauzione. b) Cauzione. Somma di denaro data per garantire il pagamento di un debito attuale o futuro (di frequente, quello risarcitorio). Differenze: caparra confirmatoria, il risarcimento è automatico e forfettario, cauzione, il danno e la sua entità vanno provati; caparra ha effetti bilaterali e legittima l’esercizio del dir. recesso, cauzione non aggrava la posizione dell’accipiens e non incide sul procedimento risolutorio; in mancanza di prova del patto di caparra, si qualifica la fattispecie come acconto o cauzione. Altrimenti, occorre indagare la volontà delle parti: se il ris. è subordinato alla prova del danno, è cauzione; se è automatico, è caparra.
    c) Clausola penale. In entrambi i casi il creditore riceve una prestazione con funzione risarcitoria senza dover provare il danno e la sua entità. Differenze: clausola penale, ris. danno superiore solo se espressamente pattuito, ma se chiesto creditore ha diritto ad un ris. minimo pari alla penale, anche se il danno effettivo risulti inferiore; caparra, invece, se opta per le regole generali, corre il rischio di conseguire un ris. inferiore.
    d) Clausola risolutiva espressa. Come la caparra confirmatoria, accorda al contraente il dir. di sciogliere il contratto con effetto immediato mediante un atto di recesso. Differenze: caparra devono sussistere i requisiti della gravità dell’inadempimento (1455) e, trattandosi di pretesa di carattere risarcitorio, anche l’imputabilità. Non è escluso che le due fattispecie vengano integrate per volontà delle parti, es. pattuizione di clausola risolutiva espressa con dazione di caparra. e) La caparra penitenziale. Implica la pattuizione di un dir. recesso e di un corrispettivo per il suo esercizio (1385). Cass. segue un’interpretazione tesa a preservare il valore del vincolo contrattuale: in assenza di univoche indicazione in senso contrario, l’aggettivazione confirmatoria ricorrente nel testo contrattuale è sufficiente a giustificare l’applicazione del 1386; non basta, e si applica il 1385, quando non sia stato espressamente pattuito il dir. recesso, sebbene le parti abbiano richiamato il 1386.
     
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  2. FeniceRossa
     
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    Ciao Shopena! Ho visto i tuoi preziosissimi schemi e mi è sembrato che manchino alcuni argomenti: persone e famiglia, successioni e donazioni, responsabilità extracontrattuale, trascrizione... non li avresti anche per questi altri argomenti? Scusa se chiedo troppo e comunque grazie mille!!!
     
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  3. edoardo129
     
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    schopena, tu così studiavi?
    per mera curiosità.
     
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    forumista alle prime armi

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    Ciao Shopena, intervengo per la prima volta nel forum pur seguendolo da tempo. Ci tenevo a ringraziarti per la condivisione dei tuoi schemi. Proprio oggi studiando li ho tirati fuori e mi sono stati utilissimi per integrare. Sono fatti benissimo, chiari ed efficaci per una rapida fissazione dei concetti e delle problematiche. Continuerò di certo a seguire questo post.
    Un abbraccio e in bocca al lupo per tutto!
    Anna
     
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    QUAGLIA

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    Dall'isola dei bimbi sperduti. Qualcuno ha visto mt?

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    Ragazzi del corso online....ho appena letto la traccia estratta e vi ho pensato. Negli schemi che vi avevo postato in quella sulla proprieta' c' era proprio una parte sulla proprieta' temporanea. Spero che, almeno per rompere il ghiaccio da "pagina vuota" l' aveste letto. Ma siete bravi! So che siete bravi! Forzaaaaa
     
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  6. gnorantecomelacartacalcante
     
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    - A L A - D O L C I S I M I' S I M A - S C H O P E N A - I M M A C O L A T A -



    - Zentìle Dotorèsa Schopèna e Magistràta ,


    - no so se Vù gavè tempo da pèrdar


    - a lèsar i post de chi - come el vècio sotoscrìto -


    - scrive sòl che un'autentica boiàta .


    - ma Vù savè - paràltro - che èl gnorànte qui scrivènte


    - de Vù gà da tempo una gran fede e stima immutàta .


    - 'ssài zentìl ( e bèla Tòsa )


    - Schopèna e Magistràta ,


    - pòsso chiederGhe - a Vù - 'na gràssia grànda


    - par schiarìr le nuvole e la nèbia salmistràta


    - in cui versa àtualmènte l'aspirantèsca brancaleontica armàta ?


    - 'ssài cortese Dotorèsa e Magistràta ,


    - (oltre che bèla Gnòca) de Schopèna Immacolàta ,


    - Ve pregarìa de fàr la gràssia de dàrghe ,


    - (a mì e) àla zòvine e impròvida giuristica cordàta ,


    - un'ipòtesi , un esèmpio ,


    - cò 'na solusiòn dèle Vostre ,


    - ovvèr puntuale ed assennàta ,


    - dèla tràcia del tema dè zivìl estràdàta


    - sula proprietà temporànea sfiduciàta .


    - Ciò al fin - pàr el pùblico de Aspiranti Uditori -


    - de evitàr qualche bèla e tòsta cantonàta ,


    - e - pàr Vù - de meritàrVe un posto de dirìto


    - in mèso all' inclita Scuola de Profèsoròni Illuminàta .



    - coi dovuti rispèti de un vècio e gnorànte sparànte un'emerita pasquinata

    Edited by gnorantecomelacartacalcante - 1/7/2014, 21:57
     
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  7. uskebasi
     
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    Ragazzi avrei una quesito da porvi, vorrei chiedervi se qualcuno cortesemente potrebbe darmi una soluzione.

    Sto rivedendo la distinzione fra atti giuridici in senso stretto e atti negoziali.
    La domanda è:
    in ambito di atti giuridici in senso stretto qual è la disciplina in caso di patologia dell'atto? Si può dire che un atto in senso stretto è nullo?
    Ma si può applicare per analogia la disciplina della nullità?
    Per fare un esempio: se Tizio pone in essere un atto in senso stretto in assenza della volontà del suo comportamento, perché ad esempio costretto fisicamente (quindi violenza fisica), quell'atto come si qualifica?
    Inesistente ho pensato io, perché è irrilevante per l'ordinamento giuridico che dà rilevanza solo agli atti volontari...
    Oppure nullo?
    Grazie

    ps
    ve ne sarei grato se mi passaste anche qualche sentenza che ne parla, mi farebbe davvero piacere... altrimenti mi accontento di condividere le nostre conoscenze
     
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  8. kc21
     
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    schopena, sei grandissimaaaa!
     
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22 replies since 10/9/2013, 11:34   5283 views
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